(26.09.15) Considerata la più importante della montagna bergamasca la mostra di Serina rappresenta un evento che coinvolge a fondo la comunità locale di questo attivo centro industriale e turistico. E rappresenta un punto di riferimento per la zootecnia, non solo locale, dove cogliere nuove tendenze
Serina, dove la zootecnia di
montagna non fa "passarella"
di Michele Corti
La vitalità di un evento zootecnico si coglie nel coinvolgimento della "filiera", nella capacità di catalizzare l'interesse non solo degli allevatori ma di tutta una comunità, di tutta una valle. Sempre più comunità, tra le più aperte e dinamiche, stanno divenendo consapevoli dell'importanza del mantenimento del patrimonio dei prati e dei pascoli e delle tradizioni casearie quali fattori che possono contribuire alla qualità dell'ambiente e della vita, all'attrattività turistica, al rafforzamento identitario, al senso di coesione e di continuità. Da questo punto di vista a Serina la mostra zootecnica dimostra che su profonde e solide radici è innestato un tronco vigoroso capace di adattarsi al nuovo
La mostra di Serina negli anni Ottanta (Provincia di Bergamo)
Perchéuna delle mostre zootecniche più sentite e partecipate della montagna lombarda (di certo quella più importante nelle valli bergamasche) è quella di Serina, un centro a soli 850 m dialtitudine, caratterizzato in senso industriale e turistico? Forse per la stessa ragione per la quale la comunità della montagna lombarda più attaccata ai propri alpeggi è Premana, una "città-officina" a 1000 m che sforna più della metà delle forbici e dei coltelli prodotti in Italia. Si potrebbe aggiungere che se a Livigno la zootecnia è particolarmente fiorente non è solo per i contributi comunali (derivanti dalle entrate della zona franca).
Non è azzardato sostenere che le comunità più coinvolte nelle dinamiche economiche, sociali, culturali della contemporaneità sono anche quelle più attente a curare radici e tradizioni, ben consapevoli che attraverso il mantenimento (e la rielaborazione) di memoria, valori, sensibilità condivise che si rinsaldano la coesione sociale e quel capitale sociale che è, specie nel mondo globalizzato, una risorsa vitale per la stessa competizione economica. In realtà le comunità che hanno saputo "emergere", al di là della presenza di vantaggi particolari legati alla loro collocazione geografica, sono anche quelle che disponevano già in passato di un capitale sociale, di un orgoglio e di un'identità locali particolarmente sviluppati. Tutte queste comunità, non a caso, non guardano alla realtà rurale del passato come ad un retaggio vergognoso da rimuovere ma come ad un blasone da esibire con orgoglio.
La mostra di Serina negli anni Sessanta
Altre comunità (purtroppo molte), o si sono rassegnate al ruolo dei "vinti" (dove la cultura rurale è associata al fallimento e confinata nella cupa nostalgia) o hanno rincorso effimeri modelli che imponevano la rottura con il passato e la brutale cancellazione delle memorie (materiali ed immateriali) del passato. Dove lo sviluppo locale non è effimero, ma si inserisce in una traiettoria di lungo periodo che marca la capacità di adattamento di una comunità, il passato è rielaborato non rinnegato. La tradizione è un'innovazione che ha avuto successo e saperla rinnovare è condizione per il successo (o quantomeno la sopravvivenza).
A Serina una spia della presenza di forti risorse sociali è data dalla presenza, caso unico, della Cassa rurale. Fondate alla fine dell'Ottocento le casse rurali conobbero quasi ovunque un fallimento, tranne in alcune località. Così a Serina è ancora attiva la Banca di credito cooperativo di Sorisole e Lepreno (Lepreno è una frazione di Serina).
E non è certo un caso se questa istituzione così radicata nel corpo sociale locale sia in prima fila a sostenere la Mostra zootecnica.
La mostra di Serina negli anni Quaranta (notare il palmo della mano battuto a siglare la compravendita di un capo di bestiame)
La Mostra di Serina nacque anegli anni Trenta in un contesto che aveva visto, sin dall'inizio del secolo, l'impegno attivo delle istituzioni (la Cattedra ambulante di agricoltura nella fattispecie) nello sviluppo zootecnico e caseario. Impegno che consisteva nell'importazione di tori dalla Svizzera, nella realizzazione di corsi per casari, nell'incitamento alla formazione di Società d'alpeggio e di Latterie cooperative. Non tutto in questo intervento va considerato a posteriori come oro colato. C'era in questo movimento un'impostazione dirigistica che sottovalutava la cultura allevatoriale e casearia dei bergamini che nei secoli erano stati capaci di selezionare un tipo di vacca da latte meno appariscente e morfologicamente meno corretta della Svizzera, ma più lattifera. Va ricordato che la val Parina, la val Serina e la limitrofa valle del Riso in Valseriana (quindi Dossena, Serina, Oltre il Colle, Cornalba, Gorno con tante loro frazioni e contrade) hanno rappresentato un' "area forte" del fenomeno bergamino (allevatori bovini transumanti di Dossena e di Gorno sono documentati nella pianura pavese già alla fine del medioevo). Questa è stata un'area di selezione di ottimo bestiame che nel XVIII e XIX secolo, attraverso la Fiera di Bergamo e altre minori della montagna e dell'alta pianura, andava a riformire le "bergamine" (stalle con vacche fda latte) della Bassa. Il fatto che i commercianti spacciassero per "svizzero" questo bestiame fa parte delle costanti del commercio di ogni epoca.
Ma i bergamini tra le due guerre stavano gradualmente abbandonando la montagna e gli alpeggi per fissarsi in pianura e i "casalini" (spregiativamente qualificati "marà" dall'aristocrazia pastorale bergamina) ovvero i piccoli allevatori di montagna, con scarsa esperienza sia in campo caseario che zootecnico, non poterono che trarre profitto dai sostegni pubblici. E anche le Mostre contribuirono al miglioramento del patrimonio zootecnico, in precedenza di ben misera qualità, dei "casalini".
La mostra di Serina negli anni Cinquanta (il tipo bovino è decisamente "carnoso" come conseguenza dell'uso poco oculato e troppo sistematico dei tori svizzeri)
In realtà le Mostre zootecniche si innestarono su Fiere di bestiame (riconosciute o informali) che si svolgevano a settembre dopo lo scarico degli alpeggi (descarga mut). Commercio del bestiame e caseario andavano di pari passo. In assenza di elicotteri e fuoristrada per il collegamento con gli alpeggi la produzione d'alpeveniva trattata con i commercianti a partite intere proprio in queste fiere (in Valbrembana la Fiera casearia più importante era quella dei Branzi).
La chiesetta di San Rocco e la contrada Bosco all'inizio del Novecento
A Serina la mostra zootecnica si svolgeva e si svolge tutt'oggi (con encomiabile continuità) presso la contrada Bosco, l'ultima risalendo la strada che percorre la valle (e che prima della realizzaizone della via Priula era un'importante via commerciale conosciuta come Via mercatorum). La quattrocentesca chiesa di San Rocco (che si dice edificata da bergamini). La contrada Bosco appare molto diversa dal centro storico caratterizzato da bei palazzi in pietra, diverse chiese, un convento, varie fontane riccamente decorate. Nella foto sotto (dei primi del Novecento) si intravede appena sulla sinistra il piccolo campanile di San Rocco e si osserva come il paese si sviluppasse lungo la strada con un aspetto che ricorda Livigno. A settembre, discese dagli alpeggi dell'Arale e dell'Alben le mandrie sostavano nei vasti prati-pascoli sovrastante il paese che - sempre nella foto - si presentano disseminati di cascine. Non era difficile portare alla mostra gli animali.
Serina all'inizio del Novecento
L'aspetto di Serina, quale paese industriale, turistico, ma ancora profondamente agrozootecnico, si è conservato sino agli anni Cinquanta. Il turismo era basato sugli alberghi e sull'affitto di camere da parte degli abitanti. Un'attività strettamente integrata alla realtà economica e sociale del paese. Poi è successo quello che si vede nella fotografia sotto di Gino Gallizzi. Lo spazio è stato divorato dalle seconde case e dal bosco e i prati sono rimasti delle reliquie sparsi qua e là.
Nonostante il crollo del patrimonio zootecnico (il bestiame bovino caricato sugli alpeggi della zona è passato dai 1700 capi dell'inizio Novecento ai 550 degli anni Ottanta) la Mostra di Serina non ha perso smalto nei decenni attirando bestiame di qualità da tutti i paesi della zona a conferma di una reputazione secolare. Ma non sono solo i valori tecnici (la presenza di ottimi allevamenti) che spiegano perché la Mostra di Serina è così importante e continua ad avere successo. La Mostra vive non solo perché gli allevatori portano il loro bestiame ma anche perché vi è un'organizzazione, un gruppo di volontari, gli sponsor, l'attenzione dell'amministrazione comunale, della Banca locale ecc. ecc.
La Mostra rappresenta un appuntamento importantissimo per Serina. Pur essendo un centro di oltre 2 mila abitanti con numerose ditte il giorno della Mostra - che cade di mercoledì - Serina si ferma in larga misura. Chiuse le scuole, chiuso il municipio, il giorno della Mostra pur essendo feriale diventa in realtà festivo, anzi è la festa più importante del paese, più ancora di quella patronale. La gente di Serina non ha dimenticato le proprie radici, intrecciate all'industria della lana, a quella dei chiodi, al commercio ma anche all'allevamento. L'allevamento non è mai stato l'attività principale di Serina ma lo è stato per frazioni come Valpiana e le contrade e ha rappresentato un elemento di continuità per una valle che da l'impressione di una maggiore unità di altre. Mentre nei secoli le industrie e i commerci declinavano e poi riprendevano, mentre il turismo (attività pur così così recente) ha già conosciuto diversealterne fasi "storiche", la zootecnia è sempre state presente ... dalle origini all'era post-industriale.
Proprio perché è un centro dinamico, proprio perché a Serina si respira un'atmosfera cittadina con negozi eleganti, con antichi palazzi e vie tirati a lucido, proprio perché è inserita nel presente e non collima certo con il cliché della montagna "periferica" e "perdente", Serina non si vergogna del passato rurale e ne fa elemento di identità, insieme ad altri di tipo ben diverso.
Il riferimento d'obbligo è al più famoso serinese: Jacopo Negretti fu Antonio, detto Palma il Vecchio, nato a Serina intorno al 1480 e trasferitosi a Venezia verso il 1500 ("il vecchio" per distinguerlo dal pronipote, morì infatti a soli 48 anni). In realtà anche l'dentificazione del paese con Palma il Vecchio non è scontata. Molti nostri paesi di montagna trascurano loro illustri concittadini che potrebbero diventare un blasone (e un elemento di attrazione). Invece a Serina ad ogni angolo, fuori e dentro gli esercizi pubblici vi sono riproduzioni di opere di Palma il Vecchio, il che aggiunge un tocco raffinato (ma senza eccessi). Il legame tra Serina e Palama si spiega anche con il fatto che il pittore veneziano alla sua terra restò sempre legato. Tanto da regalarle (non si sa se fu un dono o se vi fu una committenza) diverse opere. Una delle quali (foto sopra) è tornata quest'anno, dopo la mostra sul Palma a Bergamo, nella sua collocazione originale in una delle cappelle della chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunciata da dove, a seguito della ristrutturazione barocca era stata rimosssa (per finire in secrestia dove vi sono ancora alcuni elementi di un altro polittico di Palma: la Reurrezione).
Avviandomi verso il campo della mostra zootecnica, mentre cominciava a piovere, non ho potuto non soffermarmi al banco della ditta Tombini di Pedrengo con la ricca varietà di campanacci esposti che sottolinea la persistenza di una cultura d'allevamento fatta anche di dettagli. I campanacci sono oggetto interessantissimo sia per gli aspetti di utilità (il loro uso per determinati animali ed in determinate circostanze riflette un sapere immateriale raffinato intorno alla gestione del rapporto uomo-animale-pascolo) che simbolici (il loro valore apotropaico forse non consapevole, di prestigio e ostentazione, di marcatore culturale di una determinata realtà allevatoriale). Anche i campanacci sono cultura, come Palma.
Proseguendo nell'avvicinamento al campo della mostra colgo un'immagine che racconta della trasformazione del ruolo stesso della mostra. Un tempo quello commerciale con le compravendite era fondamentale (molto più importante dell'aspetto "tecnico", delle classifiche ecc.). Oggi la "fiera", la parte commerciale è ridotta a pochi capi sistemati davanti al vecchio stallone che un tempo ospitava i tori da riproduzione.
Finalmente il colpo d'occhio sul bestiame alla stanga. Se non fosse per le costruzioni che hanno circondato il prato, si direbbe che a Serina il tempo non è trascorso. Insieme a bestiame di varie razze alpine è lei, la Bruna originale a dare il tono. Meraviglioso.
Il miracolo si deve all'allevatore Ignazio Carrara della frazione Valpiana qui gentilemente in posa con le sue "bambine", in realtà solide e possenti Brune originali. Ignazio può vantare qualcosa che probabilmente neppure a Bolzano possono esibire: una mandria (ma i bergamini hanno sempre detto e dicono "malga") di ben 70 capi riconosciuti come originali. La burocrazia zootecnica li iscrive nel registro della "Linea carne", un insulto per chi con le "Originali" fa ottimo formaggio. Con le sue solide vacche da montagna Ignazio sale all'alpeggio ai Laghi Gemelli (oltre il Pizzo Arera), un alpeggio duro dove solo animali da montagna ("4x4") possono "far bello". E scende a piedi con la "malga" sino a casa (14 km in linea d'aria con molto dislivello).
Dopo la mostra (finita alle 14) la "malga" di Ignazio, mentre le altre si imbarcavano sugli automezzi specializzati per il trasporto del bestiame, a piedi raggiungeva un prato-pascolo sipra il paese. Nelle prossime settimane risalirà "mangiando i prati" sino a Valpiana. il vedere questo gruppo di animali così omogenei, belli ed alteri rappresenta uno spettacolo. Serina, se ancora non lo sa, ha anche questo grande-piccolo primato: la più bella "malga" di vacche da latte della montagna lombarda.
Ovviamente nulla viene a caso e questo primato si spiega con la tradizione di allevamento di queste valli che, così, ne viene confermata. Se non un monumento (come quello retto al palma quest'anno) Ignazio Carrara meriterebbe comunque qualche genere di riconoscimento pubblico. Ha "tenuto duro" più di ogni altro con la sua idea di Bruna alpina e il tempo, la storia, gli hanno dato ragione. Lui che era considerato "retroguardia" (ma che applicava idee precise di allevamento e selezione) è oggi -anche se per molti è faticoso ammetterlo- all'avanguardia. Come mai? L'esercito ha fatto dietro-front e chi, almeno in apparenza, era "indietro" si è ritrovato alla testa. Ben meritati quindi i 400 €/uba che dal 2016 lui e gli altri allevatori di Bruna originale riceveranno dalla regione (come ha confermato l'assessore Fava pochi giorni prima della mostra di Serina nel convegno sulla biodiversità a Lenna, sempre in Valle Brembana). Possono sembrare tanti questi soldi ma sono un premio meritato, specie per Ignazio Carrara che ha messo in piedi caseificio aziendale senza ottenere i contributi richiesti dal piano di sviluppo rurale. Curiosa, specie nel confronto con le bestie di Ignazio l'immagine sotto.
Anche alla mostra di Serina, però, la Pezzata Rossa si è presa il suo spazio, in linea con la tendenza che si registra in tutta la montagna lombarda (a scapito di una Bruna/Brown che per molti allevatori di montagna è "eccessivamente" produttiva e, inevitabile risvolto della medaglia, poco rustica).
Si nota tra gli allevatori (di rutte le razze) la presenza di giovani e giovanissimi che alternano lo studio, spesso al meritorio centro di formazione professionale di San Giovanni Bianco dove sono attivi corsi di Operatore agricol, al lavoro in azienda. Non pochi sono anche quelli, provenienti da famiglie extra-agricole, che desiderano entrare nel settore.
Sotto vediamo alacremente al lavoro sotto la pioggia battente (con il cappello grigio) il dr. Giulio Campana (funzionario zootecnico ex regionale ora provinciale), personaggio molto conosciuto e apprezzato per l'impegno a favore di allevatori e pastori anche al di là dei "doveri di ufficio", per la sua competenza e passione che lo porta ad accalorarsi nella difesa della componente allevatoriale più seria come raramente capita ad un "burocrate". Campana ha da tempo insistito perché le mostre zootecniche siano un evento "di filiera". Far vedere gli animali senza i loro prodotti non serve. Il consumatore può fare la sua parte solo attraverso l'acquisto (diretto o indiretto) dei formaggi. E solo se collega animali, prodotti, territorio, tradizioni può arrivare a distinguere da sé il prodotto artigianale e di montagna e a riconoscergli quel premium price che consente al sistema zootecnico montano di compensare gli alti costi di produzione (oltre all'impegno non monetizzabile).
Gli allevatori della val Serina stanno puntando alla trasformazione aziendale e a prodotti ottenuti con il latte dei loro animali. Viene da dire "bravi" ma in reltà è una scelta obbligata. Oggi pensare di conferire il latte alle indutrie o di mettere in piedi un nuovo caseificio sociale è impensabile e la strada del marchio di valle è l'unica sensata. Al marchio (promosso e sostenuto dalla Comunità Montanna Valle Brembana) ogni azienda aggiunge il suo timbro personalizzando la forma (foto sotto). Abbiamo assaggiato formaggi eccellenti (anche di stagionature molto lunghe) ma anche formaggi gravemente difettosi ("palloni", amari ecc.). C'è da lavorare ma ci sono già ottimi prodotti in grado di competere con formaggi celebrati e di spuntare (nel tempo) prezzi piuù elevati di quelli a cui sono esitati attualmente.
La standardizzazione non è è indicata per il Val Serina ed è bene che resti la variabilità e si rifugga dalla peste dei disciplinari omologanti un formaggio. Così deve essere per un prodotto in piccole aziende che lavorano il loro latte trasformando un limite (la scarsa produzione e la sua frammentazione) in una risorsa. Il Valserina si inserisce in un riorientamento in atto della produzione casearia di montagna e partendo ora, al momento giusto, può cogliere buoni risultati, specie se, sul piano dell'alimentazione, della valorizzazione del pascolo e delle razze di montagna, esso saprà distinguere ciò che merita di essere maggiormente valorizzato.
Tra gli stand dei produttori alimentari che facevano da contorno ai formaggi (la montagna non può vivere di sola zootecnia) abbiamo notato diverse realtà interessanti: dai tartufi alle mele, alle coltivazione di piante spontanee commestibili (intressantissima la salsa di parüch - lo spinacio selvatico di montagna - proposta da un'azienda). Sono le tante opportunità di differenziazione e di qualificazione del "paniere" dei prodotti di montagna. Si tratta di puntare su prodotti che non possono essere coltivati su larga scala in pianura e su una complementarietà di offerta che crea un'immagine che è al tempo stesso sostanza e che offre una base non fumoa per quei sistemi di turismo dolce-agricoltura che sono la chiave dello sviluppo locale in montagna.
Abbiamo parlato di giovani, presenti numerosi e appassionati ma è anche la continuità generazionale che fa la forza di aziende e territori. Sopra alla premiazione della "Regina" (di cui è un abituée) l'ottantenne Ambrogio Quistini (titolare il figlio Michel). Alle sue spalle Franco Locatelli presidente dell'associazione manifestazioni agricole e zootecnche di Serina, a capo di una squadra affiatata ed efficiente (e lo si è visto in occasione di un'edizione molto "bagnata" della mostra). Va detto che - non si può non riconoscerlo - le migliori Brune/Brown in campo sono vacche poderose, ben lontane da quel tipo fragile e gentile di Bruna/Brown da cui molti allevatori ordinari (non in grado di raggiungere una sintesi tra produttività e forza che richiede un impegnativo lavoro selettivo) si sono disaffezionati.
Saranno questi splendidi animali (regine e reginette locali) a contendersi a Bergamo alta e il 24 ottobre prossimo la corona di "regina (e reginetta) delle valli". Per la prima volta la "Fina di stima" non sarà più solo tra le migliori brune delle sei mostre della valle bandana ma tra tutte le nove mostre della montagna bergamasca (quindi con in gioco anche la val di Scalve, la Valseriana e la valle Imagna). Sarà una bella gara.