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Associazione "Grani asta del Serio"
Sede legale c/o
dott. Andrea Messa
contrada
Beccarelli, 28 Nasolino
24020 Oltressenda
Alta Bergamo
Tel. 329.9020440
andrea.messa@tin.it
Azienda Agricola
Prat di Bus ,
Valzella
24020 Ardesio
BG Tel. 349
755 5451
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Capre
ad Ardesio: tra storia e rilancio
(20.01.17) La
Fiera delle capre di Ardesio si inserisce in una storia radicata di
allevamento caprino, tanto che gli abitanti - che oggi ne sono
orgogliosi - hanno il soprannome di "capre" (i "becchi" sono i vicini
di Gromo). Perché in alta val Seriana questo attaccamento alle capre?
Capre ad
Ardesio: festa e cultura
(18.01.17)
La Fiera delle capre di Ardesio si arricchisce di eventi culturali non
"di contorno" ma finalizzati a stimolare una ripresa in forme nuove
dell'allevamento caprino e di un'economia che unisca produzioni
di
qualità e gestione del territorio
Articoli per argomenti
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Agrimiracoli
di Valseriana
testo e foto di Michele Corti
(08.06.17) Cosa succede in Valseriana? Pare che lo spirito di
intraprendenza, che un tempo segnò il successo industriale della valle
(punta avanzata della tecnologia siderurgica e laniera), oggi animi
iniziative agricole molto innovative. È lo stesso spirito che spinse,
nel declino dell'industria mineraria e siderurgica dell'alta
valle, a partire dal XVI secolo, a puntare sulla transumanza
bovina. Una valle che esprimeva poco, sino a pochi anni fa, sul
piano agricolo (basti
pensare alla loffia esperienza del marchio della formaggella). Ma che
oggi
"sorpassa" altre realtà della montagna lombarda cui viene (veniva)
riconosciuta una maggiore vitalità agricola. Il segreto: progetti
che partono da persone non condizionate da equilibri e assetti
consolidati, una forte componente di iniziativa culturale e di passione
che si inteccia con competenze professionali e imprenditorialità, la
capacità di fare reti e di collaborare anche quando non è sempre
facile.
Quasi un anno fa
parlavamo di un sogno "visionario" che si stava realizzando (vai
all'articolo). Il "sogno" era il ritorno alla coltivazione dei
cereali in montagna. Quest'anno, con una progressione fulminante, i
campicelli sono diventati campi e, oltre a trasformarsi in pane e
prodotti da forno e polente, i cereali dell'asta del Serio (l'orzo
distico) dispongono di un agribirrificio tutto per loro, pronto a
trasformarli in agri-birra di qualità e a km zero. Ad un gruppo di studenti dell'Università
della montagna di Edolo, venuti a visitare le nuove aziende agricole
multifunzionali (sia pure a base zootecnica), Andrea Messa, il
vulcanico presidente dell'associazione culturale "grani dell'asta
del Serio" racconta un percorso che sembra una favola. "Nel 2012 tutto è cominciato con tre vasi
da firi dove ho collocato un po' di semente ottenuta dal CRA
cerealicoltura di Sant'Angelo lodigiano... "
Andrea, davanti al campo
di frumento tenero (Giorgione) nella Piana di Clusone (sopra), racconta scampoli dell'esperienza dal
2012 a oggi. "Ci vorrebbero giornate intere....". Tiene a
sottolineare che non è facile ripartire in montagna con forme di
coltivazione tradizionale che risalgono ad un'altra "era agricola".
"Qui a Clusone sono almeno settant'anni che non si vedono campi così,
mettevano dei campetti da qualche centinaio di metri". Oggi per
allestire un cantiere di lavoro per la mietiture e la trebbiatura
bisogna rivolgersi all'estremo oriente. "Là coltivano le terrazze e
devono disporre di mietitrebbie con barre da poco più di un metro di
lunghezza; però noi abbiamo iniziato nel modo più arcaico, con la falce
fienaia, poi con la bcs e le mietilega. Alla fine dopo un po' di
tentativi abbiamo trovato macchine adatte, progettate in Giappone e
fabbricate in Vietnam". Giustamente Andrea è orgoglioso delle
sperimentazioni portate avanti con successo. Altrove, dove c'erano i
finanziamenti pubblici ma scarsa "grinta" ci si è arrestati di fronte
alle non poche difficoltà tecniche.
Si parla di accestimento,
di semine primaverili e vernine, di "false semine" e di diserbanti
biologici, di rotazioni, ma anche di filiere di commercializzazione.
"Abbiamo seminato la varietà Giorgione
perché ci è stato suggerito così dal fornaio Balduzzi". Siamo agli
antipodi del mercato "cieco" o ai "contratti di coltivazione" che
espropriano il coltivatore di ogni autonomia; qui il trasformatore
(panificatore, pasticciere) è un partner di filiera, di una rete rurale
che partecipa alle scelte colturali. All'interesse dell'Università per
queste esperienze agricole corrisponde l'interesse della realtà locale
per questa visita tecnica degli studenti. Di fronte al campo di "Giorgione" la tv
locale (antenna2), localmente molto seguita, intervista gli
studenti. Anche questa è un'esperienza didattica, un esercizio utile,
considerata l'importanza che nel lavoro di supporto all'agricoltura,
specie in montagna, riveste la comunicazione. Non è più il tempo di
studiare (solo) sui libri.
La seconda tappa è
alla Fiorine, una località di cui sentiremo parlare prossimamente.
Perché? Perché da qui viene la terza varietà di mais antico della
Valseriana: dopo Gandino (con il celeberrimo "spinato"), dopo Rovetta
con il suo "rosso rostrato", arriva (ritorna) il mais delle Fiorine. Ma
non siamo qui per il mais (il rosso di rovetta, l'abbiamo visto ancora
pianticella, alla Piana). Siamo qui per il "distico", l'orzo più
pregiato per la birra. Sulla spiga ogni nodo (rachide) sostiene solo
due fiori dai quali si sviluppano due cariossidi (a differenza dei più
produttivi orzi tertastici ed esastici che portano quattro e sei
fiori). Il perché del pregio dipende dalla maggior regolarità delle
cariossidi che crescono sulla piccola spiga del distico (meno
"affollata"), il che favorisce una migliore maltazione grazie all'integrità delle cariossidi stesse. Sia
questo campo che quello di frumento tenero sono coltivati dall'azienda
Prat di büs di Ardesio. L'azienda, su tre ettari, coltiva due varietà di
mais antichi, grano tenero, segale e orzo distico. I coltivi sono
ubicati oltre alla Piana e alle Fiorine di Clusone che abbiamo visto
anche a Cerete.
Con un brevissimo
percorso scolliniamo dall'altopiano di Clusone in alta Valseriana dove, appena dopo il limite
comunale di Villa d'Ogna, prendiamo la strada che conduce all'azienda Prat di büs.
Grazie al lavoro di
sperimentazione sui cereali di Andrea (il signore con il cappello che
non finirebbe mai di parlare dei "suoi" grani), oggi
Marco Delbono può
disporre della materia prima per l'agri-birrificio e produrre
agri-birra. Marco è il titolare dell'azienda che gestisce, con l'aiuto del
fratello Andrea, un'azienda sempre più "differenziata".
Per agri-birrificio
si intende - lo dice la legge - l’azienda impegnata nella produzione e, spesso, anche nella
vendita diretta, di agri-birra. La birra
agricola può essere considerata tale qualora i malti siano
ricavati almeno per il 51% da orzi prodotti da coltivazione propria. Questa definizione è stata introdotta
dal Decreto ministeriale 212/2010 che, riconoscendo
la birra come prodotto agricolo a tutti gli effetti, ha
segnato una svolta importante nel quadro normativo e, di conseguenza,
nel mercato di produzione e commercializzazione della bevanda in
Italia. Per la tassazione, invece, la facilitazione inizialmente
prevista, consistente nel tassare la produzione nell'ambito agricolo è
venuta meno e si paga l'accisa. Tanto è vero che il birrificio di
Delbono è ancora fermo per motivi fiscali (il contatore che misura ogni
litro di birra prodotta - e lo tassa senza pietà - è montato ma manca qualche adempimento
burocratico).
Gli agri-birrifici rappresentano uno strumento intelligente
per qualificare la produzione brassiera locale e per migliorare la
multifunzionalità delle aziende. La birra di Delbono si chiama "Asta"
(da "associazione grani asta del Serio") e, nell'etichetta, l'azienda si
fregia di essere una fondatrice dell'associaizone. Andrea sottolinea
come il carattere no profit, la finalità di iniziativa culturale e
territoriale dlel'associazione abbia rappresentato una condizione
importante per l'innesco di queste attività agricole. Il motivo è
semplice: dietro c'è tanta passione disinteressata che diventa
contagiosa e che produce più facilmente relazioni tra i soggetti
agricoli e gli altri partner di filiera. Questa facilitazione (o
fluidificazione) di relazioni e promozione di reti è chiaramente dovuta
alla fiducia nelle terzietà di un'associazione culturale come "i grani
dell'asta" e del suo presidente. Una lezione molto interessante che
conferma i risultati della nostra ricerca "Cibo
e identità locale". L' "asta" è un lievito (per restare in
ambito brassiero e panificatorio), le aziende (quelle che esisto e che nasceranno) la pasta. In tema di birra è interessante
osservare che anche l'acqua di pozzo
captata a grande profondità è km zero mentre il luppolo, per ora è importato, ma
presto sarà coltivato da uno dei tre agri-birrifici della montagna
lombarda. Birra con materie prime made in Lombardy 100%.
Già, ma tutto parte dalle
capre. Le disprezzate capre. Da dieci caprette, che i Delbono mantenevano "per hobby" in una
vecchia stalletta (che si trova ancora a fianco dell'agri-birrificio e
del ristorante in fase di realizzazione). Un hobby che ad Ardesio è
sempre stato diffuso e che, di fatto, ha rappresentato la continuità di
una tradizione di piccolo allevamento radicatissima (vai
a vedere un precedente articolo). Tanto che ad Ardesio gli
abitanti sono conosciuti come "le capre". Un soprannome molto più
"onorevole" peraltro di quelli assegnati ai paesi vicini ("ladri" di Fiumenero,
"patate" di Gandellino, "porci" di Lizzola, "lupi" di Valbondione,
"tafani" di Valgoglio"). Recentemente, nell'ambito della
ricostruzione della vicenda della "guerra alle capre" condotta dalle
autorità nel periodo napoleonico, ho rinvenuto un documento del 1807 con
i nominativi di 150 capifamiglia proprietari di capre ad Ardesio e,
un'altro, coevo, in cui il sotto-prefetto di Clusone lamentava come, nel
distretto di Breno (la Valcamonica era unita a Bergamo), il numero delle
capre fosse "fuori controllo" mentre nel distretto di Clusone solo ad
Ardesio c'era un "eccesso" di capre. La storia conta si direbbe. Infatti ad
Ardesio, da ben diciotto anni, con inossidabile entusiasmo, si organizza
la Fiera delle capre,
divenuto appuntamento che richiama appassionati anche da oltre i
confini regionali. Lo ricorda con soddisfazzione agli studenti Antonio
Delbono,
cugino di Marco e Andrea, assessore comunale e "anima" della Fiera
(organizzata dalla pro-loco). Come altri giovani di Ardesio i Delbono
erano caprai per passione. Ma, ad un certo punto, è nata una scintilla
e
la passione si è trasformata in impresa. Così hanno lascato il settore
edile per l'agricoltura (saper costruire gli è però servito molto in
quanto hanno eseguito i lavori in economia). L'azienda agricola, ci
tengo a
sottolinearlo, nasce con le capre. Solo successivamente, nel quadro di
una differenziazione, si introducono le bovine da latte e da carne (pezzate rosse). Di solito si passa dalle vacche alle capre. Qui è successo il contrario.
All'oggi i Delbono
allevano 109 capi di razza saanen, di cui ottanta in lattazione, ventidue
caprette da rimonta, due becchi e cinque capretti. Dalle loro capre
ottengono circa 800 q.li di latte che vengono trasformati nel
caseificio aziendale in vari latticini (compreso yogurt). C'è anche il
gelato, ma fa parte di un prossimo capitolo.
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Non condizionati da
"appartenenze zootecniche" e sudditanza alle organizzazioni
tecnoburocratiche i Delbono hanno puntato sulle razze che ritenevano
adatte al loro sistema aziendale. A differenza delle capre che per
problemi organizzatici e logistici non accedono ai pascoli i bovini
hanno possibilità di pascolo dalla primavera all'autunno anche se
dal punto di vista alimentare l'apporto del pascolo non è certo
prevalente. Nonostante il carattere semi-stallino dell'allevamento i
Delbono hanno puntato da subito sulle razze a duplice attitudine. Hanno
iniziato con la pezzata rossa e ora stanno sostituendola con la grigia
alpina. In stalla dispongono di un toro da monta e mantengono dieci
vacche e tre vitelle. Vi sono ancora dieci vacche pezzate rosse. La
duplice attitudine, anche in un'azienda con trasformazione del latte e
commercializzazione diretta è preferita perché anche la carne fresca
("vendiamo delle cassette già preparare ai nostri clienti") e le carni
trasformate sono importanti per un'offerta variegata. Per produrre
insaccati misti (sia suino e capra che suino e bovino) si ingrassano
anche dieci suini (di tipo - almeno in prevalenza - large white, ovvero
ad accrescimento lento ma maggiore qualità dei soliti ibridi).
Tra latte di caprino e vaccino si lavorano 1400 q.li . I 600 q.li di
latte di vacca sono trasformati in stracchini, formaggelle, formaggio
semigrasso (stagionatura sino a ventiquattro mesi), burro, yogurt,
erborinato (più piccolo del gorgonzola). Gli 800 q.li di latte caprino
sono trasformati in caciotta, stracchino di capra, yogurt di capra,
primo sale, erborinato, formaggi stagionati. Prima di lasciare l'azienda la giornalista ma anche esperta
di pastorizia bergamasca e scrittrice) Anna
Carissoni del vicino paese di Parre, redattrice del quindicinale Araberara (che da qualche mese ha un'edizione camuna) intervista alcuni ragazzi. Un
altro segno di interesse per l'agricoltura e per chi studia agricoltura
(anche a Clusone c'è una scuola professionale che ha avuto, come le
altre un boom di iscrizioni).
In realtà un po'
del latte non si trasforma in formaggi, stracchini, burro e yogurt ma
in agri-gelato. Dove? Al negozio km zero. Il negozio è stato
realizzato dall'azienda Prat
di büs ed
è condotto in società con Alessandra Fornoni, esperta
gelataia e pasticciera. Il vecchio spaccio aziendale è stato dismesso
(con grande vantaggio perché per quanto breve il percorso dalla
provinciale all'azienda è sterrato). Nel negozio, in località Valzella
(sulla strada
provinciale dell'alta val Seriana, a poche centinaia di metri
dall'azienda agricola) si vendono formaggi vaccini e caprini
dell'azienda, gelato con latte dell'azienda (anche di capra), salumi,
prodotti a base di mela, birra, farine tutte dell'azienda. Ci sono
poi prodotti di altre aziende agricole (vino, miele, confetture. I
prodotti da forno sono realizzati con farine aziendali.
Qualcuno dirà che i
prezzi sono alti. Ma invito ad andare al supermercato (ci dovrebbero
andare tutti per avere il polso del consumo alimentare) e vedrete che
la farina più pregiata (bio, da varietà antiche, da zone determinate)
ha lo stesso prezzo. Ma qui sapete chi l'ha prodotta: il contadino, il
mugnaio. Poi invito a provare la differenza in termini di
caratteristiche sensoriali dei prodotti (a partire dalla
polenta).
Anche nel caso
della birra i prezzi delle industriali "speciali" non sono certo
inferiori a questi. Ma non è
solo il bilancio di un'azienda agricola che è in gioco. Una birra così,
km zero, è un fiore all'occhiello
per la valle, un piccolo grande tassello
di un orgoglio locale di un senso di appartenenza. E non in ultimo un
piccolo-grande aiuto al turismo. Una notazione interessante: il mastro
birraio viene direttamente dalla Svezia (le competenze di eccellenza
non sono sempre a km zero). A qualcuno parrà strano e stravagante fa
venire un esperto dalla Svezia per un piccolo birrificio agricolo.
Invece la logica non fa una grinza. "Le competenze si vanno a cercare
dove ci sono" commenta Delbono. Se pensiamo che, prima del Settecento, la
siderurgia bergamasca era in auge tecnologica, e che i bergamaschi
erano chiamati in altri paesi europei a fare da mastri fusori, ci
accorgiamo che non c'è nulla di strano nel mastro birraio svedese ad
Ardesio.
Tornati a Villa
d'Ogna saliamo in Valzurio (comune di Oltressenda alta, in tutto 160
abitanti) e ci dirigiamo alla
contrada Bricconi,
protagonista di un recupero di cui giustamente si parla parecchio in
zona (e non solo). Qui Andrea, che è originario di qui e possiede dei
pezzi di terra e un fabbricato nella contrada, ci mostra il campo di
produzione di seme. Si tratta di una varietà di montagna che viene
dalla provincia di Cuneo, dalla Valgrana e - per la precisione - dalla
Coumboscuro (la "valle scura" in provenzale). Ruralpini di Coumboscuro si
è occupato a più riprese e ci siamo stati parecchie volte. È curioso
ritrovare qui, in Valseriana un po' di Coumboscuro. Però non è strano
in realtà perché le Alpi sono grandi, è vero, ma le realtà impegnate a
valorizzare la cultura locale (di cui l'agri-biodiversità è parte
integrante come la lingua e l'architettura), sono poche,
sconsolatamente poche. Ed è inevitabile che si creino dei legami, delle
reti. delle connessioni.
È bello vedere il
non più giovane ma sempre vulcanico Andrea insieme a Giacomo. La
condizione di "vicini di casa" non predisponeva a buone relazioni
(anche perché la proprietà di Andrea si è trovata di fatto incapsulata
nell'azienda di Giacomo). Aggiungasi la differenza di età e la
circostanza che mentre Andrea è un super-autoctono (da bambino faceva la
transumanza con la mandria bovina da latte giù fino alla bassa
bresciana con la famiglia di bergamì e lo stemma della famiglia è
scolpito sulle architravi cinquecentesce) mentre Giacomo (sia pure bergamasco e
bergamascofono) proviene da un ambiente diverso (la collina vitivinicola della
Valcalepio), e quindi è visto come "foresto".
Fortunatamente la fase conflittuale tra i due è stata superata perché
ha prevalso un elemento comune, più forte degli altri: la passione per
l'agricoltura di montagna, per la terra, per la progettualità. Così si sono aperte
prospettive positive di collaborazione, interessanti come quando due caratteri
diversi, ma entrambi decisi e battaglieri, si incontrano. Sul
pezzo di prato di Andrea quest'anno Giacomo raccoglierà il fieno e il
"copione" (purtroppo comune) delle ripicche tra vicini vira in collaborazione. In
nome di progetti e visioni comuni. Un bel segnale.
A
qusto punto è
Giacomo a condurre la visita della sua creatura mentre. Pur esponendo
in forma
tecnica e quasi distaccata la vicenda dell'azienda è palese come i
Bricconi siano divenuti parte della sua vita, motivo di soddisfazioni
ma anche di preoccupazioni che non hanno certo lasciato fuori dalla
porta la sfera emotiva. Del resto, pur sulla base di una precisa
pianificazione della start-up (oggetto della tesi magistrale), pur
nell'attenzione a tener sempre sott'occhio i parametri di economicità,a
non fare passi più lunghi della gamba,
Giacomo ci tiene a far capire agli studenti che senza una motivazione,
una gratificazione extra-economica non si può pensare di affrontare
un'impresa che, se va bene, consente un reddito dignitoso, una
"sostenibilità", ma risultati di gestione economica ben lontani da
quello ci si aspetterebbe quale giusta remunerazione dei capitali (i
contributi pubblici aiutano ma implicano anche lievitazioni di costi) e
delle energie investite. In forme moderne è la logica dell'azienda
contadina, fortemente influenzata da un'economia morale che risponde ad
una sua razionalità, ma che le logiche dell'economia neoclassica (e del
neoliberismo) non
potranno mai inquadrare. Dall'economia (e alla sociologia) si
passa all'architettura rurale. L'artificiosa compartimentalizzazione in
discipline accademiche in questi contesti "salta". Ma è un bene, e uno
stimolo per gli studenti (almeno quelli che oltre al pezzo di carta
sono interessati ad acquisire conoscenze e competenze). La stalla è
quella che si vedeva alle
spalle del campo di segale della foto di prima. L'immagine sotto chiarisce
meglio il carattere dell'intervento sul piano architettonico.
Va subito detto che
tutto il progetto è frutto di un lavoro non qualsiasi. La parte
agricola ed economia è stata curata dallo stesso Giacomo
Perletti mentre il progetto architettonico è
frutto di una tesi
di laurea del Polimi, redatta da tre studentesse di architettura ed
ispirato da esempi di "nuova architettura alpina", in particolare di
"scuola ticinese" .
Le nuove strutture non hanno
nulla di tradizionale,
il rivestimento in assi di larice e la copertura in lamiera (chiara per
alleggerire il peso delle strutture, senza sporti di gronda per
sottolineare la pura, essenziale, dimensione volumetrica) sottolinea
il distacco del nuovo edificato, funzionale all'attività zootecnica e
casearia. Alla vecchia stalla (con fienile sovrapposto), conservata
intatta con il suo selciato come
centro visita del parco delle Orobie bergamasche, si
giustappone il nuovo caseificio/locali di stagionatura (sempre su due
livelli che sfruttano la pendenza). La nuova stalla con il fienile
rappresenta un corpo a sé. Il
grande volume (in relazione al numero ridotto di capi) è legato alla
soluzione della raccolta e conservazione del fieno sfuso che consente
la fienagione in due tempi ( con parziale essiccazione un campo e
ventilazione in fienile sfruttando l'aria calda del tetto "solare" con
intercapedine). Il fabbricato è forse un po' grande in una valletta
così piccola ma la funzione è chiara e lodevole. Per il resto lo stacco
netto tra le due parti è esteticamente azzeccato. Tanto più che il
legno d larice invecchiando si "naturalizzerà" dialogando con il frigio
della pietra carbonatica e cdel manto delle splendide vacche.
La movimentazione del fieno avviene con il carro-ponte
(l'oggetto rosso nella foto sotto). Questo spiega la grande luce del
fabbricato (peraltro ben
coibentato e quindi senza rischi di temperature troppo basse in inverno,
condense ecc.). Le manze sono stabulate fisse (fanno molto pascolo,
oltre
sei mesi), le
vacche - che in estate restano in stalla - sono mantenute in
stabulazione libera con cuccette. La scelta delle cuccette ha creato un
dilemma a Giacomo. Tra l'altro comporta la decornificazione. Meglio
presentare animali integri con le loro corna o animali legati? Nessuno
puà dare una risposta univoca.
La scelta della razza, invece, non ha lasciato spazio a dubbi e
ripensamenti: la grigia è adatta a questa montagna (sono
perfettamente d'accordo). Però, c'è anche un altro fattore:
Giacomo ammira profondamente (e a ragione) il Sudtirolo, l'orgoglio dei
suoi allevatori, la loro efficace organizzazione che consente di
vendere i capi senza passare dai commercianti. Non
si può non notare che la razza, una scelta a cui sono pervenute
indipendentemente, unisce le due aziende che abbiamo visitato.
La qualità de fieno prodotto con la fienagione in due tempi (in
termini di colore, fogliosità e flessibilità) è facilmente constatabile. Questa tecnica consente un significativo incremento
di produzione in ordine sia alla
quantità, che alla qualità. Vengono ridotti i rischi meteorologici,
in quanto il foraggio staziona per minor
tempo in campo (una circostanza molto importante in montagna, specie
nelle piovose Orobie). Altrettanto importante per la montagna il
poter anticipare
lo sfalcio primaverile e sfruttare i tagli in
prossimità dell’autunno. Dal momento che è richiesto un minor numero di
interventi
meccanici il fieno subisce meno danni (anche perché rispetto
all'imballatura esso viene manipolato ad umidità più elevate). Il
processo di respirazione delle piante
è sensibilmente ridotto a causa della maggiore
rapidità del processo di essiccazione e le fermentazioni sono
arrestate grazie alla ventilazione
continua della massa. A tutto ciò si aggiungono i vantaggi per la
salute legati alla drastica riduzione del rischio di
formazione di muffe. Il tutto
è controllato da sensori (le scatolotte che pendono sulla massa di
fieno e altri che misurano temperatura e umidità dell'aria in entrata
regolando il funzionamento dell'apparato di ventilazione. Interessante come la tecnologia
"semplice" del fieno sfuso si coniughi con l'elettronica. Del resto
anche nella stalla vi è un autoalimentatore con riconocimento individuale che somministra
(frazionandola) la quantità di mangime che ogni bovina "merita" in base
alla produzioen di latte. Fieno di buona qualità e dosaggio
"modulato" del mangime consentono di ottenere produzioni elevate
(relativamente alla grigia alpna, ovviamente) con una buona efficienza
alimentare. Una filosofia coerente con l'insieme del progetto aziendale
che punta alla sostenibilità ambientale oltre che a quella economica (non
per "sfizio" o pr appuntarsi una medaglietta di gfacciata ma come valore concreto capace di promuovere il prodotto e i
servizi, in prospettiva, agrituristici).
Per
ora non si va
oltre
il quintale di latte ma si punta ad arrivare a 2-2,5 q.li con 15
vacche. Si producono formaggella, stracchino (la tradizione) e yogurt.
Quando si avrà più latte si pensa di affiancare prodotti innovativi.
Produzioni modeste, ma l'azienda non è monofunzionale e si punta alla
vendita diretta e al massimo di valorizzazione della materia prima.
Qualità e
"naturalità" dei
prodotti, qualità estetica dell'insieme, rispetto dei valori storici e
culturali,
rispetto dell'ambiente, sono obiettivi coerenti con la proprietà
pubblica di buona parte del compendio (il comune di Oltressenda alta) e
con i rapporti contrattuali con essa instaurati (una
convenzione a lunghissimo termine) ma anche con la presenza del centro
visitatori
del parco. Una presenza che porta vantaggio al parco (in termini di
presidio e gestione della struttura) ma anche all'azienda (in termini
di afflusso di visitatori che potrebbero anche fruire dei servizi
dell'agriturismo).
In
ultimo passiamo al vecchio nucleo abitativo, che è stato oggetto di
restauro conservativo (sotto il controllo della soprintendenza ai beni
culturali)
ed è destinato ad agriturismo. Il primo step è stato rappresentato dal
ristorante da trenta coperti (per le camere e l'ostello ci sarà tempo,
in relazione a rietri del piano di finanziamneto). Per completare il
ristorante manca solo l'arredamento (che non potrà essere banale dato
il grande impegno profuso su tutta la realizzazione). La parte
strutturale (tranne i piani di calpestio ancora da posare) è ormai
terminata. Questi fabbricati sono, almeno il nucleo più antico del
Cinquecento. Sotto un immagine del complesso insediativo dalla
balconata del ristorante. Come si vede pioveva parecchio.
Impossibile
replicare simili esperienze? No, anche se non facile. Chiudiamo con le
parole di Giacomo Perletti che pur non nascondendo nulla delle
difficoltà incontrate (ovviamente la burocrazia esiste anche per i
Bricconi), put riconoscendo le opportunità, non comuni, che hanno
consentito al suo progetto di andare in porto, si è sentito di dire ai
ragazzi che : "... in questa piccola valle ci sono buoni terreni che
potrebbero essere utilizzati per creare altre tre aziende". E in tutta
la Valseriana? Nella montagna lombarda?
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