Ruralpini - Antichi borghi
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(26.09.14) Viaggio nelle sedi ancestrali dei bergamì. Parte dalla Valzurio lontana dai modelli luna park La Valzurio, in alta val Seriana è una valle di bergamì per eccellenza (ma anche di pastori). Amata da chi ama la montagna autentica, non le rappresentazioni turistiche e alla National Park. le sue contrade sono autere e rivelano antica ricchezza e splendore. Volevo girarla tutta in una giornata con l'amico Andrea Messa di Nasolino ma siano riusciti a vederne meno di metà. Perché di elementi interessanti storici, ambientali ce ne sono paerecchi leggi tutto
(06.02.11) Sostila: microcosmo ruralpino Il paesino senza strada di Sostila in Valtellina è avvolto dalle retorica dei 'paesi fantasma'. In realtà non è 'morto'. Tra l'altro sono state avviate iniziative per il recupero della 'pera di Sostila' (sono state messe a dimora nel 2010 doverse piantine). Vi è anche un allevamento di pecore e capre. Le iniziative di rivificazione portate avanti dal Comune di Forcola, dall'Associazione Amici Val Fabiola e dai privati . C'è anche un altro lato della medaglia: la 'guerra' tra Sostila e Campo (ovvero tra i comuni di Forcola e Tartano) per l'acqua. leggi tutto
(28.02.09) Valtellina: è nata l'Associazione Furfulera Nasce in Valtellina (una valle tanto ricca di patrimonio rurale vernacolare quanto poco attenta alla sua conservazione e valorizzazione) "Furfulera". E' una nuova associazione per favorire la conoscenza e la valorizzazione delle dimore rurali italiane. Promotore Dario Benetti e la coop "Quaderni Valtellinesi". leggi tutto
(14.07.11)Al Podio oltre alle capre artigianato ruralpino (Val Maira, Cn) Dall'esperienza della nota e apprezzata azienda caprina Lo Puy è nata, quasi per gemmazione, l'azienda Lo Grasal. Per opera di Lara Ganarin che vive con la famiglia (unica stabile oltre a quella degli Alifredi di Lo Puy) alla borgata Podio. Lara racconta come ha avviato la sua attività di artigianato tradizionale che contribuisce a ridavere vita ad una borgata che era morta.
(30.08.10) Grandi lezioni da una piccola valle Coumboscuro è un posto dove impari che la via della rinascita della montagna è difficile ma dove constati che la profonda consapevolezza, l'attaccamento fiducioso ai valori, la caparbietà montanara portano, alla lunga, risultati. Contro l'omologazione politica, culturale, economica si può resistere. leggi tutto
(24.05.10) Val Maira (CN). Progetti per la montagna che vuole vivere I progetti di recupero delle piccole borgate di montagna piemontesi sono stati frenati dall'accettazione dei ricorsi di alcuni eclusi. Ma intanto si evidenzia di grande interesse il progetto della Borgata Podio/Lo Puy in Val Maira che prevede, tra l'altro il recupero del fabbricato di origine medioevale qui a fianco per la realizzazione di attività di 'scuola pratica di pastoralismo' e di 'centro di riferimento per i problemi dell'allevamento caprino'. A differenza delle lobby ambientaliste, che i loro parastatali Parchi e Centri di educazione ambientale se li fanno pagare da Pantalone, le iniziative ruraliste chiedono il sostegno pubblico solo per finalità concrete. leggi tutto
(14.02.10) Selezionato il progetto per un 'centro della capra' alla Borgata Podio/Lo Puy (San Damiano Macra, CN) Tra i progetti volti al recupero ed allo sviluppo di un numero limitato di borgate montane (PSR Regione Piemonte mis. 322) quello di Lo Puy/ Podio in Valle Maira) è risultato terzo tra i dodici ammessi per la provincia di Cuneo. Dietro questo progetto c'è la storia della rinascita di una borgata abbandonata grazie all'insediamento di una famiglia 'cittadina' con 4 figli che nel '99 ha dato vita ad un'azienda di capre da latte nata col motto: 'dins les ronses lhi chabres' (tra i rovi le capre). L'azienda Lo Puy è divertata agriturismo (la Chabrochanto), i suoi formaggi sono apprezzati in mezza Italia, i figli sono diventati 5 e così è maturato un progetto che vorrebbe contribuire a stimolare e sostenere altre esperienze di rivitalizzazione della montagna mediante l'allevamento caprino. leggi tutto
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(07.06.16) Un facile itinerario da Caspoggio (Val Malenco) consente di scoprire contrade solo pochi anni fa piene di vita. Dove si coltivava, si svolgeva una vita di relazione. Un patrimonio troppo prezioso per essere abbandonato ma che richiede idee agricole e turistiche nuove per rivivere. Contributo di Simona Negrini, una giovane impegnata in innovative esperienze di sviluppo rurale
Quel profumo degli antichi
borghi alpini
di Simona Negrini
Vi sono luoghi in cui il tempo sembra essersi fermato, e poi, vi sono luoghi in cui il tempo si è fermato per davvero. Sono i luoghi una volta abitati e oggi abbandonati in favore delle comodità che la modernità ci offre. Di questi luoghi fanno parte i nuclei della Valle di Dagua, il valùn in dialetto malenco: i Giann, i Fuiàa e Dagua. Si tratta di una valle che sale sulla destra da Torre di S. Maria, in Valmalenco (SO). La via più comoda per raggiungerli parte da S. Elisabetta, la frazione più esterna di Caspoggio. Ci troviamo a 1100 mslm.
Si raggiunge il maggengo di S. Antonio in 15 minuti di cammino e qui si imbocca lo storico sentiero del latte, così chiamato perché era la via più breve per trasportare il latte da e per l’Alpe Motta. Dalla Motta costeggiando un piccolo stagno e oltrepassando una grande roccia, denominata Crap di Casée che significa sasso dei casari, si prosegue in direzione SE, imboccando un sentiero più largo tutto indiscesa immerso in un suggestivo bosco di betulle.
In 10 minuti siraggiunge il primo borgo: i Giann. Ci troviamo a circa 1500 m di altitudine, ma, in pochi lo sanno, qui un tempo si coltivava il grano saraceno. Dopo altri 10 minuti di cammino si raggiungono i Fuiàa e la sua bellissima chiesetta con un colorato rosone in alto e subito dopo Dagua. Qui vi era addirittura una scuola che veniva frequentata dai bambini del posto. Sono tutti nuclei piccolissimi immersi nel bosco che ormai ne ha preso il sopravvento, ma un tempo questi piccoli nuclei erano circondati da verdi prati.
Per tagliare la legnasi dovevano percorrere svariati km, rigorosamente a piedi. La cosa che salta immediatamente all’occhio sono le case, tutte una attaccata all’altra. Si intuisce immediatamente lo spirito di collaborazione che vi era un tempo: per non spendere toppi soldi ed energie si condividevano addirittura i muri delle proprie case. Passeggiare in queste strette viuzze, respirare il profumo di autentico che infondono questi luoghi è un qualcosa di meraviglioso. Nei fienili vi sono ancora cumuli di foglie che venivano raccolti inautunno per poi venire messi sul pavimento delle stalle e fungere da isolante in inverno, non a caso in dialetto queste foglie si chiamano lecc, ovvero letto. Sui balconi vi sono ancora dei mucchi di legna accatastata che qualcuno aveva premurosamente preparato prima dell’arrivo dell’inverno.
Qui ognuno aveva il suo orto e i suoi animali che garantivano il sostentamento dell’intera famiglia, e anche i più piccoli collaboravano in tutte le attività. Si distinguono infatti ancora le stalle, i pollai e gli spazi riservatialle coltivazioni. Tutt’ora serviti dall’acqua sono i lavatoi, dove le donne si riunivano a fare il bucato, con un po’ di immaginazione pare di vederle lì, mentre conversano di chissà quali loro storie.
L’amore per questi territori è dimostrato dal fatto che qui erano state edificate una chiesa e una scuola, in modo che non ci si dovesse allontanare da casa, visti anche i tempi necessari per raggiungere i paesi a fondo valle, che erano nettamente superiori a quelli attuali. Mi è stato raccontato di una maestra che, appena ottenuto il diploma delle magistrali, si è trasferita a Dagua per istruire i bambini di questi piccoli nuclei. Sembrano storie d’altri tempi, ma io ricordo ancora gli ultimi abitanti di questi borghi: una donnina minuta che a 80 anni percorreva ancora questi sentieri con ai piedi i suoi pedù, le calzature tipiche della Valmalenco la cui suola era realizzata con strati di stoffa sovrapposti e la tomaia di velluto, con il capo coperto dal penèt, il fazzoletto che indossavano un tempo tutte le donne, e con il suo bastone che quando non le serviva appoggiava sulla spalla a cui appendeva una borsa contenente il necessario da portare a Dagua.
Poi c’era un omone,con una barba che mi ha sempre ricordato quella del nonno di Heidi, forse un po’ troppo amico di Bacco, che trascorreva la sua vita diviso tra Dagua e il Campeì, un piccolo pascolo tra la Motta e Piazzo Cavalli. Entrambi percorrevano questi sentieri con abiti semplici, gli abiti di chi ha vissuto una vita da contadino, affrontando tutte le scomodità di questi luoghi ma indossati con la fierezza di chi ama la propria terra. Da queste righe pare che io stia parlando di chissà quali tempi passati, ma questi miei ricordi risalgono alla mia infanzia, a circa 20 anni fa. Forse dovremmo prendere esempio da queste persone e da questi luoghi che noi abbiamo il compito di preservare.
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