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Terrorismo
fiscale
antirurale
(31.07.17) In questi
giorni agli intestatari di "fabbricati rurali" (anche solo 9 mq),
non censiti al catasto urbano, stanno arrivando lettere minatorie da
parte dell’agenzia delle entrate. Parliamo di una gabella iniqua che
colpisce chi svolge attività agricole senza essere "imprenditore
agricolo" (come spesso capita ai contadini di montagna) e minaccia la
distruzione di una fetta significativa del preziosa patrimonio di
edilizia rurale storica.
(03.05.17) Tagliatemi la luce e l'acqua.
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Esasperato dalla
"tassa sulla televisione" (che non ha), Giuseppe Ghibaudo (Pinoulin) di
Roaschia, Cuneo ha preso carta e penna e ha scritto ai giornali.
Nell'italia delle pensioni d'oro e di vitalizi scandalosi un pastore,
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(13.03.17) L'appello
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(09.03.17)
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replica al qualunquismo animalista (quello del: "Tanto li rimborsano,
che c...o si lamentano sti pastori"?) e ribatte: "Vi farebbe piacere
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(30.06.15)
Animalismo, biocapitalismo, ecototalitarismo
Proseguiamo la riflessione sul
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all'animalismo che in modo più esplicito e violento nega il valore
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particolari scrupoli (come e peggio che nei Gulag e nei Lager)
(23.12.14)
Una brutta storia di business del cibo. Ma in vista tra Modena e
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Il cibo come cultura (e con esso le città
e i luoghi della cultura come spazi antropologici) stanno uscendo
umiliati da una corsa della mercificazione spinta del 'cibo tipico'.
Essa, in vista di Expo, conosce una prevedibile accelerazione con
progetti che non fanno nulla per nascondere la loro ispirazione
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protagoniste due città a meno di quaranta chilimetri di distanza: le
"grasse e rosse" Bologna e Modena, uno ha una dimensione locale,
l'altro è più ambizioso.
(30.09.14)
Dalle Alpi alle Canarie storie simili: l'Europa, la burocrazia i
politici vogliono distruggere l'agricoltura famigliare
José Casatejada era un uomo che nella
vita non aveva bisogno di fare il piccolo contadino per vivere: formato
in Biologia, aveva un lavoro sicuro come tecnico di un parco nazionale.
Decise di allevare, quasi per diletto della capre autoctone, sull’Isola
di La Palma nelle Canarie.Poi, ametà degli anni ’80, si diede
all’allevamento bovino: latte, formaggio fresco e stagionato.Il latte
lo vendeva alla Centrale. Che però fu chiusa «sotto la pressione delle
grandi lobby».I produttori di La Palma allora decisero di autogestire,
assieme, il loro prodotto. Ma un’altra volta furono bloccati. «Dalla
legge e da chi la applica» Intervista di Laura Zanetti e Mario Cecconi.
(09.09.14)
Assalto finale al territorio lombardo. La Regione vuole altri 200
km di autostrade inutili
Mentre i cantieri della Teem e della
Pedemontana devastano quello che restava delle campagne milanesi e la
Brianza la Brebemi si palesa opera inutile e fallimentare mentre gli
agricoltori non stanno ricevendo i corrispettivi per gli espropri. Così
per dilapidare altre risorse e sfasciare altri territori la Regione
propone ancora 200 km di autostrade inutili. Ma utilissime per i
cavatori (si parla di decime di milioni di m3), per i cementieri, per
la mafia, per la politica (anche il PD sostiene la politica
autostradale del centro-destra). Cremona-Mantova, Broni-Mortara le
prossime vittime.
(22.04.14)
Un sindaco di montagna accusa
Dopo la vicenda della legge regionale
piemontese sulla montagna contestata dai piccoli comuni perché annulla
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(27.03.14)
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I piccoli comuni di montagna
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sulla montagna parte di un disegno neocentralista di cui si fanno
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(26.03.14)
Il valore culturale della gastronomia
Una
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(11.03.14)
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L'hanno definita una pugnalata
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finanziamenti vanno solo alle Unioni montane come desiderato
dall'Uncem, dalla casta degli amministratori legati ai partiti e ai
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rappresentanza ed espugnare l'ultimo baluardo di autonomia e
democrazia: i comuni.
(08.01.14)Dalle
Terre Alte un no a questa Europa
"Abbiamo
bisogno di risorse per i bimbi, per le strade e l'Europa finanzia i
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quella di Alte Terre, associazione di Cuneo. Ma non basta denunciare;
occorre un'azione politica unitaria. E per l'occasione delle
prossime europee si potrebbe ripetere il "miracolo del '79" che vide
l'unità di un largo fronte minoranze e di gruppi autonomisti.
|
politiche
Un'altro colpo
al cuore per l'agricoltura contadina. Un patrimonio cultrurale a rischio
(20.10.17) Ruralpini lancia un
appello ai responsabili dell'agricoltura (ministro e assessori
regionali) perché non stiano alla finestra di fronte alla gravissima
situazione determinata dall'applicazione agli ex fabbricati rurali
delle nuove catastali. L'appello è sottoscrivibile da gruppi e
associazioni che lo condividono (segnalare a redazione@ruralpini.it). Bisogna fare in fretta. I contadini, i
pensionati, i proprietari, che non possono sopportare oneri
sproporzionati e ingiusti, stanno scoperchiando i fabbricati. A rischio
un vasto patrimonio di edlilia rurale storica. Prezioso non solo sotto
il profilo culturale ma, spesso, anche per le opportunità di riuso per
una nuova agricoltura contadina e un vero ecoturismo
Al
Sig. Ministro delle politiche agricole, alimentari
Maurizio
Martina
Via
XX Settembre,
20 - 00187 Roma
Agli assessori regionali
all'agricoltura
Loro sedi
Oggetto: Appello per intervento su
grave situazione venutasi a creare in materia di accatastamento dei
fabbricati ex rurali e relativa tassazione IMU .
Con la presente si
sollecita il Suo intervento in sede politica su una materia
(la tassazione dei
fabbricati rurali ) che, pur esulando dalle competenze agricole - in
quanto materia tributaria - comporta serie ripercussioni economiche
per un grande numero di ex coltivatori, pensionati , produttori
agricoli accessori, non in possesso della qualifica di imprenditore
agricolo ma in grado di generare una non trascurabile quota di
produzione agricola che rappresenta, attraverso la produzione per
autoconsumo e la vendita diretta un importante integrazione al
reddito delle famiglie rurali. Tale produzione agricola è connessa
alla riproduzione di importanti valori sociali e culturali nonché ad
una capillare opera di manutenzione territoriale, suscettibile di
ridurre i rischi di calamità naturali.
La normativa catastale
relativa al
trasferimento al catasto dei fabbricati urbani dei fabbricati che
hanno perso la qualifica rurale comporta:
-
La minaccia di
pesanti sanzioni in caso di mancato accatastamento (la
mancata/ritardata presentazione della pratica Docfa corrisponde ad una
sanzione di importo variabile tra 1.032 a 8.264 €);
-
Elevati costi per
le operazioni di accatastamento affidate ai professionisti
(sproporzionati rispetto al valore di mercato, spesso nullo, dei
manufatti)
-
La prospettiva di
una importante tassazione a carico di immobili non suscettibili di
produrre reddito applicazione di categorie che non tengono conto delle
caratteristiche e delle funzioni di detti fabbricati.
È
importante
sottolineare come tali conseguenze vadano spesso a incidere, specie
nelle aree svantaggiate, su soggetti a basso reddito in quanto
percettori di modeste pensioni agricole i quali, oltre tutto, risultano
proprietari, in forza di successioni ereditarie, di più
fabbricati o parti di fabbricati.
Tali soggetti stanno
procedendo in
molti casi alla rimozione delle coperture dei fabbricati di cui sono
titolari al fine di rientrare nella previsione di esenzione per gli
immobili in cat. F2 (improduttivi di reddito per fatiscenza). Ciò
comporta la perdita di un enorme patrimonio rurale, con valore di
testimonianza storica e generatore di valore paesaggistico, identità
locale, attrattiva turistica. Esso rappresenta non solo un valore
culturale ma anche una risorsa potenziale per il rilancio delle
attività agricole in aree montane e svantaggiate da parte di giovani
desiderosi di avviare nuove iniziative nell’ambito della produzione
di prodotti di qualità specifica e di nuove forme di turismo rurale
.
Per i motivi sopra
indicati riteniamo
che i responsabili della politica agricola nazionale, primo tra tutti
il ministro delle politiche agricole, non possano non intervenire
sulle criticità evidenziate facendo presenti in sede governativa le
loro gravi conseguenze
La invitiamo pertanto a
farsi portavoce
delle seguenti richieste
A) misure di esenzione
per i fabbricati
rurali di cui alle seguenti categorie:
1-Tutti gli immobili
appartenenti a
pensionati ex imprenditori agricoli, non utilizzati per altri scopi
oltre quello agricolo o inutilizzati.
2- tutti gli immobili
rurali utilizzati
per l’ agricoltura e non oggetto di interventi di ristrutturazione
integrale o cambio d’ uso appartenenti a persone che svolgono
l'attività agricola a titolo accessorio non in possesso dei
requisiti per la qualifica di imprenditore agricolo e comunque con
reddito annuo inferiore a 6000 euro utilizzabili solo per attività
agricola purché con le seguenti caratteristiche:
a.
tutte le
costruzioni destinate all’agricoltura costruite ante 1942 e non
oggetto di ristrutturazione, con struttura invariata tipica agricola
e usate o utilizzabili unicamente per l’attività agricola anche
qualora inserite nei centri abitati
b.
tutte le
costruzioni destinate all’alpeggio, o esclusivamente per
operazioni stagionali legate alla raccolta e conservazione di
prodotti del fondo non utilizzabili o utilizzate per altre
attività.
c. I fabbricati
espressione delle forme
tipiche dell'architettura locale dei luoghi (es. trulli, baite alpine
a block-bau) e di valore storico realizzate tra XIII e XIX secolo.
B) Iniziative tese a
mitigare gli
effetti
-
Semplificazione
delle pratiche e dei relativi oneri,
-
alla sospensione
dell’obbligo dell’accatastamento per tutte le costruzioni adibite ad
attività di produzione agricola per autoconsumo o comunque su piccola
scala fino a che non saranno stabilite tariffe d’estimo e attribuite a
tali immobili categorie eque e aderenti alla realtà.
-
la proroga, in
attesa indispensabili adeguamenti delle categorie, dei termini per
l’accatastamento dei fabbricati rurali di almeno 12 mesi.
il documento di supporto all'appello
Una
minaccia grave al patrimonio rurale storico italiano (documento
a supporto dell'appello ai responsabili politici agricoli perché si
attivino in materia di accatastamento e tassazione dei fabbricati
rurali)
In Italia vi sono quasi
un milione di
intestatari di un fabbricato rurale o di porzione di esso che risulta
in posizione irregolare. Questa situazione è la conseguenza di
improvvide misure tese ad aumentare il gettito fiscale stravolgendo
in modo illogico una normativa consolidata. La Legge 133/94 ha
infatti stabilito l’inventariazione al Nuovo Catasto Edifici Urbani
anche le costruzioni rurali modificando (in modo irrazionale) i
requisiti per il requisito di ruralità degli immobili stessi
ristretto ai soli i fabbricati utilizzati dagli imprenditori
agricoli, che nelle zone di montagna e interne svantaggiate
rappresentano una minoranza dei soggetti che esercitano a vario
titolo qualche attività di coltivazione e allevamento.
Per
la norma attuale sui fabbricati rurali esiste solo la realtà
agricola professionale, specializzata (o il “neoruralismo” da
Mulino bianco)
Va chiarito che i
fabbricati ex rurali,
anche se non funzionali all'attività di un imprenditore agricolo,
continuano a non corrispondere ai criteri della “unità immobiliare
urbana”. Il Nuovo catasto edilizio urbano (NCEU) istituito con
legge 1249/1939, modificata dal D. Lgs. 514/1948, all'art. 5
definisce unità immobiliare urbana (da accatastare al NCEU): “ogni
parte di immobile, intero immobile o complesso di immobili che, allo
stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre
un reddito proprio”. Le trasformazioni dell'economia
agroalimentare intervenute negli ultimi decenni hanno condannato
all'espulsione dal mercato non solo singole piccole aziende ma anche
interi territori caratterizzati da un'intensa attività agricola
nelle epoche passate. Questi processi hanno determinato un profondo
stravolgimento della funzionalità dei fabbricati rurali. Alle
relazioni già organiche tra terreni, fabbricati e attività agricola
è subentrato un fenomeno generalizzato di perdita di tali relazioni
: le operazioni colturali si sono ristrette alle superfici più
facilmente accessibili attraverso le reti viarie e coltivabili in
modo meccanizzato, le strutture zootecniche si sono adeguate alle
moderne modalità di stabulazione e si sono evolute in relazione
all'incremento dei capi allevati. Le poche imprese agricole rimaste
attive utilizzano molto spesso superfici (a volte anche fabbricati)
di cui non sono proprietarie e per le quali non hanno stipulato
contratti d'affitto registrati. D'altra parte le attività di
coltivazione e di allevamento, esercitate a titolo diverso di quello
di impresa agricola, e le attività di auto-produzione (che spesso,
per soggetti a basso reddito, hanno finalità economiche e non solo
di “passatempo”) utilizzano “lacerti” dell'antico patrimonio
di fabbricati rurali, anche al di fuori di qualsiasi relazione
organica con dei fondi. Una situazione che riflette la natura
“diffusa” di quella che era l'azienda contadina di un tempo che
poteva disporre di piccole superfici di terreni sparsi nel territorio
e di altre superfici utilizzate in forma comunitativa (gli usi civici
e altre forme collettive).
La
normativa attuale in
materia catastale intende ignorare non solo la storia ma anche la
realtà presente. Se, in passato, la realtà della vita rurale era
inscindibile dall'attività di produzione agricola (e di
trasformazione agroalimentare), le spinte della globalizzazione e la
legislazione europea hanno prodotto una scissione tra la dimensione
agricola (sempre più basata su un'agricoltura specializzata, se non
industrializzata) e quella rurale. La dimensione rurale però non ha
assunto, o ha assunto solo in parte, quei connotati idealizzati che
sono presupposti dalle “politiche di sviluppo rurale”. Casali,
baite, masserie sono stati trasformati in seconde case, B&B,
“ritiri” di artisti, scrittori, laboratori artigianali, ovvero in
strutture capaci di reddito o in strutture residenziali, altri sono
stati utilizzati per le attività di agriturismi, fattorie
didattiche, aziende biologiche e biodinamiche (tutte inquadrabili
quali imprese agricole) ma la maggior parte non ha potuto essere
utilizzata per queste finalità. La maggior parte non è utilizzata
per alcuno scopo in grado di produrre reddito o per finalità
residenziali ma è ancora oggetto di manutenzione sia per motivi
affettivi sia nella speranza di consegnare il bene ad un erede
interessato a destinare a nuove funzioni il fabbricato.
In
molti casi, però, la
realtà rurale è ben diversa da questa realtà (la realtà
turistica, “neorurale” “neoagricola”) l'unica che parrebbe
sussistere sulla base ad una normativa che non prevede alternative
tra agricoltura produttivistica specializzata e una ruralità di
“consumo” (secondo immagini da Mulino bianco). Le cose stanno in
modo molto diverso. Moltissimi fabbricati rurali lontane dagli
abitati, senza accesso viario, senza possibilità di allacciamento
alle reti di distribuzione dell'energia elettrica e agli acquedotti
non sono suscettibili di produrre reddito. Mantenuti per gli scopi
già indicati (affezione, prospettive di nuovo utilizzo in futuro)
questi immobili (e i terreni annessi o limitrofi) sono spesso
utilizzati da piccoli coltivatori (pensionati, part-time,
disoccupati) con reddito ricavabile inferiore a 6000 €. Non si
tratta in molti casi di attività esercitate a titolo ricreativo ma
di integrazione del reddito, di produzione agricola al fine di
alleggerire le spese per i consumi alimentari famigliari. Questa
ruralità “sommersa” viene ignorata dalle norme attuali che
imporrebbero spese elevate per l'accatastamento e l'assoggettamento
di questi immobili al pagamento di Imu e Tasi come le seconde case
della “neoruralità”.
Una norma palesemente
ingiusta
L'incomprensione
della
varietà tipologica e delle relative funzionalità del patrimonio
edilizio rurale ha determinato una situazione paradossale nella quale
piccoli edifici di montagna, di campagna dovrebbero essere
accatastati al catasto urbano alla categoria C/2 (magazzini) o a
quella C/6 (autorimesse). Quest'ultimo è il caso delle stalle,
assimilate ai vecchi stallazzi del tempo dei carri e delle carrozze.
Che senso ha tassare pesantemente un manufatto rurale che, a causa
della propria ridotto consistenza e ubicazione non può più fornire
un reddito agricolo ma non è al tempo stesso suscettibile di
produrre altri redditi? Eppure piccoli edifici rurali siti lontano da
abitati e strade verrebbero tassati come magazzini e autorimesse
cittadine.
Nell'applicazione
della
tassazione ai fabbricati rurali (o ex rurali) si ravvedono elementi
palesi di ingiustizia se non di incostituzionalità. Viene a cadere
il principio della proporzionalità della tassazione, del rapporto
con la capacità contributiva, dell'eguaglianza dei cittadini in
punto di carichi fiscali. Il perché è evidente. Prescindendo dalla
totale capacità di produrre reddito di alcuni dei fabbricati che si
vogliono sottoporre a tassazione l'iniquità della norma emerge con
evidenza anche in rapporto a quelli utilizzati dai piccoli produttori
agricoli di montagna e delle altre aree svantaggiate. In questo caso
lo sfortunato contadino che utilizza un fabbricato di una località
scarsamente accessibile ma sita in un comune turistico (quali quelli
dove esistono rinomate località sciistiche e che adottano aliquote
elevate) si troverebbe a pagare 2/3 volte tanto rispetto a comuni che
adottano le aliquote minime. Ma il prezzo al quale il contadino vende
il suo fieno, il suo latte sono uguali). Il piccolo produttore spesso
non riesce ad avvantaggiarsi dei canali di vendita diretta ai turisti
e si trova ad esitare i suoi prodotti in un mercato di prossimità
che, più facilmente, non è disponibile a riconoscere un prezzo più
elevato di quello praticato dalla grande distribuzione, con una
palese violazione dell’art.53 della Costituzione.
Il
patrimonio a rischio
Le considerazioni sopra
svolte spiegano
perché molti proprietari abbiano già provveduto, per sottrarsi
all'accatastamento al NCEU catasto dei fabbricati urbani, a
scoperchiare i “manufatti isolati” al fine di rientrare nella
casistica di esenzione. Quali e quanti sono i manufatti, spesso con
valore di testimonianza storica e di patrimonio culturale materiale e
paesaggistico, che rischiano questa sorte?
Va subito precisato che
ricadono sotto
l’ingiunzione di regolarizzazione, e alle relative pesanti
sanzioni in caso di inadempienza, i titolari di manufatti di
minuscole proporzioni (il limite al di sopra del quale il manufatto
ricade nell’obbligo di regolarizzazione è di soli 8 mq). Sono
quindi assoggettabili alla tassazione non solo molti casotti per il
ricovero di attrezzi agricoli, ma anche fienili, pollai, porcilaie,
piccoli edifici per la sosta del latte, l’essiccazione delle
castagne, l’accumulo della neve. Sono innumerevoli le peculiari
tipologie di manufatti che la civiltà rurale delle diverse regioni
agrarie del paese aveva nel tempo elaborato a supporto delle attività
agrosilvopastorali. E questo da solo varrebbe a giudicare con
severità una normativa che cala una mannaia su una realtà complessa
e fragile senza neppure preoccuparsi di analizzarla.
A differenza
dell’agricoltura
specializzata di oggi quella del passato era polivalente,
intrinsecamente multifunzionale. Ne discende che anche la più
piccola azienda famigliare possedeva una pluralità di fabbricati,
utili - nell'ambito dei cicli agrari annuali - alle diverse esigenze
della produzione, immagazzinamento, trasformazione dei prodotti
agricoli, al ricovero di animali, attrezzi, scorte utili alle diverse
attività. In montagna l’esigenza di utilizzare le diverse fasce
altimetriche e la difficoltà di trasporto inducevano ad utilizzare e
trasformare sul posto i prodotti. Di qui, per esempio, la presenza di
un numero elevato di piccole stalle-fienile e di piccoli fabbricati
per la conservazione e lavorazione del latte (ma si potrebbero
ricordare anche i manufatti utilizzati per le operazioni legate alla
viticoltura e ad altre produzioni agrarie). Tutto questo patrimonio
edilizio è in larga misura in stato di degrado ma vi sono manufatti
in buone condizioni statiche che rischiano di essere privati delle
coperture da parte dei proprietari per evitare i costi
dell'accatastamento e la prospettiva di un prelievo fiscale a carico
di beni non suscettibili di produrre reddito.
La normativa che mette a rischio i
fabbricati rurali è in contrasto con la legislazione che tutela il
patrimonio culturale e paesaggistico
I manufatti in discorso
fanno parte di
quel patrimonio ascritto a pieno titolo alla categoria dei beni
culturali. come riconosciuto dalla Legge
378/2003 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione
dell’architettura rurale” (G.U. n 13 del 17/01/2004) che all’
ART. 1 si prefigge di “... valorizzare le tipologie di
architettura rurale,quali insediamenti agricoli, edifici o fabbricati
rurali, presenti sul territorio nazionale,realizzati tra il XIII e il
XIX sec., che costituiscono testimonianza dell’economia rurale
tradizionale”.
La Convenzione europea
sul paesaggio di
Firenze del 2000 impegna i firmatari a tenere conto del paesaggio in
tutte le politiche che possono avere un'incidenza diretta o indiretta
su di esso (art.5). Più in generale l’impegno alla tutela del
patrimonio culturale materiale è stato formalizzato con la firma
della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale
immateriale di Parigi del 2003. Il patrimonio di edilizia storica
rurale è espressamente oggetto del Codice dei beni culturali e del
paesaggio (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 Legge 6 luglio
2002, n. 137) che alla parte seconda, titolo uno, capo uno, art. 10
comprende tra gli oggetti della tutela: “le architetture rurali
aventi interesse storico o demo etnoantropologico quali testimonianze
dell'economia rurale tradizionale”.
Elemento chiave delle
politiche di sviluppo rurale, il patrimonio dell’edilizia rurale
storica è oggetto di provvedimenti di censimento e tutela da parte
di diverse regioni che hanno introdotto misure di esenzione e
particolari previsioni ai fini della sua conservazione. Tali
beni, però, potrebbero essere in un prossimo futuro riutilizzati dai
proprietari, dai loro eredi, da degli acquirenti intenzionati a
sviluppare nuove attività agricole e agrituristiche. La legge
nazionale sull’agriturismo
(96/2006)
vede, non a caso, tra le proprie finalità (art. 1) non
solo per offrire la possibilità di integrazione e diversificazione
del reddito agricolo ma anche il “recupero del patrimonio edilizio
rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche”. Il patrimonio
edilizio rurale storico rappresenta infatti una componente
fondamentale del paesaggio.
Il
patrimonio dei fabbricati rurali
quale valore prezioso in sé e quale strumento di implementazione di
importanti valori sociali ed ambientali
Vogliamo però attirare
l'attenzione
anche su un altro aspetto che i responsabili politici dovrebbe
tenere in conto ai fini di sostenere misure correttive rispetto a
quanto posto in essere sul piano tributario. I fabbricati rurali
costretti ad essere trasferiti al catasto urbano non sono più
utilizzabili per la produzione agricola su larga scala per i motivi
sopra illustrati ma vengono tutt’ora utilizzati da una molteplicità
di soggetti che, pur non disponendo della qualifica di imprenditore
agricolo, rappresentano nelle aree di montagna e interne del paese
una categoria numerosa che concorre non solo all’auto-produzione,
che oggi alimenta circuiti locali che spesso non remunerano in modo
adeguato il contadino, ma che ha spesso le potenzialità di
alimentando delle micro-filiere di produzione agroalimentare tipica
locale. L'utilizzo di metodi di produzione tradizionali a basso
impatto ambientale, l'attività implicita di capillare manutenzione
del territorio (con le implicazioni indubbie sulla prevenzione degli
incendi boschivi e dal rischio idro-geologica) l'azione preziosa di
conservazione dell'agro-biodiversità animale e vegetale, la
perpetuazione di saperi locali connessi a produzione, trasformazione,
consumo dei prodotti agroalimentari, le occasioni – spesso
spontanee ma non per questo meno importanti - di convivialità,
educazione ambientale, rurale, alimentare , l’alleggerimento
dell’onere dei servizi sociali, rappresentano altrettanti elementi
di una generazione di utilità pubbliche, di valori sociali,
culturali, ambientali che si aggiungono all'elemento di
conservazione del patrimonio culturale materiale e immateriale
rappresentato dal patrimonio rurale storico in sé.
Non a caso la “Legge
quadro
sull’agricoltura contadina”, attualmente all’esame del
parlamento, si prefigge di riconoscere e valorizzare una fascia di
produzione agricola oggi non riconosciuta e costretta nel “sommerso”,
punta esplicitamente a facilitare il riuso dell’edilizia rurale
esistente (mediante apposite deroghe agli strumenti urbanistici) ai
fini di fornire all’agricoltura contadina un’importante
opportunità.
Conclusione
Il danno economico,
sociale, culturale,
ambientale di una imposizione fiscale sulle categorie di fabbricati
già ricompresi nel catasto terreni e non oggetto delle esenzioni
previste per gli imprenditori agricoli, è e sarà molto grave. Come
abbiamo richiamato tale insensata applicazione della tassazione degli
immobili contrasta esplicitamente con gli impegni assunti anche in
sede internazionale dall’Italia per la tutela del paesaggio e della
cultura materiale e immateriale. Un fatto incomprensibile se si
consideri che il paesaggio rurale (con le produzioni alimentari ad
esso indissolubilmente legate) rappresenta una delle risorse
fondamentali per l’economia turistica del paese, un vero giacimento
culturale che costituisce il portato di una civiltà rurale
diversificata e sedimentata in tempi lunghi, delle continuità
storica degli insediamenti e della loro densità (specie se
confrontata a quella di altri paesi). Non è difficile intuire
come, a fronte delle entrate aggiuntive per l’erario il danno
subito dall’economia del paese, è incomparabilmente maggiore. Al
fine evitare le conseguenze sopra indicate, tenendo conto della
necessità di operare con urgenza dei correttivi come quelli
suggeriti al fine di scongiurare gli interventi di demolizione
segnalati in tutta Italia come lamentato anche dagli amministratori
locali delle aree montane e interne del paese
È urgente un intervento finalizzato a fermare queste
normative
insensate, che causano la distruzione dei fabbricati rurali, come in
merito chiede un intervento anche Uncem Piemonte che con lettera in
data 25
settembre 2017 (Prot. n. 147)
segnala alle competenti autorità le problematiche derivanti dall’
applicazione di norme inadeguate alla realtà rurale.
|