L'appello delle pastore che non vogliono
che la loro attività muoia per la burocrazia
lanciato il 13 aprile 2017
Siamo
donne, siamo pastore, contadine, montanare
Siamo
portatrici di una cultura e di una civiltà che lungo i millenni hanno
fatto del mondo la terra dell’uomo.
Eravamo
gente libera. Una libertà che si pagava con i sacrifici di ogni giorno:
il freddo, la pioggia, la neve e il gelo, la fatica senza orari, né
Pasqua né Natale ...Ma poi c’era il sole, il vento sulla pelle, i
belati degli agnelli, la primavera che fa crescere la vita nuova.
Ora
però questa civiltà globalizzata ci toglie la libertà e ci fa morire.
Da quando ogni pecora ha un marchio auricolare con un numero, siamo
tutti imprigionati in un castello burocratico che ci soffoca: numero di
stalla, partita IVA, codice fiscale, numero REA, codice ATECO, OTE,
CAA, ARAP, ARPEA, AGEA, Refresh, PEC, modello 4, modello 7...
Sedute
all’ombra di un faggio al pascolo non possiamo stare dietro a tutta
questa burocrazia e dobbiamo correre continuamente negli uffici delle
associazioni di categoria ...Intanto a chi le lasciamo le bestie?
Firmi
domande che non capisci, e paghi, paghi, paghi ... Sempre con la paura
di sbagliare o di dimenticare una carta, perché è più grave sbagliare
un pezzo di carta che trascurare i figli e i capretti o gli
agnelli….
Curi
la famiglia, la casa, il gregge, cresci capretti e agnelli, trascuri te
stessa per loro e poi? Le annate che gli agnelli non si vendono
facilmente devi chiedere a un commerciante la carità di prenderteli, ed
è umiliante…
Una
pecora a fine carriera vale 20 €. A contare le ore di lavoro, in certe
stagioni non guadagniamo 50 centesimi all’ora; e non ci sono per noi né
cassa integrazione, né disoccupazione né reddito di cittadinanza.
L’AGONIA
DELLE PICCOLE AZIENDE
Un
mestiere da poveri che deve sottostare ad una burocrazia da ricchi.
Anche per le nostre associazioni di categoria noi contiamo niente e
così le nostre piccole aziende non ce la fanno più ad andare avanti.
Sulla
carta, però, siamo uguali! Uguali alle grosse aziende di pianura, che
salgono in alpeggio con migliaia di capi ma lo fanno solo sulla
carta, con tutti i documenti burocratici in regola in modo da
assicurarsi i contributi che invece sarebbero destinati alla montagna e
a chi ci vive e ci lavora!
E
ultimamente anche il lupo: bandiera “ecologista” di una società in
decadenza, minaccia che ha trasformato la nostra vita di ogni giorno in
una continua guerra di trincea: devi essere sempre di guardia, non sai
mai quando arriverà e quanti animali ti ucciderà nonostante i sistemi
di difesa messi in atto( cani, reti, dissusasori ...).. Per poi magari
sentirci dire “Ma tanto le bestie morte ve le pagano!”
Ma siamo noi,
piccoli pastori e contadini che teniamo vivo un paese, una valle, un pezzo di
montagna o di collina, siamo noi che facciamo fronte all’abbandono e
all’inselvatichimento, noi che curiamo la biodiversità: dove mangiano le pecore
si mantiene la cotica erbosa, crescono mille erbe diverse che i rovi e le
cattive erbe dell’abbandono soffocherebbero, si evitano i disastri di frane e
alluvioni che poi pesano anche sull’economia della pianura e della città. Siamo
noi i veri operatori ecologici della società. A costo zero, anzi paghiamo per
esserlo. Ma con questo sistema non possiamo continuare. É tutta una civiltà che muore
assieme alle pastore e ai pastori, ai contadini, ai montanari.
E allora?
CHIEDIAMO
a tutti i
rappresentanti politici( che volenti o no rappresentano anche noi pastori,
contadini e montanari), agli amministratori, a tutti coloro che amano la
montagna di darsi da fare, intervenire, provvedere in tempi brevi, perché di
politica e di burocrazia la montagna e la sua gente stanno morendo.