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Cultura ruralpina

Artigianato alpino: giovani cercasi

di Michele Corti

(01.07.18) A Monno, in alta Valcamonica, tante iniziative che fanno rivivere le tradizioni locali (agricole, alimentari, musicali). Ma si coltiva anche l'arte della tessitura a mano. Sotto forma di un originale artigianato artistico.






Due anni fa, in occasione della Fen Fest -  l'evento più originale  della ricca vita culturale monnese che data dal 2008 - scrivevamo:

Qui [a Monno]  c'è una circolazione di idee, iniziative, persone tra chi fa ricerca (sulla storia locale), chi rinnova e valorizza le tradizioni musicali, le pratiche rituali, chi organizza attività di aggregazione e promuove attività artistiche e artigianali. Tutti hanno chiaro, pur operando anche su fronti diversi, come l'obiettivo trasversale di questi interventi debba essere la conservazione dinamica dei valori e delle tradizioni ereditate dalla civiltà rurale. I frutti di questo agire consapevole e coordinato si vedono.  

Le attività musicali tradizionali (il gruppo dei Galber è stato fondato nel 1982 e si è poi aggiunto un coro) si intrecciano con aspetti rituali  (vedasi il suono dei corni durante la settimana santa e il canto dei "coscritti" eseguito dalla cima del campanile), le iniziative di celebrazione della vita rurale come la Fen Fest con la mostra zootecnica nel cuore del paese (e non "segregata" come avviene di solito ai margini dell'abitato).


La Sagra della patata si basa sulla, mai tramontata, tradizione della coltivazione del tubero, sulla rievocazione delle operazioni di raccolta e su ricette locali (piode di Monno a base di patate crude). La sagra, come altri eventi a Monno, coinvolge il tessuto dell'abitato, i cortili, le donne che cucinano. Nel corso dei vari eventi le case sono decorate, si espongono davanti alle case gli oggetti d'uso della vita rurale, pezzi di artigianato artistico (tra cui i tappeti tessuti a mano).

Il paese diventa un tutto organico dove spazi pubblici e privati si connettono e fanno vivere il senso della comunità. Momenti rapidi, se misurati sull'arco dell'anno, ma intensi e cadenzati (proprio come un tempo) e tali da svolgere un ruolo di collante, assicurato nel "tempo ordinario" dalla vita delle associazioni.



In occasione dei vari eventi monnesi sono anche presentati al pubblico i vecchi telai di legno azionati a mano (e a pedale). Alcuni sono perfettamente funzionanti e vengono offerte delle dimostrazioni.


Tra le artigiane monnesi una rimasta decisamente attiva è Luigina Melotti. Luigina ha appreso l'arte da delle tessitrici locali che, nel dopo guerra, hanno dovuto reinventarsi una nuova funzione per i telai.

Il modello del telaio è a due pedali. I pedali azionano i licci (nello stesso numero quindi).  I  licci  sono dei telaietti con al centro degli anelli in cui passano i fili dell'ordito. Tra le due serie di fili dell'ordito passa alternativamente la navetta (spola) con il filo della trama.




In questo  modo i fili dell'ordito e della trama si dispongono intrecciati perpendicolarmente: è il tipo di tessuto più semplice, la tela. A Monno, come in altre località alpine era prodotta tela di lino o canapa per gli usi domestici. Con la guerra questo tipo di artigianato casalingo è cessato.


Se, altrove, la tessitura casalinga è declinata a causa del miglioramento delle condizioni economiche che consentivano di rifornirsi a prezzi contenuti delle telerie di cotone industriali, a Monno la seconda guerra mondiale è stata la causa diretta della crisi della coltivazione delle piante tessili e della tessitura. Durante la guerra sul Mortirolo "piovvero" armi pesanti e leggere, munizioni, viveri,  con i quali gli americani rifornivano generosamente i partigiani. Grazie ai cannoni e alle favorevoli posizioni trincerate, questi ultimi inflissero gravi perdite alle formazioni repubblicane male armate. I numerosi lanci di materiali con i paracadute,  misero a disposizione dei monnesi una grande quantità  di tela di paracadute che venne accuratamente recuperata. Si trattava del nylon, un tessuto sconosciuto ma subito apprezzato per la sua resistenza. Così i telai sarebbero rimasti inoperosi (e non sarebbero probabilmente arrivati sino ad oggi) se non fosse stata attuata una "riconversione". 

Monno, con il passo del Mortirolo rappresenta da sempre il passaggio "naturale" tra Valtellina e Valcamonica. Anche se l'Aprica è un valico molto più basso esso venne reso agevole al passaggio (dei muli) solo nel Settecento ma solo con la carrozzabile per Sondrio della metà dell'Ottocento, realizzata dal governo del Lombardo-Veneto il percorso non fu più pericoloso. Così è ovvio che a Monno le relazioni con la Valtellina furono sempre abbastanza strette, anche se con il miglioramento della strada dell'Aprica esse si limitarono alla dimensione locale e il paese stesso, un po' tagliato fuori, perse importanza (un fatto che spiega forse perché qui molte tradizioni si sono custodite più che altrove).



Fatto sta che le tessitrici di Monno iniziarono nel primo dopoguerra a produrre tappeti sullo stile del "pezzotto" valtellinese.  Il nome di "pezzotto"  ha evidentemente a che fare con "pezza", ovvero ritaglio utilizzato per riparare tessuti e indumenti. Il "pezzotto" è insomma un patchwork, il trionfo del riciclo. Ma in quest'arte del riciclo Monno con il suo tapée (che ci tiene a distinguersi dal pezzotto) ha sviluppato una propria originalità. A differenza della vicina Valtellina, dove a Ponte e Arigna ha continuato a fiorire l'artigianato del pezzotto (non senza sviluppi anche altrove come ad Albaredo, nella valle del Bitto), a Mon no si ricicla ogni tipo di tessuto: naturale e sintetico. La signora Luigina nel suo laboratorio ha impilate in modo molto ordinato delle scatole dove sono conservati gomitoli raggruppati per colore e tipo di fibra tessile. Da questa varietà deriva, attraverso la creatività della tessitrice, ma anche la fantasia dei committenti, un'infinità di tappeti: uno diverso dall'altro. Va considerato  che la possibilità di realizzare dei disegni è limitata dal telaio a soli due licci ( a differenza di quelli a 4-6-8 licci).

A questo punto occorre spiegare qualche elemento tecnico:  il tessuto  è costituito da un ordito e da una trama.  L'ordito è l'elemento che conferisce al tessuto una struttura resistente, lo scheletro. Basato sulla regolarità e la precisione, l'ordito è realizzato con filo bianco sottile (cotone o lino, ma oggi anche sintetico). Il filo dell'ordito avanza continuamente e regolarmente e pertanto  la matassa dalla quale si dipanano i fili che attraversano i licci deve essere molto lunga come illustrano le foto qui sotto.








La trama, che può essere aggiunta mano a mano con facilità e nella quale i nodi non sono un problema (anzi conferiscono al "pezzotto" una delle sue caratteristiche), è l'elemento aperto alla fantasia sia nel colore che nel disegno. Non pochi artisti hanno commissionato a luigina la realizzaizione di pezzi unici esposti a mostre. Ma anche i pezzi che non hanno la firma di artisti sono al tempo stesso elementi d'arredo e opere d'arte. Così i suoi tappeti rappresentano un aspetto dell'artigianato camuno contemporaneo di cui la Comunità montana va fiera e che viene volentieri portato a rappresentare la "qualità del fare" della  valle.




Tra i disegni dei tappeti di Luigina non poteva mancare l'ispirazione alle incisioni rupestri che hanno resa giustamente famosa la Valcamonica.

Tra i pezzi di questo artigianato camuno che si ispira all'arte rupestre, vediamo qui un grande tappeto (sono tre "pezze" cucite insieme) con i classici pugnali e l'altrettanto classica testa di cervo.

A sorreggere il tappeto il marito di Luigina e Nadia Ghemsi, più volte vincitrice della gara del fieno (nelle ultime edizioni ha lasciato spazio ad alcune new entry per non monopolizzarla).

L'artigianato artistico di Luigina Melotti esprimae una passione e un estro del tutto personali. Pierina, in questo vicina alla cultura tradizionale, preferisce presentare e valorizzare il suo lavoro come un fatto collettivo, un patrimonio della comunità. Quello che desidera è che questa bella tradizione, così attuale e "contemporanea" nel suo esaltare il riciclo intelligente, la creatività individuale e un sapere collettivo sedimentato, non finisca. Lei è dispostissima a insegnare a dei giovani (maschi o femmine) la sua arte. Esercitata per passione o come prospettiva di un lavoro vero e proprio, di "microimpresa" (se non ci fossero la burocrazia e il fisco a tarpare le ali ai giovani...) l'arte del tappeto tessuto a mano rappresenta una sfida che solo chi sa unire estro creativo e disposizione al lavoro sistematico e umile può raccogliere.

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