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Articoli correlati
Una
cultura che si mette lo zaino in spalla (28.06.16)
Con il "Cammino
dei
bergamini", grazie all'iniziativa di diversi attori locali, si è
sperimentata una formula di un evento culturale itinerante
per scoprire in profondità un territorio e la sua storia
attraverso quella di coloro che ne furono i protagonisti
(02.07.15)
Inaugurazione della Biblioteca Costantino Locatelli
Sabato 4 luglio in
comune di Corna Imagna, a Cà Berizzi (contrada Regorda), si
inaugura una biblioteca che vuole essere in senso pieno "biblioteca di
montagna" offrendo oltre ai servizi librari quelli di animazione
culturale e di accoglienza nello spazio rurale ("bibliosteria"). Questa
nuova e innovativa biblioteca è dedicata ad un personaggio che è stato
voce e memoria della valle
(14.03.13)
In montagna ci sono anche i modelli virtuosi
In
Valle Imagna e Val Taleggio (valli orobiche bergamasche) grazie al
Centro studi Valle Imagna e all'Ecomuseo della Valtaleggio il
progetto di valorizzazione delle tradizioni locali (la pietra, i
formaggi) è riuscito a creare un corto circuito positivo tra
produzione agroalimentare, turismo, attività culturali che sta
traducendo in un rilancio delle attività di allevamento, in nuove
strutture di ospitalità turistica, nell'affermazione di queste valli
così vicine alla conurbazione pedemontana lombarda (che quindi
rischiavano di divenire "periferia-dormitorio") come
una interessantissima destinazione turistica
(28.04.12)
La casa dello strachì : esempio da seguire
Siamo
stati a distanza di un anno a Corna Imagna (Bg). Ora il
caseificio della piccola coop (6 soci con 10 vacche in media a testa)
gira a pieno ritmo e intorno si sviluppano altri progetti e si
consolida l'interesse e la partecipazione della comunità. Un modello
di autentica sostenibilità che dovrebbe essere preso ad esempio da
altre realtà della montagna
(11.01.11)
Corna Imagna (Bg) Nascono la coop dei piccoli allevatori e il Centro
per l'agricoltura
Un
esempio dalla Valle Imagna: grazie all'attività culturale,
all'animazione sociale, rinasce anche l'agricoltura. Il modello
agroindustriale e agriproduttivista fa chiudere le stalle (4.000
all'anno e non solo in montagna). In una valle 'marginale' come la
bergamasca Valle Imagna, invece, grazie ad un encomiabile lavoro di
riscoperta e valorizzazione delle radici culturali, le piccole stalle
tornano a vivere. Una piccola grande lezione per i politici ma,
soprattutto, per i burocrati e le agenzie corporative legate
a visioni e interessi agroindustriali. 5 piccole aziende (con in
totale 30 vacche da latte) il giorno 15 gennaio daranno ufficialmente
vita a una coop per produrre strachì biologico
(storia, tradizione ed ecologia vanno in comune accordo). Caseificio
e centro agricoltura sono realizzati recuperando fabbricati storici
del comune grazie al lavoro degli allevatori-muratori.
(29.01.11)
Corna Imagna: vero 'sviluppo rurale' (Bg)
Molti
progetti di 'sviluppo rurale' hanno solo lo scopo di distribuire
risorse a pioggia che vanno a 'bagnare' tanti soggetti (industria,
professionisti, agenzie varie) ma poco o nulla i contadini e la
montagna. A Corna Imagna con materiali edili forniti dal comune,
tanto volontariato, condivisione, entusiasmo si sta innescando un
progetto esemplare di multifunzionalità agricola
|
Cultura
- Cibo
territoriale
-
Turismo
consapevole
Con
le sue attività
Cà
Berizzi stimola
il
turismo rurale
nelle
Orobie
L'antica
dimora, dopo un lungo abbandono, riprende vita nel modo migliore. Non
all'insegna non di programmi turistici o culturali prefabbricati,
ma attingendo da un'esperienza ventennale di lavoro culturale
proposte
originali
di
Michele Corti
(03.09.16)
Ancora un evento sul tema bergamì e stracchini ieri sera a Cà
Berizzi. I bergamini sono, chi legge Ruralpini lo sa già, un leit-motiv
che caratterizza una parte importante del lavoro del Centro studi valle
Imagna fatto di editoria, video, ricerche ma anche iniziative
turistiche. Il sodalizio da vent'anni opera con inusuale continuità e
intensità macinando progetti che a differenza di molti altri - pensati
per far girare un po' di soldi - lasciano qualcosadi duraturo, fanno
sedimentazione, crescita lungo una traiettoria ben definita.
Vent'anni di lavoro
coerente e caparbio
L'amore
per la propria terra ha mosso Giorgio Locatelli e Antonio Carminati, il
primo presidente, il secondo direttore, del Centro, ha intraprendere
come sindaci di Corna e come rappresentanti del Centro studi una serie
di progetti che hanno lasciato il segno. Oggi a Corna si guarda come un
centro di cultura e turismo ma, sino a pochi anni fa, era un paese
senza un posto letto turistico, dove gli ex contadini, gli ex bergamì
partivano con la mattina presto con i furgonici per andare a lavorare
nei cantieri a Milano e anche più lontano.Oggi c'è L' Antica locanda Roncaglia,
una realtà che ormai "gira" con l'osteria (che esisteva anticamente),
le camere (mobili d'epoca) e frequanti eventi legati alla cultura
locale (gastronomica, ma non solo), il campeggio attrezzato per
scout San Luigi, l'ostello "Il sentiero" a Brancilione e, ultimo
arrivato, il fiore all'occhiello, la BibliOsteria che occupa una parte di
Cà Berizzi, centro agricolo e residenza signorile del XVIII secolo.

Nell'estate 2015 vi è stata l'inaugurazione
della Biblioteca Costantino Locatelli,
quest'estate, invece, quella della struttura di "ospitalità rurale"
(cucina, quattro camere, due sale riunioni). L'insieme costituisce la BibliOsteria.
Ho avuto già modo di parlarne in occasione del "Cammino
dei bergamini",
un evento - con due pernottamenti lungo il percorso - che si è concluso
proprio a Cà Berizzi
(i partecipanti hanno avuto l'onore di "collaudare" le camere con
grande soddisfazione, specie dopo la tappa di Morterone, caratterizzata
da un'ospitalità simpatica ma un po' troppo "spartana" che appare
limitativa per estendere queste proposte di turismo culturale ad un
target internazionale ( ma anche al pubblico lombardo e italiano
interessato a questo tipo di attività turistiche). Quest'ultimo, sia
per considerazioni anagrafiche che per gusti ed esperienza, si aspetta
(legittimamente) anche in montagna alcuni comfort. Non si tratta di
viziare il turista ma di pensare che, per ricompensare la fatica di una
camminata è necessario offrire minimo di servizi mirati al benessere e
al relax dell'ospite.Non si pretende una Spa in ogni struttura ma
almeno un bagno ogni due camere con dei sanitari non troppo usurati dal
tempo e una cabina doccia ugualmente in buono stato.

A
Cà Berizzi, però, c'è ben di più della fredda "qualità del servizio",
quella burocratica che attribuisce le qualificazioni delle strutture
alberghiere, c'è l'altro elemento (oltre a un minimo di wellness) che
il turista desidera: un atmosfera che racconta qualcosa, uno stile del
luogo. Luogo inteso come territorio ma anche proprio locus particolare,
come può essere una dimora storica come Cà Berizzi. Cà Berizzi,
in contrada Regorda, era la dimora di una famiglia che aveva estese
proprietà terriere (ovviamente relativamente all'estensione delle
superfici coltivate in montagna) e quindi fungeva da magazzino di
derrate, con tanto di torchio e di botti per la conservazione del vino.
Disponeva di una cappella (dove il parroco celebrava una messa)e di
numerose camere per l'alloggio della famiglia e della servitù). Per
rappresentando un complesso signorile Cà Berizzi venne edificata
utilizzando il linguaggio architettonico locale elevandolo dalla
dimensione dello stretto funzionalismo delle stalle-fienile a quella
della dimora complessa
. Di qui il suo valore simbolico di Cà berizzi che ha contribuito in
modo importante alla definizione di un'identità architettonica ben
riconoscibile, in quanto capace di esprimersianche fuori dalla
dimensione "rustica". Un bellissimo, quasi commovente, "filo
rosso" con il passato è
rappresentato dai libri. Ieri sera Antonio Carminati spiegava ai
commensali come parecchi dei libri che una volta erano nella biblioteca
della Cà sono "tornati a casa" con la loro donazione al Centro studi da
parte degli eredi Berizzi. Un tempo c'erano anche quadri di pregio
poi, nel dopoguerra, la famiglia che si era già trasferita da tempo a
Bergamo (i Berizzi erano notai e avvocati)tornava solo per pochi giorni
e iniziò il declino. Parlando
della storia di questa dimora i decenni scorrono veloci.
Con il crollo della civiltà rurale la funzione del centro agricolo
venne meno e la proprietà venne ceduta al comune e la dimora divenne un
rudere. Nel 1977 il comune, privo di risorse la cedette alla provincia.
Furono eseguiti importanti (ma non sempre accurati) restauri usufruendo
di fondi europei poi lo stop. Nel 2011 la proprietà tornò (tranne una
quota di minoranza) al comune che ha concesso in parte il bene in
comodato al Cnetro studi. Con la consueta
Un
luogo che trasmette un senso
Una
dimora storica, se restaurata con intelligenza e amore, trasmette (a
chi sa drizzare le antenne) quel senso di immersione nel flusso del
tempo e di immedesimazione nello spirito del luogo che crea una sorta
di empatia con le vicende di chi vi ha vissuto e di una sensazione di
continuità che va oltre noi stessi (prigionieri del processo di
individuazione esasperata della modernità e poco propensi a concepirci
come parte di qualche cosa che c'era prima e ci sarà dopo di noi).
All'opposto i non luoghi - come certi alberghi di certe catene
alberghiere interazionali - che replicano lo stesso ambiente ovunque
producono l'effetto opposto: tutto è ripetitivo, non c'è
storia, non c'è differenza. L'unica realtà "particolare" in questi non
luoghi siamo noi stessi, ma ciò ci rinchiude ancor più nella prigione
dell'ego (e non vedendo altro che noi stessi siamo angosciati dalla
malattia e dalla morte). È fuori luogo associare ad una cosa "leggera"
come il turismo queste considerazioni? Affatto, perché il "turismo" (ma
forse sarebbe meglio utilizzare altre parole) non è, quantomeno non è
più, un tempo "di svago", una forma di consumo (del reddito e del
tempo) ma ha assunto un ruolo fondamentale nelle strategie personali e
collettive di recupero di senso.
Valorizzare i luoghi per quello che sono in grado di raccontare della
loro storia e trasmettere al turista esperienze ed emozioni implica
rispetto, attenzione
ai particolari, "ascolto". A Cà Berizzi i vecchi libri conferiscono,
insieme ad alcuni elementi originali (travature della copertura,
architravi, montanti, camini) una "patina" che rende credibile la narrazione. Poi è
necessario anche uno "stile", qualche elemento di originalità.
Originalità: le camere
In
ogni stanza si trovano dei fondi librari con temi differenti: una
ospita un fondo dedicato alla
a volumi sulla Montagna donati dal giornalista Pino Capellini; un’altra
contiene le pubblicazioni (più di 100) del fotografo Pepi Merisio, per
la prima volta raccolte tutte in un solo luogo, un ultimo ambiente è
destinato ai volumi della casa editrice Jaca Book. Tutti i volumi
sono in consultazione per gli ospiti. Un paradiso per i bibliofili.
Quanto
allo stile un programma come Cà berizzi richiede attenzione alla
coerenza con il contesto signorile. Non è possibile scadere nella
qualità del servizio. Una tovaglia bianca (scende poco, però) da questo
punto di vista, insieme a calici da vino borgogna, sono elementi
indispensabili per mantenere uno stile"coordinato". Da apprezzare
quanto più i prezzi sono da osteria e non da ristorante con qualche
pretesa.
Oltre
l'alibi (per inerzie e offerta scadente) del "turismo di prossimità"
Certo
c'è il turismo dei "parchi tematici", dell'emozione prefabbricata ma
c'è un turismo che ha "fame" di esperienze relazionali, di chiavi di
lettura della realtà. La differenza rispetto ad altre esperienze
sociali consiste forse nel fatto che, in quella turistica, è importante
la dimensione dell'emozione (che può anche non essere quella "facile" e
prefabbricata) e della novità. Da quando all'opposto del globo si
rischia di trovare lo stesso cibo, gli stessi alberghi, lo stesso tutto
di quello che si trova a casa (inframmezzate da qualche paesaggio
cartolina o esperienza "per turisti") un turismo intelligente si può
fare anche a pochi chilometri da casa. Così le nostre valli (sia
consentito il nostre da parte di un milanese che ama le Orobie con la
famigliaritàdi chi da bambino ha conosciuto e frequentato - sia
pure da "villeggiante" o "baby sciatore" le valli orobiche) sono, in
questi ultimi anni, complice anche la crisi, in via di affrancamento da
quel "turismo di prossimità" che giocava come alibi per giustificare
scarsa qualità, scarsa professionalizzazione. Le Orobie sono bellissime
ma si è fatto di tutto per far scappare il turista verso altre
montagne. E siccome quello delle "famiglie" non c'è più e persino chi
ha acquistato la villetta a schiera non si fa più vedere bisogna
provvedere a darsi da fare.
Le grandi risorse delle Orobie e le
intuizioni del Centro studi
Non sto a ripetere quello che ho
già avuto in diverse occasioni di ribadire circa il "brand Orobie", le "vie
dei formaggi principi delle Orobie" ecc. Se
non per osservare che le Orobie, accessibili da Milano e da Orio al
Serio, in connessione con il sistema turistico "lago di Como" e
"Valtellina-Livigno-Val Poschiavo" sono ancora in uno stadio
primordiale di sviluppo del potenziale turistico solo per la scarsa
lungimiranza degli attori locali e inguaribili campanilismi. Il Centro
studi valle Imagna, insieme a qualche operatore turistico e
agrituristico (che hanno saputo - con i propri mezzi e la propria
capacità imprenditoriale - crearsi una propria reputazione e
visibilità) e, alla stella solitaria dell'ex bitto storico in campo
agroalimentare, rappresentano le risorse, le "emergenze" (da un
panorama purtroppo mediocre) sulle quali costruire reti in grado di
spronare anche i meno lungimiranti a mettersi in cammino. Torna
inevitabile riferirsi ancora al Centro studiche ha saputo uscire da
una visione della cultura quale elemento da conservare, lustrare,
mettere in mostra (tutto sommato sconnessa dalle dinamiche sociali e
dalla ricerca di soluzioni atte a creare opportunità per il futuro).
Che ha saputo "sporcarsi le mani" con i progetti nel recupero edilizio
e persino in progetti turistici. Una cultura che è solo "consumo", che
chiede risorse senza produrre sviluppo si condanna da sola. E dal
momento che personaggi come Carminati e Locatelli alla cultura della
loro valle, della loro comunità, ci tenevano immensamente e non
volevano accettare che svanisse, si sono dati da fare per fare della
cultura rurale una risorsa. Un percorso obbligato nella crisi del
modello economico basato sulla monocoltura dell'edilizia (i famosi
furgoncini carichi di artigiani e operai specializzati). Non credendo
nella sostenibilità di un'oasi felice ma nella necessità di sviluppare
il progetto locale all'interno di reti locali, il Centro studi da tempo
si pone come soggetto di stimolo rispetto alla realtà dei comuni
dell'alta valle Imagna ma anche della val Taleggio e della val
Brembilla (guardando attraverso quel territorio particolare che è
Morterone) anche alla Valsassina. Il Centro studi è stato tra più
convinti sostenitori del progetto "Principi delle Orobie" (il 27
marzo 2015 è stata organizzata alla Locanda Roncaglia una bella serata
bitto storico - stracchino all'antica per sottolineare l'importanza di
create un collegamento attraverso la dorsale orobica occidentale tra
questi due punti di forza: il Centro studi e il Centro dell' (ex) bitto
storico.
Se Expo invece di lanciare il progetto "principi delle Orobie" l'ha
dirottato su un binario morto (almeno per ora), a smuovere le acque ci
ha pensato il Centro studi che il 18 agosto, ha organizzato un
secondo (più breve, ma in notturna) "cammino dei bergamini" tra
Fuipiano e l'alpe Valmana alla Costa del Pallio (sul crinale tra valle
Imagna e val Taleggio ma in comune di Morterone, quindi in Valsassina e
in provincia di Lecco). Una specie di "terra di tutti e di nessuno" che
è ideale per un incontro tra le valli (Imagna, Taleggio, sassina e
anche Brembilla). Nonostante implicasse la camminata notturna dopo cena
il convegno ha visto una buona parteciupazione (50 convitati ) La
giornata prevedeva anche un convegno (sotto) per discutere dell'avvio
di una "via degli stracchni e della pietra", che - nel progetto
"principi delle Orobie" costituisce un primo segmento, seguito da
quella "del bitto e del ferro"(vedi il recentissimo articolo di
Ruralpini sulla "via
del bitto").

Un'estate
intensa
Oltre
alle due "camminate dei bergamini" questa estate è stata organizzata
dal Centro studi il
6 agosto è stata organizzata anche una traversata a piedi da Fuipiano a
Morterone e ritorno oltre a diverse proiezioni (la corte della Cà si
presta molto bene a "cinema d'estate". L'ultimo evento ha unito diversi
elementi che rappresentano il cuore della proposta culturale del
Centro. La strada dello stracchino è un'opportunità per immergersi nel
paesaggio punteggiato di prati e cascine-fienile dalla caratteristica
copertura con piöde locali
di
pietra carbonatica a forte inclinazione e con la caratteristica
apertura a T (che è ripresa nel logo del centro studi). Molta
dell'attività del Centro ruota sulla "civiltà degli stracchini e dei
bergamini" come testimonia il ricco catalogo ed è stato quindi
naturale dedicare l'evento che chiude un ciclo estivo a loro: gli
stracchini e i loro artefici: i bergamini.

La
serata si è articolata in tra momenti: la degustazione guidata di tre
stracchini locali (due di Corna: quello della coop il Tesoro della
bruna
e quello di Osvaldo Locatelli) e uno "fatto in stalla come una volta"
da Carlì, un anziano contadino con una vita da bergamì (scendeva alla
Bassa in ransumanza) alle spalle. Guidata da Grazia Mercalli, maestro
assaggiatore e responsabile Onaf di Bergamo la degustazione, pur nello
spazio limitato prima della cena, ha consentito ai presenti di
conoscere aspetti della produzione artigianale e delle caratteristiche
dello "stracchino all'antica" poco conosciute dal consumatore ordinario
abituato ai taleggi dop prodotti dai grandi caseifici della pianura
bergamasca e bresciana. All'interessante degustazione (che merita un
ulteriore incontro con tempi più dilatati per consentire un maggiore
coinvolgimentodei partecipanti) è seguita una cena per presentare un
piatto della tradizione: la pult.
Il
Centro studi ha pubblicato diversi titoli sulla cucina locale e
bergamasca, anche riprendendo antichi ricettari. La Locanda Roncaglia e
Cà Berizzi sono diventati i "bracci secolari" che consentono di
tradurre il lavoro di ricerca in ... preparazioni da gustare non solo
con la lettura ma anche con il palato.

Con
il chiaro scopo di rendere più diversificato e vivace il panorama della
ristorazione "tipica" (esclusi i locali che fanno ricerca) che spesso è
un po' ripetitiva. Ne derivano anche occasioni di serate come
questa in cui i piatti sono mangiati ma anche "parlati",
commentati. Alcuni commensali ricordavano di aver consulato la pult da bambini con lo zucchero.
Così sui tavoli sono apparse sia formaggiere che zuccheriere e ciò è
stato argomemto di conversazione. Ma cos'è la pult? Una polentina morbida cotta
nel latte dove alla farina gialla e un po' di farina bianca. Prima
delle grandi carestie del
XVII secolo e della rapida propagazione della
coltura del mais, si preparavano pult
con farina
di segale, farro, fraina, miglio, sorgo, orzo, riso
e, naturalmente, frumento, per quanto questo
cereale potesse essere disponibile. Dalla metà
del Settecento, il mais sostituì quasi completamente
(soprattutto nei territori di montagna) le altre
colture cerealicole e la polenta gialla sostituì sia
il pane sia buona parte del companatico. Il risultato fu un dramma
sociale: la pellagra. Oggi
quel dramma è stato archiviato (con sollievo dei sensi di colpa delle
"classi dirigenti") e la polenta (se ben fatta con la farina adatta,
non quella di mais dentato buono per il bestiame, usato perché più
produttivo). Ma la pult è
molto più antica e qualla che abbiamo consumata ieri sera è il diretto
antenato di preparazioni preistoriche (vedi la figura sopra).
Figura
tratta da: M.Riva, R. Nistri, M. Paolazzi,
Per un codice della cucina lombarda, Regione Lombardia, Milano,
2001
La serata si è conclusa con la proiezione del film
"Il tesoro della bruna" di Michele Melesi che ha consentito di
apprezzare la testimonianza, resa in tutta naturalezza, di Carlì il
bergamì la cui presenza in carne e ossa era prevista anche per la
cena. Con il suo stracchino "all'antica" e con le sue immagini e
la sua voce rassicurante nel raccontare senza fronzoli la vita dei
bergamì è stato comunque ben presente.

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