Il
cane pastore della Sila
l'antico custode degli armenti calabresi
La vicenda del cane Pastore della Sila
testimonia quanto sia importante la conservazione delle razze
autoctone. Di fronte a nuovi problemi, o a problemi che si pensava
superati e che si ripresentano con prepotenza, (vedi quello del lupo),
la sopravvivenza, in aree dall'ambiente difficile, di particolari razze
animali rappresenta una risorsa preziosa. L'ambiente della Sila è, per
morfologia e tipo di vegetazione, più simile a quello delle Alpi
rispetto all'Appennino centrale dove è stato selezionato il mastino
abruzzese. Sulle Alpi, dove gli antichi cani guardiani si sono estinti
insieme al lupo, i pastori devono fronteggiare il ritorno massiccio del
predatore, in un contesto di pascoli spesso scoscesi e inframmezzati da
vegetazione arborea e arbustiva; oltretutto in presenza di una intensa
frequentazione turistica. L'impiego di un cane come il Silano, meno
aggressivo nei confronti dell'uomo rispetto ad altre razze di cani
guardiani, si prospetta quindi come un'opportunità per i pastori
alpini. Un fatto nuovo che rappresenta anche per il Pastore della
Sila un'occasione unica per espandersi in diverse regioni del Nord
Italia.
Silani a custodia del gregge ai piedi
delle Piccole Dolomiti
(19/03/2021)Il cane da pastore calabrese,
oggi conosciuto come Pastore della Sila, è un’antica razza autoctona
calabrese, la cui origine va ricercata nell’incontro tra i cani
indigeni della
regione e quelli provenienti da altre aree geografiche, a seguito delle
popolazioni pastorali che si sono insediate nel Mediterraneo nel corso
dei
millenni. Secondo Antonio Guzzi, autore del libro Il cane da
pastore
calabrese:
Le origini, alquanto confuse,in
parte ripiegano sulla
convalidata valenza greca. Infatti la Calabria, in modo particolare, ha
risentito dell'influeneza benefica della stessa, sia nel campo
artistico, scientifico, sportivo che economico. Il progenitore del cane
da pastore
calabrese, si
affacciò nella nostra terra in punta di piedi ed insieme ai cani
provenienti
dai Balcani, dall’Austria, dall’ex Jugoslavia e finanche dalla pianura
pannonica, per opera degli illiri, proposero e garantirono il materiale
più
idoneo e meglio associabile a forme scarsamente fissate, presenti in
loco, per addentrarsi in una opera di selezione, atta a forgiare e
potenziare caratteristiche uniche e distintive, proprie di un grande
cane da pastore
custode.
Femmina nera
focata di guardia all'interno di uno stazzo
Citato nell’800 dai
viaggiatori
del Grand Tour, il Pastore della Sila viene descritto per la prima
volta nel
1906 dallo storico naturalista Armando Lucifero, che nel suo saggio
scientifico
sui mammiferi calabresi dal titolo Mammalia
Calabra, narra di un cane
alto
di statura quasi quanto un Terranova, ha il pelo lungo e appena
ondulato, coda
fioccata, muso aguzzo, orecchie corte ma penzolanti, mantello
bruno-fulvo
uniforme nella parte superiore e biancastro in quella inferiore che
talvolta si
tramuta in bianco […].
Maschio
capostipite di razza, nero con focature color crema chiaro
Conrand
Keller dell’Univerisità di Friburgo, nel 1918
scriveva:
Nelle montagne
della Calabria vive ancora oggi un grande cane da pastore dal manto
fulvo o
nero, o grigio il quale verosimilmente deve la sua origine ad un
incrocio tra
il molosso ed il cane da pastore comune e deve essere considerato come
un
relitto dei tempi passati, giacchè lo ritroviamo raffigurato
nell’antichità.
Da sempre votati alla
custodia
dei greggi transumanti, i Pastori della Sila sono cani rustici e
frugali, che
grazie al tempo e alla natura si sono adattati al territorio, riuscendo
a
svolgere la loro funzione di guardiani sia in ambienti montani sia in
pianura.
La secolare pratica della transumanza, che da sempre caratterizza
l’allevamento
in Calabria, ha contribuito a formare cani agili e forti, e in grado di
competere contro lupi ed altri animali selvatici.
Superbo
maschio color zibellino in atteggiamento di difesa degli armenti
Negli anni’50 del
secolo scorso,
il conte Giovanni Bonatti, appassionato cinofilo e ricercatore, si
interessò a
questa razza supportando e collaborando alla prima opera di selezione,
che
avvenne a partire dagli anni ’70 con il lavoro di ricerca sul campo del dr. Ferdinando
Sala.
Nell’articolo
pubblicato dal Bonatti,
dal titolo Il pecoraio
calabrese,
il cane da pastore calabrese viene presentato come "una realtà
zootecnica",
e sulla selezione operata dal dr Sala, commenta:
È commovente l‘amorosa cura d’ogni
dettaglio etnico che si prefigge di fissare o eliminare, e la
intelligentissima
corrispondenza che mi invia e le continue fotografie attestanti i
brillanti
risultati”.
Una
foto degli anni ’70 che ritrae un soggetto di terza
generazione selezionato dal dr Sala
Grazie alla dedizione e
all’impegno di un gruppo di professionisti e di appassionati,
capeggiati dalla
dott.ssa Isabella Biafiora e dal Prof. Serafino Caligiuri con il
supporto dell’Avv.
Matteo Florio, nel 2010 è stato possibile recuperare un cospicuo numero
di
soggetti uniformi tra di loro, non imparentati e sparsi su parte del
territorio
calabrese. Successivamente è stato stilato e depositato presso l’Ente
Nazionale
della Cinofilia Italiana uno standard di razza che ha
determinando
l’apertura del Registro Supplementare
Aperto (RSA) e l'inizio del recupero di questa antica razza.
C’è
solo un
altro cane
pastorale nell’Italia peninsulare che ha pieno diritto allo status di
razza e si
trova in Calabria. La taglia, la struttura e il pelo sono simile
all’Abruzzese
ma il manto è scuro, spesso nero focato.
A scriverlo è il
biologo e studioso Paolo Breber nel suo libro, Il cane
da
pecora abruzzese.
Il Pastore della Sila, chiamato
in dialetto calabrese “cani e mandra”, si presenta come un cane di taglia
grande
ma non pesante, classificato per via delle sue caratteristiche
morfologiche
come molosso-lupoide. La colorazione del suo mantello varia dal nero al
nerofocato, zibellino o fulvo e, come riportato nello standard di
razza, “rispecchia,
sia nei colori che nell’aspetto, il mantello delle capre autoctone
calabresi”.
Giovane
esemplare maschio
Estremamente agile e tenace, è un
cane con una muscolatura che gli consente di percorrere molti
chilometri al
giorno seguendo gli armenti, di cui si sente parte della struttura
sociale e
che protegge anche in zone impervie. L’istinto di difendere il proprio
gregge è
innato nei Pastori della Sila, poichè i cuccioli nascono e crescono in
simbiosi
con gli animali che dovranno custodire, instaurando un rapporto dal
quale
traggono beneficio entrambi.
Incontro Antonio Guzzi nel suo
studio di Carlopoli, tra libri di cinofilia, pergamene e una bellissima
collezione di vreccali, i tipici collari antilupo chiamati “herge”
nel
gergo pastorale. L‘autore del libro, Il cane da pastore
calabrese, non
ha dubbi:il Pastore della Sila
è nato per vivere in branco,
frugale, vigile e con marcato spirito d’iniziativa, garantisce la
massima
sicurezza per gli animali posti sotto la sua custodia. Tale
comportamento, non
prevede tentennamenti o sconti verso nessun malintenzionato, dove in
casi
estremi accetta lo scontro con decisione, coraggio indomito e
un’abilità a dir
poco unica. Da notare invece, che tale strabiliante impeto nei
confronti
dell’uomo, perde gran parte del suo mordente, pur rimanendo comunque un
deterrente piuttosto convincente.
Cane
da pastore della Sila perfettamente mimetizzato
in
un gregge di
capre Rustiche di Calabria
Una
delle caratteristiche per cui
il Pastore della Sila è particolarmente apprezzato nel mondo della
zootecnia è
il suo carattere equilibrato e docile nei confronti
dell’uomo: sono cani dotati di un’eccellente memoria e di un grande
equilibrio
nei rapporti con le persone. Sulle Alpi, dove alcuni allevatori hanno
scelto di
lavorare con i Pastori della Sila e dove la presenza di turisti ed
escursionisti è più elevata rispetto ad altre zone, i rischi di
incidente con i
cani da guardiania, all’interno di queste aziende, si sono
ridotti
notevolmente. La capacità del cane di interpretare gli atteggiamenti
umani gli
da la possibilità di distinguere quali sono le reali minacce per il
gregge che
custodisce, evitando così di percepire un semplice turista come un
pericolo. In
casi come questi, la scelta di un cane di linea pastorale deve avvenire
dando
la priorità all’aspetto comportamentale, la buona gestione del cane da
parte
dell’allevatore è fondamentale e l’installazione di cartelli posti in
prossimità dei pascoli, che avvisano della presenza di cani da
guardiania,
rientra nelle buone pratiche da adottare.
Un turista con le
capre
Negli ultimi anni
in Calabria,
nel Nord Italia ma anche all’estero, l’interesse verso il Pastore della
Sila è
aumentato, sempre più allevatori lo scelgono come coadiuvante per la
protezione
del bestiame dagli attacchi dei lupi e di altri grossi predatori, come
nel caso
dell’orso in Valtellina. Gli animali posti sotto la sua custodia sono
greggi di
capre, pecore, vacche e avicoli, sulle Alpi Orientali lavorano in un
allevamento di lama e alpaca.
Un lupo fotografato
dall'autore
La diffusione del
cane e la sua
conoscenza, sono tra gli obiettivi dell’Associazione per la Tutela del
Cane
da Pastore della Sila (ATPS) che è nata con l’intento di proteggere e
valorizzare l’antico custode degli armenti calabresi, tenendolo lontano
dal
rischio di estinzione e tutelando la sua identità e vocazione al lavoro
da
eventuali derive cinofile.
Pastori
della Sila al lavoro in un gregge di capre Rustiche di Calabria
Da più di due anni,
l’ATPS è impegnata ad
approfondire le conoscenze sulla razza, sul suo standard morfologico,
sulle
problematiche sanitarie e sulle caratteristiche comportamentali e
funzionali
del cane. Tra le varie attività svolte dall’associazione c’è anche la
ricerca
di nuovi soggetti da iscrivere al registro supplementare dell’Enci per
l’ottenimento del pedigree affianca gli allevatori
nella selezione e immette nuovi cuccioli nei greggi e mandrie sparsi su
tutto
il
territorio calabrese.
Un
volontario dell’Associazione per la Tutela del Cane da pastore
della Sila
(07.05.18) Il
riconoscimento da parte della cinofilia ufficiale di una razza canina
utilizzata a tutt'oggi dai pastori, e malghesi, del Nord Italia
rappreseneta un importante contributo alla valorizzazione del
patrimonio di diversità biologica e culturale associato al pastoralismo.