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Impongono i cani da difesa, poi vietano di usarli di Michele Corti Non è la prima volta che dobbiamo occuparci del tema. Il pastore è stretto nella tenaglia tra lupi e gestione dei cani da difesa. Sulle Alpi problematica perché il turismo fruisce di spazi che si sovrappongono largamente a quelli del pastoralismo. Quando un comune come quello di Alagna Valsesia (zona dove i lupi sono in forte aumento) prevede pesanti limiti all'uso dei cani da difesa, scaricando sui pastori gli oneri della gestione del conflitto cani-turisti, non possiamo non fare a meno di riflettere che la "convivenza" o "coabitazione" tra lupo e pastoralismo è solo l'ipocrita formula per togliere di mezzo uno dei due elementi della "convivenza": il pastore e i suoi animali. (22.06.20)
C'è qualcosa di perverso nella strategia di trasformazione della
montagna in un grande parco, spartito tra la foglia di fico delle
gestioni "conservazioniste" a vantaggio politico ed economico non
disinteressato, e per nulla "puro", dei centri di interesse
ambientalisti, lo sfruttamento spietato delle risorse naturali (acqua,
biomasse) da parte di interessi economico-finanziari, l'utilizzo di
isole di montagna "da bere" come parco giochi e come residenza cablata
rural-chic, con vista "mozzafiato", per ricchi. Sono quindi
parecchi gli interessi, tra loro convergenti, delle elite neoliberali
dell'ipercapitalismo.
L'ideologia ambientalista, tramite le varie agenzie di propaganda del sistema, legittima questo disegno spietato che prevede l'esproprio dei montanari e la distruzione di tutte le attività tradizionali. Sostituite da attività più impattanti sull'ambiente (ma quello che conta è solo quello che appare, che si riesce a far credere al pubblico sempre più privo di elementi autonomi di giudizio). Una strategia in più tempi per espropriare la montagna Il disegno tecnocratico-speculativo non deve essere intralciato da residui di possibile resistenza. Il lupo è uno dei veicoli privilegiati, materiali, simbolici, ideologici di questa strategia sociale aggressiva, feroce, spietata. Ma da solo non basta. Bisogna sfruttarlo in sinergia con la burocrazia, la mala politica, la mala amministrazione. Per essere sicuri degli effetti desiderati: abbandono degli alpeggi, chiusura di aziende, spopolamento dei piccoli centri dove l'attività pastorale e zootecnica è ancora l'elemento che tiene in vita la realtà sociale, hanno messo in scena una strategia in più tempi. All'inizio, anche quando il lupo è già ben insediato, si nega la sua presenza: la parola d'ordine, consegnata a tutti i tirapiedi nelle istituzioni è: "dite che è colpa dei cani vaganti, negate il più possibile che ci siano i lupi". Quando il risultato dell'insediamento è certo e consolidato, si passa alla seconda fase: "Diffondete con ogni mezzo il mantra che con il lupo si può convivere, che è sufficiente utilizzare i cani e le reti di protezione, tacciate chi non lo fa di ostinato, incapace, pigro e ignorante". La lobby detta i compiti a casa alla burocrazia. I politici, che non perdono tempo con questioni che riguardano quattro montanari e che, non ha la voglia e la capacità di studiare i problemi, delegano alla burocrazia. La quale si appoggia a WolfAlps che è ormai un livello quasi istituzionalizzato (obiettivo perseguito scientificamente da anni), un potere ombra che, dove c'è di mezzo il lupo (ormai in tutta la montagna alpina), dice la sua. E la politica nella sua ignavia, nel suo nel suo cerchiobottismo e sostanziale mancanza di coraggio e di preparazione sulla realtà della montagna e del pastoralismo, si allinea. La dimostrazione è che quando cambiano le giunte (in Piemonte da tempo c'è alternanza tra destra e sinistra) non cambia nulla. Da anni la regione Piemonte ha condizionato i contributi per i pascoli, per la loro "messa in sicurezza", all'adozione delle misure di protezione passiva dalla predazione. Misure, ben inteso, che laddove risultano efficaci e non comportano oneri tali da far gettare la spugna e abbandonare interi alpeggio o la stessa attività pastorale, il pastore non tarda molto a mettere in atto. Il fatto è che, in assenza di un alleggerimento della pressione predatoria (controllo del numero dei branchi che insistono su un determinaro areale), l'asticella oltre la quale le misure passive restano efficacia si alza sempre di più, vuoi per l'aumento dei lupi, vuoi per l'acquisizione daparte loro di abilità ed esperienze in grado di "aggirare" o penetrare le difese messe in atto. Non basta, c'è un altro elemento che interviene: il previsto innesco del conflitto tra le difese anti-lupo e la presenza sulle Alpi di una frequentazione turistica diffusa. La lobby del lupo ha evidentemente previsto tutto questo e si frega le mani nel vedere che, da una parte, si arriva - vedasi il recente bando della Regione Piemonte per i danni da predazione dello scorso anno - a condizionare anche la graduatoria degli indennizzi alla presenza dei cani e delle reti, dall'altra a proibire, minacciando sanzioni amministratice, l'uso dei cani da difesa nelle località turistiche. Sembra incredibile ma è così come riportato di seguito . Ad Alagna Valsesia i cani da difesa greggi
non possono essere utilizzati di giorno
Con cani "giusti" e turisti consapevoli e informati è
possibile
anche lasciare soli i cani a custodia del gregge. Ovviamente non esiste
il "rischio zero" e resta tutta la problematicità dell'impiego dei cani
in zone ad alta frequentazione. Il punto è che l'onere di questa
problematicità non deve ricadere solo sul pastore. Troppo
comodo imporre i cani (con la carota e il bastone) e poi lasciare
che siano i comuni a regolamentare come vogliono una questione
che è di carattere generale e di cui si devono fare carico tutte
le istituzioni che hanno favorito la diffusione del lupo-
Vediamo cosa dice il regolamento sui cani del comune di Alagna Valsesia all'art.6 che norma la "Conduzione dei cani da guardiania".
b) I cani
da guardiania devono tassativamente essere messi in sicurezza dalle ore
7.00 alle ore 19.00 in particolare fatto assoluto divieto di lasciare
il
cane da guardiania all'interno del gregge, fatto salvo nel caso in cui
sia garantita la presenza fissa, all'interno del medesimo
dell'imprenditore agricolo o suo collaboratore. Sanzione da 500
a 200 €
c) Dalle ore 7 e 19 i cani da guardiania devono essere custoditi all'interno o in prossimità dei fabbricati aziendali. In modo tale che sia loro reso impossibile raggiungere la rete sentieristica e conseguentemente, ostacolare il passaggio di escursionisti e pulitori della montagna. Sanzione da 500 a 2000 €
e) Nell'ambito dell'organizzazione del pascolamento, è fatto divieto di lasciare il cane da guardiania all'interno del gregge, anche alla presenza dell' imprenditore agricolo, qualora superficie occupata dal gregge al pascolo sia attraversata da un sentiero. anzione da 250 a 1500 €
Il successivo art. 7, comma a) chiarisce che il cane può essere lasciato insieme al gregge (non specifica se di giorno o di notte) solo se all'interno di apposita recinzione a rete da pascolo chiusa (ma ci sono pastori che le lasciano aperte?) ma, sempre a condizione che la superficie cintata non sia attraversata da sentiero. Sanzione da 150 €
Come commentare? Solo
i greggi transumanti (media 1000 capi) possono essere custoditi tutto il giorno dal
personale. Per i piccoli è palesemente anti-economico. Se
si vuole avere il pastore sempre con il gregge si dovrebbe versare,
come si fa in Francia, un contributo giornaliero di 50€ per pagare un
pastore. D'altra parte, a meno che il gregge non sia piccolissimo, il
pascolamento diurno entro le reti è impensabile perché comporterebbe un
grosso lavoro per spostare le reti stesse, ogni giorno o più volte il
giorno. Le reti sono fatte per riunire il gregge entro piccole superfici
per il periodo di riposo notturno (stabbiatura), non per contenere gli
animali al pascolo durante il giorno (per quello si stendono
eventualmente i fili). L'idea
di chiudere entro reti le pecore di
giorno può funzionare, sempre su greggi piccoli, solo su pascoli
pingui, piani, senza tare. In montagna, mano a mano che ci si alza di
quota, i
pascoli, specie quelli utilizzati dagli ovini (se no vi sarebbero le
vacche) presentano erba corta, roccia affiorante, molte altre tare
(pietre, cespugli, detriti). Senza contare la pendenza. Fuori da
ogni logica quindi installare reti da ovini dove la quantità di erba è
scarsa;
superfici da cintare sarebbero enormi, il lavoro di posa
sproporzionato, la difficoltà tecnica di posare la rete (infiggere i
paletti alla giusta distanza tra loro) enorme. Alta cosa la recinzione
notturna, il "parco" realizzato in aree a pendenza moderata, con il
terreno sufficientemente profondo per infiggere i paletti e assenza di
roccia affiorante. Non dimentichiamo poi che anche i custodi dei
greggi transumanti possono aver bisogno di una pausa lasciando
momentaneamente il gregge con i cani da conduzione e da difesa. Ciò che
viene prescritto
per la sorveglianza dei cani dal regolamento di Alagna implica che
almeno un pastore debba essere
sempre presente di giorno in modo continuativo. Se il pastore deve
assentarsi anche solo
momentaneamente deve avere un'altro a dargli il cambio. Un altro
elemento di difficoltà. Fuori discussione che un gregge di oltre 1000
pecore durante il giorno possa pascolare entro reti. Le reti si usano
di notte.
Il cane si porta al limite dell'area che sorveglia per avvisare di non entrarvi . I sentieri in montagna attraversano frequentemente i pascoli perché sono nati per il servizio dei pascoli. Pensare di impedire l'incontro tra cani da difesa e turisti è impossibile. L'importante è che il cane non sia inutilmente aggressivo con le persone e che i turisti sappiano come comportarsi
Alla
fine tutte queste norme non fanno i conti con il comportamento dei
cani, e neppure con quello dei turisti. Se il turista si avvicina senza
circospezione alle reti, dove il gregge è custodito dal cane,
quest'ultimo, per istinto di difesa, può saltare fuori dalla rete e
aggredire il
turista. Va anche detto che molti cani distribuiti in questi anni non
erano idonei. Avevano il pedigree ma non erano cani allevati dai
pastori. Abbiamo trattato a suo tempo (vai a vedere qui)
dei cani "smerciati" sull'onda di WolfAlps e del progetto della
multinazionale mangimistica Almonature. Cani che mettono la coscienza a
posto al lupismo (vi abbiamo dato anche i cani cosa volete? di cosa vi lamentate ancora?).
Un cane non idoneo non solo non è efficace nel difendere il gregge ma
crea problemi al pastore. In ogni caso anche con i cani
migliori, una sicurezza al 100% imporrebbe di prevedere sempre la
presenza del pastore. Ma se il turista non osserva un comportamento
adeguato il rischio, quando ci sono di mezzo cani da difesa, non è mai
azzerato.
La migliore forma di prevenzione degli incidenti è legata
all'educazione del turista. Se chi frequenta la montagna conosce anche
un minimo il comportamento dei cani guardiani allora il rischio è
ridotto, anche se non ci sono le reti e non c'è il pastore. Basta
stare alla larga dal gregge, non agitarsi, non correre, scendere dalla
bici, mettere in
allarme il cane, lasciare che si avvicini a controllare, a vedere, ad
annusare. Certo, anche fare delle deviazioni non sempre agevoli.
Qualche disagio per il turista c'è. Bisogna anche mettere i
cartelli. Ma, dal punto di vista delle amministrazioni e degli
albergatori, riempire di cartelli la montagna o diffondere volantini
sul
modo di approcciarsi ai greggi e ai cani creerebbe "allarmismo",
spaventerebbe i turisti. Rischierebbe di far perdere clienti. Più
comodo imporre regole onerose (sia pure non del tutto sensate e
coerenti) al pastore. Se succede qualcosa è lui che risponde
dell'inosservanza delle grida. Il comune è "a posto". Però in questo
modo si accelera la fine del pastoralismo alpino. Una fine che, per
riallacciarci a quanto ricordato in apertura, è fortemente voluta da
chi ha precisi interessi da perseguire.
Lupi
in Ossola e Cusio. Allevatori e sindaci: situazione insostenibile (31.05.20) La clamorosa protesta
dell'allevatore di Quarna, che ha portato le sue capre in prefettura a
Verbania (27 maggio). Un incontro dei sindaci della valle Anzasca (30
maggio) con la partecipazione di rappresentanti politici ed esperti
(non i soliti pro lupo), unanimi nel dichiarare la situazione
insostenibile.
Exorcizo vos pestiferos lupos (13.03.20) In una piccola valle della provincia di Verbania, il parroco, pressato dalle richieste dei fedeli, ha ripristinato nella forma originale la "messa contro il lupo" che si celebrava, il giorno di San Valentino, dal 1762. L'evento ha raccolto un forte consenso da parte della popolazione e ha trasmesso anche all'esterno il senso della gravità della minaccia legata alla proliferazione del lupo che minaccia il completo abbandono della montagna.
(02.05.20)
E' successo il 29 aprile mattina in valle Anzasca
(Ossola). Celso Badini, di Calasca, frazione Boretta,
allevatore per passione ("hobbista" lo dicano ai fighetti, non a questi
uomini veri), ha perso l'equilibrio per un malore sul sentiero per
salire all'alpe Lasino dove portava i suoi asini all'alpeggio.
Rotolato sulla scarpata nella boscaglia è stato ritrovato solo qualche
ora dopo dal soccorso alpino, morto. Aveva 73 anni. Sino alla
scorsa estate aveva anche pecore, vendute - come altri piccoli
allevatori della valle - perché la convivenza con il lupo è possibile
solo per i vigliacchi che la predicano dai loro uffici. Qualche giorno
prima era salito a sistemare il sentiero. Questi uomini sono eroi che
combattono per tenere viva la montagna, Davide contro Golia, è una
guerra impari perché Golia ha dalla sua tutte le armi (soldi,
istituzioni, "intellighentsia", leggi ingiuste). Ma loro non mollano.
Onore ai caduti della montagna rurale. RIP
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