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Lupi


Sempre più lupi
Impossibile la gestione
del territorio montano



Andrea Cavallero è uno di quei rari accademici che non si tira indietro quando si tratta di esprimere, senza mezzi termini, idee non conformiste. In questo articolo, che pubblichiamo molto volentieri, Cavallero sostiene delle tesi che risulteranno sgradite a tanta parte del mondo politico, intellettuale, universitario. Cosa sono servite, si chiede l'autorevole agronomo torinese, tante acquisizioni scientifiche, tanti studi sui pascoli e sulla loro gestione se poi tutto deve essere sacrificato al lupo. E chiarisce che, nel contesto alpino, il lupo è una minaccia per la biodiversità alpina. Lo sostiene a ragion veduta, in scienza e coscienza, sapendo di andare contro quei dogmi ambientalisti che, piegando servilmente la testa, anche gli ambienti scientifici (non esclusi quelli agrari e zootecnici), sono disposti ad omaggiare. Ma Cavallero non ha paura di apparire eretico (un tempo lo era chi sosteneva che la terra gira intorno al sole) e pone la politica di fronte a una scelta per la quale non esistono scappatoie: in montagna scegliete il lupo o l'uomo?




di Andrea Cavallero


(23/02/2019) In molte località delle Alpi italiane il paesaggio spesso “tace”. Le forme dei luoghi, la vegetazione spontanea e antropizzata, i boschi e soprattutto i pascoli, le modalità di utilizzazione delle superfici non forestali, i fabbricati, non comunicano più le ragioni della loro presenza e dei loro segni, che modellano, condizionano, arricchiscono e valorizzano il paesaggio. Osserviamo la perdita di significati un tempo espliciti e lo svuotamento dei messaggi del territorio. Non riusciamo più a capire le ragioni economiche che hanno dato origine a quelle forme, a quelle vegetazioni, a quei manufatti, e dunque il paesaggio progressivamente tace in molte porzioni delle nostre vallate. 



L'efficace espressione di Pandakovic (1996) (1) sul crescente silenzio dei paesaggi culturali italiani, sintetizza per l'ambiente montano la situazione determinatasi per certe carenze programmatiche, legislative e gestionali, che non supportano a sufficienza il ruolo fondamentale svolto dagli operatori stanziali del settore primario, specialmente per alcune attività agropastorali con maggiori effetti territoriali.

Un confronto con i paesaggi culturali alpini della Svizzera ci conferma questa triste valutazione. Soprattutto nel secolo scorso, le formazioni prato-pascolive delle nostre Alpi erano il risultato di attività millenarie di utilizzazioni che hanno profondamente modificato la vegetazione spontanea erbacea, arricchendola a livelli unici al mondo a tutte le altitudini (2). ll magnifico e immenso patrimonio di coperture vegetali e di paesaggi culturali storici, frutto del plurisecolare ciclo agro-silvo-pastorale, apparentemente si mantiene ancora, per quanto frammentato, in molte vallate. 


A un'analisi più approfondita, si evidenzia una situazione precaria legata all'iniziativa residuale del singolo operatore, montanaro residente o margaro transumante, quasi mai collegata a un progetto d'insieme voluto e sostenuto dall'intera collettività che utilizza e sfrutta a vario titolo la montagna.

Negli ultimi decenni inoltre, la crescente presenza del lupo senza controlli (come invece sono attuati oltre confine), senza una corretta e obiettiva valutazione del suo ruolo, non sempre positivo a livello di biodiversità totale dell'ambiente montano e senza adeguati supporti agli Allevatori stanziali e transumanti, ha accentuato il processo di abbandono e di degrado vegetazionale, rispetto alla situazione del secolo scorso, soprattutto per l'impossibilità di esercitare il pascolamento con le tecniche più corrette in tutte le fasce altitudinali.

Le recinzioni monofilo elettrificato, o con rete per gli ovini, consentono di gestire al meglio il pascolamento degli animali, di modificare la fertilità di alcune zone di pascolo con la tecnica della mandratura (bovini) o stabbiatura (ovi-caprini) e possono essere via via spostate secondo le necessità. Per la difesa dal lupo delle mandrie o dei greggi occorre impiantare delle recinzioni multifilo o reti elettrificate sostenute da strutture pesanti in grado di sostenere l'attacco del branco predatore. 


Spesso però è la stessa mandria o gregge che, terrorizzato dal branco di lupi, cerca la fuga abbattendo la recinzione con risultati finali drammatici. Inoltre, tali tecniche di protezione degli animali richiedono l'impiego di cani da guardiania addestrati per contrastare il lupo. Gli stessi cani spesso creano problemi ai turisti e agli alpinisti per la loro ferocia.

In ogni caso, l'impiego di recinzioni multifilo o di reti con strutture resistenti antilupo sono molto costose da gestire e da impiantare, con il risultato che la mandria o il gregge sono costretti a pernottare spesso per molti giorni sulla stessa area. Ciò determina ripercussioni gravi a livello di conservazione della preziosa varietà dei cotici pascolivi.


Tutto ciò ha determinato, in passato e ancor più oggi, una riduzione notevole del numero delle aziende agricole e pastorali-zootecniche montane e transumanti in quasi tutti i settori montuosi e alto-collinari italiani, non compensata da un corrispondente aumento della superficie media utilizzata, anche per la difficoltà di difendere dal lupo gli animali pascolanti in grande numero, come richiederebbe invece l'attuale situazione economica per rendere produttive queste attività.

ll fenomeno dell'abbandono delle terre marginali montane e collinari è divenuto così evidente nella maggior parte delle Regioni, anche se con differenze in funzione della morfologia dei settori montuosi più o meno favorevoli ad una attività agricola stanziale montana e in funzione del diritto ereditario storicamente adottato. Le Alpi occidentali e centrali furono e sono, di conseguenza, molto più penalizzate di parte delle Alpi orientali. 

ln questi ultimi territori, per le più ampie vallate favorevoli alle coltivazioni, per il regime del Maso chiuso e per le Amministrazioni pubbliche spesso più attente, rigorose e con maggiori risorse, è stata favorita la conservazione di un più alto numero di aziende stanziali funzionali, anche per il fatto che la presenza del lupo è stata fino ad ora relativamente modesta. Nei prossimi anni è previsto invece un aggravarsi della situazione.

Le importanti acquisizioni tecnico-scientifiche ottenute negli ultimi decenni sulla gestione dei pascoli e delle terre marginali, non possono assicurare la conservazione delle attività alpicole e conseguentemente del paesaggio montano, se non saranno risolti a breve i problemi del controllo del lupo e della difesa delle mandrie e dei greggi dal predatore, che non deve assolutamente assumere un ruolo di assoluta preminenza, perché la sua presenza è negativa per la conservazione della biodiversità alpina accresciuta nei secoli dagli effetti del pastoralismo.  Le aziende montane e transumanti di maggiori dimensioni, soltanto se adeguatamente difese dal predatore, potranno risolvere i loro problemi economici, continuando a svolgere la propria millenaria funzione.

I cambiamenti di atteggiamento e le attese dei consumatori sempre più fanno individuare le vie da percorrere per conservare ciò che resta dell'unicum paesaggistico e pastorale delle nostre Alpi. Il paesaggio alpino ben conservato, può trasformare potenzialmente importanti porzioni delle nostre montagne in regioni privilegiate, com'è riscontrabile in alcuni settori alpini delle Nazioni confinanti con l'ltalia a nord della catena.


Le Alpi, oggi, devono prima di tutto vendere paesaggio e con esso, come attraente vessillo, tutto ciò che può garantire qualità di vita ai produttori e agli utenti del bacino ricreativo montano, quali ad esempio i prodotti tipici e unici del multivariato ambiente alpino. ll recupero o almeno la conservazione delle residue porzioni di paesaggio agricolo culturale, potrebbe oggi contare sulle produzioni di qualità, valorizzate proprio per la loro diversità (che può essere consapevolmente ampliata e non omologata secondo i modelli produttivi di massa della pianura) e sul consumo turistico dell'agropastoralismo.

Si tratta di riqualificare gli ambienti più significativi, offrendo nuovi modelli di vita non solo ai residenti, ma anche a coloro che, apprezzando il verde, la vita meno caotica, il paesaggio, e accettando un certo misurato isolamento, sono tornati a popolare la montagna. Il primo passo deve essere compiuto dall'Ente pubblico che deve creare le cornici strutturali, normative e organizzative affinché i processi produttivi e insediativi possano aver nuovamente luogo, nonostante la presenza del lupo, che non può essere, assolutamente, l’unico obiettivo gestionale del territorio montano.

Non è accettabile che gli elevati costi di gestione delle strutture di difesa degli animali allevati e dei cani di guardiania siano a carico degli allevatori montani.
È dimostrato che la presenza dei cani di guardiania disincentiva la fruizione turistica delle zone interessate dalla presenza del lupo, con effetti assai gravi sulla economia alpina, sulla vendita dei prodotti locali e sulle attività di alpinismo ed escursionismo.


Si tratta, in definitiva, di una scelta fondamentale importante; possiamo scegliere il lupo, come di fatto si sta ora facendo, e allora condanneremo le nostre Alpi a un cambiamento paesaggistico radicale con boscaglie di invasione diffuse, progressiva assenza di fioriture prative e pascolive, ridotta biodiversità, effetti ambientali, paesaggistici e fruitivi sicuramente negativi (3).

Se sceglieremo l'uomo e le sue attività tradizionali delle Alpi, conserveremo le formazioni prato-pascolive delle nostre montagne, il magnifico e immenso patrimonio di coperture vegetali e di paesaggi culturali storici, frutto del plurisecolare e apprezzato ciclo agro-silvo-pastorale, con i massimi valori di gradimento. Occorre un progetto d'insieme voluto e sostenuto prioritariamente dall'intera collettività che vive, utilizza e valorizza a vario titolo la montagna a favore di tutta la collettività.

 

1) Pandakovic' D.,1996, “II disagio della rimozione” in Panorama perduto. Disagio e progetto. Quattroventi, Urbino

2) A.Cavallero et al., 2007, “I tipi pastorali delle Alpi piemontesi”, Perdisa Editore, Bologna

3) Quale cittadino residente, lavoratore, artigiano, professionista, industriale, commerciante... tollererebbe di vedere i propri locali e la propria attività improvvisamente e ripetutamente danneggiata da un evento incontrollato determinato da scelte di altri concittadini?


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