(04.11.11) Il bilancio più che positivo della manifestazione "Formaggi in piazza" a Sondrio rende inevitabile il confronto con la 'pesante' e fallimentare Mostra del Bitto (che con il Bitto c'entra poco) di Morbegno esempio di 'promozione istituzionale'
di Michele Corti
A Sondrio con una spesa forse cento volte inferiore della Mostra del Bitto di Morbegno è stato realizzato un evento che ha riempito le piazze e lasciato soddisfatti gli espositori (quasi tutti piccoli produttori artigianali di formaggi) e i pubblici esercizi
Bilancio più che positivo per "Formaggi in piazza" l'evento dedicato alle produzioni di montagna che, arrivato alla sesta edizione, ha registrato un netto salto di qualità e di interesse. La mostra-mercato, che si è arricchita di eventi e attrazioni è costata al comune di Sondrio tre-quattro mila euro.
Il bilancio di "Formaggi in piazza" è in attivo non solo perché è costata poco ma anche perché ha offerto molto: stati presenti 65 espositori (che hanno registrato buone vendite), centinaia di bambini hanno potuto fruire dell'asinovia ci sono stati convegni, degustazioni, dimostrazioni di home brewing e di antichi mestieri, ristoranti e trattorie hanno lavorato molto bene.
Certo per offrire tutte queste cose c'è stato un impegno che va oltre la misera cifra sopra indicata. C'è stato l'impegno in prima persona degli amministratori (a cominciare dell'assessore al commercio Francesco Ferrara) e dei funzionari comunali, c'è stato l'apporto di volontariato appassionato e competente dei soggetti che hanno collaborato con il comune: Slow Food e il Consorzio salvaguardia Bitto storico con i suoi 'alleati' bergamaschi. Sono state poi sfruttate in modo intelligente strutture esistenti: innanzitutto le belle piazze cittadine, poi il Centro Le Volte. Quest'ultima è una struttura dedicata al vino e ai prodotti del territorio realizzata attraverso la ristrutturazione della vecchia cantina ottocentesca della ex-Enologica valtellinese (il nome fa riferimento alle volte della cantina che ospitava la seconda botte più grande d'Europa). Attraverso questi eventi il Centro, attrezzato con postazioni per degustazioni professionale e una sala convegni vive e non rischia di diventare una 'cattedrale nel deserto'.
Cadendo dopo pochi giorni dall'edizione-capolinea della Mostra del Bitto di Morbegno (ma quanto c'entra ancora il Bitto con quella roba lì?) il confronto è stato impetoso, anche perché a decretare la fine della Mostra di Morbegno - che ha un costo dell'ordine delle centinaia di migliaia di euro - sono stati gli stessi organizzatori (vedi articolo di Ruralpini) che si sono spregiudicatamente sfilati. Per gli enti, e che sfilza, che 'targano' la Mostra del Bitto: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Regione Lombardia, Provincia di Sondrio, Bim, Camera di Commercio, Comune e Comunità Montana di Morbegno dovrebbe essere motivo di riflessione.
Certi eventi e certi meccanismi istituzionali di promozione sono diventati carrozzoni, macchine che servono quasi solo a sé stesse, pretesti per fare avere un sacco di soldi agli enti del 'gusto istituzionale' (i consorzi delle dop e igp, i multiconsorzi, i distretti agroalimentari) e del turismo istituzionale nonché ai soggetti (ditte di servizi, società, professionisti, associazioni) che ruotano intorno a queste cerchie. Soldi che finiscono in 'giri' che portano agli stand vuoti con dentro le brochure, che finiscono in costosissime pubblicazioni patinate magari improvvisate nei contenuti che finiscono nelle cantine o che vengono distribuite 'a spaglio'. Qualcuno (tanti) ci mangia(no) su, è ovvio. La manifestazione di Sondrio ha dato di certo fastidio a certe 'cupole'. Non solo perché ha dimostrato che ci sono formule che evitano lo sperpero di denaro pubblico ma anche perché sono proprio le manifestazioni 'leggere' che servono ai piccoli produttori agricoli. I grandi eventi non solo ingoiano denaro pubblico per redistribuirlo secondo mai cessate prassi clientelari ma finiscono per essere inaccessibili (per via del costo degli stand) ai produttori artigianali, a coloro che producono in montagna, che mantengono con coraggio antiche tradizioni produttive.
A Sondrio nella piazza Garibaldi rbattezzata per l'occasione 'Piazza della resistenza casearia' c'erano dei veri resistenti. Non solo i ribelli per antonomasia (quelli del Bitto - foto sotto nello stand) ma anche diversi altri produttori che non è esagerato definire eroici.
A Sondrio nella piazza Garibaldi ribattezzata per l'occasione 'Piazza della resistenza casearia' c'erano dei veri resistenti. Non solo i ribelli per antonomasia (quelli del bitto - foto sotto nello stand) ma anche diversi produttori che non è esagerato defini eroici.
Non è facile resistere sugli alpeggi
Tra loro Marilena Giorgis e Aldo Macario che caricano l'alpe Vagliotta in valle Gesso (Cn). Non si arriva con la strada (solo con la moto da trial), delle tre stazioni sono una è stata riattata e le pecore devono fare un lungo cammino per recarsi sui pascoli alti e ridiscendere alla sera per essere chiuse in un recinto a prova di lupo. Nonostante queste fatiche i predatori a settembre hanno ucciso 8 pecore (due sono disperse) approfittando del fatto che i nostri amici pastori si sono lasciati cogliere nel rientro al 'campo base' dall'oscurità con le giornate più brevi. C'erano poi Silvia Fiore e Andrea Scagliotti, due giovani laureati con bambini piccoli che caricano l'alpe Pravaren in alta val Susa (a Venaus noto per la TAV). La strada da loro arriva sino alla casera ma i pascoli sono ripidi e accessibili sono con il cavallo e Andrea deve andare su e giù (l'ultimo pezzo portandosi il carico in spalla) perrifornire di cibo il pastore rumeno che sorveglia le pecore e i cani da guardiania. Anche qui il lupo picchia.
... ma se a resistere sono i giovani ci sono speranze
Il giovane Giacomo Ruiu (alpe di Blessagno in val d'Intevi, Co)(foto sopra) deve confrontarsi con altri selvatici non meno temibili: i cinghiali che gli devastano prati e pascoli. Non è facile resistere alla burocrazia, ai predatori, alla mancaznza di strade. A rendere la vita difficile ai pastori e alpeggiatori coi pensano anche i caseifici industriali. Ivan Albini, altro ragazzo presente tra i 'resistenti' a Sondrio viene da Germasino, paese sino all'anno scorso comune e ora fagogitato da Gravedona e Consiglio di Rumo per fare un 'comunone' come piacciono ai tecnocrati. Ivan all'alpe Nesdale (comune di Plesio) produce un ottimo grasso d'alpe con tanto di latte di capra (più Bitto di tanti bitti dop) ma deve confrontarsi con pascoli che hanno sofferto anni di abbandono. È sostenuto dal comune di Plesio che ha sistemato per bene i fabbricati ma ora deve affrontare a casa, dove in inverno produce il formaggio magro locale (la Semüda), la concorrenza del nuovo caseificio industriale Alto Lario, una succursale della Latteria di Delebio (la più grande della Valtellina nonché protagonista e simbolo della Mostra del Bitto di Morbegno, un po' come il Bitto storico è stato protagonista e simbolo di quella di Sondrio).
Tra i resistenti della piazza c'era anche un personaggio piuttosto conosciuto: Desiderio Carraro dell'azienda Pian du Lares di Veddasca (Va). Desiderio è stato uno dei protagonistoi del recupero dei pascoli dell'alta val Veddasca e del rilancio delle produzioni casearie caprine varesotte iniziato con l'insediamento in una frazione abbandonata (Mulini di Piero) nei lontani anni '70. Carraro fa parte anche del gruppo dei 'Sovversivi del gusto' (per non smentirsi). A Sondrio domenica lo sostituiva la giovane figlia Martina. Una circostanza che ci fa capire come i piccoli produttori abbiano bisogno di soluzioni flessibili (la loro presenza non può protrarsi più di due giorni di solito) ma che conferma anche come nel campo della resistenza casearia ci siano parecchi giovani. Giovani erano anche i rappresentanti di alcuni presidi Slow Food quali quello del Mascalplin della val Bregaglia (canton Grigioni) e del Fatulì della val Saviore (Vallecamonica). Sia quelli del Mascalplin che quelli del Macagn (altro presidio Slow Food che 'resiste' contro il Maccagno industriale prodotto in pianura) alla domenica hanno venduto tutto e al lunedì sono partiti. Un altro fatto da tenere presente in queste manifestazioni: i piccoli produttori a volte hanno veramente quantità limitate. Non sono cose che ci raccontiamo per creare l'immagine delle micro-produzioni eroiche, è proprio vero.
Il panorama della piazza era completato dal presidio del grano saraceno (non un formaggio ma un emblema della valtellina rurale che vuole caratterizzarsi anche per la produzione di materie prime 'antiche' sostituite dalla importazione dal mercato globale. Tra i formaggi c'erano anche i principi delle Orobie che oltre ai presidei Slow food del Bitto storico, stracchino all'antica e Agrì di Valtorta comprendono anche il Formai de Mut dop, il Branzi FTB ('Branzi di Branzi' realizzato con latte di montagna e imitato da 'Branzi' prodotti in pianura con latte di varia origine), lo Strachitunt (in attesa di dop, contestata dai caseifici di pianura che vorrebbero che fosse estesa a tutta la provincia di Bergamo).
A Sondrio si consolida l'unione dei formaggi orobici
Nella foto sopra la panoramica dei formaggi bergamaschi presenti a Sondrio in nome della 'unione dei formaggi orobici'
A Sondrio si è presentata la squadra dei 'formaggi principi delle Orobie'. L'uscita ha consolidato una unione che ha già debuttato a Branzi alla Fiera di san Matteo e a Cheese. O Sondrio gli orobici non giocavano poi molto 'fuori casa' perché proprio di fronte a Sondrio si aprono le valli orobiche del Livrio e di Venina che conducono in val Brembana attraverso passi per i quali una limitata produzione di Bitto (il grosso era concentrato nelle valli più occidentali) perveniva al mercato dei Branzi. In quest'ultima località per ricordare i vecchi fasti della Fiera di San Matteo e delle numerose casere che a settembre si riempivano di Bitto/Branzi (allora formaggi dalle tipologie sovrapponibili) è sorta l'associazione Fiera di San Matteo che è stata anche la promotrice (con i ribelli del Bitto storico) dell'alleanza casearia orobica. Vere anime dell'associazione sono Francesco Maroni (caseificio di Branzi) e Ferdy Quarteroni. Ferdy, titolare dell'omonimo agriturismo, è il vulcanico ideatore di tante iniziative che rigiuardano gli alpeggi, i ragazzi e ... i quadrupedi. Suoi sono gli asinelli (tutte femmine dolcissime e pazientissime) che si sono fatti amare da centinaia di bimbi che hanno provato l'emozione di percorrere in groppa all'asino le vie e le piazze della manifestazione. Il servizio di asinovia è stato offerto dall'azienda Ferdy stessa.
Gli eventi collaterali
Formaggi in piazza è stata caratterizzata anche da altri eventi che non sono riuscito a documentare con foto ma che vale la pena manzionare: le dimostrazioni degli antichi mestieri dei Buiatei di Buglio, la dimostrazione di produziuone di birra artigianale - 150 i litri consumati - dei Labadiena, un gruppo di quattro ragazzi valtellinesi che ha deciso di provare a produrre birra fatta in casa. E poi le degustazioni di Bitto storico e di formaggi ovicaprini d'alpeggio organizzate presso le Volte dal Consorzio salvaguardia Bitto storico edall'enoteca Tabernarium (gestita da due giovani in connessione con Le Volte stesse) . La degustazione di formaggi ovicaprini ha interessato i prodotti degli alpeggi citati: alpe Vagliotta (Cn), alpe Pravaren (To), malga Adamè (Bs), alpe Blessagno (Co), alpe Nesdale (Co) ed è stata guidata per la parte casearia da Marco Imperiali maestro assaggiatore Onaf e da Gabriele de Luca per la parte birraia.
Unico neo la scarsa partecipazione ai convegni di domenica e lunedì in parte riscattata dal miglior successo di quello con Piero Sardo (foto sopra) di martedì (1° novembre) di cui abbiamo riferito a parte (vai all'articolo)