La sopravvivenza dei piccoli Comuni alpini pare garantita, ma siamo sicuri che vada bene così? La decisione paventata da Roma era un bluff di dilettanti allo sbaraglio, che un risultato però l’ha ottenuto, riuscendo a far aggregare per la prima volta i sindaci al richiamo dell’UNCEM, cosa mai successa prima.
Ma quali “strategie” ci sono dietro la decisioni romane e le protesta dei sindaci? Paradossale per me vedere l’UNCEM in prima fila col presidente regionale in testa, perché proprio l’UNCEM aveva voluto l’accorpamento delle Comunità Montane per fare cassa (ma non è lo stesso motivo per cui si volevano chiudere i piccoli Comuni?). L’attuale assetto delle C.M. è un fallimento conclamato e annunciato che ha portato alla paralisi progettuale e istituzionale nelle valli, come fallimentari sono state le altre ultime sue iniziative, cominciando da una legge forestale scritta su Marte per interessi alieni, mentre tace da troppo tempo su tutti i grandi problemi del vivere il monte!
Ma proviamo a analizzare la situazione istituzionale delle valli con un approccio non di tipo romantico, qui non siamo a Fort Apache, proviamo a sbrogliare la matassa in modo pragmatico. I Comuni sono il tassello organizzativo ultimo per il governo del territorio e l’efficacia di una organizzazione si valuta per come raggiunge obiettivi noti, adottando strategie e tattiche condivise in tempi e con risorse dati. Altri parametri di valutazione non ci sono e non è più tempo di giochetti e meline. Strategia è l’arte di ordinare, sviluppare e impiegare le forze a disposizione per conseguire la massima probabilità di raggiungere obiettivi realisticamente perseguibili.Tattica sono i mezzi utilizzati e le azioni adottate per raggiungere obiettivi definiti dalla strategia.Organizzazione è la risposta alle sfide indotte dalla complessità e per le istituzioni locali è una risposta sociale che ha l’obiettivo di indirizzare in spirale positiva e virtuosa le energie della gente sfumando le debolezze.Obiettivi sono le mete che ci si pone e che devono essere “quasi” raggiungibili, perché giocare sul sicuro non crea competizione. Strategia, tattica, organizzazione e obiettivi , parole che mi sono venuti alla mente più volte in questo periodo. No, non riesco a vedere una strategia nella difesa ad oltranza dell’attuale impianto organizzativo delle montagne piemontesi , difendere lo status quo non porta lontano sul piano della vivibilità sulle montagne.
Non è questione di numeri grandi o piccoli, micro Comuni disaggregati e atomizzati difficilmente sono in grado di esprimere progettualità e prospettive in un contesto competitivo in cui emergono solo le eccellenze, mentre le Comunità Montane hanno smesso di essere il luogo di aggregazione e progettazione dello sviluppo alpino e questo per responsabilità indiscussa dell’UNCEM, che ora è in prima fila a difendere i Comuni dopo aver sfasciato l’approccio comunitario nelle valli!
Sì, io accuso proprio l’UNCEM di aver scientemente messo fuori gioco il “luogo” in cui si poteva pensare a livello di comunità di valle portando per giunta anche quassù le regole del maggioritario che hanno spazzato via quel minimo di approccio comunitario che permetteva di aggregare le poche energie rimaste.
Ora quando vedo i sindaci a Roma o al Pian del Re per protestare mi chiedo quanto sia sentita la loro battaglia dagli ultimi abitanti delle valli.
Guardate che se non si riesce a esprimere una strategia comune per vivere il monte, aver mantenuto lo status quo è battaglia di retroguardia, il problema non è salvare i Comuni, ma mantenere la gente sui monti e per poterci vivere occorre esprimere progettualità d’eccellenza.
La paura di veder chiudere i Municipi è sacrosanta, ma quanto può emergere a livello di eccellenza in Comuni sotto soglie minime di abitanti, dove se ci sono due liste è perché due hanno litigato, dove a volte ci si imbuca da fuori per rimanere comunque in gioco, dove la democrazia rappresentativa lascia il posto a dinamiche tribali, dove la preoccupazione del contingente è il massimo della progettualità espressa, dove …… Mi chiedo (sono l’unico, ma pazienza) se non sia ora e tempo per ridiscutere noi , e non altri, il livello di aggregazione necessario per riportare efficienza e incisività nelle istituzioni locali e far emergere una progettualità che punti a vivere il monte e non solo all’amministrazione di un condominio o alla gestione delle sfighe.
Salvati i Comuni ora i nostri sindaci provino a impegnarsi assieme sulle sfide del vivere il monte, mettendo a frutto l’aggregazione che li ha portati per la prima volta assieme a difendere il loro posto. Accessibilità alle scuole superiori dalle testate di valle, sostegno alle imprese locali, accesso alla rete telematica, una legge forestale decente ( se non si è in grado di modificare l’obbrobrio attuale basta abrogarlo e basta!), utilizzo delle energie rinnovabili a sostegno del primario nelle valli, applicazione della legge nazionale della montagna (la Legge Carlotto), ridiscussione dei rapporti tra monte e piano, ritorno dei grandi predatori , ecc.
Alcuni temi caldi su cui , se c’è, l’UNCEM piemontese è ora che batta un colpo!
No, la battaglia per vivere il monte non si vince difendendo a spada tratta tutti i Comuni, anche quelli “cotti”, ma recuperando le energie positive sul territorio e avendo il coraggio di rimettere mano a un impianto istituzionale che ha più poco da dire e che non è più difendibile non da Roma, troppo facile!, ma da un mondo che sta liquefacendosi.
Avendo ben chiaro però che prima di ogni azione vanno definite strategie, tattiche e obiettivi altrimenti avremo difeso dei Municipi che a breve governeranno un deserto verde.