(28.05.11) La 'riscoperta' delle Terre alte come realtà umana e laboratorio sociale risale a trent'anni orsono. Una tappa importate di questa riscoperta fu il convegno di Sondrio del 1986
Ricominciare dalla montagna
di Michele Corti
In vista di nuove iniziative nello spirito di continuità con la 'Carta di Sondrio' iniziamo a ripercorrere con una serie di 'commenti' le tappe del cammino di riscoperta delle Terre alte. Un soggetto politico che ha urgente bisogno di essere definito e di assumere consapevolezza del proprio ruolo
L'elaborazione degli anni '80 e '90 del secolo scorso sulle Terre alte è quanto mai attuale. La prospettiva oggi non è 'vivacchiare' ma quella secca tra l'annullamento della montagna come entità sociale e culturale e una sua ripresa di vitalità sulla base di modelli di autogestione e di riconsiderazione dell'uso delle risorse materiali e immateriali che - messi in moto in montagna
- hanno la possibilità di essere 'esportati' nelle Terre basse, nelle aree metropolitane. Nel suo opporsi ad un ulteriore fase di colonizzazione materiale e simbolica la montagna offre una via di salvezza anche alla realtà urbana che accelerando il drenaggio di risorse e spingendo all'estremo le logiche della globalizzazione e della deterritorializzazione prepara la propria autodistruzione.
Nella scia di Miglio
Non a caso Gianfranco Miglio da acuto pensatore quale era aveva intuito sin dalla fine degli anni '70 la necessità di 'Ricominciare dalla montagna' (è il titolo di un suo saggio edito nel 1978 dal Credito Valtellinese di Sondrio). Aveva intuito che i temi dell'autonomia, dell'ingegnieria federalista non solo astrusaggini da politologi o fissazioni ideologiche ma condizioni per 'liberare'
anche la vita sociale, le aggregazioni umane elementari, per risintonizzare rappresentanza e vita politica con la cultura viva, quella che è una vera e propria 'cassetta degli attrezzi' per organizzare in modo adatto alla realtà locale (fisica e culturale) i rapporti tra uomo e uomo e tra uomo e lo spazio territoriale con le sue risorse, con i suoi vincoli. Dopo lo scritto di Miglio a Sondrio si tenne nel 1981 il convegno 'Prospettive di vita dell'arco alpino' e poi quello del 1986 il cui
titolo un po' convenzionale: 'La montagna: una protagonista dell'Italia degli anni '90' non fa onore ai contenuti innovativi del dibattito e, ancor più, al significato della 'Carta di Sondrio' redatta in quella occasione e sottoscritta da tutti i convegnisti.
Da Chivasso a Sondrio. Ora serve un nuovo sprone
Oltre alla 'Carta di Sondrio' riportiamo per comodità dei lettori anche la 'Carta di Chivasso' (più facilmente reperibile sul web) cui i convegnisti di Sondrio si sono esplicitamente riferiti per riallacciare un filo di una politica della montagna e non per la montagna che è risultato fragile e frequentemente spezzato. I riferimenti ad alcune prospettive che negli anni
'90 si stavano aprendo (la 'rivoluzione telematica') indicano lo sfoprzo di attualizzare una politica della montagna che è comunque segnata dall'importanza di problemi irrisolti (la mancata autonomia della 'montagna di serie B, esclusa da regioni e provincie autonome), dalla necessità di valorizzare la ricchezza e grande diversità di risorse ed espressioni culturali e sociali. Quelle che 25 anni fa apparivano ancora volenterose petizioni di principio (la valorizzazione dei sistemi
produttivi tradizionali) oggi assumono un significato ben diverso alla luce del dibattito sulla ri-localizzazione di produzione e consumo di energia, alimenti e altri prodotti e alla luce di un elelemento nuovo che si è affermato in qusti anni: la consapevolezza che la cultura non è un accessorio consolatorio ma uno strumento indispensabile per concepire e attuare uno sviluppo autocentrato, che le produzioni agroalimentari e non solo l'artigianato artistico sono espressioni di cultura, che i sistemi
produttivi non sono solo realtà 'tecnico-economiche' ma anche sistemi sociotecnici 'spinti' dalla cultura.
La situazione impone lucidità e scelte nette anche controcorrente
Stimoli che ci indicano come il cammino deve e può essere ripreso. Le minacce che 25 anni fa si addensavano sulle terre alte si connotavano come prospettiva di 'depotenziamento', 'lento svuotamento'. Oggi è diverso. La crisi profonda del modello statalistico assistenziale (in Italia resa drammatica dal peso di un enorme debito pubblico) pone l'alternativa secca tra una montagna che - liberatasi
dall'oppressione di regole pensate per altri territori - recupera una sua capacità di iniziativa (senza illudersi nell'aiuto sistematico dello stato) o una montagna che continua ad attaccarsi a canali della spesa pubblica (che si inaridiranno progressivamente) e che quindi sarà vittima degli interessi di coloro che, lungi dal voler continuare a impegnare risorse in una 'palla al piede', desiderano chiudere i rubinetti e praticare una eutanasia tanto più conveniente quanto poi consentirà
di mettere le mani liberamente sulle risorse delal montagna senza l'impaccio di residue comunità locali. É ovvio che il tempo del consenso di facciata è finito. Le chiacchere sulla sostenibilità che dovrebbero accontentare tutti: Verdi, montanari, interessi economici 'robusti' valgono nemo della carta su cui sono scritti i proclami e le buone intenzioni. L'unanimismo e la captatio benevolentiae non hanno più spazio. Il tempo della ricreazione è finito. Va detto, però,
che la gente delle Terre alte è estremamente tenace e poco incline a farsi incantare da slogan e chiacchere. Nel convegno di Sondrio figuravano tra i relatori illustri politici, scrittori, accademici, ma anche non pochi amici ruralpini la cui passione e generosità nello spendersi per la causa mi fanno ritenere che la nuova iniziativa alla quale stiamo lavorando non si risolverà in un convegni qualsiasi ma sarà la tappa di un cambiamento politico.
La Carta di Sondrio
Testo della 'Carta di Sondrio' sottoscritta al termine dei lavori dai partecipanti al convegno: 'La Montagna: un protagonista dell'Italia degli anni '90' tenutosi a Sondrio nell'aprile 1986.
La gente che vuol continuare avivere nelle terre alte
CONSTATANDO
che lo sviluppo dell'Italia, un
Paese costituito da montagne e colline per tre quarti del proprio territorio, è
stato finora polarizzato sulla pianura, con danni gravi alla pianura stessa e
senza vantaggio per nessuno; che l'accentramento, riuscito o tentato, di ogni
attività produttiva di rilievo nelle pianure ha comportato costi umani e
sociali esasperati per tutte le comunità e culture locali; che continuare in
questo indirizzo, relegando le terre alte
a spazi per attività ricreative o residuali, è un assurdo storico e una
prevaricazione delle generazioni future;
AFFERMA
che la mutata condizione
socio-politica, culturale, economica e tecnologica vede in atto un rallenta
mento se non una vera e propria inversione di tendenza dei processi di
accentramento, economico o demografico, che hanno caratterizzato la prima e la
seconda industrializzazione del Paese.
Le nuove tecnologie telematiche,
decentratrici, e la stessa caduta del tasso di natalità che caratterizza l'Italia
e le altre società industriali avanzate, portano a una diversa considerazione
dello sviluppo, nella quale trovano equilibrato soddisfacimento l'economia e la
socialità, la dimensione quantitativa e le aspettative socioculturali: sfera
del simbolico, "qualità della vita", sicurezza, prestigio, valori
della tradizione la propria volontà di operare perché l'Italia conosca un nuovo
e diffuso benessere comunitario, restituendo alle terre
alte una capacità di attrazione per le possibilità di vita e
di lavoro al di fuori delle aree metropolitane in crisi o tentate da concentrazioni
ancora più vaste e distruttive.
In questo nuovo indirizzo
dovranno trovare naturale soddisfazione le specificità culturali ed etniche,
lontano dalle enfasi oculistiche c e rappresentano la degenerazione a livello
microsociologico dell'antico schema centralistico.
PROPONE
per la realizzazione di questi
obiettivi, provvedimenti immediati in tema di:
a) Scuola, iniziative culturali,
mezzi di comunicazione sociale:
Con norme coerenti riguardo
all'insegnamento pubblico e privato in loco, senza vincoli numerici; con
l'attivazione di centri per la ricostruzione della conoscenza storica, della
religiosità popolare, dello specifico cultu1 cale in tutte le sue espressioni,
dalla toponomastica alla lingua, alle tecniche di lavoro, alla cerimonialità
collettiva, e in generale di tutto ciò che sostiene la produzione di senso
esistenziale; con il riconoscimento di incentivi a sostegno degli strumenti di
comunicazione sociale nelle comunità locali nelle terre
alte.
Tutto questo avendo la funzione
di restituire alle comunità il senso di pari dignità con la pianura e lo
slancio imprenditoriale, partecipassimo, ideativo alle persone che ne sono
parte.
b) Produzione e lavoro:
Con misure non solo di
salvaguardia e tutela dei prodotti tipici di qualità, ma finalizzate allo
sviluppo della produzione specifica di qualità, In un contesto quale quello
delle società industriali d'occidente che non hanno ragione di continuare a
concorrere con il resto del mondo sul piano della quantità; con precedenza nell'assunzione
ai posti di lavoro pubblici per chi è nato e ha seguito la sua istruzione nelle
comunità locali; con borse di studio e riconoscimenti a chi sceglie di
effettuare tirocini e attività di lavoro presso artigiani e produttori del
luogo.
c) Residenza
Sostegni in misura proporzionata
alle diverse situazioni obbiettive, riguardo ai collegamenti viari, la
disponibilità sanitaria, gli allacciamenti telefonici, le ricezioni
radio-televisive, le forniture di materiali, l'acquisto di mezzi di trasporto,
di macchine utensili ecc.
d) Riorganizzazione del sistema
amministrativo-politico: Con innovazioni istituzionali volte a dare adeguato riscontro
alle esigenze naturali delle terre alte,
alle loro necessità di autonomia nell'organizzazione delle relazioni e delle
risorse, più e più volte riaffermate prima e dopo il compiersi dell'Unità di
Italia, con particolare riferimento alle dichiarazioni della "Carta di
Chivasso" per le popolazioni alpine stilata nel 1943.
Lo spirito federalista che
ispirava la parte migliore del risorgimento italiano, e che trova nell'attuale
ordinamento del Paese alcuni riferimenti, in particolare nel caso delle
Province autonome, può e deve ritrovare il suo slancio politico comunitario in
questa scelta di rinnovamento istituzionale alla luce della specifica
tradizione culturale e politica delle Alpi e delle terre
alte in genere.
La Carta di Chivasso
Testo della Dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine redatta a conclusione di un convegno clandestino tenutosi in Chivasso il 19-12-1943 e firmata da Emile Chanoux, Ernesto Page, Gustavo Malan, Giorgio Peyronel, M. A. Rollier, Osvaldo Coisson, meglio conosciuta come: "CARTA DI CHIVASSO".
Noi popolazioni delle valli alpine
CONSTATANDO
che i venti anni di mal governo livellatore ed accentratore sintetizzati dal motto brutale e fanfarone di "Roma doma" hanno avuto per le nostre valli i seguenti dolorosi e significativi risultati:
a) OPPRESSIONE POLITICA attraverso l'opera dei suoi agenti politici ed amministrativi (militi, commissari prefetti. federali, insegnanti), piccoli despoti incuranti ed ignoranti di ogni tradizione locale di cui furono solerti distruttori;
b) ROVINA ECONOMICA per la dilapidazione dei loro patrimoni forestali ed agricoli, per l'interdizione della emigrazione con la chiusura ermetica delle frontiere, per l'effettiva mancanza. di organizzazione tecnica e finanziaria dell'agricoltura, mascherata dal vasto sfoggio di assistenze centrali, per la incapacità di una moderna organizzazione turistica
rispettosa dei luoghi; condizioni tutte che determinarono lo spopolamento alpino;
c) DlSTRUZIONE DELLA CULTURA LOCALE per la soppressione della lingua fondamentale locale, laddove esiste, la brutale e goffa trasformazione dei nomi e delle iscrizioni locali, la chiusura di scuole e di istituti locali autonomi, patrimonio culturale che è anche una ricchezza ai fini della emigrazione temporanea all'estero;
AFFERMANDO
a) che la libertà di lingua come quella di culto è condizione essenziale per la salvaguardia della personalità umana;
b) che il federalismo è il quadro più adatto a fornire le garanzie di questo diritto individuale e collettivo e rappresenta la soluzione del problema delle piccole nazionalità e la definitiva liquidazione del fenomeno storico degli irredentismi, garantendo nel futuro assetto europeo l'avvento di una pace stabile e duratura;
c) che un regime Federale repubblicano a base regionale e cantonale è l'unica garanzia contro un ritorno della dittatura, la quale trovò nello stato monarchico accentrato italiano lo strumento già pronto per il proprio predominio sul paese; Fedeli allo spirito migliore del Risorgimento
DICHIARIAMO
quanto segue:
a) AUTONOMIE POLITICHE AMMINlSTRATIVE.
l) Nel quadro generale del prossimo stato italiano che economicamente ed amministrativamente auspichiamo sia organizzato con criteri federalistici, alle valli alpine dovrà essere riconosciuto il diritto di costituirsi in comunità politico-amministrative autonome sul tipo cantonale;
2) come tali ad esse dovrà comunque essere assicurato, quale che sia la loro entità numerica, almeno un posto nelle assemblee legislative regionali e cantonali;
3) l'esercizio delle funzioni politiche ed amministrative locali (compresa quella giudiziaria) comunali e cantonali, dovrà essere affidato ad elementi originari del luogo o aventi ivi una residenza stabile di un determinato numero di anni che verrà fissato dalle assemblee locali;
b) AUTONOMIE CULTURALI E SCOLASTICHE. Per la loro posizione geografica di intermediarie tra diverse culture, per il rispetto delle loro tradizioni e della loro personalità etnica, e per i vantaggi derivanti dalla conoscenza di diverse lingue, nelle valli alpine deve essere pienamente rispettata e garantita una particolare autonomia culturale linguistica
consistente nel:
1) diritto di usare la lingua locale, là dove esiste, accanto a quella italiana, in tutti gli atti pubblici e nella stampa locale;
2) diritto all'insegnamento della lingua locale nelle scuole di ogni ordine e grado con le necessarie garanzie nei concorsi perché gli insegnanti risultino idonei a tale insegnamento. L'insegnamento in genere sarà sottoposto al controllo o alla direzione di un consiglio locale;
c) AUTONOMIE ECONOMICHE. Per facilitare lo sviluppo dell'economia montana e conseguentemente combattere lo spopolamento delle vallate alpine, sono necessari:
1) un comprensivo sistema di tassazione delle industrie che si trovano nei cantoni alpini (idroelettriche, minerarie, turistiche, di trasformazione, ecc.) in modo che una parte dei loro utili torni alle vallate alpine, e ciò indipendentemente dal fatto che tali industrie siano o meno collettivizzate;
2) un sistema di equa riduzione dei tributi, variabile da zona a zona, a seconda della ricchezza del terreno e della prevalenza di agricoltura foreste o pastorizia;
3) una razionale e sostanziale riforma agraria comprendente:
a) l'unificazione per il buon rendimento dell'azienda, mediante scambi e compensi di terreni e una legislazione adeguata della .proprietà famigliare agraria oggi troppo frammentaria;
b) l'assistenza tecnico-agricola esercitata da elementi residenti sul luogo ed aventi ad esempio delle mansioni di insegnamento nelle scuole locali di cui alcune potranno avere carattere agrario;
c) il potenziamento da parte delle autorità della vita economica mediante libere cooperative di produzione e consumo;
4) il potenziamento delle industria e dell'artigianato, affidando all'amministrazione regionale cantonale, anche caso di organizzazione collettivistica, il controllo e l'amministrazione delle aziende aventi carattere locale;
5) la dipendenza dall'amministrazione locale delle opere pubbliche a carattere locale e il controllo di tutti i servizi e concessioni aventi carattere pubblico. Questi principi, noi rappresentanti delle Valli Alpine vogliamo vedere affermati da parte del nuovo Stato italiano, così come vogliamo che siano affermati anche nei confronti di quegli italiani
che sono e potrebbero venire a trovarsi sotto il dominio politico straniero.