Ruralpini  resistenza rurale

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Con gli asili chiude anche la montagna
"per i nostri governanti avere figli è una colpa"


Dopo il caso di Gandellino,  ecco quello di Oneta, sempre in alta val Seriana (e c'è anche in ballo quello di Valcanale). Chiudere gli asili e le scuole spinge le famiglie a lasciare i piccoli centri, così ci saranno ancor meno alunni e lo spopolamento sarà inarrestabile. A Oneta le mamme si sentono prese in giro e hanno reagito, protestando e organizzando delle iniziative culturali, consapevoli che la loro presa di posizione ha un valore generale ("per i nostri governanti avere figli è una colpa") e si iscriva nella denuncia di un progetto cinico di  "chiusura della montagna. Sono infatti ridicole le considerazioni sui "costi" considerando quanto, della fiscalità generale, le istituzioni riversano nelle grandi città. Si vuole imporre alla montagna un nuovo colonialismo. Le contrade antiche,  i borghi montani preservati dall'abbruttimento (come Oneta) devono diventare oasi per i privilegiati che potranno sfuggire al riscaldamento climatico, alle pandemie e alle tante delizie del mondo globalizzato, sradicato, immiserito. Per farlo serve la pulizia etnica  
 



di Anna Carissoni

(05.07.20)  I piccoli di Oneta frequenteranno la Scuola dell’Infanzia di Gorno dove funzioneranno due sezioni con quattro insegnanti. Laura, una mamma ha commentato: Siamo state prese in giro, hanno fatto l’esatto contrario di ciò che chiedevamo.  


A quanto pare, nemmeno l’intervento del deputato Daniele Belotti è servito a granché: l’onorevole bergamasco aveva inviato una nota al ministro dell’Istruzione, alla direttrice scolastica provinciale e alla dirigente dell’Istituto Comprensivo di Ponte Nossa in merito alla chiusura della scuola dell’infanzia di Oneta. L’Onorevole chiedeva che, essendo stata la chiusura stessa motivata col ridotto numero di bambini iscritti, il provvedimento fosse rivisto proprio in ragione delle disposizioni post-Covid per la ripresa della scuola che prevedono un basso numero di alunni per classe.
Le istituzioni non sono però tornate sulla loro decisione, salvo che per modificare le modalità di funzionamento delle Scuola dell’Infanzia di Gorno, presso la quale i bimbi di Oneta verranno dirottati: anziché frequentare una sezione ad orario ridotto – un’ingiustizia nell’ingiustizia, come avevano detto le mamme – nel capoluogo della Val del Riso le sezioni della scuola materna saranno due, con quattro insegnanti dedicate.
Interpellato in proposito il sindaco di Gorno, Giampiero Calegari, ha dichiarato che nella vicenda la sua Amministrazione non è stata coinvolta, e che si stanno solo facendo le necessarie verifiche per assicurarsi che gli spazi siano adeguati alla nuova situazione.

In realtà siamo state prese in giro , dice una delle mamme che si erano attivate da subito con iniziative di denuncia e una lettera di protesta, aggiungendo: avevamo il vincolo temporale del 10 giugno per iscrivere i nostri bambini a Gorno e noi l’avevamo fatto per non rischiare che i nostri figli ‘saltassero’ un anno di scuola non risultando iscritti da nessuna parte, però con la promessa verbale che se nel frattempo si fosse mosso qualcosa avremmo potuto iscriverli ad Oneta….Ci sentivamo anche un po’ tutelate dal fatto che una decisione così grave non poteva essere presa su due piedi, visto che il nostro Comune è commissariato, che la dirigente scolastica ha le scuole del circolo solo ‘in reggenza’, che il sindaco di Gorno è anche e soprattutto il presidente della Comunità Montana… Insomma, tante parole, tanti incontri, tante speranze, e alla fine hanno fatto l’esatto contrario di ciò che auspicavamo.


Laura inquadra inoltre la vicenda nel contesto più ampio della politica nazionale: Sembra che per i nostri governanti avere figli sia una colpa, le famiglie sono sempre le prime ad essere penalizzate nonostante i tanti allarmi sull’inverno demografico del nostro Paese…Sui bambini, cioè i cittadini di domani, non si vuole investire, anzi, vengono trattati come se fossero un peso più che la risorsa più preziosa. E poi io, come altre mamme, in quest’asilo ci sono cresciuta, ne ho dei ricordi bellissimi, mi piange il cuore al pensiero che d’ora in poi sarà deserto e tutto il paese diventerà più triste….

Laura sottolinea poi i grossi problemi logistici ed economici che questa scelta comporterà sia per l’Amministrazione che, soprattutto, per le famiglie stesse: I costi del trasporto, per esempio; ma soprattutto l’organizzazione della vita famigliare, con i genitori tornati al lavoro dopo il lockdown e che non potranno più contare sull’aiuto dei Nonni, visto che la metà di essi è scomparsa…


Tanto per cambiare, ad essere colpita ancora una volta sarà la gente di montagna. Ovviamente non abbiamo nulla contro la scuola di Gorno, ci mancherebbe, vorremmo però che si pensasse in primis al bene dei bambini ed al tanto conclamato ‘sostegno alle famiglie’, e che la si smettesse di ragionare sempre solo in termini di costi e di tagli. Avevamo anche ipotizzato, noi mamme, proteste più…efficaci, come dare inizio ad uno sciopero della fame o incatenarci davanti al Pirellone, ma poi ai nostri piccoli a casa da soli chi ci avrebbe pensato?  

Evidentemente anche la tragica esperienza del Covid19 non ha insegnato niente: L’emergenza dell’epidemia ha dimostrato una volta ancora che sono i servizi e le reti territoriali a poter fare la differenza, non certo le grandi strutture e i centri urbaniRoberto Epis dell’Associazione Culturale Sherwood – eppure si continua a non investire sul potenziamento della medicina territoriale, sui piccoli poli educativi diffusi, sulla cultura, su servizi a misura di persona, che tengano conto delle caratteristiche dei territori montani. La scuola, che è un servizio pubblico, non dovrebbe mai dovrebbe obbedire a logiche di profitto o di convenienza economica. Lo smantellamento dei servizi, motivato con la scarsità di ‘utenti’ (non è stato così anche per l’ospedale di Piario? n. d. a.) non fa altro che creare ulteriori disagi che a loro volta contribuiscono alla decisione di lasciare il proprio paese, soprattutto da parte dei più giovani; e che si tratti di periferie montane o urbane, isole, campagne o zone collinari, nessuno può realmente dirsi al sicuro.

L’Associazione ha attivato un mini-ciclo di incontri dedicati proprio alla scuola di montagna:  vogliamo parlare della situazione di Oneta con un ragionamento collettivo sul presente e sul futuro di questo luogo tanto importante.

Michela Zucca


Al primo incontro organizzato
giovedì 25 giugno erano presenti anche rappresentanti di altre valli al Convegno sulla “Scuola in montagna” . Gli incontri sul tema proseguiranno a breve. L’incontro pubblico organizzato  scorso grazie anche alla gentile ospitalità dell’ Osteria del Borgo” ha creato una stimolante situazione di scambio e di condivisione di
esperienze e di riflessioni. Come ha commentato Roberto Epis, dell’associazione culturale Sherwood: Un grazie particolare va ai genitori presenti, che hanno raccontato la loro lotta per avere garantito una seconda sezione ad orario pieno a Gorno ed alle relatrici Michela Zucca ed Anna Carissoni. Se la presenza degli abitanti di Oneta non è stata numerosa, ci hanno positivamente colpito le persone che ci hanno raggiunto da altre Valli, a dimostrare ancora una volta che il tema della salvaguardia delle scuole
di montagna è molto sentita.



Uscire dai margini: la riflessione dell’Associazione Culturale “Sherwood Oneta” sulla decisione di chiudere l’asilo del paese

Siamo stati  spiazzati dall’apprendere la volontà da parte dell’Ufficio scolastico provinciale di chiudere la Scuola dell’Infanzia di Oneta.
Come associazione culturale Sherwood e Sherwood Oneta abbiamo fatto del restare in montagna e costruirvi progetti di vita la nostra principale missione.
Perché ciò non si riduca a sterili slogan o chiacchere da sognatori non è sufficiente che si abiti in un territorio in quota. Dover affrontare continui spostamenti su gomma per qualsiasi tipo di bisogno o necessità non è compensabile unicamente dall’avere quattro mura a cui tornare, seppur circondate da splendidi monti.
Chiunque abbia scelto di restare o provare a vivere in piccoli comuni alpini, soprattutto se di giovane età, merita di avere le stesse opportunità di chi vive più a valle o per lo meno condizioni dignitose che possano giustificare alcune fatiche che l’abitare nelle “Terre alte” comporta.
L’emergenza Covid ha dimostrato una volta ancora che sono i servizi e le reti territoriali a poter fare la differenza, non certo le grandi strutture e i centri urbani.
Investire sul potenziamento della medicina territoriale, sui piccoli poli educativi diffusi, sulla cultura e la ricerca, su servizi a misura di persona, che tengano conto delle caratteristiche dei comuni montani.
Tutto questo potrà fare la differenza nel breve e medio termine, quando sotto una certa A fronte di ciò non è giustificabile per alcun motivo la chiusura dell’unico polo scolastico rimasto attivo e di buona qualità ad Oneta.
Si tratta innanzitutto di un servizio pubblico essenziale e come tale mai dovrebbe obbedire a logiche di profitto o di convenienza economica.
Su una superficie di 18 km² ci sono dieci bambini e bambine dai 3 ai 5 anni di età. Dieci esistenze, dieci persone in divenire, dieci individui da accompagnare per un tratto della loro vita.
Qualcuno vorrebbe forse convincerci che siano numericamente insufficienti? Che di per sé non costituiscano un’ottima ragione per continuare ad investire sul loro presente e sul loro futuro, che di conseguenza è il futuro del territorio che li accoglie? O che, ancora più miseramente, la spesa pubblica necessaria per mantenere attiva la Scuola dell’Infanzia non restituisca un rendimento immediatamente quantificabile ed economicamente vantaggioso?
Vantaggio e svantaggio, oggi si ragiona così. Ed ecco che Oneta, come molti altri comuni italiani, ricade sotto molteplici e denigranti definizioni: “area fragile”, “zona marginale”, “comune ad alto svantaggio”.
Ma la marginalità non è mai una caratteristica intrinseca di un luogo ma è una condizione che si produce a seguito di una cattiva gestione dello stesso o peggio a causa di interventi volutamente indirizzati a colpire un territorio per avvantaggiarne un altro.
Così lo smantellamento dei servizi, apparentemente motivato dalla scarsità di “utenti” che ne usufruiscono, non fa altro che creare ulteriori difficoltà e disagi che a loro volta contribuiscono alla sofferta decisione di lasciare il proprio paese, soprattutto da parte dei più giovani; il progressivo spopolamento viene poi utilizzato per giustificare ulteriori tagli; un circolo vizioso che conduce nel peggiore dei casi al totale abbandono dei territori. Che si tratti di periferie montane o urbane, isole, campagne o zone collinari, nessuno può realmente dirsi al sicuro.
Un altro fattore che ci preme sottolineare è l’illogicità di una società che premia e favorisce la densità abitativa, perché chiaramente più sfruttabile per produrre rapidi guadagni. In realtà, sono proprio i grandi conglomerati urbani e suburbani a causare le problematiche e le tragedie che maggiormente affliggono il mondo occidentale: cementificazione massiccia, industrializzazione diffusa, sfruttamento intensivo di lavoratori, animali ed ambienti naturali, inquinamento, virus e patologie mortali o invalidanti.
A bassa quota le condizioni di vita diverranno sempre più difficili (a causa del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici) e chi avrà fatto la scelta di vivere in montagna e si sarà mobilitato per coltivare il proprio territorio, potrà raccogliere i frutti di questo prezioso lavoro.
Noi ci auguriamo che anche Oneta possa muoversi in questa direzione.

Roberto Epis - Associazione Culturale “Sherwood Oneta”

https://sherwoodoneta.it/





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