Tra le tattiche del partito del lupo, vi è
anche la bufala dell'intoccabilità della loro "gallina dalle uova
d'oro". Sono stati abili (e disonesti) a celare i dati ruali sulla
consistenza della specie, a fare in modo che gli allevatori si
scoraggiassero e non denunciassero più le predazioni. Sono stati abili
a
convincere le regioni e i politici che "la UE non consente di abbattere
i lupi". Ma la verità è un'altra. La Francia preleva ogni anno il 20%
della popolazione lupina. Senza infrangere la direttiva Habitat. Le
regioni hanno il diritto/dovere di monitorare e controllare la fauna
dannosa (ancorché iper-protetta), anche
il lupo e l'orso. Nei modi previsti dalle normative. Vediamole e
facciamo chiarezza.
di Michele Corti
Il regime di super
protezione del lupo è previsto dalla direttiva Cee Habitat (del
Consiglio n. 43 del 1992 (conservazione degli habitat naturali e
seminatirali e della flora e della fauna selvatiche). L'art. 12 della
direttiva europea stabilisce il regime di rigida tutela della specie
con il divieto di qualsiasi forma di cattura e di uccisione deliberata
nell'ambiente naturale. Mentre in alcuni paesi con abbondanza di lupi
veniva consentita la caccia (Grecia, Spagna), agli altri, anche in
presenza di uno status di conservazione insoddisfaciente, veniva
lasciata la possibilità di derogare all'art. 12.
L'art 16 della direttiva stabilisce che, ai
fini della prevenzione di danni gravi all'allevamento, alla fauna,
nell'interesse della sanità e sicurezza pubblica è prevista la
possibilità di deroga ai divieti di abbattimento e cattura del lupo. In
Italia il DPR 357 del 1997, che recepisce la direttiva Habitat, prevede
l'attuazione della deroga
dietro autorizzazione del Ministero, sentito il parere dell'Infs
(oggi Ispra) a condizione che non esistano altre condizioni
praticabili e che la deroga non pregiudichi lo stato di conservazione
sufficiente delle popolazioni di lupo. Di seguito il testo dell'art.
con l'elenco dei motivi che fanno scattare la deroga.
DPR
357 art. 11 c. 1
1.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentiti per
quanto di competenza il Ministero per le politiche agricole e
l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare le
deroghe alle disposizioni previste agli articoli 8, 9 e 10, comma 3,
lettere a) e b), a condizione che non esista un'altra soluzione
valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato
di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie
interessata nella sua area di distribuzione naturale, per le seguenti
finalità:
a)
per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli
habitat naturali; b)
per prevenire danni gravi, specificatamente alle colture,
all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque ed alla
proprietà;
c)
nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri
motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di
natura sociale o economica, o tali da comportare conseguenze positive
di primaria importanza per l'ambiente;
d)
per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di
reintroduzione di tali specie e per operazioni necessarie a tal fine,
compresa la riproduzione artificiale delle piante;
e)
per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base
selettiva e in misura limitata, la cattura o la detenzione di un
numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato
D [quello in cui sono inserite le specie super-protette].
Nel nostro ordinamento il controllo della fauna selvatica è materia
(come altre non espressamente poste in capo allo stato centrale)
riservata alle regioni (art 117 della costituzione). I soggetti che
attuano il "controllo della fauna selvatica" sono dunque le regioni.
Anche nel caso dell'orso e del lupo perché se così non fosse si
cadrebbe nell'incostituzionalità. Il Ministero si è riservata oltre
alla concessione dell'autorizzazione la definizione di linee guida
sentito l'Infs, il Ministero dell'Agricoltura e la Conferenza stato
regioni
DPR 357/97, art. 7, comma 1.
1.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, con proprio
decreto, sentiti il Ministero delle politiche agricole e forestali e
l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, per quanto di
competenza, e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce
le linee guida per il monitoraggio, per i prelievi e per le deroghe
relativi alle specie faunistiche e vegetali protette ai sensi del
presente regolamento....
Attualmente le linee guida non esistono perché il vecchio Piano lupo è
del 2002 e, finite le proroghe, è scaduto nel 2015. Dopodiché è
iniziata la farsa all'italiana. Le versioni sono cambiate: inizialmente
orano previsti degli abbattimenti con il contagocce (che erano
condizionati a tanti e tali paletti da rappresentare una vera e propria
presa per i fondelli), poi la demagogia animal-ambientalista
prese il sopravvento e le regioni fecero dietro-front spaventate dagli
animalisti. L'alfiere di questa ritirata fu Chiamparino.
La bozza del ministro Galletti (scritta da Boitani) venne archiviata.
Si susseguirono ulteriori giravolte delle regioni (anche a seguito
delle elezioni regionali che determinavano cambi di maggioranza). Gli
abbattimenti furono sostituiti dalla "prevenzione mirata" (uno slogan).
Ma oggi le cose sono ancora cambiate. Da parte di alcune regioni si è
tornato a chiedere la possibilità di abbattimenti (alla quale non hanno
mai rinunciato solo la Toscana e Bolzano, tutti gli altri si solo
lasciati andare a giri di valzer). Oggi la fine ingloriosa del
ministero Conte bis ha fatto uscire di scena Costa, il principale
fautore, al di là del limite di ogni pudore, della linea
pro-animalista. Nel frattempo è partito il censimento dei lupi,
premessa a un Piano lupo che vorrebbe presentarsi meno barzelletta
delle bozze precedenti. Peccato che il censimento sia stato affidato, a
WolfAlps che si avvale di volontari reclutati in larga prevalenza tra
le file delle associazioni animal-ambientaliste. Volontari, si badi
bene, "formati" con un brevissimo corso online. Un modo per
evitare di vedere e di contare i lupi.
Le precedenti stime (si parlava di 1000 lupi in tutta Italia,
dimenticando forse di aggiungere uno zero) erano così ridicole che oggi
costringono il partito del lupo a fornire cifre stabilite prima a
tavolino, compatibili con una crescita naturale, per quanto forte (i
migliaia di contatori dei lupi sono solo folklore).
In Piemonte i lupi, erano stimati in numero di circa 200 (monitoraggio
2017/2018); poi WolfAlps, nell'interregno tra la fine del vecchio e la
ripartenza del nuovo progetto, è rimasto senza soldi (poverini, dopo
aver speso tutti quei milioni) e non ha fatto più nulla sino a questo
inverno.
Si sa già (anche se le operazioni sono in corso) che il lupi in
Piemonte saranno più di 500. Un numero ancora ridicolo con 50 morti
stecchiti sulle strade e delle densità che lo stesso WolfAlps ammette
molto aumentate. Anni fa parlavano di un branco ogni 100, poi di 2 e,
oggi, nelle zone più favorevoli, sino a 4. Pensare che, escludendo il
cemento, i laghi, i ghiacciai, le risaie ci siano 10 lupi ogni 100 kmq
oggi appare molto realistico. Significa 2000 lupi in Piemonte.
La stessa cosa avverrà a livello nazionale. Da 2000-2500 porteranno il
dato nazionale a 4000-5000. In realtà è molto probabile che in Italia
ci siano più di 10 mila lupi. Un fatto che, se venisse alla luce,
scardinerebbe tutta la meravigliosa costruzione (meravigliosa si
intende per chi incassa milionate di progetti su progetti in un sistema
di controllati controllori) del "lupo a eterno
rischio di estinzione", che farebbe vacillare la stessa collocazione in
allegato D del lupo (già vacillante per il dilagare del lupo in
Germania). Quindi i lupi non saranno visti (basta mandare degli
inesperti, oltretutto di parte, interessati a non vederli).
Dal momento che l'esperta scientifica di WolfAlps, la Marucco, fissava,
in base alla capacità portante del territorio, l'obiettivo di 300 lupi
per tutto il Piemonte come condizione di un buon popolamento, oggi, con
oltre 500 lupi dichiarati nessuno può negare che ci sia una
"soddisfaciente condizione di conservazione" (considerato anche il
trend di aumento). I furbi cercheranno di "spalmare" i lupi su tutte le
Alpi facendo media con la Lombardia e il Friuli che ancora si salvano.
Con l'obiettivo di stoppare anche il Piemonte (se quest'ultimo non si
sveglia per tempo).
Una volta che i danni reali emergessero e che un monitoraggio mirato
consentisse (la regione ha il diritto/dovere di farlo in prima persona)
di mettere in relazione la presenza accertata di determinati di branchi
e di danni gravi e ripetuti, cosa può impedire alla regione Piemonte
(ma il discorso vale anche per le altre) di chiedere, ovviamente avendo
predisposto dei protocolli, l'autorizzazione a un piano di
abbattimento? Mancano le linee-guida! Ma quanti anni è che
mancano e quando arriveranno? In assenza di linee guida vale comunque
quanto stabilisce la direttiva Habitat e il DPR di recepimento. Ovvero:
verificato che lo stato di conservazione è buono, che i danni sono
rilevanti, che non ci sono mezzi alternativi per evitarli, l'Ispra non
può non dare parere positivo agli abbattimenti e il Ministero non può
non concedere l'autorizzazione. Sarà un iter complicato. Pazienza. Se
ci saranno meline si denunceranno nelle sedi opportune.
Nel 2010 fu l'assessore piemontese all'agricoltura, il pd Taricco, fu
il primo a chiedere l'autorizzazione agli abbattimenti (c'era la
campagna elettorale per le regionali alle orte), nel 2011 fu il turno
del suo successore leghista, Sacchetto. Le richieste erano accompagnate
dai monitoraggi del Progetto lupo che indicavano in un centinaio (un
numero che oggi fa sorridere) i lupi allora presenti e da
considerazioni sulla gravità dei danni. La base di dati era debole ma
il Ministero riscontrò la richiesta, considerandola ammissibile, girò
il parere all'Ispra che lo ri-girò al comitato scientifico dei lupologi
e delle associazioni ambientaliste. Le motivazioni per il diniego
furono: 1) non sappiamo quanti lupi ci sono in Italia e quanti vengono
bracconati, quindi non conoscendo lo stato della popolazione non si può
azzardare alcun abbattimnento; 2) si urterebbe la sensibilità
dell'opinione pubblica. La seconda motivazione, sollevata in modo non
pertinente dalle associazioni all'interno del Comitato scientifico, non
aveva alcun valore perché la direttiva Habitat indica precise
condizioni per l'attivazione della deroga. Essa fa riferimento alla
gravità di danni procurati dal lupo e non tiene conto del tasso di
animal-ambientalismo della popolazione del paese membro. Anche la prima
era, a ben guardare, pretestuosa perché il Piemonte era, all'epoca,
l'unica regione con un monitoraggio (sia pure fatto per minimizzare il
mumero dei lupi dal Progetto lupo, l'antenato di WolfAlps).
Ma oggi, con un numero di lupi "ufficiali" che eccede largamente quello
indicato per una "buona conservazione" il Ministero potrebbe ancora
opporre dinieghi?
E' bene precisare, ad uso di coloro che ritengono che le regioni
orfinarie non possono attivare propr che il vecchio Piano lupo (2002)
non poteva non prender atto che:
Possibilità di deroga al
regime generale di protezione del lupo è prevista sia dalla normativa
nazionale (art. 19 della L. 157/92, art. 11 del DPR 357/97) sia
internazionalmente (art. 9 della Convenzione di berna, art 11 della
Direttiva Habitat). Il controllo selettivo del lupo è quindi già oggi
teoricamente possibile seppure con un iter autorizzativo complesso
(parere dell' Istituto nazionale per la fauna selvatica, delibera della
giunta regionale, autorizzazione del Ministero dell'ambiente, obbligo
di trasmissioni di periodiche relazioni alla Commissione europea).
Agli estensori del Piano lupo andrebbe ricordato che le normative non
prevedono possibilità "teoriche" altrimenti perderebbe di valore il
significato della norma stessa. Evidentemente chi scriveva lo faceva
con un retropensiero: "tanto siamo noi a dare un parere". A
proposito delle relazioni (biennali) da inviare alla Commissione
europea (quelle che invia la Francia che non è mai stata stoppata
nell'applicazione della sua politica arrivata a un prelievom del 20%
della popolazione stimata) è curioso ricordare che, nel 2011, quando
l'assessore Sacchetto chiese l'autorizzazione ad abbattimenti selettivi
(del tutto legittimamente) si scatenò la canea degli ambientalisti che
urlava che non si poteva toccare il lupo.
Il geometra Canavese, già allora "uomo forte" del Parco Alpi Marittime
si inventò un "nulla osta" della Commisisone europea. Non avendo letto
i testi legislativi operava di accesa fantasia immaginando un'Europa da
incubo in cui l'onnipotente Commissione (già che ci siamo chiamiamola
Grande Fratello) va ad autorizzare singoli atti amministrativi di
dettaglio.
Abbiamo quindi chiarito, diradando la cortina fumogena che l'animal-
ambientalismo ha creato in materia di lupo, animale sacro e
intoccabile, che diecvi anni fa come oggi, una giunta regionale ha il
diritto/dovere di predisporre una delibera che preveda un piano di
abbattimenti selettivi del lupo. Il resto è fuffa. Ma oggi
"ufficialmente" ci sono in Piemonte cinque volte i lupi che c'erano
quando Sacchetto inviò la sua richiesta.
Alla fine, se si tolgono l'autorizzazione Ministeriale e le Linee
guida, che comunque non possono ribaltare la normativa nazionale e
comunitaria, il controllo del lupo rientra nella previsione del'art.
19, comma 2 della Legge 157 del 1992 (Norme a protezione della fauna
selvatica omeoterna e per il prelievo venatorio): Le regioni, per la migliore gestione del
patrimonio zootecnico, per
la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica,
per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle
produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche,
provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle
zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente,
viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su
parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora
l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni
possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere
attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni
provinciali.
Il già citato DPR 357/97
chiarisce anche che compete alle regioni (e non a enti inventati come
WolfAlps) il monitoraggio del lupo.
DPR 357/97, art. 7, comma 1
Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base
delle linee guida di cui al comma precedente, disciplinano l'adozione
delle misure idonee a garantire la salvaguardia e il monitoraggio
dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di
interesse comunitario, con particolare attenzione a quelli
prioritari, dandone comunicazione ai Ministeri di cui al comma 1.
Leggi per abbattere i lupi?
Nonostante la disperazione degli ambiental-animalisti le
regioni a statuto speciale possono emanare leggi con oggetto
specifico il controllo dell'orso e del lupo (sentenza della Corte
costituzionale n. 215, 2019). Questa sentenza si basa sui poteri
statutari di regioni e provincie autonome ma non esclude che le
regioni a statuto ordinario possano emanare provvedimenti in materia.
Il Piano lupo già citato indicava nella DGR (delibera della giunta
regionale) lo strumento per attivare la richiesta di autorizzazione del
controlo e poi metterlo in pratica. Se è vero che mell'ambito
delle misure per il controllo della fauna selvatica le regioni
operano normalmente con delibere delle giunte regionali e relativi
regolamenti va rilevato che esistono casi di regioni che, per alcune
specie di particolare importanza, hanno adottato delle Leggi
regionali. La Regione Lombardia, stante la gravità del problema
del contenimento del cinghiale ha emanato la LR 19/2017 con regolamento
di gestione.
Il pessimo precedente del
Pacobace (attenzione alle trappole che il partito dell'orso dentro le
regioni tenta di tendere anche con il lupo)
Nel
caso dell'orso bruno sulle Alpi centro-orientali, le regioni, invece,
hanno
abdicato alle loro prerogative sottoscrivendo a scatola
chiusa un Protocollo, il Pacobace, già elaborato dagli "esperti" dal
Parco Adamello
Brenta (che con Life Ursus ha svolto lun ruolo analogo del Parco Alpi
Marittime con WolfAlps). Il Pacobace, un protocollo molto
garantista
per l'orso, venne adottato dalla Provincia di Trento e poi, dalle
succubi (grazie ai maneggi di funzionari e politici animalisti) regioni
Veneto e Lombardia. Nato nell'ambito di un parco e dei
rapporti con i parchi di altre regioni, il pacobace e tutta la
partita della gestione dell'orso sono rimaste in capo ai servizi
parchi delle regioni, sottratte alla “naturale” competenza delle
direzioni
agricoltura che in tutte le regioni hanno competenza sul controllo
della fauna selvatica stante la rilevanza del dei danni da essa
provocata alle produzioni agricole e agli allevamenti. Orso e lupo
non sono eccezioni ma in Veneto, Lombardia e Piemonte i grandi
carnivori sono stati “sequestrati” dalle strutture che hanno
competenza sulle materia aree protette e biodiversità in modo da
garantire la sicura tutela da parte di dirigenti e funzionari di fede
animal-ambientalista e sottrarre la gestione iperprotettiva di queste
specie alle pressioni esercitate dalle componenti agricole e
allevatoriali. Le
Provincia di Trento è un caso a sé perché i carnivori sono
competenza del servizio foreste e fauna che opera attraverso il
corpo forestali provinciali.
Come è facile rilevare le
attribuzioni alle componenti ambientaliste delle amministrazioni
regionali (e ai Parchi) sono frutto di discrezionalità politica, del
grande
attivismo delle lobby animal-ambientaliste cui fa riscontro la scarsa
incisività delle organizzazioni agricole e la disorganizzazione
delle categorie (pastori, allevatori di montagna, alpeggiatori) più
direttamente colpite dalla reintroduzione dei grandi carnivori.
Il
lupo è presente in tutte le regioni (tranne le isole finché non ci
racconteranno che possono attraversare il mare a nuoto). La gravità del
problema e l'attenzione prestata ad esso sono però molto difformi da
regione a regione. Regioni
come la Toscana e il Piemonte hanno popolazioni enormi di lupi e
impatti molto gravi sulle attività pastorali. In Toscana molti
allevatori ovini da latte hanno abbandonato l'allevamento al pascolo
per optare per quello stallino, abbandonando la pecora sarda e
adottando la lacaune, una “macchina da latte” frutto di selezione
genomica. In Piemonte le conseguenze non sono di minore portata:
chiusura di piccoli allevamenti, abbandono di alpeggi meno
difendibili, passaggio all'allevamento intensivo (con l'abbandono
della pecora langarola autoctona). Anche in Veneto la recente
espansione del lupo ha impattato pesantemente su una montagna ancora
popolata e con buoni patrimoni zootecnici, dove è diffuso (Lessinia,
Asiago, Bellunese) l'allevamento della vacca da latte. In Toscana,
Piemonte, Veneto vi sono state vivaci proteste degli allevatori
contro la perdurante politica di intoccabilità del lupo. Anche
l'allarme sociale è in crescita per la sempre più frequente
presenza dei lupi ai margini e sin dentro i centri abitati e per le
predazioni di animali domestici (anche d'affezione) sin nelle
pertinenze delle abitazioni.
Nel quadro di un accordo in sede di
conferenza stato regioni o anche di un accordo tra regioni alpine,
giustificato sulla carta (ma è un pericolo) dalla diversità diversità
della realtà appenninica, (che anche i lupisti più fanatici riconoscono
satura di lupi) e quella alpina , le regioni che non avvertono ancora
la
gravità del problema finirebbero per essere ancora troppo condizionate
dalla
pressione animal-ambientalista non controbilanciata, come in una
regione come il Piemonte dalle pressioni dalle
componenti agricole e valligiane. Inutile
sperare di trovare un accordo soddisfacente con l'insieme delle regioni
(anche se limitato all'arco alpino).
Le
norme vigenti, lo ribadiamo per l'ennesima volta, mettono a capo della
singola regione la responsabilità
del controllo della fauna, lupo compreso e sottrarvisi per le
altre regioni significa lasciar passare anni. Che ai politici possa
essere gradita una soluzione alla "così fa tutte", per diluire la
propria responsabilità e sottrarsi alle ire animaliste è comprensibile
ma è perdente.
Significa consentire un
deterioramento della situazione che può portare a conseguenze
irreversibili. Le
regioni hanno il dovere e non solo il diritto di riprendere in mano
la situazione. Sono esse, anche su questo punto e d'uopo ribadire, che
hanno la responsabilità del
monitoraggio (che hanno colpevolmente lasciato a WolfAlps). WolfAlps
non ha nessuna intenzione di produrre un monitoraggio utile a
supportare l'attuazione di un piano di controllo.
Le
regioni non solo devono attuare un monitoraggio che consenta di
valutare la presenza dei branchi sui territori in tempo reale (oggi
passano gli anni in attesa degli esami del Dna) ma devono attuare
anche il monitoraggio dei danni reali e delle modalità di attacco (oggi
per la maggior parte non denunciati per la macchinosità delle
procedure, i ritardi degli indennizzi, le indebite dissuasioni
operate da chi deve effettuare gli accertamenti delle predazioni).
Significa tenere nota della reiterazione degli attacchi sui medesimi
greggi/mandrie e nei medesimi areali dei branchi. Tenere nota degli
attacchi in presenza di dispositivi di difesa passiva. Solo elaborando
una messe dati sarà possibile inchiodare il Ministero, l'Ispra, i
lupologi. Tutto ciò WolfAlps non ha interesse a farlo e non l'ha
previsto.
Si tratta di attuare protocolli attuati normalmente in Francia dai
prefetti. Le moderne tecnologie aiutano enormemente ad acquisire e
gestire i dati georeferenziati e a costruire utili mappe ed
elaborazioni geostatistiche (anche se la semplice
sovrapposizioneo di presenza di branchi e predazioni) risulterebbe hià
molto informativa.
Tutto ciò in Italia non si fa perché la parte
animal-ambientalista, i parchi, i dirigenti regionali di fede
animal-ambientalista vi si oppongono. Senza dati le richieste di
autorizzazione al controllo numerico cadrebbero nel vuoto.
Ulteriore elemento
di analisi necessario per l'attuazione delle deroghe al regime di
super-prorezione del predatore è la dimostrazione dell'impossibilità
di attuazione in determinati ambiti geografici delle misure di difesa
passiva. Anche da questo punto di vista la Francia offer esempi
utili. Un decreto del 5 aprile 2019 ha definito l'area (su base
comunale) dove la protezione è difficoltosa (sia per motivi
topografici che per i sistemi e le strutture di pascolo). In queste
aree il controllo può essere effettuato anche se gli allevatori non
adottano le misure “passive” (cani, recinti, custodia). (qui
il decreto) Le
regioni (ci si rivolge a Piemonte e Veneto) non devono perdere
tempo. I monitoraggi previsti da WolfAlps sono inutili dal punto di
vista di un percorso di definizione di un protocollo regionale di
controllo e gestione di Canis lupus. Il nodo indennizzi e denuncie
deve essere sciolto in modo drastico (il Piemonte si sta muovendo),
servono strumenti e metodi (non previsti da WolfAlps) per relazionare
posizionamento branchi e attacchi e per quantificare i danni (diretti
e indiretti). L'elaborazione di rutti questi dati potrà consentire
di redigere piani annuali di controllo per provincia e sottoporli per
tempo al Ministero. In casi di diniego, in presenza di tutti i
requisiti previsti per l'attivazione della deroga da parte della
Direttiva Habitat, la regione dovrà essere pronta a impugnare l'atto
di diniego e trascinare il Ministero, se necessario, sino alla Corte
di giustizia europea.
(11/02/2021)
Istituiti nel 2019, uno per una farfalla, l'altro per il Bosso (la
comune pianta delle siepi), i SIC (varietà di area protetta) di Comba
di Castelmagno e del Vallone dell'Arma a Demonte ora diventano "aree di
protezione assoluta delle cucciolate di lupi" introducendo pesanti
vincoli che mettono una camicia di forza alle attività forestali,
pastorali, turistiche. Sotto il controllo (anche poliziesco) del Parco
Alpi Marittime (WolfAlps). I comuni hanno pochi giorni per poter
opporsi (chiamala democrazia)leggi
tutto
Loup e vourp. Il colpo alla nuca alla
montagna
(08/02/2021) Anna Arneodo torna a parlare di cultura alpina e di lupo.
Ripercorrendo le tappe della progressiva "resa" delle Terre alte.
Per esse il lupo è il colpo di grazia, sparato consapevolmente e
cinicamente, per quanto nascosto da spesse cortine di ipocrisia, a una
vittima già a terra. leggi
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Un
parco contro WolfAlps (29/01/2021) Mauro Deidier, neo
presidente del parco delle Alpi Cozie (Torino), parco partner di Wolf
Alps, ha scritto alla "centrale" del progetto-istituzione, il parco
delle Alpi Marittime, per manifestare il suo dissenso. Nella sua
circostanziata e densa lettera, rileva come Wolf Alps operi in modo
poco trasparente e impieghi una quota sostanziosa della pioggia di
milioni ricevuti per consulenze e comunicazione, una "comunicazione"
che viene effettuata, come loro stessi riconoscono, in forma di
manipolazione, anche dei bambini. Dall'articolo link alla lettera
integrale del dr. Deidier leggi
tutto
In
Piemonte il lupo è un problema sociale e politico (19/01/2021) Alcuni comuni e unioni
montane delle provincie di Torino e Cuneo chiamano in causa la
regione Piemonte in tema di lupo. Contestano la sua inerzia e
l'appiattimento sulle posizioni delle lobby animal-ambientaliste. Il
vice presidente Carosso risponde sostenendo che in Italia il lupo è
gestito bene, che ci sono poche predazioni e tutto andrà bene dopo che
saranno noti i risultati del censimento dei lupi orchestrato dal solito
Wolf Alps. Abdicazione della politica (come volevasi dimostrare)leggi
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I
danni del lupismo (21/12/2020) Due fatti di cronaca mettono
in evidenza come il lupismo rappresenti una patologia sociale con gravi
conseguenze. Dalla donna sbranata dai simil-lupi cecoslovacchi
(reincociati con il lupo?) alla fuga di sette lupi neri canadesi del
luna park del lupo francese al confine con la provincia di Cuneo leggi
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Si
allarga alla Valsesia il movimento NO LUPI (29.07.20) "O noi o i lupi".
WolfAlps - sempre più autority del lupo istituzionalizzata
- e Regione Piemonte sono stati contestati anche in Valsesia in nome
della resistenza rurale (dopo la protesta in Ossola di un mese fa).
Nessuna fiducia nell'opportunismo della politica e delle istituzioni.
Va intensificata la protesta per rompere la cappa di piombo di censura
e manipolazione leggi
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CAI:
che brutta figura (il lupo da alla testa) (19.07.20) Il GGC (gruppo grandi
carnivori del Cai) fiancheggiatore di WolfAlps, con il
"bando" per "allevatori virtuosi" (a favore della convivenza con
il lupo) ha rimediato una magra figura. Il bando ha raccolto solo
23 domande in tutta Italia. Non solo, ma il Cai ha fatto orecchio da
mercante quando Nina Liebhardt, una pastora
ossolana, ha rifiutato il premio per non prestarsi a una
strumentalizzazione contro i pastori. L'abbiamo intervistata
all'alpe Ratagina in val Agarina in questi giorni leggi
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