Ersaf Lombardia:
un mancato servizio alla montagna
Il
trasferimento del patrimonio di oltre 30 pascoli dall'Ersaf ai comuni è
la consegenza della mancata attivazione diattività
di supporto al complessivo sistema alpeggi regionale. Al di là
di buone iniziative isolate non è stata avviata alcuna iniziativa
sistematica di rete di "alpeggi modello", "scuole d'alpeggio",
sperimentazione.
E' prevalsa l'ottica di gestione corrente e quella ambientalista,
promuovendo riserve, SIC, ZPS, aree
natura 2000, fornendo supporto alla politica di reintroduzione dei
grandi predatori, promuovendo la colonizzazione ideologica,
simbolica e materiale della montagna da parte della cultura
ambientalista urbana. L'Ersaf, invece di fornire concreti servizi per
la salvaguardia del territorio di montagna, è arrivata anche - facendo
concorrenza sleale alle imprese - a eseguire manutenzioni del
verde pubblico in pianura. Non a caso gli unici a difendere
l'Ersaf sono
Legambiente e il PD, espressioni nettamente minoritarie della realtà
sociale della montagna lombarda. Che si stracciano le vesti
perché nel demanio
regionale, per pura opzione ideologica, non si poteva cacciare (per
pura impostazione ideologica) e ora si tornerà a farlo (e
perché Ersaf è, storicamente, il feudo della loro parte politica).
di Michele Corti
(08.08.20)
Le
polemiche di ferragosto non interessano nessuno. Tranne alcuni
addetti ai lavori. E' sintomatico che nella polemica suscitata
contro la Regione Lombardia dall'opposizione e dagli ambientalisti in
tema di cessione ai comuni degli alpeggi della regione Lombardia,
l'unico argomento che ha "fatto presa" è stato quello, del tutto
marginale,
dell'esercizio dell'attività venatoria. Della montagna dei
montanari non
interesse niente a nessuno, figuriamoci a loro.
Piangono
(ambientalisti e Pd) perché,
passando
le proprietà regionali ai comuni, cadrà il divieto di caccia. Un
divieto
senza alcun fondamento (gli alpeggi e i boschi del demanio regionale
sono uguali a tutti gli altri), che traeva motivo solo dall'aspirazione
ideologica ad aumentare il vitello d'oro (il feticcio ideologico) del "territorio
protetto".
Nell'attività
dell'Ersaf la visione ambientalista è stata largamente prevalente su
quella
agricola e rurale, sino ad arrivare alla fase recente in cui l'Ente,
ben lontano dagli scopi istitutivi si è fatto organo di propaganda
politico-ideologica (sotto un sottile velo di fraseologie
ambientaliste) della reintroduzione dei grandi predatori. Altro che
servizi per il mondo agricolo, ... servizi per metterlo in crisi.
Si estende il territorio "protetto", aumentano gli animali protetti, ma
dannosi e pericolosi, ma pastori, pascoli, animali domestici sono
tutt'altro che "protetti".
Del resto l'Ersaf è
l'erede dell'ARF, l'azienda
regionale delle foreste, che, a sua volta, aveva ereditato le proprie
attività del Corpo forestale dello stato quando erano passate alle
regioni. Questi enti forestali, come è noto, sono storicamente
improntati al forestalismo, una forma di politica e di ideologia
antirurale e statalista (anch'essa ammantata di pseudoscientificità)
che si è sposata con i totalitarismi e si è agevolmente riciclata, "aggiornata" e trasposta
nell'ambientalismo (e, oggi, nell'orsolupismo animal-ambientalista).
Diciamo
subito che il
trasferimento ai comuni è spesso una restituzione. Quindi ben
venga. Nel tempo, al CFS, e
poi al demanio regionale, erano passati in proprietà boschi e pascoli
che i comuni cedevano in cambio delle risorse per realizzare delle
opere pubbliche, per ripianare i passivi. In alcuni casi si trattava,
invece, di
proprietà scarsamente funzionali e organiche (risultato di
scorporamenti, di suddivisione tra ambiti a uso civico e di proprietà
pubblica) che all'ente pubblico sono state "sbolognate" da privati e di
enti pubblici nel contesto di oprazioni clientelari.
Malga Vesta
(Gargnano). Qui è stata realizzata un'area wilderness
Certo, se da parte dell'Ersaf ci fosse
stata più attenzione agli alpeggi, se fosse stato messo
in atto un piano alpeggi per valorizzare la proprietà regionale in
funzioni di progetti di sviluppo multifunzionale dei comprensori
d'alpeggio, poteva essere giustificato mantenere queste proprietà.
In
alcuni casi, grazie all'Ersaf, sono nati dei progetti comprensoriali
(vedi area vasta Valgrigna in Valcamonica). Alcuni alpeggi sono stati
comunque ben gestiti e hanno potuto essere sottratti ai fenomeni
speculativi (anche molti comuni, però, hanno respinto gli assalti
specultativi e quindi non è argomento decisivo). Non mancano,
però, nella storia recente della gestione degli alpeggi Ersaf esempi,
in negativo, di cattive gestioni (vedi il degrado - oggi per fortuna
rimediato -
dell'alpe Culino in Valgerola, vai a vedere).
Anche con riguardo agli interventi sui fabbricati va detto che, a
fianco di buone ristrutturazioni, ci sono stati, in ambito Ersaf, esempi pessimi (focolari collocate
nelle aree più fredde, cantine nelle aree più calde) e
"interventi di lusso", giustificati solo dal fatto che la Regione
(intesa come macchina burocratica) quando investe su sé stessa adotta
criteri da signorotto, ben diversi da quelli applicati quando approva i finanziamenti per miglioramenti a
privati e a comuni ("comuni mortali").
Alpeggi Ersaf: Malga Vaia di Bagolino
Purtroppo gli alpeggi
regionali non hanno giocato, quantomeno in modo convincente,
continuativo, organico,
quel ruolo di traino e di stimolo di iniziative per rilanciare
l'immagine e la funzione complessiva del sistema dell'alpeggio in Lombardia. Ci sono
stati dei progetti (Giralpeggi, Giralpeggi e rifugi, iniziative presso
le varie strutture) ma chi, da dentro e da fuori dell'ente, ha
spinto in queste direzioni si è scontrato con il muro di gomma di una
tecno-burocrazia autoreferenziale che, nella dimensione ambientalista,
ha trovato più congeniali forme di auto-finanziamento e
auto-legittimazione. Anche a fronte di recenti sollecitazioni da parte
della Regione (e dello stesso assessore) ad avviare iniziative in favore
degli alpeggi, l'Ersaf
non ha fornito risposte.
Alpe Bedero (Schignano, val d'Intelvi)
La montagna ha visto
nell'Ersaf un ente sempre meno impegnato a fornire servizi concreti.
Quanto bisogno ci sarebbe di interventi atti a migliorare l'assetto del
territorio e a prevenire dissesti, di formire esempi di buone pratiche
di conservazione e valorizzazione di elementi tipici e pregiati del
paesaggio montano (non solo in ambito di pascoli, anche di castagneti,
sistemazioni agrarie tradizionali, manufatti e opere d'arte
tradizionali di utilizzo e protezione delle superfici agroforestali),
di supportare i piccoli comuni. Ma da questo punto di vista l'Ersaf ha fatto sempre meno.
L'ente, pur avendo
molti compiti realmente agroforestali, in ottica
rurale, si è messo sempre più all'inseguimento, sia per ideologia che
per opportunismo pratico, di iniziative ambientaliste fumose ma,
proprio per questo, perché in linea con i diktat e i paroloni europei,
ben accette a Bruxelles (dove i nostri soldi non solo non ce li
restituiscono tutti ma ce li restituiscono per fare quello che dicono
loro). All'Ersaf il gioco andava bene, pur di avere finanziamenti per
il proprio auto-mantenimento. Chiamasi
dispotismo "democratico" (sic): man mano che le decisioni sono
demandate a lontane burocrtazie accessibili alle grosse lobby ma
inaccessibili agli interessi diffusi ma deboli, le decisioni sull'uso
delle risorse pubbliche sono sempre meno copntrollate da chi paga le
tasse.
In
più, invece di concentrarsi sulla montagna, dove i suoi servizi
potevano essere utili, l'ente si è dedicato largamente a discutibili
interventi
nelle aree di pianura. Non solo "sistemazioni" verdi e "forestazione
urbana", ma persino manutenzione del verde pubblico comunale in
concorrenza (il personale pararegionale ha gli stipendi assicurati) con le imprese private, perfettamente
in
grado (a differenza di realtà di montagna) di effettuare attività di
progettazione, realizzazione,
manutenzione, ma spiazzate in certi appalti.
Alpe Dosso Cavallo (Valgerola)
Quanto alle funzioni
di "promozione", ereditate dall' Ersal (Ersaf è frutto della
fusione tra Arf e Ersal), in anni recenti il ruolo in questo ambito si
è sempre più esaurito nella
funzione di passacarte. Ovvero nel girare contributi che la Regione
avrebbe benissimo potuto elargire direttamente (i doppioni servono anche a far lavorare meno la burocrazia).
Difendere
l'Ersaf
quindi è impresa ardua. La difendono solo quelle forze politiche che lo
considerano il proprio feudo. Va ricordato che, ai tempi del
centro-sinistra storico (che non va certo rimpianto), l'assessorato
all'agricoltura in Regione Lombardia era
assegnato, per legge non scritta, alla
Coldiretti. Al Psi e ai
"laici" (Pri e Psdi) erano concesse, per contrappeso del manuale
Cencelli, l'Arf e
l'Ersal. L'Arf, negli anni '70-'80 era una discreta macchina di
voti ed era appannaggio del partito socialista. Allora i cantieri
forestali assumevano parecchi operai. Una Calabria in miniatura (al
Nord è rimasta la Valle d'Aosta a tenere in vita il modello). Poi di
cantieri e vivai forestali non c'è stato più bisogno perché i boschi
sono dilagati da soli. Pochi hanno il coraggio di dire che i
rimboschimenti con essenze esotiche o comunque non adatte hanno
rappresentato soldi buttati al vento. Non solo: al contrario delle
buche scavate in terra di keynesiana memoria, che almeno vengono
scavate
e riempite per giustificare i lavori "socialmente utili" (sic), i
rimboschimenti CFS e ARF - realizzati con criteri antiecologici (comodo
oggi lavare la coscienza sporca con orsi e lupi) hanno fatto spesso
gravi danni ambientali
(incendi, frane, bostrico ecc.). Finita l'era dei cantieri l'Ersaf, con
ormai pochissimo
personale con mansioni
manuali, si è trovata qualche anno fa (poi si è sgonfiata per i
pensionamenti) ad avere la bellezza di 20 dirigenti (frutto di una
"infornata" di sessantottini che hanno trovato confortevole
sistemazione).
Alpe Piotti (ai Corni di Canzo)
Tenere l'Ersaf così com'è è
fuori dalle opzioni decentemente possibili (se la Regione vuole mantenere un
minimo di credibilità). Il punto è se attuare una radicale
riforma (abbandono delle funzioni surrettizie, snellimento e
restringimento dell'attività alla prestazione di concreti servizi per
la montagna) o lasciare che si attui un ridimensionamento per
esaurimento, in assenza di scelte precise ed esplicite (la tattica più
facile, con minori costi politici, ma meno seria)
Su
tutta la partita, più
che Legambiente e il Pd, dovrebbero intervenire i comuni di
montagna, i veri portatori di interessi (purtroppo dispersi e senza
voce). Se qualcuno avesse
voglia di
partecipare al dibattito (che non è certo senza interesse anche se è
ferragosto) può mandarci le proprie considerazioni. Intanto, sul tema,
pubblichiamo volentieri una lettera firmata pervenutaci.
Casera Azzaredo (Mezzoldo)
riceviamo e pubblichiamo
Egregio Professore Michele Corti
Ho letto sul sito Ruralpini lo scritto a Sua firma a titolo” Ersaf Lombardia: un mancato servizio alla montagna”.
Le
Sue affermazioni in merito alla attività svolta da ERSAF per le alpi di
Lombardia in questi anni, denotano, a mio avviso, una scarsa
informazione e pur dando per scontata la buona fede, se considerate
come vere possono portare a qualunque conclusione di proprio
gradimento. (Ex falso quodlibet, ovvero da premesse sbagliate si può
dedurre qualunque cosa dicevano i romani). La premessa è già
fuorviante quando afferma che ” Il trasferimento del patrimonio di
oltre 30 pascoli dall'Ersaf ai comuni è la conseguenza della mancata
attivazione di attività di supporto al complessivo sistema alpeggi
regionale.” In qualità di dirigente dell’Ente, direttamente preposto
alla gestione delle alpi/malghe di R.L. dalla istituzione di ERSAF fino
a tutto il 2016 e indirettamente fino al 2019, Le elenco brevemente le
attività più salienti realizzate da ERSAF nella costante ricerca della
riqualificazione delle alpi/ malghe di proprietà regionale e dei comuni
lombardi: - tra il 2000 e il 2001 la DG Agricoltura in
collaborazione con ERSAF e le Comunità Montane ha realizzato il sistema
informativo (SIALP), che aveva come base conoscitiva la rilevazione
delle malghe e delle aziende conferenti il bestiame; -con decreto 22
dicembre 2003 è stata approvata la modulistica per l’affitto e la
gestione delle malghe di proprietà pubblica valorizzando anche la
sperimentazione di ERSAF nella concessione delle malghe Regionali; -con
deliberazione della G.R n. 16156 del 30 gennaio 2004 la Giunta
Regionale approvava il Piano Regionale degli Alpeggi al quale ERSAF ha
dato il proprio contributo; - nel 2006 è stato redatto il piano
degli alpeggi di proprietà regionale in gestione ad ERSAF dove, tra
l’altro sono state previste azioni di sistema tra le quali la
formazione di comprensori pascolivi raggruppanti più alpeggi, con
malghe sia di proprietà pubblica che privata, nel contesto di una
attività economica allargata anche alle realtà turistiche del
territorio. - nel 2011 ERSAF ha partecipato attivamente al Gruppo
tecnico per la definizione del profilo professionale di Operatore e
casaro di alpeggio, successivamente approvato dalla competente DG; -per
stimolare negli alpeggiatori maggior consapevolezza del loro ruolo di
produttori di prodotti “identitari” di manutentori ambientali e di
custodi della cultura del territorio nel 2017 ERSAF ha pubblicato e
diffuso il “Manuale per gli alpeggi”
- dal 2003 al 2018 la
costante sperimentazione di nuove modalità di concessione delle alpi e
malghe regionali avendo come obiettivo prioritario il miglioramento
della qualità della gestione ed i numerosi incontri tra i tecnici
dell’ERSAF, di Regione Lombardia e delle Comunità Montane hanno portato
ad un graduale miglioramento delle procedure di concessione che nel
frattempo sono state largamente mutuate da numerosi comuni;
-
nel periodo, oltre al monitoraggio annuale del carico di bestiame
monticato sulle varie alpi/malghe di proprietà regionale sono stati
pubblicati diversi report sui risultati gestionali; - con decreto di
R.L. n° 3341 del 13/03/2019 è stata approvata la nuova modulistica per
la concessione delle alpi/malghe, alla quale ERSAF ha dato un apporto
non secondario; - con DGR n° XI /1209 del 4.02.2019 sono state
approvate le “Linee guida per la gestione delle malghe e l’esercizio
dell’attività d’alpeggio” in attuazione dell’art. 24 ter della l.r. n.
31 del 5.12.2008, predisposte da ERSAF in collaborazione con il
corrispondente dirigente della DG Agricoltura e basate sulla esperienza
pluriennale maturata dal confronto con una molteplicità di operatori
d’alpeggio; - nel 2019 la DG agricoltura ha affidato a ERSAF la
realizzazione dell’Osservatorio Regionale degli alpeggi e il
monitoraggio della gestione delle malghe di Lombardia in relazione
all’attuazione delle Linee guida per la gestione delle malghe per l’esercizio delle attività d’alpeggio ; -
nel dicembre 2019 sono stati presentati i piani di pascolamento
sperimentali riguardanti 10 alpi rappresentative delle varie realtà
pascolive lombarde, delle quali 5 di proprietà regionale e 5 dei comuni. -
nel febbraio 2020 è stato consegnato il “Piano integrato di gestione e
valorizzazione delle malghe del Comprensorio “Pizzo Arera” predisposto
da ERSAF a seguito d’incarico della DG Territorio, Urbanistica e Difesa
del Suolo, di concerto con la Direzione Generale Agricoltura. Tale
piano costituisce la prima sperimentazione in Regione Lombardia del
“Piano comprensoriale degli alpeggi” previsto dal Piano Regionale degli
alpeggi. - Nel giugno 2020 ERSAF ha pubblicato il primo Rapporto
sugli alpeggi in Lombardia con riferimento alla stagione di pascolo
2019.
In questo lungo periodo, contrariamente alla Sua
affermazione “Al di là di buone iniziative isolate non è stata avviata
alcuna iniziativa sistematica di rete di "alpeggi modello", "scuole
d'alpeggio", sperimentazione”, le attività di ERSAF nel settore degli
alpeggi hanno costituito un costante riferimento per gli alpeggiatori
più “illuminati” che hanno fruito dei numerosi corsi di formazione per
operatore casaro d’alpeggio tenutisi a cura di ERSAF in varie località
montane della Lombardia, nonchè dei risultati della sperimentazione di
nuove produzioni casearie, di sistemi migliorativi di lavorazione e di
difesa del bestiame dai predatori.
Non è mancato per altro
l’avvio di un’embrionale rete degli alpeggiatori di Lombardia con il
coinvolgimento dei concessionari delle alpi/malghe regionali in
incontri annuali e nella promozione del marchio “Prodotto di montagna”.
Gli
incontri ed i confronti con gli alpeggiatori ed i tecnici ERSAF hanno
consentito di disseminare nuovi stimoli per il rinnovamento
dell’attività d’alpeggio e di cogliere le non trascurabili difficoltà
che frenano lo sviluppo del settore e l’ampliamento della rete,
particolarmente il tradizionale individualismo degli alpeggiatori e
soprattutto l’indifferenza di gran parte dei comuni proprietari di
alpi/malghe il cui obiettivo primario se non esclusivo (data anche
l’attuale situazione economica), è quello del canone.
Per ciò
che precede la Sua affermazione “Certo, se da parte dell'Ersaf ci fosse
stata più attenzione agli alpeggi, se fosse stato messo in atto un
piano alpeggi per valorizzare la proprietà regionale in funzioni di
progetti di sviluppo multifunzionale dei comprensori d'alpeggio, poteva
essere giustificato mantenere queste proprietà” la ritengo infondata
anche se mitigata dalla frase “In alcuni casi, grazie all'Ersaf, sono
nati dei progetti comprensoriali (vedi area vasta Valgrigna in
Valcamonica). Alcuni alpeggi sono stati comunque ben gestiti e hanno potuto essere sottratti ai fenomeni speculativi “
Quanto
alle Sue seguenti affermazioni: “Non mancano, però, nella storia
recente della gestione degli alpeggi Ersaf esempi, in negativo, di
cattive gestioni (vedi il degrado - oggi per fortuna rimediato -
dell'alpe Culino in Valgerola, vai a vedere). Anche con riguardo agli
interventi sui fabbricati va detto che, a fianco di buone
ristrutturazioni, ci sono stati, in ambito Ersaf, esempi pessimi
(focolari collocate nelle aree più fredde, cantine nelle aree più
calde) e "interventi di lusso", giustificati solo dal fatto che la
Regione (intesa come macchina burocratica) quando investe su sé stessa
adotta criteri da signorotto, ben diversi da quelli applicati quando
approva i finanziamenti per miglioramenti a privati e a comuni ("comuni
mortali"), posto che a tutti quelli che operano nel concreto qualche
errore può scappare, esprimere ed enfatizzare senza alcun preventivo
confronto giudizi soggettivi negativi sui risultati dei lavori e sui
soldi pubblici spesi è rischiare di gettare fango, ignorando, per
altro, che i bandi regionali che fin ora hanno finanziato i vari
interventi non hanno mai fatto un distinguo tra proprietà regionali e
comunali; caso mai in alcune occasioni hanno escluso la possibilità per ERSAF di accedere a finanziamenti.
Alla
luce di quanto Le ho sinteticamente illustrato, la Sua conclusione:
“Purtroppo gli alpeggi regionali non hanno giocato, quantomeno in modo
convincente, continuativo, organico, quel ruolo di traino e di stimolo
di iniziative per rilanciare l'immagine e la funzione complessiva del
sistema dell'alpeggio in Lombardia”, conferma ulteriormente come da
una premessa sbagliata non possono che derivare conseguenze perniciose.
Certamente
ciascuno di noi ha diritto alle proprie opinioni ma nel rispetto della
verità, solo così si può fare un passo avanti senza precipitare nel
caos. La realtà sempre più fragile della montagna non ha bisogno di
polemiche che contribuiscono alla ulteriore frammentazione ed
all’individualismo, ma di fatti concreti, anche piccoli, che stimolano
collaborazione e senso di comunità, che rafforzano una visione
identitaria, che consentano di traguardare modelli di sviluppo alternativi e possibili di lungo respiro, all’insegna del benessere collettivo ed individuale. Ruralpini
in diversi casi ha centrato questo obiettivo, spero continui su questa
strada. Cogliendo il Suo invito a partecipare al dibattito
sull’argomento in oggetto, Le sarò grato se vorrà pubblicare questa
lettera sul Sito Ruralpini.
Cordiali saluti Biagio Piccardi Dirigente ERSAF a riposo
.
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