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Tra
falsi risparmi e veri sprechi
(come
la politica persegue lo spopolamento montano)
Si
chiudono gli asili e si fondono i comuni "per risparmiare", minando i
presupposti della "tenuta" delle comunità e dilapidando il capitale
umano. Poi si sprecano milionate in
opere faraoniche, frutto della gestione clientelare e di prestigio
della politica locale. Le piccole opere utili, che premiano interessi
diffusi, che contrastano lo spopolamento sono snobbate. Il caso
esemplare (in negativo) di come il comune di Breno ha investito in
grandi opere ben sei milioni del fondo per i comuni di confine (con il
Trentino)
I ruderi imponenti e suggestivi della rocca di Breno. Prima di perdere
la sua funzione militare, nel XVI secolo, quest'opera aveva
conosciuto più di un assedio al tempo delle lotte tra Milano e Venezia
, intrecciate alle sollevazioni camune contro il potere imposto da
Brescia (sostenuta dai veneziani) sulla valle. Oggi il castello è
protagonista - suo malgrado - di una telenevela delle grandi opere
inutili: un milione di euro per un ascensore il cui cantiere è fermo
per difficoltà tecniche e burocratiche, e intanto produce danni.
Un triste apologo.
di Michele Corti
(05.01.20)
A Breno, "capitale" storica della Valcamonica e tutt'oggi sedi di
uffici pubblici (anche se tribunale e ospedale sono stati chiusi da
tempo), va in onda da diversi anni la telenovela di alcuni grandi
cantieri inutili, dei cantieri interminabili, di interventi che hanno
già prodotto danni prima ancora di essere realizzati. Interventi voluti
dalla precedente giunta del sindaco Farisoglio e ora portati avanti
(con difficoltà, varianti in opera e qualche imbarazzo non confessato)
dalla giunta attuale guidata da quello che era il vice di Farisoglio,
Panteghini. Va spiegato che in Valcamonica il Pd, Lega e Forza Italia
vanno a braccetto in nome di un "compromesso storico" che sa più di
"patto
scellerato" per la gestione del potere locale. Un
compromesso che vede la sinistra, invisa a livello di opinione
popolare, attaccarsi agli strumenti clientelari mentre la Lega
preferisce scendere a patti con i centri di potere locali.
Farisoglio (Pd) era sostenuto da Lega e Forza Italia. Non è un
caso perché lo stesso equilibrio vale in valle per la Comunità Montana
(della quale Farisoglio è ora presidente). Va tenuto presente che la
politica
locale camuna è molto più simile alle dinamiche del Sud Italia che a
quelle della Lombardia. Una regressione politica e civile - culminata
in epoca democristiana - seguita allo svuotamento, da parte dei vari
regimi, delle antiche libertà e autonomie e delle forme di autogoverno
incarnate dalle vicinie. Un altra premessa necessaria riguarda il Fondo
per i comuni che confinano con le provincie autonome di Trento e
Bolzano. Un fondo alimentato con 40 milioni annui da ciascuna delle due
provincie, un prezzo pagato per mettere a tacere le imbarazzanti
richieste di annessione al Trentino che molti comuni lombardi e veneti
avevano avanzato negli anni. Una soluzione che "monetizza" il disagio
delle aree venete e lombarde di confine dove, da anni, è in atto una
fuga di aziende verso la Provincia autonoma di Trento. Una soluzione
che fa contenta la "classe politica" locale ma non agisce realmente
nel ridurre la penalizzazione di essere "dalla parte sbagliata del
confine".
Paroloni senza riscontro
con la realtà
Il 15 novembre scorso a Roma vi è stata una riunione sul tema del Fondo
per i comuni confinanti e limitrofi (ovvero confinanti con i
confinanti). C'erano Boccia, ministro per gli affari regionali,
Fugatti, presidente della provincia autonoma di Trento, Parolo,
delegato per la montagna della regione Lombardia nonché il presidente
del comitato paritetico di gestione De Menech. Nell'occasione i
paroloni si sono
sprecati. Il ministro ha sostenuto che dalla sua istituzione, nel 2009,
il Fondo ha dimostrato di rappresentare un
valido sostegno soprattutto per le piccole comunità, aiutandole a
mantenere il proprio radicamento sul territorio, attraverso la
realizzazione di infrastrutture o l'accesso a servizi di primaria
necessità. Fugatti dichiarato nell'occasione a proposito del
Fondo: "Se esso ha agevolato il mantenimento delle popolazioni
che ne hanno
beneficiato sulle proprie terre il Trentino
continuerà a sostenerlo. E' importante considerare che gli interventi
realizzati possono e debbono andare a beneficio di tutti i soggetti
coinvolti, soprattutto nelle zone di montagna, correggendo situazioni
di disequilibrio e prevenendo eventuali conflittualità territoriali che
metterebbero in dubbio la valenza equilibratrice del programma. Occorre
poi fare in modo che i progetti siano portati a termine in tempi
ragionevoli per dare ai territori le risposte anche economiche che
aspettano. Una montagna abitata e ben mantenuta, infatti, è un
patrimonio collettivo, a prescindere dai confini". Si prega
tenere a mente le parole chiave: "tempi ragionevoli", "montagna
abitata", "radicamento sul territorio", "servizi di prima necessità".
Opere faraoniche
Breno: sotto piazza Mercato spunta uno scheletro di 3.000
anni fa
„Dopo aver minacciato la "secessione dalla Lombardia",
una "secessione" che, come ammesso anche dall'interessato, non aveva
alcun altra giustificazione che l'accesso alla condizione privilegiata
dell'autonomia trentina, l'ex sindaco di Breno aveva fatto rientrare
subito la "minaccia" a fronte dei sei milioni piovuti dal cielo con il
Fondo di cui sopra. Un assist insperato. Così l'amministrazione è
rimasta assorbita dalla realizzazione
di una serie di opere faraoniche che hanno
vincolato anche quella a essa subentrata. Il tris di opere comprendeva
il
rifacimento di Piazza Ronchi (piazza del mercato) con un parcheggio
sotterraneo, una mega
piscina olimpionica (dal costo lievitato da 2,7 a 3,4 milioni di euro),
un ascensore-mini funicolare per la salita al castello (1 milione di
euro). Delle tre opere la meno assurda è il rifacimento della
piazza (1,2 milioni) . La sistemazione della piazza (lo scavo dei parcheggi sotterranei)
ha però comportato un cantiere interminabile perché a Breno la storia (e la
preistoria) sono un'eredità importante, sebbene non molto valorizzata e
rispettata. Così quando la Soprintendenza ha iniziato le sue
prospezioni ha ritrovato reperti di vario tipo dell'età del bronzo e
uno scheletro dell'età del ferro e poi resti di muri e di selciature
stradali. I lavori hanno così subito uno stop.
I lavori per la "riqualificazione" della piazza del mercato a Breno
Molto peggio stanno andando le cose con l'
"ascensore". Un progetto nato male. Esso ha incontrato e incontra molti
ostacoli tecnici e burocratici. L’Ufficio speciale impianti fissi del
Ministero dei trasporti ha richiesto delle modifiche, gli uffici si
sono rimpallati carte tra Milano e Roma.
Nell'estate del 2016 veniva annunciato che l'ascensore sarebbe stato
pronto entro un anno, per la stagione turistica 2017. Ora nessuno
scommette su quella 2010. Un bell'esempio di leggerezza
nell'investire risorse "piovute dal cielo" che avrebbero potuto essere
impegate per obiettivi meno di prestigio, meno suscettibili di grandi
giri di denaro ma più utili alla vivibilità locale.
Di certo l'opera va a impattare su rocce fragili (che hanno
comportato gli interventi di consolidamento dei rocciatori) e manufatti
vincolati dalla soprintendenza imponendo - anche a seguito di modifica
del tracciato originario - soluzioni poco convenzionali che hanno
sollevato le perplessità degli uffici del ministero dei trasporti.
Intanto il cantiere fermo provoca cadute di fango e detriti che possono
minacciare edifici sottostanti e manufatti storici. Molti si sono
chiesti se per valorizzare il castello non fosse meglio investire
altrimenti, ovvero in allestimenti museali e informativa turistica
(oltre che in servizi per i cittadini, decoro urbano, "piccole opere").
I critici della politica "faraonica" fanno anche notare, restando sul
terreno del turismo e delle cultura, come il museo di Breno che
ospita, in una dimora storica di epoca tardo quattrocentesca, importanti
opere pittoriche è stato lasciato per anni senza fondi per realizzare i
necessari restauri conservativi di opere di grande pregio
(Romanino,
Callisto Piazza).
Il fianco della rocca con indicato il punto di risalita dell'ascensore.
Un impatto sicuramente non indifferente anche solo dal punto di vista
prospettico
A suo tempo il "Palazzo della cultura" ha catalizzato forti
investimenti, ma quando si tratta di fare manutenzione, conservare in
efficienza, operare spese che non provocano titoli di giornali e
lucrosi appalti, allora un certo tipo di politica, poco sollecita per
il bene comune, molto lontana dalla serietà del buon padre di famiglia,
si tira indietro (anche se le spese sono di ordini di grandezza
inferiori).
La crocefissione del Romanino al Museo di Breno
Ma chi garantisce che l'ascensore e la piscina olimpionica da 3,4
milioni di euro al momento delle future necessarie manutenzioni non
subiranno il degrado? E inoltre: se i fondi per le grandi opere pescano
da risorse "aggiuntive" così non sarà per le spese di funzionamento.
Come è noto più le opere sono faraoniche più costa mantenerle in
efficienza e sicurezza. Purtroppo c'è chi si fa bello con le
realizzazioni lasciando in eredità le spese. Si potrebbe
aggiungere che, dopo qualche critica iniziale, Legambiente, come sempre
succede quando le iniziative provengono dalla parte politica
amica, ha messo il silenziatore.
Popolazione in calo
Pur rappresentando un comune che aveva superato i 5 mila abitanti, pur
rapresentando un centro di servizi, una "capitale dello shopping",
Breno, dal 2008 sta perdendo
popolazione, perde giovani famiglie come succede nei piccoli centri di
montagna. Ci sarebbe da interrogarsi su questa tendenza e da calibrare
le politiche per contrastare il declino demografico invece che
lanciarsi in grandi opere.
Le grandi opere non aiutano le
famiglie. La difesa potrebbe però obiettare che l'ascensore, il
parcheggio
sotterraneo, la piscina attirano turismo e, indirettamente, creano
condizioni per frenare il declino. Ma basterebbe l'esempio del
Museo per chiarire che una politica per la cultura e il turismo non è
la priorità della politica locale. Il turismo in Valcamonica, come in
Valtellina, è concepito solo in funzione delle ski area, ovvero in
funzione degli impianti di Pontedilegno- Tonale. Essi, a loro volta,
sono concepiti in funzione dei valori immobiliari, delle seconde-case
più che in funzione dell'ospitalità diffusa. La Valcamonica ha, invece,
risorse turistiche molto più preziose del circo bianco. Ci si dimentica
che le incisioni rupesti camune sono state il primo, meritatissimo,
sito Unesco italiano nel 1979. Meritatissimo perchè al mondo non esiste
un'area con così tanti siti incisi, con centinaia di migliaia di
incisioni e, soprattutto, con un arco temporale così lungo
(dall'epipaleolitico el medioevo). Oltre a molti altri siti ci sono
otto parchi attrezzati per le visite ma, il turismo indotto - che
portava un buon flusso sino a qualche anno fa - è scemato. Valcamonica
significa anche una lunga serie di edifici religiosi monumentali, dalla
romanica Pieve di San Siro a Capo di Ponte alle chiese del centro valle
con cicli pittorici del Romanino e Giovanni Pietro da Cemmo a Esine e
Bienno al santuario di Cerveno con le straordinarie 198 statue lignee a
grandezza naturale.
Vi è poi tutta una serie di tradizioni e di riti che si sono conservati
spontaneamente e rappresentano altrettanti patrimoni culturali. Anche
il turismo eno-gastronomico potrebbe disporre di importanti risorse. Se
qualche progresso è stato fatto nell'ambito della ripresa delle
viticoltura poco è stato fatto per assecondare la ripresa della
castanicoltura, nulla per valorizzare veri e propri giacimenti
gastronomici a base di carne ovina come il cuz e la bèrgna (che
richiederebbero iniziative in ambito della trasformazione artigianale
per fornire la ristorazione con prodotti semi-elaborati). L'amara
considerazione, che tutti possono verificare interpellando gestori di
alberghi e strutture para-alberghiere è che il turismo camuno langue.
Cosa servono allora ascensori e piscine olimpioniche?
Ricette diverse
Le scelte locali, in modo non dissimile da altre valli alpine lombarde,
hanno privilegiato i centri commerciali e il turismo della neve. La
politica dei centri commerciali e dei discount è stata seguita
pesantemente anche a Breno secondo il "modello Valtellina", un modello
che, chiudendo i negozi di prossimità dei centri più piccoli, ha
parecchio contribuito - insieme alla chiusura delle scuole, anche
quando i bambini ci sono - a favorire l'esodo a valle della
popolazione. A Breno c'è una concentrazione di discount parossistica,
una vera e propria colonizzazone di marchi tedeschi e di cinesi. Una politica di "porte spalancate" che porta profitti a gruppi esteri e
sostituisce con posti - per lo più poco qualificati - quelli nel lavoro
autonomo nel commercio di prossimità. Breno riceve traffico, perde
negozi (come altri paesi vicini), il comune incassa imposte.
Gli interventi di riqualificazione dei centri storici sono stati
attuati in modo non sistematico (dove, per esempio c'erano ingenti
risorse dalle concesisoni idroelettriche); l'espansione edilizia
(residenziale e commerciale) avviene ancora con spreco evitabile di
territorio, a differenza del Trentino le strade del fondovalle
continuano a essere deturpate da una giungla di cartelli pubblicitari e
di insegne sguaiate e incongrue con il contesto montano. La cura del
paesaggio, sempre confrontata al Trentino - per non parlare della
Svizzera -, mostra evidenti segni di trascuratezza. Non servirebbero
ingenti investimenti per aumentare il decoro urbano (e rurale), per il
recupero abitativo dei centri storici concedendo condizioni particolari
per l'insediamento di nuove famiglie con figli piccoli, per gli asili,
per tutti quegli interventi che migliorano la qualità della vita e
trattengono le famiglie o ne attirano di nuove. Su alcune di queste
voci vi sono anche bandi regionali. Ma si fa troppo poco. Perché troppi
amministratori sono concentrati su altro.
Potrebbe
interessarti: http://www.bresciatoday.it/attualita/breno-scheletro-piazza-ronchi.html
Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/BresciaToday/201440466543150
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contatti:redazione@ruralpini.it
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