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Inforegioni/Quando le Biellesi sono da latte

 

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(01.05.11) Ivan Monnet un pastore della Val Pellice che continua la tradizione di famiglia praticando una 'piccola transumanza' tra la zona pedemontana, il paese (Villar Pellice) e l'alpe (Bergerie Giulian). Il tutto all'insegna dell'uso combinato di latte bovino, ovino e caprinoo

 

Una tradizione di 'piccola transumanza' che continua

Storie di giovani pastori: Ivan 26 anni

di Michele Corti

In Val Pellice la pastorizia rappresenta una realtà radicata e legata ad antiche tradizioni casearie. Da qui deriva il Seirass el fen  Ivan Monnet in inverno lo produce a partire da latte misto di mucca e di pecora Biellese. Ma non è da carne? Ivan la munge, ma anche i vecchi pastori biellesi lo facevano. Ed anche i bergamaschi

 

Qualcuno ha definito la scienza una struttura di conoscenza ma anche di ignoranza. Sì perché l'autoritas di tipo religioso di cui gode la conoscenza scientifica ha il potere di negare l'esistenza stessa di forme di sapere diverse ma persino di cancellare I fatti stessi qualora non rientrino nei suoi schemi. Il paradigma della 'specializzazione produttiva', legato alle esigenze tutt'altro che 'socialmente neutre' del capitalismo industriale ha comportato l'applicazione di categorie conoscitive e di 'classificazioni scientifiche' ad esso funzionali. Una razza è 'da carne' o 'da latte'. La vacca Piemontese è 'da carne' e guai a dire ai dirigenti ed esperti della razza che se la gente continua a mungerla forse è anche da latte. La pecora Biellese (Bergamasco-Biellese per essere più aderenti ad una realtà di secolari scambi di arieti) "è da carne". Eppure alle sue origini era certo più importante per il latte che per la carne (anche se la produzione principale era la lana).

 

 

La famosa miniatura del sec. XIV di cui sopra (di ambiente padano-lombardo) illustra l'attività dei pastori che transumavano tra le valli e la pianura. Sino a quell'epoca la produzione casearia della bassa Lombardia era basata sui prodotti dei pastori. Le prime aziende irrigue sorgono nel XIII secolo e bisognerà aspettare ancora due secoli perché nella pianura tra Ticino e Adda inizi a svilupparsi una significativa produzuzione di latticini di solo latte vaccino (in gran parte legata a mandriani transumanti. Che i pastori transumanti mungessero le pecore Bergamasche secoli dopo è confermato da documenti di pastori  che registravano la quantità di latte e di formaggio prodotto dalle pecore affidate loro dai diversi proprietari (è il caso di Omobono Zuelli un pastore di pezo di Ponte di Legno in alta Valle Camonica a cavallo tra '700 e '800). É solo da pochi decenni che i pastori bergamaschi hanno rinunciato a produrre per autoconsumo formaggelle di puro latte di pecora Bergamasca.

Ma le razze sono realtà plastiche, dinamiche. Se la selezione è in mano ai pastori c'è sempre la possibiltà di adattare la razza alle nuove esigenze. Da qualche anno un gregge bresciano munge le proprie Bergamasco-Bresciane (le definiamo così quando nei greggi sono diffuse 'moschettature' e altre pigmentazioni che la 'pura Bergamasca non contempla). Il guaio è quando le razze sono in mano ai 'tecnici' che si fissano su l'ideale della 'specializzazione' imposto dalla zootecnia industrializzata. La Bergamasca non è fortunatamente diventata una razza superspecializzata solo grazie al buon senso dei pastori che hanno sempre rifiutato gli arieti 'selezionati' prodotti dal Centro di razza dove 'vinceva' chi ingrassava di più tirato su a mangimi e fieno (protetto dalle intemperie in stalla e senza mai camminare). Per fortuna che i pastori sono più intelligenti degli 'scienziati'.

Ma il dogma della 'razza da carne' è duro a morire e, a dire che una volta la Bergamasca era munta e che potrebbe tornare ad esserlo, ti trattano da 'eretico' o da rimbambito.

 

 

Con queste premesse potrete capire con quanto interesse sono andato a documentare il gregge di Biellesi da latte di Ivan Monnet, un giovane pastore di 26 anni della Valle Pellice.

Il gregge di Ivan è interessante anche perché è un esempio di 'piccola transumanza' fortemente legata alla produzione di latte (e di latticini tradizionali). In inverno il gregge è mantenuto nella zona pedemontana dove il Pellice sbocca in pianura (nei pressi di Bricherasio). Il giovane pastore si appoggia su una piccola cascinetta persa in affitto dove si lavora il latte, si vendono i prodotti e si ricoverano in caso di necessità parte delle pecore. Si resta in pianura sino ai primi di maggio. Poi si risale a Villar Pellice dove c'è la sede aziendale (e restano le mucche anche in inverno) e i estate alla Bergerie Giulian in alta valle. In estate le pecore non sono munte. Sarebbe troppo difficoltoso tenuto conto anche dei problemi di gestione indotto dalla presenza del lupo. Al posto del latte ovino in estate si utilizza (sempre mescolandolo a quello vaccino) il latte delle capre che alcuni piccoli allevatori danno a 'guardia' a Ivan e famigliari. In pianura vengono utilizzati prati e pioppeti come quello delle foto. La fortuna è che non vengono diserbati. Quando non pascolate le fasce erbose tra le file dei pioppi vengono 'trinciate'. I problemi con i diserbanti, però, ci sono sempre perché in aprile i campi di mais vengono irrorati e bisogna fare attenzione a non transitare con il gregge lungo i loro bordi.

 

 

Una volta predisposta la 'sala di attesa' Ivan apre il recinto dove le pecore hanno pascolato durante la mattina. Sono sazie perché il pastore - vedebdo che il tempo era cattivo - ha preferito lasciare loro una parcella 'generosa' ("meglio lasciarle sprecare, ma quando fa brutto devono essere con la pancia piena altrimenti in mungitura fanno tribolare").

 

 

Le pecore sono molto disciplinate e si trasferiscono rapidamente da un recinto all'altro. Il piccolo cane da conduzione si da da fare abbaianco e correndo qua e là per incitare le ritardatarie ma lo fa più che altro per far vedere che fa il suo dovere. L'altro cane, un Maremmano apparentemente docilissimo, asseconda il compagno in silenzio (il suo 'dovere' è un altro ...). Una volta che tutte le pecore sono all'interno del recinto di mungitura Ivan richiude il lato che aveva lasciato aperto e provvede a far poppare un agnello che si era distaccato dalla madre.

 

 

Dopo una rapida ispezione (foto sotto) l'agnello viene allocato alla mamma e può finalmente poppare.

 

 

Per fortuna è l'unico caso da 'sistemare' e Ivan può predisporsi a mungere.

 

 

Il cancello di legno (foto sotto) fa parte, insieme al secchio in rame e allo sgabello di mungitura della strumentazione tradizionale. Il resto è 'tecnologia moderna': il recinto elettrico, la jeep, il cellulare. Ivan descrive con orgoglio il cancello proprio in quanto struttura tradizionale ma perfettamente funzionale. Bastano poche battute per capire che il nostro giovane pastore riesce a conciliare senza problemi modernità e tradizione (il portato di una cultura radicata, legata ai un gruppo professionale - quello dei pastori transuanti - che si è sempre percepito orgogliosamente 'diverso' ma - qui in Val Pellice - anche alla realtà di una tenace minoranza religioso-linguistica).

 

 

Ivan mentre munge mi spiega le differenti attitudini alla mungitura delle razze ovine. La grande differenza tra la Biellese e razze 'specializzate' come la Frabosana, molto allevata in val Pellice, o la 'Langarola' consiete prevalentemente nella forma del capezzolo. La Biellese ha capezzoli piccoli che devono essere munti con una tecnica meno 'naturale', ovvero con sole due dite ('a pollice'). Le altre razze citate, invece, hanno capezzoli più voluminosi che consentono la mungitura 'a pugno'. Nel gregge prevalgono le Biellesi ma vi è qualche incrocio con la Frabosana (distinguibile per la presenza di corna).

 

 

Quella sotto è una 'varietà' di Biellese che i pastori considerano razza a sè ma che in realtà si distingue solo per il padiglione auricolare ridotto (a volte del tutto atrofizzato). I biellesi la chiamano 'tacola', qui si chiama 'bertona'. Nella fattispecie quella che Ivan sta mungendo è una 'bertona nera' ancora più rare.

 

 

Con Ivan è un piacere parlare perché pur essendo un ragazzo sembra una 'enciclopedia pastorale' vivente. Si discetta di varie tipologie di ricoveri pastorali d'alpeggio, di latte e d prodotti. In inverno il latte ovino (poche decine di litri, circa mezzo litro a pecora) viene miscelato a quello bovino (delle mucche aziendali) e si producono tome miste e seirass del fen (la ricotta tradizionale di queste valli). C'è anche una piccola produzione di tome di puro latte ovino che, però,  sono gradite solo ad una 'nicchia' di consumatori. Ivan è soddisfatto del suo lavoro e non si lamenta. Nota solo che il mercato 'è fermo' a causa della crisi e che 'se si tenta di alzare il prezzo la gente scappa'. Ai privati le tome miste vengono fatte pagare 8,5-9 €/kg, non molto se si considera la fatica di mungere a mano all'aperto. Sempre senza cedere ai soliti toni lamentosi che conosciamo sin troppo bene Ivan parla del lupo (vedi il video) e della visione 'bucolica' che la gente si fa della pastorizia quando "fanno vedere il pastore all'ombra con le pecore con le campane quando fa bello. I giorni di nebbia non li fanno vedere".  E sono giorni ... da lupi (e purtroppo non in senso figurato).

 

 

La video intervista (10 ')

 

 

            

 

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