Mission
impossible
(poveri formaggi d'alpeggio)
Pubblicato in Caseus.
Arte e cultura del formaggio, anno XII (2007), n. 4,
pp. 22-22 (Luglio-Agosto
2007)
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Riassunto.
Poveri
formaggi d'alpeggio. Molti consorzi di tutela (di sè
stessi) non vogliono neppure sentirne parlare di identificare
la produzione d'alpeggio, distinguendola da quella invernale.
Altri utilizzano etichette di vari colori (chi indica
la produzione d'alpeggio in verde, chi in rosso). Altri
considerano "d'alpeggio" il latte lavorato
sopra una certa quota altimetrica (tutto l'anno). In
questa giungla l'appeal del formaggio d'alpeggio
è sfruttato in modo maldestro e spregiudicato per una
politica di corto respiro.
di Michele
Corti
“Prodotto in montagna”, “M”, “di alpeggio”, “di malga”.
Le varie e non univoche dizioni che il sistema caseario
utilizza per differenziare la produzione che - sulla
carta - dovrebbe essere in qualche modo legata all'utilizzo
dei pascoli di montagna, sono di per sé indicative della
cortina fumogena che il volenteroso consumatore è costretto
a diradare per riconoscere ciò che è veramente un "formaggio
sotto il cielo".
Il gioco dei colori
A questa impresa di decrittografia si aggiunge quella
del discernimento cromatico delle pelùre (una bella
sfida per i daltonici!). Ovviamente i vari Consorzi
di tutela operano ognuno secondo priopri intendimenti
e così dovete sapere che se volete un Formai de Mut
che sia veramente de Mut- (la traduzione dalla
lingua bergamasca a quella italiana è: “formaggio d'alpeggio”),
dovete cercare una serigrafia impressa sul piatto di
colore blu (rosso = non d'alpeggio), mentre se cercate
un Raschera dop (cosiddetto) d'alpeggio dovere cercare
una pelùre di colore verde (giallo = non d'alpeggio).
A onor del vero va detto che, mentre la fatica della
ricerca dei blu , del Formai de Mut vi gratificherà
quantomeno con un formaggio prodotto realmente sui pascoli
alpini, quella della carta verde vi consente lo di individuare
uno degli 8 caseifici (su 28) che producono Raschera
DOP “sopra i 900 metri di altitudine”. Tutto l'anno.
Almeno per il Bra vi sono due DOP: Bra e Bra d'alpeggio.
Un po’di fatica risparmiata anche se poi il risultato
è simile al Raschera. Quanto ai formaggi con la “M”
prodotti in Trentino sappiate il latte è sì prodotto
in malga (su questo almeno ci siamo), ma poi trassportato
a valle con autocisterne verso i caseifici industriali
che utilizzano fermenti selezionati. Trattasi perciò
di formaggio “di latte di malga”, ma non di “formaggio
di malga”. Dato il panorama generale delineato, quest'ultima
potrebbe parere una sofisticheria (ma se ci pensate
bene...).
Ora qualche considerazione
Visto che, in parecchi casi, trattasi di produzioni DOP
parrebbe non chiedere troppo che dizioni avallate da
organi ufficiali (“di alpeggio”) non nascondano una
sostanziale ambiguità, tale da indurre in confusione
il consumatore e da danneggiare i produttori che - a
costi più elevati - operano realmente "sotto il
cielo", utilizzando il pascolo di montagna come
principale, se non esclusiva, fonte alimentare le loro
lattifere. Quanto ai produttori ci rendiamo perfettamente
conto che laddove la caseificazione è realizzata per
la maggior parte in grossi caseifici (dove conferiscono
aziende zootecniche intensive) c'è poco da sperare in
mezzi efficaci e non ambigui per operare la differenziazione
della produzione al pascolo nell'ambito di una dop o
di qualcosa di simile. Andrebbe contro interessi ormai
consolidati e magari anche contro la disarmante evidenza
che una produzione d'alpeggio si può più realizzare;
perché i pascoli sono affittati a bestiame da carne
(qui si aprirebbero altre considerazioni!), perché sono
“mosche bianche” coloro che caseificano in alpeggio,
ecc. In questi casi i, malghesi - lasciando perdere
le DOP - possono sempre puntare a vendere il loro prodotto
con il proprio marchio aziendale o a depositare come
marchio commerciale il nome dell'alpeggio (strategia
di cru). Ci sono, però, realtà dove la produzione di
autentico formaggio d’alpeggio è ancora significativa.
Qui la scelta di non distinguere tra produzione invernale
di fondovalle e produzione d'alpeggio (come fa per esempio
il Silter della Vallecamonica) o di distinguerlo
solo con il colore di una carta a noi pare sbagliata
e, specie in prospettiva, tale da danneggiare i produttori.
Ci si sta accorgendo in questi ultimi anni che laddove
si è continuato a trasformare il latte direttamente
in alpe e a produrre formaggi di qualità, l'alpeggio
da “palla al piede”, “tanto per prendere i contributi”
è divenuta - a detta di tanti: alpeggiatori, amministratori
locali, tecnici - una realtà “che da ossigeno alle aziende”,
“che fa quadrare il bilancio”. La forbice tra formaggi
d’alpe si è allargata e sempre più gli alpeggiatori
stanno imparando a valorizzare il loro prodotto attraverso
il canale delle vendite che consentono di ricavare prezzi
di trasformazione intessanti.
Alpeggio = risorsa commerciale
Puntare su un prodotto d'alpeggio non confondibile con
altri e ben identificabile diventa una risorsa commerciale
importante per l'azienda zootecnica di medie e medio-piccole
dimensioni (quella, per intenderci, che non punta a
seguire insensatamente i modelli padani). Laddove la
strategia di valorizzazione della produzione casearia
di montagna segue gli interessi degli allevatori, la
scelta di produrre solo in estate e solo in alpeggio
quei formaggi che ora sono prodotti anche in inverno
(ma che sono nati in alpeggio, non dimentichiamolo!)
si impone da sola. In inverno, oltre che a stagionare
e a commercializzare bene i formaggi d'alpeggio, ci
si può dedicare (sia nei caseifici aziendali che nei
caseifici locali) a riscoprire produzioni “minori” o
a sperimentare prodotti innovativi frutto della creatività
artigianale.C'è un segmento di mercato che va incoraggiato
a riscoprire (nel formaggio come nei prodotti vegetali)
come l'eccellenza è anche il risultato della ricerca
di una sincronia con i ritmi delle stagioni, che in
ogni stagione il latte è diverso e può essere trasformato
al meglio solo se lo si impiega in lavorazioni diverse,
con esigenze di condizioni di maturazione diverse. Anche
questa è una delle condizioni per conferire al formaggio
un'anima! A fornire formaggio sempre uguale ci pensano
già in tanti. E basta con i giochi dei colori!
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