Testi di Michele Corti sulla rubrica "Cortigraffiti" del periodico Caseus. Arte e cultura del formaggio

Quando la crisi dei maxi caseifici cooperativi apre nuove prospettive

Luglio-Agosto 2009

Le contraddizioni del modello di un sistema zoocaseario basato - in un area alpina - sulla concentrazione produttiva e le economie di scala hanno determinato una grave crisi delle principali strutture produttive cooperative. Oggi per rimettere in piedi il caseificio di Fiavè si sta procedendo a 'razionalizzazioni' e 'tagli' che vanno a penalizzare quegli allevatori che avevano creduto nel biologico. Fortunatamente i consumatori organizzati nei GAS, desiderosi, di poter disporre di formaggi bio pensano di intervenire a sostegno dei produttori di latte. Dalla crisi dei modelli gestiti dall'alto di ispirazione tecnocratica e produttivista forse potrebbe sortire un'esperienza di tutt'altro segno. leggi tutto

Vino e formaggi: si continua ad andare in direzioni opposte

Maggio-Giugno 2009

Mentre nel campo dei vini DOCG si prosegue nella strategia di differenziazione attraverso la valorizzione dei cru sulla base di sottodenominazioni geografiche o di altri criteri, nei formaggi il peso della componente industriale delle Dop punta a valorizzare il minimo comun denominatore del marchio (con conseguenze pèrevedibili sulla qualità). Le sottodenominazioni, nel mondo delle Dop casearie, sono legate  a circostanze particolari. I privilegiati sono il Trentin Grana (Grana Padano, ma 'deiverso') e la Mozzarella campana. Per altre produzioni le richieste di sottodenominazioni sono precluse. Due pesi e due misure verrebbe da dire. Chi ci rimette sono i formaggi di montagna (non quelli fatti genericamente in montagna), i formaggi di pascolo. Una politica miope che non favorisce la valorizzazione delle eccellenze casearie e che, al di là dell'economia lattiera penalizza l'indotto turistico e la tutela di risorse ambientali e culturali. leggi tutto

  • Buy local? Si ma ....

Marzo-Aprile 2009

In Trentino si spinge alla globalizzazione della produzione della Mela Melinda, allargando l'area della monocoltura, creando un super complesso per l'esportazione con le coop del Sudtirolo e 'colonizzando' il Veneto. Nel campo lattiero-caseario, invece, ci si appella ad una sorta di autarchia ('comprate trentino' è stato l'appello del Presidente della Provincia autonoma). Tanta strumentalità si spiega con la grave crisi del comparto dove il più grande caseificio della provincia (Fiavè) è stato salvato con decine di milioni di soldi di Mamma Provincia (che può permetterselo grazie ai generosi trasferimenti dallo stato centrale). Ma il bello è questi prodotti lattiero-caseari locali non sono - nella maggior parte dei casi - per niente locali. Il principale prodotto trentino è il Grana Padano seguito da Asiago, Fontal alla Provola, Mozzarella ecc. Aziende zootecniche e caseifici hanno cercato di inseguire il 'modello padano' e da qui è nata una crisi che si risolve con un coraggioso ripensamento e non con ulteriori stampelle pubbliche e un appello al buy local che risulta particolarmente stonato.   leggi tutto

  • Aiuti di stato alle 'grandi Dop'

Gennaio-Febbraio 2009

Il sostegno del governo ai consorzi del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano lascia perplessi perché riflette più il peso politico dei consorzi stessi che la gravità della crisi di mercato. Quest'ultima ha colpito maggiormente gli 'altri formaggi duri'. Per di più la grande quantità di formaggio ritirata dal mercato e offerta gratuitamente agli 'indigenti' non potrà non avere ripercussioni negative sulla domanda del comparto. E' poi con un pizzico di arroganza che i Consorzi dichiarano di non avere alcuna intenzione di ridurre l'offerta. 'Noi produciamo quanto ci pare, poi Pantalone sostenga il prezzo' pare vogliano dire. Quanto alle accuse alla Gdo che deprimerebbe i prezzi con le offerte promozionali si deve constatare che i vilissimi prezzi di vendita non sono solo legati alle promozioni ma che c'è un segmento da 'primo prezzo' che viene venduto costantemente a prezzi stracciati e per il quale si pone un problema di compatibilità della modesta qualità che lo caratterizza con le pretese di 'garanzia' e 'eccellenza' della Dop. leggi tutto

Novembre-Dicembre 2008

Il Marchio dei Presidi segna un impegno più diretto di Slow Food e la fine di una fase in cui i Presidi vivevano in una dimensione quasi esclusivamente comunicativa. Ai produttori di formaggi si chiede di rispettare alcune regole: niente insilati, niente OGM e di utilizzare il latte crudo. Ciò rappresenta un grande passo avanti. Rimane il limite (e l'equivoco)  del condizionamento degli sponsor. Sponsor spesso tutt'altro che disinteressati e desiderosi di promuovere i loro prodotti all'insegna del "buono, pulito e giusto". Ma così si rischia di premiare con il Marchio alcuni prodotti a scapito di altri che, nello stesso territorio, rappresentano l'espressione di comunità di cibo osteggiate dai poteri forti locali. Così nelle montagne del Lagorai in Trentino si è promosso il Botìro di malga a Presidio chiamandolo discutibilmente del Primiero dal nome del Comprensorio (l'ente locale sponsor) e del caseifico sociale (anch'esso sponsor). In quest'ultimo la panna di un'unica malga del Lagorai, trasportata nel lontano fondovalle principale, viene lavorata a burro del Presidio. Ciò mentre nel Lagorai vi sono 9 malghe che producono in loco in modo del tutto artigianale il burro ma che, essendo riunite nella Libera (di nome e di fatto) Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai  sono marginalizzate dalle istituzioni locali . leggi tutto

Settembre-Ottobre 2008

Le produzioni casearie di montagna si trovano spesso davanti ad un difficile dilemma. Se non hai la protezione della Dop chiunque può imitarle. Ma appena si inzia a parlare di Dop iniziano a produrre il prodotti tipico anche i caseifici industriali delle zone a valle e persino della pianura. Poi, accampando la "ragione dei numeri" (detta altrimenti la "legge del più forte") grazie all'appoggio delle "istituzioni" (CCIAA, Provincie, Enti di promozione vari) la zona "tradizionale" di produzione viene allargata a tavolino e si scrive un disciplinare che "normalizza" e "standardizza" le tecnica di modo che "ci sta dentro" anche l'industria. Parliamo di Branzi e di Strachitunt, prodotti della Val Brembana. Il secondo è un caso esemplare: la Dop Strachitund Valtaleggio è stata pensata per rimediare all'esproprio della denominazione "Taleggio". Ma una volta che lo Strachitut è stato "lanciato" (Vissani) qualcuno a cominciato a farlo in pianura ... e a volere la Dop. leggi tutto

Luglio-Agosto 2008

In Svizzera la politica di sovvenzione al prezzo del latte e alle esportazioni in dumping è finita. Qualcuno poteva pensare che la "competitività" portasse ad una maggiore standardizzazione e industrializzazione dell'industria casearia elvetica, invece sta accadendo il contrario. La competitività non si gioca in modo suicida sul prezzo e sulla quantità ma sulla differenziazione, con il bio che aumanta in modo consistente e persino con la rinascita di un comparto di produzioni artigianali sin qui compresso dalla monocoltura dell'Emmenthal. Insegnamenti interessanti ,specie se si considera che il sostegno al reddito zootecnico è sempre più finalizzato al mantenimento del territorio e a buone pratiche. Il caso di Poschiavo, la valle che sta diventando bio e ha saputo dire di no all'insilato di mais.  leggi tutto

Maggio-Giugno 2008

Tracciabililità e rintracciabilità cosa garantiscono nel campo della produzione lattiero-casearia? Le maggiori produzioni "tipiche" italiane in campo caseario sbandierano sistemi di tracciabilità (con il codice che trovate sulla confezione entrate in internet e .....) ma questo significa sapere da quale stalla proviene quel latte e quanto latte fanno quelle mucche e cosa mangiano? No. La trasparenza è altra cosa. Solo in una catena di fiducia dove, mediatori distributori/rivenditori/ristoratori consapevoli, si può stabilire tra un produttore che ci mette la faccia e il consumatore finale, si può sperare di mantenere il "buon formaggio" identificabile sin nel piatto.  Diffondendo una cultura che consenta di dare visibilità a produttori di eccellenza per quanto piccoli, moltiplicando guide di produttori artigianali, degistazioni, cheese bar, introducendo sistemi di etichettatura le cose possono cambiare e il mondo del buon forrmaggio potrà emanciparsi dall'abbraccio soffocante e dal vampirismo dell'industria casearia.  leggi tutto

Marzo-Aprile 2008

Bene le certificazioni bio, equo e solidale (oltre alle ambigue Dop) ma pechè non si deve assicurare al consumatore che un formaggio è ottenuto con latte munto da bestie che - come dovrebbero per la loro natura - si alimentano brucando erba invece che ingozzarsi con  puzzolenti insilati, cereali strappati dalla bocca dei poveri, sottoprodotti e scarti dell'industria alimentare, soia OGM, coltivata disboscando i polmoni verdi del pianeta ecc. ecc.? E' così rivoluzionario sancire che un sistema pastorale è agli antipodi della zootecnia industriale? I consumatori non devono sapere che alimentandosi con erba fresca gli erbivori domestici producono  latte (e, indirettamente)i formaggi ricchi di composti nutraceutici che proteggono dalle malattie cardiache e tumorali? E che invece.. leggi tutto

Gennaio-Febbraio 2008

A differenza del vino "vestito" di una bella bottiglia con tanto di etichetta, controetichetta e sigilli vari, il formaggio arriva troppo spesso "nudo alla meta". Dal momento che il formaggio è vittima di processi di concentrazione industriale e standardizzazione molto pesanti è una situazione che fa comodo a molti che spacciano per artigianale ciò che non lo è, per formaggio di pascolo quello che non lo è. Avanziamo qualche proposta per risalire la china.  leggi tutto

  • Fanno meno di 10 litri di latte al giorno!

Novembre-Dicembre 2007

Scherza coi fanti ma lascia stare I santi. Anche il Carlin nazionale se va un po' oltre il suo ruolo si becca delle bacchettate dal mondo della zootecnia industriale. Loro devono pensare a 2 milioni di macchine da latte, mica alle fantasie nostalgiche delle mucche felici al pascolo che ... orrore, fanno "meno di 10 litri di latte". Loro produco per tutti non per quegli snob privilegiati che vogliono prodotti buoni e puliti. Il popolo si deve accontentare. La qualità al consumatore gliela danno certo: 60 litri di latte alimentare pro capite + 160 altri litri di latte con latticini e derivati. Poi lo ingozzano di uova e bistecche. Siete proprio dei benefattori. Noi che chiediamo la qualità siamo degli egoisti inguaribili, antipopolari, aristocratici. Per fortuna c'è l'agroindustria che pensa alla salute, al benessere e alla felicità (no, quella era Prodi) delle masse popolari  leggi tutto

Settembre-Ottobre 2007

La politica delle "produzioni tradizionali" è lasciata all'improvvisazione. Si parla di "petrolio italiano" ma ci si comporta in modo non conseguente. Prodotti come la maschèrpa d'alpeggio della Valtellina e di altre vallate lombarde, fortemente radicati nella tradizione, portatrici di diversità sensoriale e suscettibili di arricchire la gastronomia di montagna entrando in tante possibili preparazioni, semplicemente non sono presi in considerazione e non li troverete nei chilometrici e spesso improbabli elenchi delle "PAT". In compenso di altri prodotti si parla troppo, tanto che, dai e ridai ,si finisce per incentivarne la "clonazione" e per distorcerne il carattere di prodotti di nicchia espressione di particolari legami con territori circoscritti.  leggi tutto

Luglio-Agosto 2007

Poveri formaggi d'alpeggio. Molti consorzi di tutela (di sè stessi) non vogliono neppure sentirne parlare di identificare la produzione d'alpeggio, distinguendola da quella invernale. Altri utilizzano etichette di vari colori (chi indica la produzione d'alpeggio in verde, chi in rosso). Altri considerano "d'alpeggio" il latte lavorato sopra una certa quota altimetrica (tutto l'anno). In questa giungla l'appeal del formaggio d'alpeggio è sfruttato in modo maldestro e spregiudicato per una politica di corto respiro.  leggi tutto

Marzo-Aprile 2007

Le regioni, Lombardia in testa, invece che aiutare la montagna, le produzioni di qualità, il biologico, sovvenzionano pesanti investimenti per "industrializzare" ed "esternalizzare" anche la gestione dei reflui zootecnici, finanziando costosi impianti di biogas e "abbattimento" del contenuto di azoto dei liquami. Nell'illusione di "svincolare" gli elevati carichi di bestiame della zootecnia intensiva padana, concentrata in poche provincie sovraccariche, dai limiti della incombente Direttiva nitrati.  leggi tutto

  • Artigiani del latte nella morsa

Gennaio-Febbraio 2007

Stretti tra la morsa dell'adeguamento alle norme igienico-sanitarie, le pressioni "normalizzatrici" delle varie agenzie (Consorzi di tutela in primis), il basso potere di mercato di fronte ai grossisti-stagionatori-affinatori gli artigiani del latte quando non soccombono sono a volte spinti ad adottare soluzioni che snaturano nel profondo le tradizioni produttive e che, a volte, allontanano talmente il formaggio "artigianale" dai connotati della genuinità da far accettare il prodotto industriale quale inevitabile surogato di una artigianalità divenuta impossibile da realizzare.  leggi tutto

Novembre-Dicembre 2006

Produrre formaggio in grossi caseifici di fondovalle con latte proveniente da più alpeggi ,trasportato a valle con percorsi anche di decine di km è "fare formaggio di malga"? Forse sì se si pensa che con le pratiche culturali, con la sensibilità dell'artigiano del latte e con un determinato microambiente (il caseificio, la casera di maturazione), con attrezzi il cui design è stato dettato da secoli di esperienza il formaggio non c'entri nulla (e che venga meglio con I fermenti selezionati, le polivalenti, le celle). Prendiamo in esame alcuni casi del Trentino dove persino Slow Food .... leggi tutto