Sono
un ragazzo di 25 anni originario di un piccolo paese di un' ottantina
di persone a 1270 metri, Celle Macra, in alta valle Maira, in
provincia di Cuneo. Nipote di margari, ho ereditato il grande legame
con questa terra, la montagna, in cui ho radicato il mio stile di
vita, un ponte indivisibile tra la vita del montanaro ed il
territorio stesso. Appassionato di cultura alpina, fin da ragazzo ho
preso coscienza del grande valore autentico delle nostre tradizioni,
la cultura millenaria che le vallate sanno custodire in uno scrigno
prezioso, più comunemente chiamata "cultura
Occitana", patrimonio insormontabile di questo arco alpino.
Consigliere
comunale ormai al secondo mandato, ho imparato a
osservare con occhi diversi la realtà delle cose, sopratutto in
ambito politico e comunitario. Serate intere passate a seguire con
attenzione convegni sulle più svariate argomentazioni riguardanti la
montagna: dalla salvaguardia del dialetto locale, alla valorizzazione
delle vie agrosilvopastorali, dalle ricerche di toponomastica
all'artigianato autoctono, dallo sviluppo agricolo-caseario ai
progetti e bandi di interesse rurale. Tutte argomentazioni sempre ben
illustrate da chi, della montagna, ne fa un punto di riflessione, pur
essendo la gran parte delle volte, gente che in montagna, aimè, né
ci vive, né ci lavora.
Da
molti anni leggo con interesse gli slogan
"Salviamo la montagna" oppure "Il ripopolamento della
montagna da parte delle nuove generazioni". Sì... ok... ma la
mia domanda è: come?? Quesito le cui risposte, da parte delle
persone, in teoria, competenti sono fatte di progetti, studi di
fattibilità e domande di contributi, delegati a enti spesso del
fondo valle, ai cui vertici resta semplice parlare di sviluppo della
montagna, quando per la montagna ci lavorano, senza viverla di prima
persona. È tragico, dal mio punto di vista, che la quasi totalità
dei piccoli comuni montani, sono appesi a un filo demografico
delicatissimo, dove la maggior parte dei residenti, è in una fascia
d'età superiore ai 55 anni. Quale futuro? In una riunione avuta
poche settimane fa sugli Ecomusei della Regione Piemonte, ho espresso
il mio parere, che finché la politica italiana, da Roma, ed Europea,
da Bruxelles, NON vuole aiutare questi territori ormai quasi
emarginati, è insostenibile che le nostre piccole comunità riescano
ancora per molto a galleggiare in un mare di burocrazia indegna in un
territorio talmente vasto, ed importante, come la montagna, con i
suoi piccoli borghi, e la gente che lì ci vive.
Non
basta che la
montagna sia bella, per viverla, ma bisogna poterne trarre anche un
entrata economica sufficiente. Perché, solamente di aria e sole, non
ha mai vissuto nessuno. Mille sono gli argomenti in cui non vedo
risposte di salvataggio, come è sbalorditivo come una piccola
attività commerciale di un paesino a 1300 metri, paghi la stessa IVA
come un esercizio di fronte al Pantheon o in piazza San Marco.
Perché, quella piccola attività, non è solo un esercizio
commerciale, ma in molti casi, rimane il fulcro della comunità, per
varie motivazioni. Oppure che un giovane titolare di un azienda
agricola di un'ottantina di capi ovini paghi gli stessi contributi
Inps di un azienda del Torinese composta da un allevamento di 700
bovini... perché nel primo caso, le stesse rate incidono non solo in
modo parziale nello sviluppo aziendale, di più! Non è possibile che
gli atti notarili per l'acquisto di una particella di terreno di 300
m quadrati siano equivalenti a un atto d'acquisto di decine di ettari
nelle terre del Barolo! Come è critica l'assunzione di un dipendente
in un attività a conduzione familiare, dove le imposte sono alle
stelle. e basta con la storia del "Salviamo la Montagna",
quando della montagna, si vuole al più presto, da parte della
politica italiana, un veloce abbandono inesorabile.
Andrea Aimar con il nonno materno, Biasin di San
Michele di Prazzo
Molto
spesso assisto a discussioni del tipo: "... e ma il sindaco non ha
tagliato l'erba, e ma il comune non ha tolto la neve, e ma il comune
perché non restaura quello, e ma perché non si fa nulla!". E
tra me penso, "perché invece di parlare non provi te in prima
persona, cosa vuol dire l'amministrare un comune composto ormai da
più poche unità, le cui finanze sono anno dopo anno sempre più
ristrette?". Il rendersi utile nella collettività penso sia un
tassello fondamentale per l'avanzamento di queste comunità, realtà
ampiamente distanti dalle grandi città del fondovalle.
Che
ne sarà
della montagna? Finché piccoli produttori lattiero-caseari,che ci
mettono ogni giorno tutta la loro passione nello svolgere il proprio
lavoro, potranno competere contemporaneamente con centinaia di tir
stracolmi di latte estero? Che ne sarà delle fienagioni dei prati di
alta quota sfalciati tutt'oggi, nella maggior parte dei casi, con le
intramontabili BCS, quando il fieno francese e svizzero ci fa
risparmiare anche di tempo e di fatica? Che ne sarà dei
piccoli forni delle valli, quando nei supermercati di città servono
semplice pane industriale? Tutto questo mi dispiace, nel vedere come
poco siano valorizzate quelle persone nelle loro attività che danno
il massimo, per far vivere un territorio così bello, come le vallate
del cuneese. Penso, che ciò che incentivi ancora le nuove
generazioni, non sia più tanto la visione di chissà quale semplice
futuro, ma il vivere al pieno gli anni, immersi in ciò che ci fa
stare bene, dove ogni gesto, ogni sforzo, e ogni ricompensa fatta in
questi territori, valga mille volte di più di una vita monotona in
quale può essere la realtà delle città. Ma forse sarebbe l'ora di
dare una svolta a questa bilancia ormai in bilico, tra la pianura e
la montagna intendo, perché se andiamo avanti così, il vivere in
montagna, non si rimane più autori di scelte, ma veri eroi.
Concludendo:
quando un territorio perde la sua gente, penso che
qualcosa inizia a morire. E non basta guardare le valli dalla
finestra di casa per poterle dare una speranza. Servono misure concrete
atte a permettere che una famiglia possa vivere umanamente, senza il
bisogno di addentrarsi in chissà quale avventura!
Ogni
vallata è differente, e non tutti i luoghi sono così al lastrico
ringraziando, ci sono attività e cooperative che negli anni hanno
valorizzato molto sul territorio, enti che hanno investito grandi
risorse, ne potevano essere un esempio le ex comunità montane, ma
ogni volta che in una borgata manca un anziano, capisco che quel
vuoto insostituibile è una tessera fondamentale della comunità che
si spezza, ogni volta che un giovane scende a lavorare a valle, mi
rendo conto che una persona in meno presente sul territorio ha un
incidenza enorme, e che a ogni nevicata improvvisa sempre più grandi
sono i disagi, che concatenandosi con l'ormai esile tutela del
territorio di media montagna, scaturisca disastri e dissesti
ecologici non indifferenti, quando tronchi, cedimenti e fiumi
giungono a valle in giornate di pioggie intense come i giorni scorsi.
La mia non è una visione grigia della realtà, ma è un campanello
d' allarme reale al quale forse sarebbe bene dare più peso. Perché
se dall'alto non si prendono misure vere, saremo noi giovani, ed i
nostri figli a subirne le conseguenze.
L'attuazione
della "Legge sulla montagna" emanata dall'On.Senatore
Carlotto nel lontano 1994, approvata in Parlamento, ma mai applicata,
penso sia una buona linea guida da iniziarne a seguire come pure
l'inserimento della pluri attività alpina che è da oltre 40 anni
che se ne parla o l'accorpamento dei piccoli comuni di montagna con
una mirata ed energica organizzazione amministrativa. Perché le
belle parole rendono felice chiunque, ma di questo passo a pericolo
d'estinzione non sono più gli animali selvatici, ma i montanari.
Colgo
l'occasione per invitare tutti coloro che nella montagna ancora ci
credono.. tenete
duro!
Guarda qui la Photo gallery dell'alta val Maira fotografata da Andrea
Sotto: La
pagina dedicata all'intervento di Andrea e l'intervista apparsa il 5
dicembre sul Corriere di Saluzzo,
settimanale molto diffuso