Gli allevatori: "o noi o i lupi". La
Regione Piemonte vicina agli allevatori (a parole), con WolfAlps nei
fatti
In Ossola tanti no alla
convivenza con i lupi
di Michele Corti
Riportiamo
un ampio resoconto dei numerosi interventi al convegno sul tema della
presenza del lupo tenutosi a Villadossola venerdì 27 giugno. Un
materiale utile anche per le tante realtà in Italia alle prese con la
proliferazione dei lupi. Utile per capire che non si tratta di calamità
naturale ma da fenomeno, frutto di scelte politiche, che si può
contrastare, contro cui ci si può organizzare e reagire. Il convegno è
stato accompagnato da una protesta, civilissima ma ferma nei
contenuti ("o i lupi o noi") degli allevatori radunati fuori della sala
(dentro i posti erano contingentati per Covid). Da registrare che in
Ossola le istituzioni locali, quelle rappresentative della popolazione
(la burocrazia no, ovviamente) è schierata con gli allevatori e la
popolazione dei piccoli comuni. A partire dal presidente della
provincia (Lincio) e dalla presidente delle aree protette ossolane
(Riboni) che si sono espressi in termini perentori contro la non
gestione del lupo chiedendo interventi efficaci a tutela dei piccoli
allevatori in balia del predatore. Dalla regione, invece, un
atteggiamento cerchiobottista.
(26.06.20)
L'incontro "istituzionale" di venerdì 26 giugno a Villadossola è stato
impostato dalla regione Piemonte, come al solito, come "informativa" da
parte di WolfAlps (che non ha fatto che ribadire, come naturale, la sua
linea d'azione). Oltre a contestazioni di merito (inefficacia delle
misure di difesa passiva, meccanismi per i parziali rimborsi, scarsa
credibilità dei numeri sulla presenza di lupi), l'iniziativa è stata
contestata anche per il metodo. Perché, si sono chiesti gli esponenti
di istituzioni locali e gli allevatori, la Regione non discute
direttamente
con noi, ascoltando i nostri problemi e le nostre proposte? Perché
tutto ciò che riguarda il lupo è monopolizzato, sul piano istituzionale
e para-istituzionale
(ma non c'è nessuna legge scritta che obblighi a farlo), da WolfAlps,
che si prefigge, per suo statuto, di espandere la presenza del
lupo, di
proteggerlo, di farlo "accettare" (subire) alle popolazioni?
WolfAlps, come hanno ribadito nella discussione alla
Fabbrica di Villadossola i suoi stessi esponenti, non è un progetto
agricolo per tutelare gli allevatori, ma un un progetto ambientale per
tutelare il lupo. Che il lupo non abbia da tempo bisogno di tutela ma
di essere gestito e contenuto (anche a vantaggio dei veri lupi, sempre
che ce ne siano ancoa). E allora perché se è un attore di parte
WolfAlps monopolizza il discorso? La risposta è che si è giocato bene
le carte, forte di appoggi a tutti i livelli, del deficit di
rappresentanza della montagna e delle aree rurali (ma anche
dell'agricoltura, compresa quella professionale), dell'inadeguatezza (a
essere buoni) della "classe politica".
Gli allevatori non ci stanno, però, ad accettare questo status
quo, questa condizione di impar
condicio, non solo loro anche i sindaci, il
presidente della provincia (sindaco di Trasquera), la presidente delle
aree protette ossolane.
Ossolani uniti e capaci di
argomentare e fare proposte operative (oltre che di protestare
civilmente)
Va
subito detto che, insieme alla protesta - peraltro civilissima
- al di fuori della sala del convegno (dove l'accesso era
limitato per Covid),
quello che si può definire il fronte ossolano di opposizione alla
politica di espansione e protezione assoluta del lupo, si è
mostrato compatto - dai livelli istituzionali ai rappresentanti
del
comitato di base di difesa degli allevatori. Non solo, esso di è
dimostrato anche capace di
articolare bene le proprie posizioni, sia argomentando, in negativo,
contro le
"soluzioni" facilone (che tanto non sono loro a subire) proposte dal
lupismo istituzionalizzato (WolfAlps), sia, in positivo, avanzando
concrete proposte,
attuabili anche sulla base dell'attuale normativa. Una normativa, sia
ben chiaro, sempre più
scandalosamente, palesamente anacronistica e socialmente e
territorialmente iniqua, che
giustifica la super protezione
del predatore a "eterno rischio di estinzione", basata sul Trattato di
Berna e sulla Direttiva Habitat
, sulla base di dati falsi, volutamente sottostimati e/o
non aggiornati. Una normativa che fa capire la distanza tra i principi
sbandierati di equità e democrazia e le prassi istituzionali e
legislative contorte, opache con le quali le lobby organizzate riescono
a imporre le loro regole.
Gli allevatori del Comitato, un organismo nato in
Ossola nel 2004 in seguito alle prime predazioni (allora legate a
singoli esemplari in dispersione e non ai branchi, come oggi), le loro
posizioni le hanno
esposte in un volantino distribuito all'ingresso della sala
dell'incontro.
Ma vediamo cosa si è
detto al convegno. Partiamo dalla massima autorità, Fabio Carosso, vice
presidente della regione assessore all'Urbanistica, Programmazione
territoriale e paesaggistica, Sviluppo della Montagna, Foreste, Parchi,
Enti locali. E poi? Basterebbe questa "diluizione omeopatica" della
montagna
in tante altre materie, per capire quanto abbia a cuore la Regione
Piemonte la montagna. Non parliamo della montagna ossolana, vera
"periferia dell'impero" vista da Torino.
E infatti Carosso che,
a parole, si è detto
vicino agli allevatori, ha anche detto che con il lupo si deve
convivere
(c'è scritto in costituzione Carosso?) e che la regione non può
prendere nessuna iniziativa per limitare i
lupi perché il Piano Lupo non c'è. Il Piano Lupo, per chi non lo
sapesse, è scaduto
nel 2015 e il nuovo è rimasto fermo per l'ostruzionismo
animal-ambientalista che, ovviamente, si oppone alla presa d'atto che
la situazione è cambiata, che i lupi sono tutt'altro che in estinzione
(dilagano) e
che è invece sono in forte sofferenza allevatori e pastori. Ovviamente
a
loro, agli animal-ambientalisti, sempre più arroganti, va bene così:
vogliono che i lupi occupino e intasino ogni area occupabile e che
allevatori e
pastori si estinguano. Ma l'assenza del Piano Lupo, caro Carosso, cara Regione Piemonte, non
impedisce - comodi gli alibi, neh, che le
deroghe previste dalla Direttiva
habitat in caso di "gravi danni
economici" possano essere applicate già oggi e che al lupo si possa
sparare.
Lo
chiesero due predecessori di Carosso: Taricco,
del Pd e Sacchetto della
Lega (qui
cosa dicevamo).
Persino in modi bipartisan. Erano entrambi di Cuneo, legati al mondo
agricolo, e sentivano sul collo la pressione degli allevatori. Poi ci
fu l'era Chiamparino che, fregandosene dei suoi stessi assessori, si
mise alla testa del fronte delle regioni che, con un poco elegante
dietro-front, accolsero le pressioni animal-ambientaliste intese
boicottare il Piano scritto da Boitani (massimo lupologo sulla piazza),
approvato dall'allora ministro dell'ambiente Galletti, che si erano
resi conto della mecessità, anche per non esasperare gli allevatori, di
concedere limitatissimi interventi di controllo del predatore. Chi
fosse interessato alla vicenda che da cinque anni tiene fermo il Piano
lupo può vedere qui.
Allora, sono passati dieci anni, non c'era alcun Piano lupo che
prevedesse abbattimenti. Erano tempi in cui la stima ufficiale dei lupi
era scandalosamente ferma da anni a
1000 capi lupini in tutta Italia. Ma la Regione Piemonte, sulla base
della
propria competenza in materia di controllo della fauna selvatica (ribadita da sentenze
della consulta recenti) inoltrò la richiesta
di autorizzazione agli abbattimenti.
Che
poi l'Ispra, ai tempi, diede al
Comitato tecnico, che diede al Ministro, che rispose alla Regione, una
risposta politica evasiva e senza vere basi tecniche (risposta che la
Regione Piemonte avrebbe
potuto impugnare) non ha importanza. Ciò che conta è che la regione
(non solo Piemonte, tutte) ha il diritto-dovere di chiedere, se lo
ritiene motivato, un
intervento di controllo del lupo. Il resto è alibi, ignavia,
opportunismo politico, paura di quieta non movere, di avere contro la
burocrazia (tutta lupista) e le rumorose minoranze animaliste.
Sarà in ogni caso
l'Ispra a intervenire nel merito
tecnico e il ministro, anche se si chiama Costa, non può non tenere
conto
della valutazione
tecnica. Perché Carosso
allora non
la conta giusta? Per motivi politici.
Perché
nel frattempo: 1) WolfAlps si è istituzionalizzato, consolidato,
stabilizzato, incistato e
assomiglia sempre più a un ente pubblico in fieri, dotato
di ampi poter
di fatto. Un ente di propaganda e tutela
lupi, capace di influenzare e penetrare tutta la macchina burocratica
pubblica. Specie in Piemonte dove il Parco delle Alpi marittime è il
quartiere generale di WolfAlps e rappresenta una struttura
organizzativa al suo servizio; 2) La politica piemontese è sempre più
condizionata dall'animal-ambientalismo che ha ovviamente il suo punto
di forza a Torino, ma essendo, per retaggio
sabaudo, torinocentrica, anche forze come Lega e FdI che pure se fosse
per Torino non toccherebbero palla, si guardano bene
di "stuzzicare" la lobby, forte nelle redazioni e nelle Università
cittadine e in tutti i centri che condizionano l'opinione
pubblica. Se c'è da combattere dellle battaglie anche i partiti
che proclamano
di essere "con il popolo" e con "le provincie" preferiscono farlo dove
ci sono di mezzo
interessi forti, lobby, ritorni di vantaggi per le forze politiche, le
cerchie personali. Perché rischiare di crearsi rogne per quattro caprai
di montagna?
Così la regione dice
di essere con gli allevatori ma sta con
WolfAlps. Lo dimostra lo stesso incontro di Villadossola che, come
gli altri organizzati in Piemonte, è gestito da WolfAlps al quale la
Regione
riconosce anche la funzione di informazione sul tema. Non è finita. Carosso
ha anche elogiato WolfAlp
per i suoi monitoraggi "altamente scientifici". Uniche concessioni
agli allevatori la promessa di rimborsi più facili. Peccato che il
bando che rimborsa le predazioni (sino al 30 maggio scorso) e assegnava
contributi per alleviare la pressione predatoria fosse condizionato
ai soliti criteri dettati da WolfAlps (uso di reti e cani). Peccato che
molti
allevatori ai rimborsi ci rinunciano perché non vogliono i lupi, non
vogliono convivere con loro solo perché così vogliono gli ambientalisti
di città. Carosso ha
comunque riconosciuto che in un'area come l'Ossola l'utilizzo dei
mezzi di difesa passiva (cani, reti) è più difficile.
La dott.ssa Marucco,
mente di WolfAlps e
pupilla di Boitani, ha ribadito che monitoraggi come quelli che fanno
loro in Italia non li fa nessuno, che loro sono i più bravi ecc.
Saranno fischiate le orecchie al prof. Apollonio che ha eseguito un
monitoraggio in Toscana stimando una popolazione di oltre 1000 lupi,
solo in Toscana . La Marucco ha
però precisato che nel 2018/19 i soldi di WolfAlps I erano terminati e
non si è fatto nulla, nessun monitoraggio. Nel 2020 si partirà con una
nuova campagna ma, per ora, solo in Ossola dove la situazione ha
carettere
emergenziale. Di fatto gli ultimi monitoraggi sono del 2017/18. I 195
lupi in Piemonte sono sempre quelli di quell'anno. Con il metodo
utilizzato, che prevede l'inzio dei campioni per l'esame del Dna in
America, tutta la procedura implica un ritardo fisiologico di almeno
due anni. Ma i lupi aumentano rapidamente. Quanti sono quelli veri?
Almeno 2-3 volte quelli ufficiali. I numeri dei lupi trovati sulle
strade del Piemonte sono lì a certificare che le "stime ufficiali" sono
farlocche.
D'altra parte la
stessa Marucco e il dr. Canavese,
direttore del Parco
Alpi marittime ed esponente di spicco di WolfAlps, nei loro interventi
ammettono che il lupi sono diventati tanti (quanti non lo dicono),
talmente tanti che l'unica area in Piemonte dove c'è ancora posto per
far star comodi ulteriori branchi è proprio il VCO. Altrove devono
stringersi. I lupi sono diventati talmente tanti (lo dicono loro) che
per contarli si dovrà ricorrere anche ai cacciatori oltre che ad altre
categorie. Di fatto è in atto il tentativo di cooptare i cacciatori (le
organizzaizioni) legandole al carro di WolfAlps. In Ossola i
comprensori (quasi tutti) non ci stanno e hanno compreso che il
monitoraggio è la chiave di tutta la partita lupi. Chiedono di farlo
autonomamente, basanbdosi su esperti qualificati indipendenti da
WolfAlps. La regione con chi sta? Ma con WoilfAlps, ovvio.
Quanto alla prtesenza
dei lupi nel VCO, il funzionario delle aree protette Radames Bionda
ha precisato che,
oltre al branco di sei lupi che gravita nella valle Anzasca, è quasi
certo (se lo dicono loro vuol dire che è stracerto) che ce n'è un altro
che gravita tra la stessa valle Anzasca e la
valle Strona. Diversi lupi frequantano poi le valli Antigorio, Divedro,
Vigezzo. Come indicherebbero le numerose fototrappole (280)
disseminate da WolfAlps sul territorio. Possiamo essere certi che se
non si sono già formati altri branchi sono in formazione. E le cose si
metteranno male in tutta la provincia.
Dal fronte pro lupo,
la
veterinaria Arianna Menzano ha
ribadito le note "ricette" per la difesa passiva, annunciando che
WolfAlps impiegherà squadre di pronto intervento per attuare misure
preventive, con l'obiettivo anche di aiutare gli allevatori a
districarsi tra la burocrazia delle pratiche (ma non è meglio
eliminarla?) e con esperti comportamentalisti in grado di assistere
nell'impiego dei cani da guardiania (ma non è meglio impiegare,
piuttosto che cani con pedigree ma inidonei, cani "giusti", provenienti
dai
pastori, abituati da
generazioni a lavorare nei greggi, poco inclini ad attaccare l'uomo ma
eggicaci von il lupo?).
Il colonnelo Baldi dei
cc
forestali, con l'evidente finalità di "smontare" la protesta dei
sindaci
della valle Anzasca, ha dichiarato che i forestali, pur tenendo sotto
osservazione la situazione dei lupi che si avvicinano alle case, non
sono
mai dovuti intervenire per garantire la sicurezza. Come dire:
facciamoli avvicinare ancora di più e in maggior numero, poi si vedrà
(ma, si sa, per loro non sono pericolosi).
In
polemica con il
volantino degli allevatori, sopra riprodotto, l'esperta di
comunicazione di WolfAlps ha contestato quanto in esso asserito circa
la "manipolazione" propagandistica attuata da WolfAlps stesso a danno
dei più giovani. Ha rigettato con
sdegno l'insinuazione che l'operazione dei 5000 ragazzini Life Alpine
Young Rangers
rappresenti un lavaggio del cervello in senso lupista.
Staremo a vedere. Di indottrimamento dei bambini ce n'è stato già
parecchio (vedi le favole "riscritte" per dimostrare che il lupo è
buono, gli interventi nelle scuole). Comunque questi alpine young
ranger puzzano di "Figli della lupa"
lontano un miglio.
Parla l'opposizione istituzionale e sociale
alla politica lupista
Veniamo ora all'altro
fronte, quello degli amministratori, degli eletti a livello locale.
Mentre i burocrati, gli appartenenti ai corpi dello stato e della
regione, sono
schierati coma una falange pro lupo (sarebbe interessante capire come è
stata ottenutta questa unamimità), chi è
eletto, o espressione degli eletti, almeno in Ossola sta con gli
allevatori.
Con qualche eccezione stravagante come
il sindaco di Ornavasso (nel basso fondovalle) che, non solo ha messo
una taglia contro il responsabile dell'avvelenamento di un lupo
trovato morto, ma proclama di essere contento se i lupi arrivano
sino in paese.
Tra gli amministratori
ossolani - la maggior parte - impegnati a
contestare le politiche ufficiali sul lupo (di fatto delegate a
WolfAlps, ovvero alla lobby pro lupo) è in prima fila il
presidente della provincia Arturo
Lincio, sindaco di Trasquera (un
paese di montagna dove l'allevamento caprino è molto sentito) (qui su
ruralpini immagini
su Trasquera)(qui un articolo sulle capre a Trasquera).
Lincio
è stato
eletto dai sindaci (con il sistema dell'elezione di secondo grado) con
l'appoggio dei piccoli comuni coalizzati e
dimostra di essere fedele alla mission della loro rappresentanza
(spesso sottotraccia anche in una provincia esclusivamente montana come
il VCO). Lui, nonostante gli attacchi (da fastidio al sistema uno che
difende
i piccoli, che siano comuni o imprese), tira dritto. Chapeau.
Lincio
chiede che sia
ora che il lupo venga gestito, che si tenga conto dell'insieme degli
ecosistemi e delle attività antropiche (in effetti il lupo è gestito
con autoreferenzialità spinta da WolfAlps che, finché la politica lo
lascia fare, va avanti così in tutta tranquillità). Utilizzando
le
deroghe, quelle già
previste dalle norme di protezione della specie, egli chiede un Protocollo di intervento che
preveda misure, modulate e specifiche, sulla base degli effettivi
impatti creati
dal predatore in termini di sicurezza dei centri abitati. Chiede anche
che
- in caso di attacco di
greggi - venga consentito, da
subito, l'ultizzo di spari di dissuasione da parte
degli allevatori. Secondo il presidente della provincia deve essere
previsto
anche l'impiego di squadre di pronto intervento, che mettano in atto
nei
confronti del lupo delle misure dissuasive adeguate alle loro reazioni
e alle situazioni.
Quello che chiede Lincio non
sono altro che delle
"regole d'ingaggio", come quelle stabilite per l'orso in Trentino.
Tutto
quello che chiede il presidente della provincia è già previsto dal Pacobace (squadre
di dissuasione e pronto intervento in grado di allontanare ed
eventualmente catturare o abbattere il carnivoro, graduando
l'intervento). Lincio
ha poi stigmatizzato - l'attacco è rivolto all' Asl principalmente - il
fatto che, invece che
dissuadere i lupi dall'avvicinarsi alle case e ai greggi, si sono
dissuasi, almeno sino a oggi,
gli allevatori dal segnalare le aggressioni (ora la strategia,
concertata tra le agenzie pro lupo, pare cambiata). Chiede quindi
un cambio di
marcia: basta con l'affidare a una parte in causa (i parchi e le Asl
che sono partner di WolfAlps e quindi sotto la sua cappella) i
monitoraggi, la gestione delle denunce degli allevatori.
Per Lincio le
statistiche dei danni subiti dagli allevatori lasciano allibiti.
Sembrerebbero, sulla base dei dati statistici "ufficiali" del 2019,
praticamente nulli, mentre - al contrario - sono noti numerosi e
sanguinosi episodi. Non
si tiene poi minimamente conto delle predazioni sui selvatici che
rappresentano un elemento cruciale per comprendere la distribuzione dei
predatori e la loro potenziale pericolosità in relazione alla vicinanza
ai centri avitati. I sindaci, lamenta Lincio,
che pure hanno responsabilità rilevanti
su tutta la materia di sicurezza sono stati tenuti completamente fuori
dalle indagini sulla presenza dei lupi. Polizia provinciale e
guardiaparco hanno applicato quanto previsto dalla Regione (sulla base
delle indicazioni di WolfAlps)ma le cose devono cambiare e serve un
approccio diverso. Intanto coinvolgendo prefettura e cc forestali in
piani di controllo che potrebbero prevedere l'uso di radiocollari per
segnalare la presenza dei predatori. Lincio
ha poi ribadito che non ci
può essere una gestione del lupo affidata alle sole visioni degli
specialisti di parte conservazionista. In considerazione del
rilevante impatto del grande
predatore sull'ambiente e le attività antropiche non possono essere
esclusi i sindaci e le rappresentanze sociali delle categorie
coinvolte. La costituzione, tante leggi fondamentali, convenzioni ecc.
dicono che non debbono.
Tra gli interventi di peso
"dalla parte dell'allevatore" anche quello dell'ing. Vittoria Riboni,
presidente dell'ente di gestione delle aree protette
dell'Ossola. La Riboni ha esordito dicendo
che il
tema della
conservazione del lupo è un argomento che la colpisce profondamente
in quanto allevatrice. Quando sono
diventata presidente delle aree
protette dell'Ossola, sono venuta a conoscenza dei dettagli del
progetto Life oggetto di questo incontro. Ho sentito quindi mio
dovere fare pressione affinché venisse posta la massima attenzione
alle necessità degli agricoltori, unica categoria fragile in questa
partita.
Su sollecitazione del presidente i funzionari del
parco hanno effettivamente cercato di applicare le misure previste al
fine della prevenzione dei danni agli allevatori. Ma, ha chiarito la
Riboni: mi sono accorta che:primo,
lo strumento di difesa viene fornito
solo ad agricoltori che hanno subito la predazione o nelle vicinanze.
Secondo, il
progetto non prevede una adeguata varietà di metodi,
come ad esempio i recinti fissi
(che però, osserviamo noi, funzionano solo in circostanze particolari,
mai sugli alpeggi ,a meno di non creare deleterie concentrazioni di
animali a danno della loro salute, del loro benessere, della
conservazione del pascolo). Dalla Regione sono stati quindi ottenuti
dei fondi supplementari,
nell'ambito del progetto per ampliare gli interventi. In ogni caso la
presidente ha tenuto a precisare che: L'ente
non promuove la convivenza, ma
si adopera con ogni mezzo ad esso in possesso per ridurre
l'impatto del predatore. Dopo aver posto l'attenzione sul ruolo
insostituibile svolto dall'agricoltura di montagna per la
conservazione del paesaggio e, in generale, di un patrimonio storico e
culturale risultato della millenaria colonizzazione della montagna,
Vittoria Riboni ha sottolineato anche come questo paesaggio, plasmato
dall'uomo, sia anche ricco di valenze naturalistiche, di biodiversità,
di capacità di difesa del suolo. Un risultato conseguito anche perché
la montagna ha poturo
beneficiare per un lungo periodo dell'assenza del predatore. In
particolare: la manutenzione capillare conserva il
suolo, riduce le erosioni e i cedimenti di terreni e terrazzi. Questo
patrimonio oggi è minacciato da un predatore che non avendo un
competitore si sta diffondendo a macchia d'olio. A questopunto la presidente delle aree
protette ha voluto indicare nel dettaglio quali sono le conseguenze
dell'impatto della predazione da parte del lupo sulle strutture del
piccolo allevamento ossolano.
Voglio
spiegare
ora che cos'è l'agricoltura delle nostre montagne e che cosa comporta
una predazione. Nel nostro territorio il cuore
degli allevamenti ovi-caprini è costituito da una miriade di piccoli
greggi di poche decine di animali. Ciò li rende
particolarmente vulnerabili. 10 pecore sbranate su 1000 ha un impatto.
10 pecore sbranate su 50 l'allevamento
chiude. Esiste poi una miriade di allevatori amatoriali che meritano
la massima attenzione e rispetto perché in capo a loro è il governo
dei terreni più disagiati e scoscesi. se non vogliamo il bosco in
casa ci sono loro. I sistemi proposti sono utili ma non infallibili.
Mettere un
recinto su terreni scoscesi è un lavoro improbo e il lupo
può superarli. Ci sono poi tutti i danni collaterali ad una
predazione: animali spaventati che soffrono il trauma, perdono il
latte e subiscono aborti. Le recinzioni in alpeggio infine
comportano: una riduzione della produzione perché l'animale non può
mangiare nel momento ideale cioè di notte, una riduzione della
gestione pascoliva, e fenomeni di erosione del cotico erboso
nell'area all'interno dei recinti. Occorre quindi oggi ribaltare il
problema e mettere l'agricoltura al centro del progetto e trovare nuove
forme di gestione del predatore. La biodiversità del
lupo e quella generata dall'agricoltura non sono compatibili ed
occorre operare delle scelte. i parchi non vivono di territori
incolti e abbandonati ma sulla montagna viva e sugli ambienti semi
naturali.
Non è usuale che un presidente di una provincia e di un sistema di
parchi assumano queste posizioni. L'Ossola, a questo riguardo, appare
molto diversa dal Piemonte (rispetto al quale, non a caso) continua a
nutrire
aspirazioni autonomistiche. Parrebbe di essere in una "piccola
provincia di Bolzano". Solo che qui non ci sono un partito (Svp) e un
forte
sindacato agricolo (Sbb) schierati con gli allevatori contro la
reintroduzione
dei grandi predatori. C'è però, una reattività diffusa e
palpabile, un coinvolgimento
delle istituzioni locali che in Italia stenta quasi ovunque a emergere
(salvo nella
Lessinia veronese, dove i sindaci e la società civile sono
compattamente
dalla parte degli allevatori contro WolfAlps).
L'anomalia ossolana si
spiega con fattori storici e geografici. Innanzitutto è un valle
incuneata nella Svizzera, una valle che, quando era unita a Milano
(sino alla metà
del Settecento), aveva goduto una larghissima autonomia. La tardiva
imposizione del centralismo Torinocentrico (e dell'irrigimentazione
militaresca sabauda della società), il mantenimento, anche dopo
l'annessione sabauda, di legami con la Lombardia (verso
cui gravitava e gravita ancor oggi l'Ossola), spiegano perché, rispetto
alle aree
di Cuneo e Torino - da decenni afflitte pesantemente dal lupo -
l'Ossola
sia più
reattiva. La geografia, oltre alla relazione con la Svizzera e la
Lombardia, aiuta l'Ossola anche da un altro punto di vista: le lunghe
valli, parallele, di Cuneo e di Torino si aprono sulla pianura, la
montagna per parlarsi deve passare dalla pianura. Una limitazione non
da poco (logistica ma anche simbolica e psicologica). In Ossola le convalli
convergono sul fondovalle del Toce nei pressi di Domo. Le
valli ossolane,
oltre tutto, sono anche meno spopolate e vi sono ancora tanti piccoli
allevatori. WolfAlps, sottovalutando i dati socio-culturali,
presumendo di poter passare come un rullo compressore sulle Alpi,
indipentemente dalla realtà antropica, politica, sociale. Così trova
resistenz einaspettate che con i suoi soliti metodi non riesce a
piegare facilmente.
La parola (in coda al
convegno) agli allevatori
Oltre che dagli interventi "programmati" di Lincio e Riboni, il punto
di vista degli allevatori è stato sostenuto nei brevi interventi
concessi al
"pubblico". Davide
Sidoli , vice-sindaco di Bannio Anzino, parlando
anche a
nome di Macugnaga e degli altri comuni della valle, ha ribadito che, in
vent' anni , da quando è
tornato il lupo, nessuna soluzione
è stata messa in atto per far fronte ai danni economici e sociali e
alla biodiversità. Ha quindi riferito che i sindaci della valle
Anzasca, che si erano riuniti una settimana prima, hanno convenuto nel
dichiarare
che la convivenza con lupo in valle Anzasca non è
possibile.
Lina Leu,
allevatrice di capre e di mucche della val Vigezzo (nata e
cresciuta in valle Antrona), ha messo il dito sulla imbarazzante piaga
degli
ibridi. Ha sostenuto che le posizioni degli esperti in tema di
lupo sono unilaterali e che c'è qualcosa che non funziona se tocca a
lei sollevare certe questioni.
Marco
Defilippi, allevatore venuto dalla val Sesia a testimoniare la
comunanza di problemi e di posizioni con i colleghi del VCO, ha
sollevato il problema dei conflitti creati dai cani con i
turisti (oggetto di un recentissimo articolo qui
su ruralpini che
mette in evidenza come il regolamento di Alagna Valsesia ponga
fortissimi limiti all'uso dei cani per la difesa). Defilippi ha poi
evidenziato come i
lupi saltino i recinti e, come gli altri, ha concluso che la
convivenza non è possibile.
Resta da
riferire dell'interveto di Otten
Gesine, la battagliera allevatrice di
capre che - già nel 2004 - era stata tra i più convinti e attivi
animatori
del Comitato di difesa degli
allevatori, un comitato che, negli ultimi
anni, sotto la pressione degli eventi e del succedersi delle pradazioni
è andato ampliandosi ad altre/i combattive/i allevatrici/ori.
Gesine, che ha posto domande ai relatori anche dopo i loro interventi,
ha osservato che WolfAlps va avanti per la sua strada, noncurante della
crescente sofferenza deli allevatori, come se le solite "ricette" (cani
e reti) andassero sempre bene, andassero bene ovunque. Devo
sentire le stesse cose da 18 anni
ha sbottato l'allevatrice e attivista. Gesine,
comunque, non si è limitata a contestare genericamente WolfAlps ma ha
affrontato teni specifici. Ha ribadito come le stesse normative
internazionali che proteggono il lupo abbiano previsto, in caso
di
forti danni al bestiame domestico, la creazione di zone di esclusione
del lupo. Come è
stato fatto in Svezia per salvaguardare l'allevamento della renna. Come
hanno chiesto a più riprese (e siamo certi che non molleranno di
fronte al muro di gomma di Bruxelles e delle lobby internazionali
animal-ambientaliste) i paesi alpini di lingua tedesca.
Entrando nel merito delle azioni previste da WolfAlps II (che ricalcano
sostanzialmente quelle di WolfAlps I, potenziandole), ha
contestato nello specifico l'organizzazione delle squadre cinofile
antiveleno. Se la convivenza fosse
possibile, se si
attuassero misure di difesa efficaci non ci sarebbe nessun caso di
distribuzione di bocconi avvelenati ha detto Gesine. Servono,
invece, come già
si fa con gli orsi, delle
squadre cinofile di dissuasione, composte da due conduttori e da almeno
tre cani specializzati e addestrati nel respingere, dissuadere e
allontanare i lupi nelle
situazioni critiche. Così non si può continuare - ha poi sostenuto la
capraia -
precisando che: in Ossola, dove l'80% delle aziende zootecniche sono
rappresentate da piccoli allevatori c'è una situazione insostenibile. Non si può più andare avanti così.
Sullo
stesso argomento
(lupi e
impossibile
convivenza)
Impongono
i cani da difesa, poi vietano di usarli (22.06.20)
Quando
un comune turistico come quello di Alagna Valsesia prevede pesanti
limiti all'uso dei cani da difesa, scaricando sui pastori gli oneri
della gestione del conflitto cani-turisti, non possiamo non fare a meno
di riflettere che la "coabitazione" tra lupo e pastoralismo è solo
l'ipocrita formula per togliere di mezzo uno dei due "coabitanti": il
pastore e i suoi animali. Così come vuole il piano capitalistico di
esproprio della montagna.
Lupi
in Ossola e Cusio. Allevatori e sindaci: situazione insostenibile (31.05.20)
La clamorosa protesta dell'allevatore di Quarna, che ha
portato le sue capre in prefettura a Verbania (27 maggio). Un incontro
dei sindaci della valle Anzasca (30 maggio) con la partecipazione di
rappresentanti politici ed esperti (non i soliti pro lupo), unanimi nel
dichiarare la situazione insostenibile.
Exorcizo
vos pestiferos lupos (13.03.20)
In una piccola valle
della provincia di Verbania è stata ripristimata la messo contro i lupi
che si celebrava, il giorno di
San Valentino, dal 1762. L'evento ha raccolto un forte consenso
da parte della popolazione e ha trasmesso anche all'esterno il senso
della gravità della minaccia legata alla proliferazione del lupo che
minaccia il completo abbandono della montagna.