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Inforegioni/Sparare ai lupi non è più tabù

 

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(18.07.11) Alpeggi sempre più a rischio lupo

Il racconto di un attacco dei lupi con gravi conseguenze all'alpe Tartarea in comune di Oncino (valle Po). Sono rimaste tre capre impaurite all'alpe Tartarea. Le altre o sono state sbranate o sono disperse o sono state portate a casa dai proprietari.

Così l'apprezzato formaggio misto non si potrà più produrre. Oggi questo alpeggio è diventato off limits per le capre. Ma se i lupi aumentano quante altre situazioni a rischio si verranno creare?

vai a vedere testo, foto e videoclip

 

(13.07.11) Una strage senza fine

Negli ultimi giorni 82 capi ovicaprini persi a causa di attacchi di lupi in Piemonte. I branchi sono ormai numerosi e gli attacchi di massa provocano pesanti perdite. Vi sono numerose carcasse da recuperare dal fondo di canaloni e animali dispersi feriti o agonizzanti da soccorrere. Serve l'intervento della Protezione civile e dei veterinari pubblici.  Si spera nell'intervento della Regione. leggi tutto

 

(29.05.11) L'impossibile convivenza. Capre e lupi a Bellino (Cn)

Intervista all'allevatore di capre Giacomino Gallian di Bellino (Valle Varaita, Cn).  Giacomino alleva le capre come attività integrativa ma con con grande passione. Il suo gregge è una 'collezione' di razze (non incrociate tra loro). Tutto irreparabilmente frustrato dall'arrivo del lupo per colpa del quale le capre "non sono più belle come prima". Per ora Giacomino non molla (pur avendo dovuto abbandonare i pascoli alti), ma tanti altri allevatori lo hanno già fatto. É proprio quello che vogliono gli amici del lupo: la montagna  tutta per loro e il loro gioco egoista e nichilista alla 'natura selvaggia'  vai alla videointervista

 

(10.09.10) Bellino/Blins (CN): i pochi pastori rimasti decisi a lottare

Erano in quindici i pastori dell'Associazione pastur de Blin prima  dell'arrivo del lupo. Pastori giovani, che restavano su in montagna tutto l'anno (siamo a 1.600 m). Una risorsa 'rara'. Oggi ne sono rimasti 1-2. Gli altri hanno smesso o sono passati alle vacche da carne. Qualcuno tiene ancora qualche capra o pecora. Ma c'è voglia di reagire e di farsi sentire leggi tutto

 

 

 

 

(02.08.11) Reazione scomposta dei verdi dopo la richiesta dell'assessore piemontese Sacchetto di abbattimenti programmati di lupi, l'interrogazione dell'on. Delfino e l'approvazione di un documento della Commissione agricoltura della camera

 

La lobby dei nuovi signori feudali insorge al solo accenno della possibilità di abbattimenti di lupi (contemplata dalle normative vigenti)

di Michele Corti

Complici condizioni meteo avverse (e l'aumento dei lupi) quest'anno il livello di predazione ha già raggiunto in Piemonte quello registrato in tutto il 2010. Ne sono seguite delle iniziative politiche che finalmente pongono il problema della necessità di controllo del lupo

 

Ai primi di agosto le perdite subite da pastori e margari piemontesi hanno già raggiunto il livello di tutto il 2010. Se è vero che le condizioni meteo hanno favorito gli attacchi del predatore è anche vero che i branchi sono in aumento ed è anche in aumento la loro consistenza (come testimonia l'avvistamento di sei lupi ad Oncino in valle Po responsabili, questa estate di più attacchi - vai a vedere testo, foto e videoclip).

In alcune valli si segnalano più branchi tanto che, in una sola di esse, sono stati avvistati trenta individui. Che i lupi siano in aumento non vi siano dubbi, che la popolazione di lupi piemontese non possa essere messa in pericolo dall'abbattimento di qualche capo è altrettanto certo. Tenuto anche conto che essa non è certo isolata ma in contatto con quella appenninica e quella della Francia dove, il 27 luglio, il Ministro dell’Ecologia Nathalie Kosciusko-Morizet ha ha proposto di adattare il protocollo di protezione del lupo alla realtà dell’espansione della popolazione, permettendo agli allevatori di abbattere i lupi nelle zone riconosciute a rischio di attacco, “senza altra procedura amministrativa”. La popolazione totale dei lupi su tutto il territorio francese è stimata in 170-200 soggetti ed inoltre il Ministro intende proporre che il numero degli abbattimenti totali previsto in n. 6 lupi per il periodo 2010-2011 possa essere rivisto in relazione alla popolazione stimata, del ritmo del suo accrescimento e dai danni causati. In Italia i lupi sono più di un migliaio.

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Ma quanti lupi sono 'necessari' in Piemonte (o altrove)?

 

Sentire dire che  i lupi,  in Piemonte, sono 'a rischio di estinzione' e che il loro numero esiguo non consentirebbe l'abbattimento di un solo esemplare  fa sorridere.  Basti pensare che - a parte quanto visto in Francia - in Svizzera, con una popolazione di una quindicina di lupi, ne sono stati legalmente abbattuti sette negli ultimi anni. Legalmente, sottolineo, ovvero nel rispetto delle normative internazionali che - anche se i verdi con il paraocchi se ne dimenticano - tutelano anche la pecora oltre al lupo. Le esternazioni dei lobbysti della 'setta del lupo' potrebbero apparire solo  ridicole, ma sono espressione di un'arroganza pervicace da parte di nella sua ineffabile presunzione di superiorità morale e intellettuale (è dai giacobilni che ci dobbiamo subire questa genìa ...)  sottovaluta un po' troppo l'intelligenza di chi della setta non è adepto.

Giuseppe Canavese è il  vice-presidente del Parco delle Alpi Marittime, ente che - in questi anni - ha molto singolarmente singolarmente gestito la 'materia lupo' su tutto il territorio regionale. Egli  ha replicato per primo sulle pagine di Repubblica all'assessore citando un non bem precitato "nulla osta" della Commissione europea, che sarebbe indispensabile per ottenere l'autorizzazione al controlli del lupo. La legge, però, dice che l'autorizzazione la concede il Ministero e che esso è tenuto a trasmettere alla Commissione europea una relazione sulle autorizzazioni all'abbattimento o cattura in deroga di fauna super-protetta ogni due anni, riservandosi - entro un ulteriore anno - di fornire una valutazione. Canavese non si è lmitato a confondere le acque con la storiella del "veto europeo", ma ha anche sostenuto che i lupi sono pochissimi, che rischiano l'estinzione e che si tende a dar loro la colpa anche delle malefatte di cani randagi (classico armamentario del manuale di disinformatzia dei lupofili). "La popolazione lupina in Piemonte" è molto lontana dal minimo vitale. Ma qual'è questo minimo? Oggi ci sono un centinaio di lupi in Piemonte. Quanti ne vogliono  Canavese e i suoi amici della setta del lupo? Cinquecento, mille?

Ho già chiesto (senza ottenere risposta) a Canavese quale sia il numero di lupi che egli ritiene adeguato al territorio della regione Piemonte. Rinnovo la richiesta.

Questa gente, in preda a delirio prometeico tra biocentrismo nichilsta e la peggior tecnocrazia sono molto ingordi: calcono i km quadrati di "habitat potenziale", applicano i loro parametri autoreferenziali e fanno uscire dalla macchinetta un numerino. Fin che non si arriva a quello lì il lupo non si tocca. La pastorizia può sparire del tutto. A loro non frega nulla (anzi, penso che alcuni siano contenti della sua sparizione come emerge anche dal tono di alcuni interventi nel 'dibattito'. Per questi signori esiste una sola variabile dipendente: il loro lupo, tutto il resto sono variabili dipendenti. Finché i politici lisciano loro il pelo per opportunismo, si intende.

 

Quest'anno si contano diversi animali dispersi. Li ritroveremo così il prossimo anno. La pecora della foto, come si vede benissimo da cranio è una pecora da latte Roaschina-Frabosana (foto pascolovagante.splinder.com - Marzia Verona)

 

In coda all'articolo troverete un'antologia di reazioni alla presa di posizione dell'assessore Sacchetto e della Commissione agricoltura che dimostrano anche che nella loro ineffabile scienza gli adepti del lupo, i sacerdoti della setta, non si degnano nemmeno di leggere i documenti contro cui si scagliano. Straparlano di "caccia al lupo" come se Sacchetto volesse lanciare squadre di cacciatori assatanati a fare la "pulizia etnica" del lupo. In realtà la "pulizia etnica" è quello che vuole la setta del lupo che mira - ormai lo dicono apertamente o quasi ad eliminare la presenza dell'uomo e degli animali domestici in montagna e a farne il santuario della wilderness.

Federparchi, singoli esponenti di aree protette (una comoda greppia che in tempi di austerity e di tagli forse qualcuno teme di perdere), guru ambiental-accademici del calibro di Danilo Mainardi, opinionisti di grandi quotidiani si sono sentiti in dovere di attaccare gli empi che hanno osato solo pensare di sparare ai lupi.

 

Ma partiamo dall'inizio. Di seguito il comunicato dell'ass. Sacchetto che ha dato il fuoco alle polveri (del 14 luglio).

 

Sacchetto fa il suo dovere

 

“L’Assessorato, fin dall’inizio, si è schierato con fermezza dalla parte dei pastori e continuerà con convinzione a cercare soluzioni concrete per difendere le loro attività:  gli episodi degli ultimi tempi -82 capi coinvolti in pochi giorni- dimostrano che la presa di posizione della Regione non è fine a se stessa, ma dettata da una problematica oggettiva che, per colpa di visioni distorte ad opera di alcune realtà, peggiora di anno in anno mettendo in ginocchio l’ecosistema e le fondamentali attività economiche che garantiscono la tutela del patrimonio montano. Ci vuole buonsenso: il lupo non ha più paura dell’uomo e attacca con frequenza. Basta con componenti ideologiche cieche, continueremo a chiedere al Ministero di autorizzarci ad abbattere i lupi qualora non permettano la sopravvivenza di un ecosistema equilibrato: è ora di intervenire, lo chiede la montagna esasperata da agguati e aggressioni. Nonostante le opposizioni, cercheremo con tenacia di porre rimedio alla situazione continuando con il lavoro già avviato con il progetto Propast; la Regione si scontra, purtroppo, non solo con anacronistiche normative internazionali che garantiscono una superprotezione ingiustificata alla specie lupina, ma anche con una particolare insensibilità delle strutture Ministeriali ai problemi degli allevatori e dei pastori. A differenza di altri paesi dove, a fronte della constatazione di gravi danni per gli allevamenti si attivano abbattimenti selettivi in deroga, in Italia sono state predisposte delle procedure che condizionano le decisioni in materia del Ministero dell’Ambiente a organismi autoreferenziali di matrice ambientalista orientati per motivi ideologici a non concedere alcun abbattimento indipendentemente dalla gravità della situazione. La Regione sta predisponendo una riorganizzazione nell’ambito dei risarcimenti e degli interventi attivi a supporto degli allevatori vittime della predazione lupina: si parla dunque non solo del recupero delle carcasse finite in posizioni di difficile recupero, ma anche del sottovalutato problema degli animali feriti (da individuare, recuperare, curare o eutanasizzare): spesso e volentieri l’attacco del lupo, quando non si traduce nella morte della preda, significa giorni di lunga agonia e sofferenza per l’animale ferito. Anche prendere in considerazione tale aspetto significa tutelare la natura”.

 

A commento delle dichiarazioni di Sacchetto e della sua iniziativa (consistente nel chiedere formalmente al Ministero dell'ambiente di autorizzare gli abbattimenti in deroga) ci preme sottolineare che l'ass., in quanto massimo rappresentante della politica agricola regionale, ha il dovere istituzionale di procedere in questo senso. Non solo per tutelare l'attività economica agricola e i relativi posti di lavoro ma anche in relazione a precisi obblighi di tutela del territorio agrosilvopastorale e, in particolare, dei pascoli. Questi ultimi, o quantomeno alcune formazioni vegetali caratteristiche dei pascoli alpini seminaturali nonché i prati montani da falce rappresentano, habitat di interesse comunitario, soggetti a specifiche tutele. I dati dell’Università di Torino poi confermano che un pascolo abbandonato registra una capacità di assorbimento dell’acqua meteorica inferiore del 20% rispetto ad un pascolo correttamente utilizzato: tale deficit si traduce in concreti problemi di assetto idrogeologico del territorio e conseguenti potenziali fenomeni calamitosi a valle.

 

Tutela ambientale sostanziale e 'simbolico-rituale'

 

L’importanza dell’attività pastorale è sancita dalle normativa europea: i Regolamenti CE n. 1782/2003 (Pac) , n. 1698/2005 e n. 1974/2006 (Sviluppo rurale) stabiliscono il dovere di intervento degli Stati membri qualora si verifichino potenziali fenomeni diabbandono delle superfici pascolive. L' Europa, tanto spesso invocata, intende favorire il mantenimento strategico di quelle superfici che consentono l'esercizio di un'agricoltura sostenibile, a scarso impatto ambientale. Rendendosi conto che l'estensivizzazione dell'agricoltura e della zootecnia rappresenta una delle principali sfide ambientali dal momento che l'agricoltura industiale è una grave minaccia per l'ambiente (pesticidi, gas-serra, eutrofizzazione, accumulo di metalli pesanti nel terreno, eccessivi consumi idrici, perdita di biodiversit, erosione ecc. ecc.). Solo gli pseudo-ambientalisti non locapiscono. Essi, espressione estrema di una concezone urbano-centrica non sono nient'altro che l'altra medaglia dell'industrialismo; concepiscono la tutela ambientale sono in termini simbolici, di risarcimento 'morale' per i danni che l'industrialismo e il consumismo continuano ad esercitare sugli ecosistemie  gli agroecosistemi. Concepiscono le Aree protette come santuari dve officiare riti riparatori. Di fatto come alibi per continuare a deteriorare gli ecosistemi nel vasto territorio 'non protetto' che - privo di questa santificazione può essere senza troppi rimosrsi e scrupoli morali, ulteriormente devastato.

La difesa dei pascoli rappresenta un ambientalismo d sostanza, contrapposto all'ambientalismo simbolico-rituale che, non a caso, ha scelto come totem il lupo e l'orso che nelle culture umane rivestono profondi e ambivalenti significati, tali da generare un approccio fortemente emotivo al problema. Ma l’unica modalità attraverso la quale si può conservare un pascolo e l’ecosistema adesso connesso è l’attività pastorale, attualmente scoraggiata dalle continue incursioni dei lupi: il rischio è che le montagne vengano abbandonate una volta per tutte.

 

Le normative sono macchinose e rigide ma esistono

 

Quello che chiede Sacchetto i non è altro che l'applicazione dell'art. 11 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e  seminaturali, nonché della flora e  della fauna selvatiche. Esso recita:

 

11. Deroghe.

1.  Il  Ministero  dell'ambiente,  sentiti  per  quanto  di  competenza  il  Ministero  per  le  politiche  agricole  e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, può autorizzare le deroghe alle disposizioni previste agli articoli 8, 9 e 10, comma 3, lettere a) e b), [divieti di uccisione e cattura] a condizione che non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi  il  mantenimento,  in  uno  stato  di  conservazione  soddisfacente,  delle  popolazioni  della  specie interessata nella sua area di distribuzione naturale, per le seguenti finalità:

a) per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali;

b)  per  prevenire  danni  gravi,  specificatamente  alle  colture,  all'allevamento,  ai  boschi,  al  patrimonio ittico, alle acque ed alla proprietà;

c) nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di  rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, o tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente;

d) per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante;

e)  per  consentire,  in  condizioni  rigorosamente  controllate,  su  base  selettiva  e  in  misura  limitata,  la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato D.

 

Si deve aggiungere che la stessa direttiva comunitaria stabilisce un catalogo habitat di interesse comunitario che devonoe essere oggtto di tutela prioritari. Tra questi ricadono i prati da falce di montagna e i pascoli subalpini calcicoli nonché i nardeti ricchi di specie. Tipologie di pascoli seminaturali, questi ultimi, molto diffusi ma che possono essere compromessi dall'abbandono delle attività pastorali che provocano una caduta verticale della biodiversità. Di tutto questo ai verdi animal-ambientalisti non importa un fico secco dato che la loro battaglia pro lupo è condotta solo sulla base di motivazioni ideologiche, di una astratta concezione della wilderness e del ritorno alla natura selvaggia di cui il lupo è la bandiera, capace di suscitare un facile per quanto superficiale consenso in chi l'ambientalismo lo fa con il telecomando dalla poltrona di casa. Capace di catalizzare finanziamenti, incarichi, consulenze, di mettere in piedi strutture come il Centro grandi carnivori di Entraque (Cn) , una garanzia di una 'greppia' durevole.

 

Iniziative parlamentari (forse si muove qualcosa?)

 

Dopo qualche giorno dall'iniziativa dell'assessore Sacchetto (Lega), l'on. Teresio Delfino (Udc) in presentava un'interrogazione  al Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali per sollecitare l'attivazione di  iniziative per fermare, nel cuneese, l'uccisione di bestiame da parte di branchi di lupi, e "concedere la deroga richiesta dalla regione Piemonte per provvedere al programma di abbattimento straordinario". "Nel territorio montano del cuneese - osservava Delfino - in pochissimi giorni, sono stati uccisi oltre 80 capi (pecore e capre) dai numerosi branchi di lupi presenti". L'assessore regionale all'Agricoltura, Claudio Sacchetto, "si è da subito attivato richiedendo al Ministero dell'Ambiente una deroga che consenta di procedere con un abbattimento programmato per poter arginare un problema che sta compromettendo le attività degli allevatori". "In altri Paesi - puntualizzava il deputato Udc - come ad esempio in Francia, a fronte della constatazione di gravi danni per gli allevamenti si attivano abbattimenti selettivi in deroga, mentre in Italia tale soluzione risulterebbe non perseguibile indipendentemente dalla gravità, soprattutto per motivazioni ideologiche".

 

Per una strana coincidenza il giorno 20 luglio La Commissione agricoltura della camera licenziava, approvato all'unanimità, un documento sui problemi dell'impatto della fauna selvatiche sulle atticità agricole e zootecniche.  Il documento tra le altre cose  ha sottolinenato: "L’inaffidabilità dei dati è ampliata peraltro dalla circostanza che spesso i coltivatori non denunciano i danni alle greggi provocati dalla fauna selvatica, perché a fronte di risarcimenti incerti avrebbero dei costi certi e gravosi per lo smaltimento delle carcasse tramite inceneritore". Di seguito riporto integralmente la parte che concerne il lupo:

Indagine conoscitiva sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche.   Documento approvato dalla Commissione XIII (estratto)

Accanto alle problematiche legate agli ungulati e in generale delle specie cacciabili, l’altro importante filone dell’indagine si è sviluppato in merito ai danni arrecati all’agricoltura da parte di specie protette. In tale direzione, le azioni non possono che essere legate soprattutto alla mitigazione e al contenimento dei danni attraverso investimenti strutturali e, in particolare, attraverso un’attenta verifica e analisi delle modalità di gestione di alcune attività, come quella d’allevamento, che non può più svolgersi allo stato brado: tale tecnica infatti favorisce la predazione da parte di specie per le quali si è anche andata riducendo la disponibilità delle originarie prede selvatiche. Nelle situazioni più allarmanti va valutata la possibilità di azioni di contenimento e di cattura. L’articolo 9 della Convenzione del 19 settembre 1979 per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa (Convenzione di Berna) ammette, in presenza di determinati presupposti, delle deroghe alle rigorose disposizioni contemplate per le specie animali elencate nell’Allegato II (« specie assolutamente protette »). Sempreché non vi sia altra soluzione soddisfacente e la deroga non nuoccia alla sopravvivenza della popolazione interessata, gli animali delle specie in questione possono essere abbattuti per prevenire, tra l’altro, danni importanti al bestiame (ad esempio, nel caso del lupo) o nell’interesse della sicurezza pubblica.

In realtà il problema più spinoso con riguardo ai danni inferti da specie protette attiene alle difficoltà di accertare se la responsabilità dei danni sia imputabile al lupo o alla presenza dei cosiddetti ibridi, che in alcune aree rurali sono diventati sempre più numerosi. La questione degli ibridi è particolarmente significativa in quanto strettamente legata alle possibilità di ottenere il risarcimento da parte degli agricoltori danneggiati. A tal fine andrebbero incoraggiate le sperimentazioni da parte delle amministrazioni locali di metodi per distinguere le due specie, anche sulla base dell’analisi degli escrementi rinvenuti nelle aree in cui sono avvenuti gli attacchi. La questione della distinzione tra il predatore lupo e tutto ciò che è ibrido deve essere affrontata con strumenti, anche normativi, che garantiscano il contenimento degli ibridi. In tal senso sarebbe utile effettuare un censimento potrebbe consentire di capire e di chiarire qual sia la problematica a livello territoriale, anchein funzione di alcuni piani. Inoltre, si potrebbe pensare da un lato di prevedere un sistema di misure di prevenzione dei danni incentivando le imprese agricole con un adeguato regime di sostegno; dall’altro, di rivedere il sistema di accertamento e risarcimento dei danni affinché, oltre a garantire un completo reintegro della perdita di reddito per l’agricoltore, siano coperti non solo i danni da lupo, ma anche quelli causati da ibridi.  Appare dunque fondamentale affrontare il tema della prevenzione e dei costi che essa comporta. Da un lato occorre che le amministrazioni regionali e locali facciano uno sforzo per implementare adeguate misure di prevenzione. Dovrebbero essere opportunamente incentivati gli investimenti strutturali da parte delle imprese per prevenire i danni, in particolare attraverso la realizzazioni di recinti fissi e mobili, dissuasori sonori o altre soluzioni tecniche per prevenire e contenere i danni in relazione alle specie di fauna selvatica responsabili e alle diverse tipologie di     colture e pratiche di allevamento.  

 

Le prudentissime osservazioni della Commissione alla fin fine si riducono alla rottura di un tabù: si scopre che la Convenzione di Berna consente di abbattere il lupi e che, probabilmente, in Italia con una popolazione lupina di oltre un migliaio di individui e gravi danni alla zootecnia e alla pastorizia si potrebbe cominciare a pensare da parte del Ministero dell'ambiente di autorizzare qualche intervento di controllo. Figuriamoci se si parla di "aprire la caccia al lupo" come gli isterici commenti dei lupofili vorrebbero lasciar credere. In realtà, di fronte ai loro sprovveduti sostenitori urbani, organizzazioni come il WWF campano di rendita politica ed economica presentandosi come paladine del lupo pronti a sbarrare la strada a qualsiasi abbattimento legale (e chissenefrega se poi qualcuno, esasperato, si fa giustizia da solo). La questione quindi è fortemente ideologica e politica. Il potere verde si gioca la sua legittimazione. Ecco perché reagisce, facendo leva sul  qualunquismo pseudoambientalista.

Di seguito una piccola antologia delle risposte "serie". Quelle degli animal-ambientalisti beceri , condite di insulti ai pastori e di deliranti affermazioni tipo "il pericolo sono i pastori non i lupi" , "gli animali di allevamento non fanno parte dell'ecosistema","la colpa delle predazioni è dei pastori e della loro bigotta mentalità e pigrizia", "ha più diritto il lupo a utilzzare la montagna che la pecora" ve le risparmio.

 

Piccola antologia di reazioni (tra stupore e indignazione)

 

Comunicato stampa Federparchi del 27 luglio

 

E' incredibile ma sembra vero! Un ordine del giorno della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, approvato alla unanimità,  sollecita l'approvazione di una legge per l'abbattimento selettivo dei lupi italiani.

Quando si dice dialogo,  collaborazione, impegno bipartisan… Se si tratta di aggredire la Natura, l'Ambiente, il Paesaggio del fu Belpaese… viene  "naturale". Quest'ultima, incredibile notizia ne è la conferma: abbattere i lupi per prevenire i danni al patrimonio zootecnico;  dimenticando l'abbandono cui sono stati e sono lasciati gli operatori di questo settore, specialmente quelli che vivono e lavorano in montagna.

Questa decisione, ad evidente contenuto demagogico, ha purtroppo incontrato il consenso di tutte le parti politiche pronte a scaricare su altri le proprie responsabilità. Questa volta, il responsabile dei fallimenti nella promozione  e attuazione delle politiche agricole   è  il "Lupo cattivo". Come poteva essere altrimenti?

E allora, non è che,  se l'agricoltura, l'allevamento, la montagna in generale continuano a soffrire di una crisi gravissima, le responsabilità sono di chi è stato e di chi è incapace di mettere in atto politiche innovative e moderne, di tradurre in programmi e progetti concreti, in sostegno attivo agli operatori, le consistenti risorse comunitarie e in particolare quelle della nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC)?  Di chi non riesce a rendere concrete e produttive le notevoli risorse allocate nei Piani di Sviluppo Rurale delle Regioni?Come si può ignorare che la nuova PAC individua, anche per questo Settore, le migliori opportunità di uno sviluppo concreto e sostenibile, proprio nella conservazione e nella corretta gestione delle specie e degli Habitat?

Eppure, di "buone pratiche" ne esistono. L'azione quotidiana dei parchi nazionali e regionali, delle riserve naturali, pur tra tantissime difficoltà problemi e carenze di fondi, dimostra come uno sviluppo diverso sia possibile attraverso la produzione di qualità e la valorizzazione dei prodotti locali, la promozione territoriale e la partecipazione. Si tratterebbe, in fondo e semplicemente, di porre maggiore attenzione a queste problematiche, sviluppando con maggiore convinzione politiche agricole di sostegno, prevenzione (per quanto riguarda i danni da fauna protetta) e partecipazione. Non sono i Lupi il problema dell'agricoltura italiana! Al contrario, essi  hanno una funzione straordinariamente importante di equilibrio ecologico, di indicatore ambientale e di controllo sanitario del territorio.

Il Provvedimento legislativo ipotizzato non farebbe altro che riportare l'Italia indietro di decenni, vanificando tutte le azioni di tutela che hanno permesso di salvare dalla estinzione questa rarissima, preziosa e unica specie animale di cui l'Italia dovrebbe andare orgogliosa.

Che i Parchi, tra i principali protagonisti di queste attività di conservazione, si facciano sentire: facciano sentire la loro voce a difesa  del Lupo ma, in fondo, a difesa della Natura d'Italia e del loro stesso ruolo istituzionale. Il Presidente del Parco, Giuseppe Rossi, ha intanto inviato un telegramma ai Presidenti delle Commissioni Agricoltura e Ambiente di Camera e Senato, ai Ministri dell'Ambiente e delle Politiche Agricole, al Presidente del Consiglio dei Ministri, sollecitando il ripensamento della Commissione e la revoca del documento approvato.

 

Lettera a La Stampa del 28 luglio

 

Abbattere i lupi per salvare l’allevamento

La commissione Agricoltura della Camera ha approvato all’unanimità un «orientamento» destinato a diventare legge, che consentirà l’abbattimento dei lupi per prevenire danni importanti al bestiame. Una grande sensibilità, si dirà, verso i problemi del mondo agricolo. In realtà si tratta di un provvedimento demagogico che cerca in un nemico, il più debole possibile dei nemici, il capro espiatorio per i problemi veri della zootecnia.

Il provvedimento, avendo carattere «preventivo», consentirà di fatto la caccia al lupo assieme a quella, ormai aperta tutto l’anno, ai cinghiali e ai caprioli. C’è poi una considerazione da fare: poiché le aree protette sono sempre di più colonizzate da allevamenti allo stato brado per produrre le «tradizionali carni italiane», dove potranno vivere in pace la loro esistenza questi splendidi animali, salvati dall’estinzione dopo anni di battaglie culturali e della società civile?

Francesco M. Mantero (non si qualifica ma è direttore di una riserva naturale in Toscana).

 

Corriere della Sera del 27 luglio

Il lupo torna a essere una preda (ma quei fucili sono un errore). Voto alla Camera: caccia possibile se attaccano bestiame

 

di  Danilo Mainardi

 

La commissione Agricoltura della Camera ha approvato martedì all'unanimità un documento ove si consentirebbe, se diventasse legge, l'abbattimento dei lupi «per prevenire danni importanti al bestiame».

Tutti d'accordo: un documento bipartisan. Tutti d'accordo, però, all'interno della commissione, ma non tra gli studiosi di ecologia e tra i difensori, questi in un'ottica animalista, dello splendido e prezioso predatore. Si sono subito fatti sentire, e assai criticamente, il presidente della Lipu Fulvio Mamone Capria («È scioccante leggere che il principale problema per l'agricoltura italiana sia il lupo, definito un "terrore", con una criminalizzazione inaccettabile») e il consigliere nazionale dell'Enpa, l'ente nazionale per la protezione degli animali, Annamaria Procacci («I danneggiamenti imputabili ai lupi valgono appena cinquantamila euro in tutto il territorio nazionale»). Altre voci dissenzienti certo non mancheranno nei prossimi giorni.

Occorre dire, a commento, che il documento ancora una volta sottolinea la non volontà, oppure forse l'incapacità politica, di affrontare un problema della natura mirando a far le cose come si dovrebbe, cioè secondo scienza e ragionevolezza. Prevalgono invece la faciloneria, l'approssimazione e, purtroppo, l'idea illusoria che, usando metodi drastici e rifacendosi a un malinteso buonsenso, si possa ottenere qualcosa di efficace in ambito naturalistico.

Non è così. Basta vedere come, con la «saggezza del buon senso», sono stati ridotti i nostri pescosissimi mari, o le nostre città, dove ci si continua a illudere che, se i colombi sono troppi, basti eliminarne un po'. Il fatto è che per gestire gli equilibri naturali occorre pensarci per tempo, un po' di sacrifici e, fondamentale, che le azioni intraprese vengano fatte proprie dalle popolazioni umane coinvolte. Il che prevede un'opera a lungo termine di divulgazione, di coinvolgimento e di accettazione delle soluzioni da parte della collettività. Ciò, ovviamente, in cambio di qualcosa di palesemente utile. Così come è quando si mira al raggiungimento degli equilibri naturali.

Ed ora è la volta del lupo, che da decenni sta ricolonizzando il nostro Paese, che da tempo soffre per l'innaturale proliferare di cinghiali, cervi e caprioli incautamente liberati a scopo venatorio e sfuggiti ad ogni controllo. Il lupo, si potrebbe dire, sarebbe, con altri grandi predatori come la lince e l'aquila, un poco anche l'orso, l'unica soluzione.

Ma il lupo, in un ambiente antropizzato come il nostro, va gestito bene e per tempo. La gente deve imparare a convivere con lui e lui, il lupo, animale intelligentissimo, pur esso deve imparare. Ciò può avvenire ed esistono esempi che lo dimostrano, a cominciare dai lupi di Yellowstone e dagli allevatori che pascolano il loro bestiame ai margini di questo antico luogo naturale. Occorrono però (siamo sempre lì) buone leggi. Per esempio: se i lupi fanno un po' di danni lo Stato deve provvedere senza troppa burocrazia e in fretta a rimborsare i danneggiati, che in genere sono persone semplici e che non hanno tempo da perdere. Solo così si può ottenere qualcosa, che però non sarebbe qualcosa da poco. Sarebbe l'equilibrio della nostra natura. Senza il lupo non si può.

 

Io preferisco tutelare i lupi

 

di Lorenzo Mondo (opinionista de La Stampa) articolo del 17 luglio

 

«Abbattiamo i lupi». E’ l’appello di Claudio Sacchetto, assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte. Leggo sulla Repubblica che ha chiesto al ministero il permesso di sfoltire i branchi insediati nelle montagne del Cuneese e, in misura minore, del Torinese. Questo, dopo che in pochi giorni un’ottantina di pecore e capre sarebbero state uccise dai predatori: un fenomeno che «peggiora di anno in anno mettendo in ginocchio l’intero ecosistema».

Lasciamo stare che anche i lupi fanno parte dell’ecosistema, contribuendo al contenimento di altre specie come caprioli e cinghiali, ma resta il fatto che sono tutelati da normative internazionali. Lo rammenta Giuseppe Canavese, vicedirettore del Parco Alpi Marittime, che esprime inoltre scetticismo sulla totale responsabilità dei lupi negli ultimi episodi (attribuibili anche a cause diverse come cani randagi e cadute in precipizi). In ogni caso la loro uccisione sarebbe ammissibile soltanto quando la popolazione avesse raggiunto un minimo vitale, ancora lontano sulle montagne piemontesi. Si parla infatti di una settantina di esemplari, insidiati tra l’altro dalle esche avvelenate e dagli investimenti stradali, funesti per i più avventurosi che scendono a valle.

Non si capisce dunque quale sia per il nostro assessore il numero ottimale da preservare e se l’abbattimento selettivo debba esercitarsi, previa identificazione, sui lupi più cattivi e ingordi. Ritengo che soltanto un pericolo per l’uomo, ritenuto improbabile dagli esperti, potrebbe giustificare l’eliminazione del fiero, irriducibile animale, sopravvissuto in Europa all’invasivo cemento e alle nere leggende (le Cappuccetto Rosso dei nostri tempi sono vittime di uomini che non hanno bisogno di travestimenti lupeschi). In un mondo così addomesticato e adulterato è bene che sopravvivano, a monito e conforto, le testimonianze di una natura primigenia, non necessariamente nemica. Viene opposto dagli avversari il problema dei costi (che d’altronde vale anche per i parchi naturali), dei danni ai pastori e ai coltivatori.

Essi hanno comportato nel caso, per l’anno passato, un indennizzo di 65.000 euro da parte della Regione. Ma possono essere contenuti incrementando i dissuasori di varia natura, dall’utilizzo di cani addestrati alle recinzioni elettrificate. Apparirebbero comunque sopportabili e ininfluenti rispetto ai valori in gioco: basterebbe abolire qualche auto blu, qualche privilegio insolente della «casta» per pareggiare i conti, per assolvere una pur spiacevole strage di pecore. Se a questo si limita lo scotto da pagare, sto con i lupi.

 

La Repubblica del 15 luglio

 

In Piemonte 14 branchi concentrati nel Cuneese e nel Torinese. Il vicedirettore del Parco Alpi Marrittime: e poi il permesso deve arrivare dall'Unione Europea

Giuseppe Canavese è il vicedirettore del Parco Alpi Marittime, all'interno del quale è stato creato il centro faunistico "Uomini e lupi" di Entracque.

Cinquantanove pecore morte in una sola notte a Bellino. Il colpevole è davvero il lupo?
"Ci siamo interessati al caso: il nostro centro si occupa infatti anche degli indennizzi nei confronti dei pastori. Abbiamo però riscontrato ferite riconducibili a un canide solo in due degli esemplari deceduti. Gli altri sono morti perché scappando sono finiti in un dirupo o affogati o ancora stroncati dal terrore. Un fuggifuggi generale che si sarebbe verificato anche in caso di un altro evento straordinario, come per esempio la caduta di un fulmine".

Potrebbero essere stati dei cani randagi, magari di grossa taglia, a uccidere questi esemplari?

"E' possibile. Anche perché il lupo attacca in modo mirato: una singola pecora, che poi si trascina via senza che il resto del gregge si accorga di nulla. Le ferite sono imputabili a un canide, e quindi potrebbe essere stato un lupo come un cane randagio".

La Regione chiede l'abbattimento di alcuni lupi. E' possibile?

"Non basta l'autorizzazione del ministero. Il lupo è infatti un animale protetto dalla convenzione di Berna: spetta quindi all'Unione Europea rilasciare un eventuale nulla osta. In ogni caso, per procedere all'uccisione o alla cattura dei lupi, è importante che la popolazione abbia già raggiunto un minimo vitale. Proprio per evitare l'estinzione della specie sul territorio. E in Piemonte, nell'arco alpino, questo minimo vitale è ancora lontano".

Quanti sono i lupi che vivono nella nostra Regione?
"In tutto abbiamo censito 14 branchi: 5 si trovano in provincia di Torino, 9 in quella di Cuneo. Di branco in branco si arriva a una stima di circa settanta esemplari. Il lupo è arrivato sulle Alpi 15 anni fa e un po' per volta ha colonizzato una fascia di territorio sempre più estesa: ultimamente ci sono stati avvistamenti anche in Trentino e in Lombardia".

Sono animali pericolosi?

"Il nostro centro si occupa proprio di indennizzare i pastori per i capi abbattuti dai lupi. Nel 2010 abbiamo stanziato per questa voce circa 65mila euro: non è una grossa cifra, proprio perché i danni sono abbastanza contenuti. In quest'ultimo anno abbiamo cercato di lavorare molto sulla prevenzione, distribuendo reti e cani da guardia ai pastori. E ancora, abbiamo posizionato in più punti recinzioni elettrificate e ci siamo preoccupati di installare dei rifugi in quota, in grado di ospitare una o due persone a guardia del gregge. La presenza dell'uomo è già di per sé un ottimo deterrente per i lupi"."Impossibile: siamo ancora lontani
 
dall'evitare il rischio di estinzione"

 

 

           

 

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