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Non avrei mai pensato che un gregge di novecento pecore potesse muoversi a suo agio in un vigneto 'moderno'.

 

M. Corti, Esperienze di gestione conservativa di superfici acopertura erbacea in area insubrica mediante il pascolamento con asini (PDF) da: Quaderni Sozooalp N. 0 - 2002. pp. 43-54

 

Corti M., Mazzoleni A., Pozzoli L., Arosio G., Rebecchi B., Moranda G. Interventi di recupero e mantenimento mediante il pascolo di servizio in ambienti boschivi e prativi nel Plis “Colline di Brescia”(PDF)

da: Quaderni Sozooalp N. 6 - 2010 . pp. 131-147

 

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(02.09.11) Nel giro di tre giorni alcune notizie con protagonisti i nostri amati animali che per quanto ancora 'oggetti misteriosi' o oggetto di pregiudizi stanno riconquistandosi piano piano un loro spazio sociale

Una settimana 'da leoni'

(pecore e asini alla ribalta)

testo e foto di Michele Corti

Asini utilizzati al centro ricerche nucleari dell'Enea (per la manutenzione delle aree verdi), novecento pecore 'viticoltrici' in Franciacorta e la 'conquista' di PiazzaDuomo a Milano da parte di un gregge di settecento pecore. Una settimanamemorabile per gli inguaribili romantici di una agricoltura  

sostenibile, ma sul serio

"le viti novelle soffrono eminentissimo danno massimamente in tempo di neve in cui è costume dei pastori pascere le loro mandrie de tralci recenti e però essi vanno procurando le ore più solitarie e segrete onde menare il guasto a man salva"

Se questo era il tono delle proteste contro i danni arrecati alle viti in inverno figuriamoci quali dovevano essere i conflitti tra viticoltura e pastorizia in altre stagioni. Ben diverso è sempre stato il rapporto di compementarietà tra olivicoltura e ovinicoltura in area mediterranea dove l'azione di diserbo e di concimazione effettuata dalle pecore è sempre stata molto apprezzata. Almeno sino a quando anche in olivicoltura si sono introdotte forme di allevamento 'moderne' e si è iniziato a fare uso dei pesticidi.

Prima di tornare a parlare di pecore però occorre partire dagli asini.

Mercoledì 28 settembre

Ricevo da Federica Colucci  dell' UTAGRI- Lab. Gestione sostenibile degli agro-ecosistemi ENEA CR Casaccia    (Roma) una email che informa come da qualche mese nel Centro Ricerche Casaccia dell’ENEA (Roma) pascolano cinque asini che hanno il compito di sfalciare le aree verdi del centro (50 ha di cui 30 pascolabili). Il progetto “Equus sostenibile” ha previsto l'utilizzo degli asini dal 18 giugno scorso. Stando a quanto mi scrive la Colucci

stanno facendo un ottimo lavoro! Pensiamo di tenerli ancora un paio di mesi, poi ritorneranno per il periodo invernale sui monti della Tolfa. Al momento, sono insufficienti per gestire tutte le aree verdi, ma per iniziare siamo partiti con pochi esemplari.

Giusto. I problemi di gestione vanno affrontati con numeri ridotti di animali. Non posso negare che mi ha fatto piacere sapere di aver contribuito ad 'istigare' questo progetto: "Nell’elaborazione e nella presentazione del progetto ci è stata particolarmente utile la sua pubblicazione «Esperienza di gestione conservativa di superfici a copertura erbacea…»  ed anche di grande conforto".  Purtroppo anche in un centro di ricerca i pregiudizi contro gli animali - specie quelli 'umili' dei contadini e dei pastori - non mancano: "In un Centro che  si occupa anche di nucleare, la scelta di portare degli asini non è stata accolta molto bene da tutti" . In teoria chi si occupa di energia dovrebbe apprezzare una gestione sostenibile che fa risparmiare energia. Forse, però, gli scienziati nucleari - e non solo nucleari - si sentono sminuiti quando si risolvere un problema in un modo semplice con degli 'umili' animali invece che con la tecnologia. Che sia anche il problema della manutezione delle aree verdi. In ogni caso ecco il  link al video realizzato dall'ENEA che mostra il lavoro degli asinelli.

Giovedì 29 settembre

Il giorno dopo aver ricevuto la mail dall'ENEA ero a Brescia per verificare il 'lavoro' di un gregge di pecore nell'ambito del progetto del Parco delle colline di Brescia di cui ho già parlato in diversi articoli qui su Ruralpini (vedi articoli correlati nella colonna a sinistra). Mi interessava verificare se il gregge stesse operando in modo efficace sui ricacci di robinia (e non solo) dopo l'esecuzione dei tagli di pulizia selvicolturale finalizzati al miglioramento del querceto della Badia, un propagulo di idillica collina franciacortina che si insinua nella grigia periferia industriale di Brescia Ovest.

È stata una piacevole sorpresa apprendere che il conduttore del vigneto 'Lovera' (nella foto sotto con la dimora storica) che si estende a fianco del bosco comunale dove le pecore stanno operando ha chiesto al pastore di 'pulirglielo'. Va notato che non si tratta di un gregge piccolo in quanto vi sono novecento fattrici più gli agnelloni, gli asini, qualche decina di capre ecc. Va anche notato che si tratta di un vigneto 'moderno' come si può vedere dalle foto sotto con le file piuttosto ravvicinate e il filo metallico inferiore teso a 80 cm, tale da non impedire la circolazione tra una fila e l'altra ma da costringere le pecore adulte ad abbassare la testa (i vini prodotti sono Franciacorta Docg: Betella e Betella Gold).

È stata anche per me una sorpresa assistere a questo 'passaggio in vigneto' del gregge. Un passaggio dal tocco delicato: una brucata a un ciuffo d'era qua, una foglia là. Questo vigneto non viene diserbato. Durante la stagione vegetativa l'interfila viene regolaremente falciato, non si usa diserbo chimico. Se correttamente applicati i trattamenti al vigneto non dovrebbero lasciare residui. Questo quantomeno quanto rilevato da dei ricercatori siciliani che hanno studiato gli effetti del pascolamento in vigneto sulla qualità del latte utilizzo per la produzione del Pecorino Siciliano  (1) . Il pastore interpellato su questo punto sostiene però che: "una volta mangiavano più volentieri la foglia di vite, oggi con tutti quei trattamenti non la toccano quasi più". Pregiudizi dei pastori radicati almeno quanto quelli degli agricoltori (non tutti peraltro) nei confronti delle pecore?

 

Una cosa è certa: la tecnica di pascolamento dei vigneti è pratica diffusa che ha trovato - come varie altre cose - una mecca in California. Una californiana, Kelly Mulville, ha organizzato un vero e proprio servizio a pagamento di diserbo con le pecore. Vengono fornite le pecore (una quarantina) e il know how, ovvero si organizza un breve corso di formazione per spiegare come gestire il gregge. Il pascolamento è confinato, attuando delimitando con reti elettrificate più filari durante il periodo di dormienza della vigna. Il carico istantaneo applicato è pari a 400-1000 pecore/ha (57-142 Uba/ha) e il tempo di permanenza nelle singole parcelle non supera i tre giorni. Questi parametri assicurano un buon utilizzo dell'erba evitando che le pecore addentino i tralci. Al fine di evitare danni anche all'impianto di irrigazione si evita di confinare le pecore in un solo filare. Kelly ha riferito queste sue osservazioni, frutto della propria attività in un interessante articolo   (2) .

I vantaggi del pascolo ovino in vigneto possono essere così riassunti:  

  • riduzione dell'impiego di macchine agricole per lo sfalcio, la coltivazione e fertilizzazione (3 passaggi), un risparmio approssimativo di $ 335/ha ogni anno in termini di manodopera, manutenzione e ammortamento attrezzature e costi del carburante;

  • ricadute in termini promozionali grazie alla pubblicizzazione di questa tecnica sostenibile nall'ambito delle campagne di promozione (un elemento importante per i vino da uve bio e per quelli 'naturali';

  • miglioramento della struttura del terreno in ragione della riduzione dell'utilizzo delle macchine (compattazione) e degli effett del pascolo;

  • migliore riciclo dei nutrienti tramite la trasformazione della biomassa vegetale in concime organico;

  • riduzione dell' inquinamento attraverso e delle emissioni di CO2 in relazione al minore utilizzo di mezzi meccanici;

  • miglioramento della biodiversità per effetto dell'incremento dell' entomofauna (grazie alla presenza dello sterco ovino) e quindi degli uccelli;

  • maggiore presenza di insetti utili rispetto alle pratiche convenzionali.

 

Oltre a questi vantaggi di ordine economico, agronomico ed ecologico vi sono anche importanti vantaggi di ordine sociale. Una circostanza molto importante quando il vigneto è - come nel caso dei colli di Brescia - prossimo ad un'area fortemente urbanizzata. La presenza delle pecore, esteticamentepiacevole e bandiera di una agricoltura 'naturale' contribuisce al miglioramento dei rapporti di vicinato e con  la comunità locale grazie al minor rumore e inquinamento (tanto che a volte i vicini diventano clienti dopo aver ammirato il lavoro silenziose ed ecologico delle pecore).

Chi apprezza gli aspetti ecologici non può non essere conquistato dal fatto che le pecore sono 'diserbanti ecologici' che non consumano gasolio e che - non dimentichiamolo - convertono l'erba in carne. Carne che può anche accompagnarsi con i vini prodotti nei vigneti pascolati (meglio se rossi e corposi ovviamente) secondo il principio della gastroecologia.

 

 

Sempre in California si sono applicati allo sviluppo della tecnica di diserbo sostenibile mediante il pascolo ovino anche dei ricercatori dell'Università della California spinti dlala considerazione che sarebbe ottima cosa attuare il pascolamento in vigneto anche durante la coltivazione in atto (3) . Ciò, però, presuppone l'impiego di mini pecore (difficili da reperire) o l'utilizzo solo con alcuni sistemi di allevamento nei quali foglie e grappoli restano fuori della portata degli ovini. La soluzione escogitata dai ricercatori californiani non è forse di quelle 'naturali' e lascia un po' perplessi. Sfrutta un meccanismo di condizionamento (detto eufemistimanente di 'allenamento' (4) ) basato sulla somministrazione, dopo brucamento di 'frutti proibiliti' di cloruro di zinco. Il farmaco provoca entro un breve periodo (sufficiente a garantire l'assoziazione tra 'pasto' e disturbo) intensa nausea. Questa 'lezione' parrebbe sufficiente per evitare nel corso di ben nove mesi succecssivi il rischio che la pecora bruchi parti verdi della vite e grappoli.  A prima vista verrebbe da rigettare questo metodo come poco 'umano'. Forse, però, con questo criterio si dovrebbero abolire anche le utilissime reti e fili elettrificati che provocano una leggera scossa elettrica all'animale (12V). Meriterebbe una discussione.  

 

 

Nel mentre parlavo con il pastore il gregge rapidamente termina la 'passata' del vigneto. Il sole è quasi al tramonto ma regna una strana atmosfera, quasi sospesa, nell'incantesimo di una estate che non vuole finire. Come regoleranno gli animali i loro 'orologi biologici'? Sarà per questo clima che induce uno strano senso di abbandono, sarà per la pancia piena (le pecore hanno iniziato al mattino a pascolare nel sottobosco) gli animali si muovono lentamente: pecore, agnelloni, agnelli. Anche i grossi asini.

 

 

Ormai il sole è scomparso ma fa sempre caldo. Le ultime pecore si attardano a pascolare nel vigneto mentre il grosso del gregge è già rientrato in bosco. Non posso fare a meno di fotografare l'insegna del podere. Un po' perché chi invita le pecore a pascolare nel proprio vigneto merita un po' di 'promozione' (l'effetto 'sociale' di cui parla Kelly), un po' perché il nome della tenuta è tutto un programma: Lovera è la forma italianizzata di luvera o luera, le trappole per lupi (luv, luf) che in passato venivano scavate nel terreno per imprigionare il predatore. È un toponimo diffuso e non deve meravigliare di trovarlo anche alle porte di una grande città. Forse che le placide movenze del gregge siano da attribuire anche al senso di protezione che questa evocativa insegna trasmette loro? Chissà, pur non sapendo leggere...

 

 

 

Venerdì 30 settembre

Prima della fine della settimana ecco un altro evento che si inserisce a conferma della 'popolarità' dei nostri beniamini. Paradossalmente avviene 'sotto casa' ma io, ignorandolo, non vi assisto. Venerdì a Milano arriva un gregge di settecento pecore bergamasche di un vero pastore. Si tratta di girare le ultime scene di un film (descritto come un po' fantastico' dal titolo 'L'ultimo pastore'). Quest'aura da 'ultimi dei Moikani' che attira gli artisti, gli scrittori, i cineasti spinti un po' dallo spirito necrofilo che attira interesse sui 'mestieri in via di estinzione' non mi piace per nulla. Una ragione per la quale ho molto apprezzato il film di Emanuele Cecconello su Andrea, neopastore di diciassette anni e la sua iniziazione alla vita del pascolo vagante. In ogni caso se serve a portare le pecore sul sagrato del Domm va bene anche la retorica degli 'ultimi' (se non si esagera). Riferiscono le cronache che i bambini erano stupiti. Conoscono più la Gazzella di Thompson, sia pure nella virtualità televisiva, che la pecora, parte essenziale della storia umana e presente senza mai interruzioni anche nel paesaggio milanese attraversato dalle rotte della transumanza. Peccato non esserci. Doveva venirmi da Brescia la notizia, qualche ora dopo l'evento, postata dall'amico oste Adriano Liloni (per la precisione valsabbino). Una nemesi: con la testa nei problemi degli alpeggi,  dei greggi, delle capre, da Cuneo al Trentino finisco per ignorare cià che accade sotto casa, anche quando riguarda gli amici pastori.

 

Tutto ciò però indica che l'overdose di leoni e gazzelle (ma anche di orsi e di lupi) comincia a rendere attraente lo snobbato animale domestico, a partire dai più umili che sono diventati lontani ed esotici rispetto all'esperienza quotidiana dei giovani e giovanissimi. Spero francamente che, al di là dell'interesse dei cineasti, si sviluppi un interesse anche da parte dello mondo agricolo, stregato dalla tecnologia, e anch'esso bisognoso di 'tornare alle origini'. Il business della chimica non può certo vedere di buon occhio le proposte di tecniche sostenibili di 'consociazione' tra pastoralismo e produzioni legnose specializzate. Ma che il pascolo rappresenti non solo una soluzione 'folkloristica' lo dicono anche i ricercatori che si occupano di controllo delle infestanti e non da ieri (vedasi una review sul tema del 1996 (5) ).

 

Ai viticoltori, olivicoltori, frutticoltori  'naturali' l'appello è lanciato. Anche ai ricercatori perché si cominci anche a pensare a sistemi di allevamento (vegetale) compatibili con il pascolo. Utopie? Vedremo.

 

 

1 -  S. Caracappa, M. Todaro, M.L. Scatassa, P. Giaccone (2007), Ricerca di residui di sostanze attive nel pecorino Siciliano: effetti del pascolo del vigneto sul latte ovino , Informatore Agrario, Vol. 63 n. 39, Suppl. n. 1 pp. 40-42. torna su

2 - K. Mulville (2009), Grazing sheep in vineyards, Land and Livestock, n. 127, september-october 2009, pp. 9-11. torna su

3  - R. Meadows (2008), Trained ovine chomp on weeds, avoid vines, California Agricolture Vol. 62, n. 1 January-March 2008. p.10.torna su

4 - Con una buona dose di ipocrisia semantica vengono chiamati 'allenatori' i meccanismi che - procurando alla mucca  una scossa elettrica - la inducono a 'sporcare' nella corsia retrostante 'mirando giusto' o che  -nei vitelloni mantenuti nei box all'ingrasso - impediscono loro  il 'salto'. torna su

5 - I. Popay,R. Field (1996) Grazing Animals as Weed Control Agents Weed Technology, Vol. 10, n. 1, pp. 217-231.  torna su

 

 

 

           

 

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