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Provincia di Bologna, il Consiglio  (il testo dell'Ordine del Giorno con la richiesta di moratoria per tutte le centrali a biomasse) (PDF)

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Altri materiali

M. Corti. L'allevatore diventa un operatore zooenergetico. E il latte? (pubblicato in Caseus, anno XII, n. 2, marzo-aprile 2007, pp. 21-22) (PDF)

 


 

 

(03.07.11) Il 30 giugno si è tenuta a San Venanzio di Galliera, comune della bassa bolognese al confine con il ferrarese, una partecipatissima e agguerrita assemblea per ribadire l'opposizione alle centrali a biogas da biomasse agricole

 

Nel bolognese si organizza il movimento di opposizione alla proliferazione delle centrali a biogas 'agricolo'

di Michele Corti

Cosa ci fanno quattrocento persone stipate in una ex-bocciofila di un paese della bassa bolognese in un'afosa serata estiva? Saranno lì per la solita sagra penserete. Macché, sono lì attente per ascoltare una raffica di interventi - protrattisi sino all'una suonata - che parlano di biogas, di biomasse, di energie rinnovabili più o meno sostenibili, di procedure amministrative, di piani energetici ecc. ecc.  

Quattrocento persone riunite in assemblea in un comune di cinquemila abitanti sono tante pur tenendo conto che alcuni venivano da comuni limitrofi. Sono troppe per pensare che siano lì perché 'punte sul vivo', perché i progettati impianti sorgerebbero a ridosso delle loro abitazioni, sono troppe per liquidare il forte movimento di opposizione locale alla speculazione sull'energia da biomasse agricole come 'sindrome Nimby' ovvero come espressione di un moto egositico, pronto a dire NO a tutto (Nimby è l'acronimo di "not in my backyard", ovvero "non nel mio cortile"). Chi pensa che i comitati anti centrali di Galliera siano espressione di 'Nimby' è del tutto fuori strada. Basterebbe a dimostrarlo la presenza di una grande discarica che Galliera 'periferia dell'impero' in quanto al confine con Ferrara, si è accollata a pro del resto della provincia.

 

 

Non è solo questione di 'puzza'

 

Il fatto è che i comitati di Galliera e degli altri comuni non si sono mobilitati solo per la 'puzza' (come qualcuno riduttivamente e strumentalmente cerca di lasciare intendere) o per la prospettiva di possibili rischi per la salute e di vedere svalutato il valore immobiliare delle proprie case (per le quali magari si sta pagando ancora un mutuo. Se fosse così i Comitati raccoglierebbero l'adesione di molte meno persone. In realtà chi partecipa a questi comitati, alcuni sorti ad hoc, altri già esistenti come quello "Territorio e vita" di Galliera  si preoccupano anche dell'agricoltura locale, caratterizzata da produzioni pregiate, della salute della terra, di quella di chi avrà la sfortuna di vivere a pochi passi dalla 'centrali'. Si contesta un modello di 'soluzioni ecologiche' non verificate, imposte dall'alto, con procedure poco trasparenti e un sistema che consente a società improvvisate (spesso 'scatole cinesi') di diventare operatori agroenergetici senza possedere terreni ma solo prendendoli in affitto da agricoltori che ricevolo 'offerte che non si possono rifiutare' ovvero fuori mercato.

 

La mia 'arringa': un pericolo insidioso e grave per l'agricoltura

 

Dopo l'introduzione del moderatore, membro dei comitati locali, a me è toccato affrontare gli aspetti di impatto delle centrali a biomasse sui sistemi agricoli. L'ho fatto ricorrendo alle argomentazioni che da mesi (e anni) vado svolgendo su questo sito e puntando a far emergere la pericolosità degli impatti a lungo termine, a lunga distanza, subdoli. Sul piano agronomico ho rilevato il rischio connesso in un aumento della monocoltura (con tutto quelo che comporta in termini di fertilità del suolo, maggior uso di concimi chimici e pesticidi) ma anche in una esasperazione della ricerca delle rese quantitative (a danno delle buone pratiche agronomiche). Di fronte ad affermazioni come quelle del prof. Ing. Setti (esperto dell'Università di Bologna) che parla di un'era delle biomasse agricole 'temporanea' destinata a durare solo (sic) mezzo secolo ho fatto persente che anche per minori periodi i mancati apporti di sostanza organizza al terreno (i digestati sono quasi totalmente mineralizzati) sono suscettibili di alterare in peggio le caratteristiche chimico-fisiche e biologiche del terreno compromettendone la fertilità. L'uso di digestati - in prospettiva sempre più sottoposti a processi di abbattimento di azoto e di fosforo - condurrà ad apportare al terreno un materiale in cui alcuni elementi si concentrano eccessivamente con compromissione della fertilità e persino con possibili effetti tossici sulle piante. Ho tenuto a sottolineare come quello che chiamiamo 'rifiuto' è un bene prezioso che solo la mancata chiusura dei cicli degli elementi nutritivi e una produzione in quantità eccessive e concentrate nello spazio rende tale. La scala ecologica alla quale dobbiamo fare riferimento non può essere poi solo quella locale. L'uso del terreno agricolo per la produzione di biomasse ci costringe a importare da oltremare (via Ravenna) quanto viene a mancare ai nostri animali (ma anche all'alimentazione umana).  Mentre noi 'eliminiamo'  forme pregiate di azoto e di sostanza organica in eccesso (frutto di biosintesi che hanno implicato elevati input energetici non solo in termini di energia solare 'gratuita' ma anche di tanta energia fossile) in altri paesi dovranno compensare la nostra allegra crazione di rifiuti estendendo la coltivazione a terre vergini e utilizzando più concimi chimici. Alla nostra creazione di surplus corrisponde la depauperazione dei terreni tropicali dove la sostanza organica viene mineralizzata in seguito alla messa a coltura. Qui ci facciamo belli con un Sic ma, per sostenere un nuovo  settore bioenergetico senza, rinunciare alle bistecche e ai fiumi di latte, disboschiamo le foreste tropicali e semi-tropicali. È una tragica illusione pensare che gli 'scarti' siano qualcosa di 'regalato', che piove dal cielo.

 

Interviene a sorpresa un consigliere regionale del 5 stelle

 

Il secondo relatore 'esterno' è stato, a sorpresa, Giovanni Favia, consigliere regionale del Movimento cinque stelle. Quello su cui ha insistito Favia è che la mancanza di regole e di una programmazione in grado di prevedere le conseguenze di una corsa selvaggia all'energia da biomasse sia da imputare non solo al livello nazionale ma anche a quallo regionale che, oltretutto, amplifica le incentivazioni statali con contributi regionali. Ha poi smentito che la realizzazione delle centrali a biomasse - così come realizzate n Italia - rappresenti un'imposizione della UE. Le fonti di energia rinnovabile non sono solo quelle dove la speculazione ha concentrato la propria attenzione; la produzione di energia fotovoltaica è potenzialmente una grande risorsa perché avvicina produzione e consumo. L'installazione di pannelli sui tetti può essere effettuata anche da ditte locali ma non crea intermediari, rendite finanziarie, procacciatori di autorizzazioni. Ovvio che una certa politica preferisca spingere sulle centrali a biomasse da 1MW, sui parchi fotovoltaici, sui mulini eolici, ma l'interesse del territorio va in un'altra direzione: quella di piccoli impianti, senza escludere nuove fonti senza impatti sul paesaggio e l'agricoltura come l'eolico di alta quota. Favia ha poi sottolineato come la grande foga nel sostenere alcune soluzioni non tenga conto del basso EROEI (ritorno energetico sull'investimento energetico). La percentuale di energia netta (al lordo di quella utilizzata per i concimi chimici, l'irrigazione, i trasporti, i fabbisogni degli impianti stessi, la costruzione degli impianti ecc. ecc.) è  modesta se ragioniamo in termini di energia elettrica prodotta ( e non di calore + energia elettrica con la cogenerazione).

 

 

Il sindaco si è mosso tardi (ma è sempre meglio dei suoi colleghi)

 

Sono seguiti numerosi interventi di esponenti dei comitati. Gli esponenti del comitato Vita e Territorio di Galliera e del gruppo consigliare di minoranza "Uniti per Galliera" hanno incalzato il sindaco, Anna Vergnana (foto sopra, in primo piano Maurizio Lodi) mettendo in evidenza come solo a seguito dell'intensa attività del Comitato, con la raccolta di 880 firme e diverse assemblee,  la posizione dell'amministrazione sia mutata. Il sindaco ha ammesso che sino ai primi di maggio l'amministrazione non aveva preso una posizione contraria in Conferenza di servizio limitandosi a quelle 'riserve' (parere favorevole condizionato) che buona parte delle amministrazioni esprimono per non apparire troppo arrendevoli. "I sindaci dovevano esprimere un puro parere urbanistico, ci sentivamo soli e impotenti" ha dichiarato il sindaco di Galliera. Successivamente, sotto la spinta delle proteste dal basso,  la posizione della maggioranza è cambiata ed è stata eseguita una prova di carico sulla viabilità comunale che ha fornito esito negativo (si tratta strade di campagna precedentemente sterrate con la stesa di un semplice manto d'asfalto, ponticelli sui tanti canali) Di conseguenza il progetto è stato sospeso in attesa della valutazione di una nuova variante relativa alla viabilità presentata della società che si candida a gestire la centrale. Intanto è stata anche nominata dal sindaco una commissione con rappresentanti del Comitato, e dei gruppi consiliari per il controllo del procedimento di realizzazione e conduzione della a biomassa (biogas). La Commissione, con il sostegno del sindaco, ha poi indetto l'assemblea del 30 giugno.

 

Il blitzkrieg dell'armata del biogas: prendere i cittadini alla sprovvista

 

Queste aperture alle istanze dei cittadini contrari al biogas e la disponibilità al confronto assembleare del sindaco di Gallierasono apprezzabili ,specie se si considera l'atteggiamento della maggior parte degli altri sindaci denunciato dai rappresentanti dei Comitati. Essi hanno lamentato la scarsa disponibilità di sindaci e giunte ad informare i cittadini, a fornire informazioni e documentazione e una certa insofferenza per l'attività dei Comitati stessi. Sia nel bolognese che altrove (penso ai piccoli comuni lombardi) l'avanzata delle centrali è stata possibile proprio per queste ragioni: sindaci che si sentono 'spinti' dalle amministrazioni provinciali e regionali (e da solerti funzionari) a non fare opposizione, che non sanno bene in che termini formulare le loro opposizioni o che semplicemente non se la sentono di dire di no. Laddove l'informazione non è arrivata ai cittadini in tempo per organizzare l'opposizione e fare pressione sulle amministrazioni comunali tutto è filato 'liscio' e le pratiche si sono chiuse con esito positivo (per le società proponenti).

 

 

L'arringa

 

Gli oppositori locali della centrale di Galliera hanno parlato con le voci dell'avv. Maria Calzoni, di Maurizio Lodi (della commissione comunale di controllo sulla centrale) di Diego Baccilieri, capogruppo di minoranza della lista "Uniti per Galliera". L'arringa dell'avv. Calzoni non ha risparmiato al sindaco accuse piuttosto dure, sia circa la situazione della viabilità che avrebbe dovuto indurre il sindaco a rigettare sin dall'inizio il progetto, sia con riguardo alla trasmissione di informazioni e documenti al Comitato. La Calzoni ha dalla sua tre doti: competenza, temperamento e passione (ci tiene a farmi sapere che tutto quello che fa per il Comitato è a titolo volontario). Lodi e Baccillieri oltre che sul tema della viabilità hanno insistito sulla presenza nel comune di aree di interesse naturalistico e di coltivazioni tipiche pregiate. Ricordando che Galliera ha già 'dato' ospitando la discarica si sono anche chiesti - citando un'interrogazione dello stesso Baccilieri - come mai la società che gestisce la discarica oltre a richiedere alla provincia un'elevazione abbia chiesto anche di ampliare la tipologia dei rifiuti ai 'digestati di origine animale e vegetale'. "Gli esperti che sinora ci hanno mandato dalla provincia e dalla regione hanno tutti sostenuto che i digestati sono un ottimo fertilizzante e ammendante per il tereno. E allora come si spiega che vogliano mandarli in discarica?" Una domanda imbarazzante.

 

Il medico: potrebbero esserci rischi

 

L'avvocato Calzoni ha anche letto un messaggio di Salvatore Virzì chirurgo dell'Ospedale Bentivoglio di Bologna che opera prevalentemente in campo onclogico e con il quale raccomandava di non sottovalutare i rischi sanitari legati alle centrali a biomassa. Più gravi per le centrali a combustione non possono certo essere sottovalutati anche per quelle a biogas. Negli interventi dei diversi comitati è emerso come l'approvvigionamento delle biomasse comprende materiali come le 'carnette' di provenienza di macelli marchigiani e vari scarti ortofrutticoli. Materiali solidi o liquidi in stato di putrefazione che possono provocare non solo problemi di odori (prima di essere immessi nei digestori devono essere 'sanificati' con trattamenti termici). Stoccati in capannoni o all'aperto i liquami e queste biomasse possono anche rappresentare una fonte di emissioni di sostanze irritanti e tossiche, sia in forma di aerosol che di bioparticolato, costituendo un potenziale rischio chimico e biologico. Altro che "è solo un po' di puzza di stalla" come ha avrebbe avuto modo di sostenere il sindaco di Medicina. Quest'ultimo particolare l'ha riferito il rappresentante del Comitato contro le centrali a biomasse di Medicina. Il suo è stato un intervento anomalo perché, pur criticando il sindaco, pur ammettendo che il valore delle abitazioni a Medicina è crollato e che il problema della 'puzza' con 4-5 centrali (6 con quelle in cantiere) è gravissimo poi -  nella veste di presidente del circolo di Legambiente - ha svolto un intervento di 'pompieraggio', ossequioso all'ortodossia delle rinnovabili: "se ci sono rifiuti è bene sfruttarli, qui ci può essere il biogas, là il solare, più su (intendeva sui crinali appenninici) l'eolico". Non facciamoci mancare niente in materia di rinnovabili più o meno (meno che più) sostenibili.

 

Legambiente: "non illudetevi dei tetti solarizzati"

 

L'unico intervento da 'avvocato del diavolo' è stato quello di Claudia Castaldini nella doppia veste di responsabile provinciale ambiente del PD noché membro dell'esecutivo del partito e di responsabile energia regionale di Legambiente. La Castaldini è il prototipo del funzionario di partito del terzo millennio ("è una funzionaria stipendiata" ci tengono a precisare quelli del Comitato). È  fredda come il ghiaccio e si vede che è lì solo per bere l'amaro calice e affrontare per dovere d'ufficio una platea schierata su ben altre posizioni. Il confronto tra Castaldini e l'avv. Calzoni, sanguigna e generosa 'tigre' emiliana, meriterebbe un film.  Oltretutto la giovane funzionaria non fa nulla durante il suo intervento per stemperare il muro di ghiaccio e rimbecca stizzita ad ogni minima interruzione senza capire che un'assemblea spontanea non è un congresso scientifico o un politburo e lasciando trasparire  la distanza siderale tra lei e il 'plebeo' e 'demagogico' consesso che ha tributato applausi scroscanti al consigliere del movimento 5 stelle (al quale la Castaldini ha rimproverato di prendere lo stipendio non sapendo che se lo è autoridotto a 2.500 €). Il succo del discorso della Castaldini è che tutte le rinnovabili, anche quelle meno gradite,  sono necessarie almeno come 'ponte' e che bisogna togliersi dalla testa che il solare sui tetti risolva i problemi. Peccato che Legambiente stimi in ben 2.350.000 ha la superfice urbanizzata in italia con centinaia di migliaia di ettari di tetti. Perché non utilizzare questa risorsa prima di distruggere l'agricoltura come Legambiente è la prima a voler fare? Mentre ascolto l'altezzosa dottoressa in fisica del partito penso a vicende come il campo solare di Cutrofiano nel Salento: 26 ha di campo solare  proposti come progetto pilota da Legambiente attraverso il braccio operativo AzzeroCO2 e realizzato e gestito da Exalto, una società che ha per presidente Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e direttore responsabile della rivista QualEnergia. Ma anche componente del Comitato Scientifico di Legambiente. Altro proprietario di Exalto è Mario Gamberale, che è sia in AzzeroCO2 che nel già citato Comitato Scientifico. Qui a Galiera di questa vicenda che ha diviso Legambiente nel Salento con ripercussioni anche sui circoli del Nord Italia pare che nessuno sappia nulla. In compenso tutti qui ripetono chi ci sarebbe dietro certe 'scatole cinesi' che hanno le mani in pasta nel business delle centrali a biomassa: l'Ing. Giovanni Consorte, ex presidente di Unipol.

 

 

(non) Vivere accanto a una centrale a biomasse

 

Gli interventi si susseguono incessanti; ogni Comitato vorrebbe portare la propria esperienza ma il tempo è poco. Interviene anche un ferrarese di Bondeno (sopra), un signore che si è trovato una centrale piazzata vicino a casa e racconta com'è la vita quando non si possono neppure aprire le finestre e si vive nel terrore che il vento no tiri dalla parte sbagliata e che il digestore non faccia i capricci o non immettano robaccia. Qualcuno fa presente che dopo sollecitazione del Consorzio del Parmigiano Reggiano e studi del CRPA di Reggio Emilia la regione vuole 'graziare' tutto il comprensorio del Parmigiano Reggiano dall'onere di subire la presenza delle centrali a biomassa. Motivo: le spore dei Clostridi. I Clostridi sono batteri anaerobi che si sviluppano negli insilati e che possono causare gonfiore tardivo del formaggio; dal momento che si sviluppano facilmente negli insilati questi ultimi sono banditi dall'alimentazione delle vacche che producono latte per il P.R.- Essi, però,  si sviluppano anche in altre condizioni di anaerobiosi (terreno asfittico, digestione anaerobica). I produttori del Parmigiano temono che con i digestati si diffondano le spore (molto resistenti) e di ritrovarsele poi nel latte.

 

Perché 'graziare' solo il Parmigiano?

 

Se il Parmigiano teme il biogas e lo vuol tenere lontano non ci saranno ragioni per temere per altre produzioni tipiche? È quello che si chiede il presidente del Consorzio dell'asparago verde di Altedo Igp, Gianni Cesari, intervenuto verso la fine dell'assemblea per esprimere la propria contrarietà al biogas. A parte i problemi derivanti dallo spargimento dei digestati è anche l'immagine di un prodotto di qualità che ne soffre per la presenza di un impianto puzzolente che racconta al mondo di una scelta agroindustriale hard poco compatibile con un ambiente locale propizio alla valorizzazione delle produzioni tipiche (che qui significano anche  patata tipica di Bologna, pere IGP, pesche). Gli agricoltori temono che la concorrenza delle colture destinate ai digestori metta in crisi le produzioni pregiate che vedrebbero una contrazione delle superfici e una difficile sopravvivenza in un mercato degli affitti e fondiario alterati. Ma in un paesaggio che cambia da quello vario delle coltivazioni ortofrutticole alla monotonia del silomais non saranno anche altri valori aggiunti a soffrire? Chi vorrà venire ospite degli agriturismi nei paesi della puzza? Hanno fatto un calcolo dei valori immobiliari ridimensionati, delle attività agricolole e agrituristiche compromesse i signori che stanno un provincia e in regione? Crediamo di no. Ed è per questo motivo che di fronte al vuoto di una politica che va a rimorchio di interessi speculativi senza scrupoli, pericolosi per l'interesse di ampi territori rurali, devono sorgere Comitati spontanei per dire no. Dal momento che non si tratta di opporsi ad un piccolo business ma a lobbies agguerrite è necessario coordinare i Comitati e sviluppare un movimento contro il biogas selvaggio almeno della stessa portata di quello contro l'eolico selvaggio che è già riuscito a bloccare tanti folli progetti.

 

Conclusioni

 

L'assemblea termina all'una; il bilancio è molto positivo: la gente si mobilita anche se non si tratta di nucleare, anche intorno a un tema di cui i media non parlano e che le norme del politically correct imporrebbero di non contestare (le 'sacre rinnovabili' non si toccano). Quindi la gente di qui è ancora in grado di pensare con la propria testa e di organizzarsi di esprimere uno spirito d partecipazione civile e di sollecitudine per i destini comunitari.

L'altra faccia della medaglia è l'amara constatazione ch di fronte a evidenti pesanti impatti economici, sociali, agronomici, ecologici, abitanti e amministratori possono contestare la follia del biogas 'agricolo' solo attaccandosi all'inadeguatezza della rete viaria, alla vicinanza di una scuola, alla presenza di un ... SIC (ambiente sacralizzato nella visione ambientalista urbana). Non è molto ma per ora bisogna accontentarsi di far leva su questi aspetti. Un movimento più coordinato potrebbe anche porre a provincie, regioni stato la questione di indirizzi in grado di valutare e prevenire i gravi impatti citati. Ma ci vorrà una forte pressione politica.

 

           

 

pagine visitate dal 21.11.08

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