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Inforegioni/Amamont in Ticino (a Curzútt)(I)

 

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Amamont (associazione amici degli alpeggi e della montagna)

website associazione: www.amamont.eu

 

Mario Tognetti (a sinistra) e Plinio Pianta, opresidente Amamont (a destra)


Azienda Agrituristica bio

La Colombera di Tognetti e Co

tel + 41 (0) 91 857 15 12

Via del Piano 23A, 6512 Giubiasco CH


Tel. Ufficio: + 41 (0) 91 785 40 15
Fax ufficio: + 41 (0) 91 785 40 19
E-mail:
  info@conprobio.ch

Cooperativa Consumatori 
e Produttori del Biologico
Casella postale 207
6593 Cadenazzo CH

 

website: www.conprobio.ch

 


 

 

(06.04.11) Il significato e i risultati del convegno Amamont 2011 in Canton Ticino sono da attribuire in larga misura alla localizzazione. Tra un'azienda multifunionale bio - fortemente legata all'alpeggio - del Piano di Magadino e un antico centro rurale a 600 m

Il Convegno Amamont in Ticino 

tra Colombera e Curzútt (I)

di Michele Corti

 

Il dove ci si incontra ha sempre un significato. Specie oggi che si moltiplicano i non luoghi. Se poi ci si incontra per scambiere idee sulla montagna con ambizione di concretezza, allora farlo in siti che hanno molto da raccontare moltiplica il significato dell'incontro. E ci si porta a casa un sacco di stimoli. Tanto avevo da raccontare del bel week-end ticinese che ho ritenuto di dividere in due puntate il resoconto. Qui la visita all'azienda Colombera di Giubiasco (sabato 2 aprile).

 

Tra piano e monte, tra passato dell'agricoltura contadina di sussistenza e presente dell'agricoltura contadina multifunzionale e bio. Tra una campagna stretta tra le montagne, ma assediata dai capannoni e dalla vicina città. Tra arte e gastronomia territoriale. Tra problemi generali alla montagna alpina e approcci specifici ticinesi, grigionesi, piemontesi, lombardi.  Il convegno Amamont è stato densissimo di stimoli legati alle persone presenti e alle parole pronunciate ma anche ai luoghi, indiscussi  protagonisti che hanno saputo  'parlare' ai partecipanti. Luoghi emblematici che hanno assunto il loro significato grazie alla storia ma anche grazie alle persone che hanno deciso di occuparsene, di farli vivere e rivivere.

 

Sabato 2 aprile il programma della due giorni ticinese di Amamont iniziava al mattino con la visita in località Cantine di Salorino (Mendrisio) al sito di produzione dello Zincarlin da la Val da Mücc (Presidio Slow Food). Nel pomeriggio era prevista la visita ai Castelli di Bellinzona (in realtà al solo Castel Grande) e al centro di ricerca federale WSL (neve, foresta, paesaggio). Personalmente ho 'bigiato' queste tappe non tanto perché conoscessi già lo Zincarlin e il Castello di Bellinzona ma perché un impegno gastronomico della sera precedente mi ha impedito di muovermi in tempo. Però all'appuntamento all'azienda agricola la Colombera della famiglia Tognetti a S. Antonino di Giubiasco mi sono presentato puntualmente alle 17.30 mentre gli amici provenienti dalla vicina Bellinzona si sono lasciati attendere un po'. Mario Tognetti, il titolare, era lì ad attendere i convegnisti di Amamont; così con lui mi sono informato meglio dell'azienda e mi sono guardato in giro.

 

L'azienda è basata su un principio rigoroso di diversificazione, di multifunzionalità, di valorizzazione dell'alpeggio. Potrà sembrare strano ma - come avveniva in un passato 'storico' - la maggior parte della produzione di latte della Colombera si concentra nel periodo di estivazione. Durante il periodo invernale la maggior parte delle vacche viene utilizzata come 'nutrice' per allattare i vitelli. Trattandosi di Brune la cosa è possibile solo in forza della diverse modalità di erogazione di sostegni alle aziende agricole in Svizzera rispetto all'Italia ma anche della valorizzazione della carne, possibile attraverso la macellazione in azienda e la commercializzazione diretta.

 

La 'filiera corta' della Colombera può contare sul negozio aziendale e sul canale ConProBio. Due parole sul primo che è un vero e proprio negozietto del tutto simile ai negozi di prossimità dove si vende ogni genere di alimentari. Alcuni dettagli, le tendine, il simpatico coloratissimo campanaccio-campanello (foto nella colonna a sinistra in alto) fanno la differenza con quegli 'spacci' poco accattivanti che spesso vediamo nelle aziende lombarde, chiara espressione di una grave disattenzione culturale per un aspetto cruciale del rapporto con il consumatore.  (retaggio delle cultura che spingeva a produrre quantità).  Poi c'è il canale della coop ConProBio (consumatori e produttori bio) che coinvolge ben 1.500 famiglie sparse nel Cantone e nella limitrofa Val Mesolcina e 80 aziende contadine .  La disponibilità giornaliera dei prodotti ConProBio e, al suo interno, la grande varietà dei prodotti (latte, latticini, carni) della Colombera si può verificare online (lista prodotti). Angela Tognetti, moglie di Mario e contitolare della Colombera è la presidente della coop.

Oltre al macello in azienda è attivo anche il caseificio. Si lavora il latte delle mucche (non più di una decina), delle capre (Saanen, Camosciate ma anche di tipo Alpino comune)  e persino di un gruppo di pecore Lacaune che 'vivono' in mezzo alle capre (purtroppo non le ho fotografate). In azienda vi è anche pollame, conigli, maiali, asini, cavalli e pecore da carne. La gamma di prodotti che l'azienda è in grado di offrire è molto ampia. É un'impostazione 'orientata al consumatore' e non a mercati anonimi (grossisti e GDO). L'efficienza non si raggiunge con le elevate produzioni e la specializzazione ma attraverso le economie di scopo. La varietà di produzioni consente all'azienda di offrire molti servizi agrituristici ma anche agroeducativi. I grandi cartelli che campeggiano sopra la corsia di alimentazione delle mucche ci fanno capire che qui passano molti visitatori: scuole, gruppi, famiglie.

Alla Colombera la biodiversità viene 'insegnata' in modo molto concreto. Visitando l'azienda e la campagna circostante. "Quando siamo venuti qui, racconta Mario, gli altri contadini che passavano per l'azienda ci guardavano in un modo tale da lasciare intendere chiaramente che ci ritenevano dei matti". I Tognetti avevano in precedenza una piccolissima azienda in centro al paese. Il terreno era edificabile e la convivenza con i vicini non era facile. Con il ricavato della vendita di un ettaro di terreno avrebbero potuto campare di interessi per tutta la vita ma scelsero di acquistare l'azienda attuale, in mezzo alla campagna del Piano di Magadino, di oltre 10 ha.

 

 

Il Piano era considerato il 'Granaio del Ticino'. Bonificato nel corso del XIX secolo era rimasto a lungo un luogo malarico ("i ferrovieri dovevano prendere obbligatoriamente ogni giorno il chinino"). Fu con l'ultima guerra mondiale e la conseguenze necessità di autoapprovvigionamento di ogni cantone ('km 0 di necessità') che il Piano conobbe il massimo dello sfruttamento agricolo con la realizzazione di nuove aziende e l'affermaznione di un orientamento intensivo. Si capisce perché, quando i Tognetti hanno ricreato le siepi e piccole zone umide (in funzione di un minimo di recupero di connessioni ecologiche) venissero considerati matti. Invece è stata una scelta avveduta perché, negli anni, le misure agroambientali si sono fatte più incisive e l'interesse per i  percorsi educativi di visita all'azienda e ai suoi dintorni hanno incrementato l'attività dell'agriturismo e il fatturato del negozio.

La vicinanza della città non è solo un'opportunità. Può anche comportare inconvenienti. Ne sanno qualcosa i contadini (non certo solo di qui) che raccolgono erba e fieno imbrattati di popò del cagnolino portato a fare la passeggiata o che subiscono danni alle barre falcianti per presenza di oggetti lasciati nei prati da persone maleducate. Nell'ambito della campagna 'Grazie contadini svizzeri' sono stati realizzati moltissimi gadget e poster. Alcuni di 'immagine', altri più pratici come quello sotto che fanno proprio al caso di un'azienda si agricoltura periurbana come la Colombera.

Ci sono comunque cose peggiori delle cacche dei cani. Nella foto sotto si vede come i capannoni assedino la Colombera molto da vicino. Poi c'è l'assedio 'finanziario'. Quello dei banchieri che vogliono investire nella terra, sperando che prima o poi si possa edificare. Intanto i prezzi salgono.

Infine c'è l'inceneritore, inaugurato nel 2009. L'azienda Colombera era un punto di incontro per gli oppositori della sua realizzazione  (è chiamato anche qui ipocritamente  'termovalorizzatore'). Una vetrofania all'ingresso dell'Agriturismo (foto sotto) resta a testimoniare un po' melanconicamente la resistenza contro il grande impianto di combustione del pattume. Quante cose si concentrano in questa piccola piana strappata alle paludi del Lago Maggiore (mentre la montagna si desertifica). Sarà saggio?

I convegnisti hanno ascoltato con molto interesse le spiegazioni di Mario Tognetti, capace di raccontare con obiettività e chiarezza le vicende di un'azienda che pure lo ha molto coinvolto sul piano personale. Dalle sue parole senza enfasi inutile traspare una grande passione, passione per gli animali, la terra, i buoni prodotti, la montagna. Di certo i Tognetti sono soddisfatti delle scelte fatte e non rimpiangono di aver investito nell'agricoltura piuttosto che nei 'prodotti finanziari' (che qui si vendono 'come il pane') .

Il loro non è certo un orientamento bio o 'agro-ecologico' di facciata; sono dei contadini di tradizione, che sono passati al bio e praticano la multifunzionalità per continuare ad essere contadini veri, non certo per vezzi 'alternativi' e ideologismi. Innovazione nella continuità. Mario, nella foto sotto, sta mostrando tutta la fascia collinare a Sud del piano dove gli ambiti aperti - nel mezzo delle neoformazioni boschive che si sono sviluppate sopra gli abitati - sono tali grazie agli animali della Colombera. Il contributo di una singola azienda sul paesaggio di un territorio può essere grande e quel poster  'contadini artisti del paesaggio', con l'archistar Botta che fa da testimonial, gente come i Tognetti se lo meritano sul serio. Di più va detto anche chenti dall'estero. E molti anche dopo anni tornano a ringraziare della bella esperienza formativa "sono venuti a trovarci con i figli degli indiani cherokee che erano stati qui da ragazzi e che avevano messo su famiglia".  

Qui poi lavorano persone con invalidità fisiche e mentali che traggono beneficio dal lavoro agricolo perché non vengono trattati come quelli che l'ipocrisia semantica definisce 'diversamente abili'. L'importante riferimento alle funzioni sociali di un'agricoltura multifunzionale emancipata dalle ossessioni del produttivismo ha consentito di introdurre la presentazione di Patrizia Solari. Patrizia è una educatrice specializzata nella terapia delle 'disabilità' ed è direttrice della Fondazione S.Gottardo. Quest'ultima è impegnata in attività di agricoltura terapeutica. Tra le varie strutture la Fondazione gestisce infatti  l'Orto del gelso, a Melano dove viene attuato il  progetto agroterapeutico europeo orientato agli educatori  DIANA  (Disability In sustainable Agriculture: a New Approach for Training practitioners  coordinato dall'Università di Bologna. L'orto del Gelso per ora si occupa di coltivazioni ("dovendo chiudere dal venerdì al venerdì non possiamo tenere animali". Però il progetto prevede anche una futura 'fattoria didattica' con animali anche come strumento per riavvicinare i ragazzi delle scuole alle tradizioni dlel'agricoltura contadina. Patrizia ha tenuto a precisare che l'agricoltura terapeutica non va mitizzata ma che certo rispetto ad altre attività il contatto con i cicli naturali della terra consente di ottenere buoni risultati.  Come si vede le diverse 'multifunzioni' dell'agricoltura (sociali, culturali, educative) si integrano le une con le altre in una reale 'economia di scopi'. E un'esperienza si lega con l'altra in una rete di relazioni orizzontali mentre l'azienda agricola industrializzata e specializzata è intrappolata in relazioni unidirezionali con le strutture industriali e commerciali e dialoga poco o nulla con le altre aziende e le realtà sociali locali.

Alla visita dell'azienda e alle presentazioni di Mario Tognetti e di Patrizia Solari è seguito un incontro nella sala dell'agriturismo dove abbiamo potuto assaggiare i formaggi, i latticini e le carni dell'azienda. Intorno al tavolo (foto sopra) prima e durante la degustazione dei prodotti aziendali si è svolto quello che potremmo definire a buon diritto un 'seminario'. Cornelio Beti, presidente della Caseificio Val Poschiavo  (Canton Grigioni) ha esposto la realtà di una latteria che ha contribuito a fare della Val Poschiavo una valle bio (tutte le 17 aziende che producono latte in valle e che conferiscono al Caseifico (divenuto caseificio di valle dopo alcune fusioni) sono bio. Anche per chi come me è stato più volte a visitare il caseificio gli aggiornamenti espostio da Cornelio sono risultati interessanti specie perché confermano da una parte il crescente successo della latteria ma dall'altra la volontà di voler rimanere ancorata alla valle senza lasciarsi lusingare dalla tentazione di ricorrere all'importazione di latte sull'onda del successo commerciale (peraltro legato anche alla positiva immagine della valle, veicolata dal famoso trenino rosso del Bernina che si vede transitare dalle vetrate del caseificio).

 

 

Oltre a Cornelio sono intervenuti Luigi Rumo, giovane viticultore valtellinese di Villa di Tirano in attività da sei anni con 4 ha di vigneti (in buona parte terrazzati e quindi decisamente 'alpini'), Mauro Nani, agronomo e apicoltore in Val Malenco (quindi anche lui valtelliense) e Valerio Russello, olivicoltore ligure. Questi giovani agricoltori hanno dimostrato con la loro presenza che Amamont non vuole preoccuparsi solo di alpeggi e zootecnia. Ben ha fatto quindi Amamont ha mettere la concertezza dell'alpeggio al centro della sua attenzione alla 'montagna dell'uomo', ma altrettanto bene fa ad interessarsi di agricoltura alpina a 360° secondo una linea di continuità che ha sempre visto cerealicoltura, viticoltura, castanicoltura, orticoltura integrare l'attività zootecnica e pastorale.

 

La voce dell'agricoltura ticinese nel nostro seminario informale è stata rappresentata, oltre che dai Tognetti, anche da Giovanni Berardi di Breno. Giovanni oltre che essere un imprenditore agricolo innovativo (alleva bovini da carne Highlander in modo 'multifunzionale' gestendo anche un'attività agrituristica) è presidente di Agrifutura, un'associazione di contadini che si è staccata dall'Unione dei contadini ticinesi. É anche candidato alle elezioni cantolali del 10 aprile per il PPD. I termini della polemica tra la nuova organizzazione, che si avvia a rappersentare quasi il 20% dei contadini ticinesi e la maggioritaria Unione non sono facili da comprendere per chi non è ticinese. In Italia Futuragri è un'associazione di assatanati sostenitori degli 0GM mentre i 'futuristi' ticinesi  non hanno nulla a che fare con gli agrifuturisti italiani essendo decisamente anti OGM,  favorevoli all'agricoltura bio e a un rapporto più stretto anche di tipo culturale tra città e campagna, tra montagna e città.

Uno dei punti che ha avvicinato alcuni amici ticinesi ad Amamont (i Tognetti, Giovanni Berardi, Chiara Solari) è stato proprio questo tipo di approccio della nostra associazione che, nel mentre promuove una rivalutazione della tradizione, è aperta allo scambio culturale tra realtà diverse consapevole che l'agricoltura si è troppo contratta e ripiegata su sè stessa durante la fase storica dell'industrialismo per riuscire a recuperare da sola il maggiore spazio econocico, sociale e culturale che deve tornare ad avere.

I 'nostri' giovani (i giovani contadini - laureati o diplomati - presenti all'incontro) ci hanno sollecitato a mettere al centro dell'attenzione dell'associazione il problema cruciale del ricambio generazionale. Un ricambio che non può avvenire solo per 'rimonta interna' ma che necessita l'attrazione di forze giovanili dall'esterno del mondo agricolo. E non è poi anche questo il significato delle iniziative agri-educative, agri-culturali, del progetto 'ragazzi in alpeggio' che Amamont ha lanciato contando (per ora) sul solo volontariato?

Durante la degustazione l'altro argomento molto 'gettonato' è stato quello del lupo. I nostri amici ticinesi, forse perché molto attenti al rapporto con la città e allergici alle tentazioni demagogiche vecchio strampo, si sono dichiarati abbastanza freddi rispetto alle campagne anti-lupo lanciate con grande enfasi dall'Unione dei contadini. Gli abbiamo fatto presente, non tanto noi lombardi o piemontesi, ma il nostro presidente grigionese Plinio Pianta, che la situazione del Piemonte e di altre regioni italiane non è confrontabile con quella della Svizzera dove, per ora, non esistono ancora branchi di lupi. La discussione si faceva interessante ma ha dovuto essere interrotta. Dovevamo trasferirci a Monte Carasso e prendere la piccola funivia per Curzútt.  Certo il discorso andrà approfondito e il diverso punto di vista degli amici svizzeri su alcune questioni può essere stimolante.  

 

 

                   

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

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