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Inforegioni/Amamont in Ticino (a Curzútt)

 

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(06.04.11) Amamont in Ticino (I)

Molti gli stimoli che i partecipanti hanno potuto ricevere dalla partecipazione del convegno annuale Amamont. La due giorni si è tenuta nei pressi di Bellinzona,  tra un'azienda multifunzionale bio - fortemente legata all'alpeggio - del Piano di Magadino e un antico centro rurale a 600 m oggetto di un interessante progetto di rivitalizzazione. 

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Cosa sono i Patriziati?

 

In Svizzera i Patriziati sono enti autonomi ma di diritto pubblico riconosciuti dai governi cantonali. Al Patriziato o Comune patriziale che si distingue dal Comune politico appartengono solo i residenti di antica data. I Pariziati hanno il compito di salvaguardare i beni collettivi preservandole l'uso pubblico e di salvaguardare le tradizioni locali. In Canton Ticino i boschi e gli alpeggi sono molto spesso di proprietà patriziale. Il Canton Ticino è quello dove l'istituzione ha un più forte radicamento. I Patriziati corrispondono alle Vicinie lombarde che furono abolite da Napoleone (qualcuna, però sopravvive grazie ad escamotage giuridici ancora oggi). I Patriziati sopravvissero grazie ad un compromesso che ne garantì l'esistenza sottoponendoli a un regime in parte pubblicistico. Le Vicinie, invece, come i vecchi Patriziati erano enti privati, le loro proprietà erano proprietà sociali (o collettive) ma di natura privata.

I Patriziati hanno garantito un senso di maggiore responsabilità verso i beni 'collettivi'.

 

 

Fondazione

Informazioni e prenotazioni:
Fondazione Curzùtt 
6513 Monte Carasso
Uff. info:  + 41 (0)91 835 57 24
Ostello: + 41 (0)91 835 57 23
Fax: + 41 (0)91 835 57 25
website comune: 
www.montecarasso.ch

website fondazione: www.curzutt.ch
email: ostello.curzutt@bluewin.ch

 

Salone (90 mq), 70 ospiti per seminari, eventi, 
ricevimenti e banchetti

2 Salette  (25 mq) 25 ospiti per ogni sala per piccoli seminari, meeting aziendali

Grotto (20 mq) 18 ospiti per piccoli seminari e meeting aziendali

Terrazza panoramica (60 mq) per ricevimenti e banchetti all'aperto

Servizi offerti: Ristorazione/ Assistenza tecnica 
/Soluzioni personalizzate

42 posti letto suddivisi in 7 camere

 

website funivia: www.mornera.ch

 

 

Un momento di pausa dei convegnisti sulla terrazza dell'Ostello di Curzútt

Alcuni partecipanti 'di peso' del convegno. Da sinistra: Plinio Pianta, pres. di Amamont; Laura Sadis (Partito Liberale Radicale)  vice-presidente del governo cantonale (Consiglio di Stato)  e a capo del Dpartimento delle finanze ed economia; Norman Gobbi, deputato al parlamento federale (Consiglio nazionale) e candidato della Lega dei ticinesi al Consiglio di Stato (la Lega è attualmente fuori dal governo del Cantone); Giovanni Berardi, Presidente di Agrifutura (ass. di agricoltori ticinesi) e candidato al Gran Consiglio (Assemblea legislativa cantonale)  per il Partito Popolare Democratico (socio AmAMont); Carlo Bertinelli, presidente della Fondazione Cuzútt.

Amamont (associazione amici degli alpeggi e della montagna)

website associazione: www.amamont.eu

 

Tel. Ufficio: 091 785 40 15
Fax ufficio: 091 785 40 19
E-mail:
  info@conprobio.ch

Cooperativa Consumatori 
e Produttori del Biologico
Casella postale 207
6593 Cadenazzo

 

website: www.conprobio.ch

 

E-mail: info@schweizer-bergheimat.ch

website: www.schweizer-bergheimat.ch

 

 

Associazione mAGNo

vendita prodotti alimentari locali

el Stradún 35 
6513 Monte Carasso

email: info@quintorno.ch

website:  www.quintorno.ch

tel. + 41 (0) 91 825 90 30

 

 

(08.04.11) Il significato e i risultati del convegno Amamont 2011 in Canton Ticino sono da attribuire in larga misura alla localizzazione. Tra un'azienda multifunionale bio - ma fortemente legata all'alpeggio - del Piano di Magadino e un antico centro rurale a 600 m

Il Convegno Amamont in Ticino 

tra Colombera e Curzútt (II)

di Michele Corti

 

Resoconto della stimolante giornata a Curzútt, un nucleo rurale che sino al XVIII ha rappresentato il centro focale della comunità di Monte Carasso, poi discesa alle pendici el monte. La visita dei luoghi, di per sé molto interessanti anche per gli interventi recenti di recupero valorizzazione si è integrata in modo estremamente stimolante con le tematiche discusse nel convegno ricco di relazioni e interventi. Nessuno noioso o fuori tema.

 

Riprendo la mia cronaca da dove ero rimasto. Alla funivia. Che è stata anch'essa protagonista. Molti pensano che i luoghi non raggiungibili dalle strade siano 'tagliati fuori' da ogni prospettiva di valorizzazione. Forse, invece, assumono un'attrattiva speciale per chi vive giornalmente l'angoscia del traffico e dei parcheggi. Chi costruisce, ristruttura, vende immobili a destinazione turistica (le 'famigerate' seconde case, una piaga se superano una certa quota rispetto alle abitazioni complessive di una località) pensa che il 'cittadino' anche per un breve week-end non possa rinunciare a stivare il Suv di una serie di amenicoli,  appendici tecnologiche che fanno parte dell'esistenza quotidiana un po' alienata ma che si desidera avere sempre con sé anche nel 'tempo libero'. In più si pensa che anche per un breve soggiorno sia necessario svuotare l'Ipermercato e caricare il suddetto Suv di ogni ben di Dio. Come se invece che il week-end si dovesse affrontare l'apocalisse atomica

 

Mappa tratta da SvizzeraMobile (provate a usare il servizio poi confrontatelo in praticità e velocità con Atlante Italiano - con le mappe 1:25.000 degli anni '30 - e i servizi cartografici delle Regioni)

 

La funivia è in funzione dal 2001 e permette di giungere a Mornera, a 1.350 m, in poco più di 10 minuti. L'impianto può trasportare al massimo 8 persone oppure 650 Kg di merce ed è dotato del funzionamento in automatico per trasporti fuori dall'orario di presenza del personale di esercizio. Acquistando il biglietto tramite il distributore automatico, o allo sportello durante gli orari d'apertura, è infatti possibile recarsi in montagna o rientrare al piano, azionando l'impianto direttamente dalla cabina. Il funzionamento in automatico possibile tutto l'anno dalle 06.30 alle 21.30 (mentre quello con operatore varia in funzione del giorno della settimana e del mese dell'anno). Un elemento interessante è che la Funivia è di proprietà del Patriziato l'ente (vedi spiegazione nella colonna a fianco in alto) che gestisce i beni boschivi e pastorali. I partecipanti al convegno Amamont hanno potuto usufruire del servizio di trasporto gratuito. Una gradita sponsorizzazione 'in natura' alla quale vanno aggiunte quelle della Fondazione, del Cantone e del Comune che hanno consentito di offrire il pranzo presso l'Ostello a tutti i partecipanti.

 

La funivia ha efficacemente aiutato il progetto di rinascita di Curzútt (Corte di sotto). Quando la funivia è entrata in funzione il progetto dell'Ostello di Curzútt (un ostello per giovani che potesse fungere da punto di partenza per la riscoperta della collina alta di Monte Carasso) era ancora agli albori (dettagli nella colonna a fianco). Nel 2001 venne affidato l'incarico dalla Fondazione agli architetti, nel 2002 il progetto (nonostante quello che per i tempi svizzeri è stato 'un iter piuttosto laborioso') venne approvato e nel 2003, a marzo, i lavori erano già conclusi. Poi è stata realizzata la 'fermata' della funivia.  Nella foto sotto a sinistra la terrazza (sopra) e le cucine (sotto), a destra la sala multifunzionale sotto (anche sala da pranzo) e la sala riunioni (sopra). Nella colonna a sinistra alcune immagini tratte dalle belle schede della Fondazione che documentano i lavori di costruzione.

Sulla qualità dell'intervento parlano le foto che testimoniano la cura dei dettagli e il rispetto filologico dell'architettura tradizionale e dei dettagli della infrastrutturazione. 

Il nucleo recuperato nel pieno rispetto delle caratteristiche architettoniche originarie (unico elemento di innovazione alcune grandi vetrate) è di per sé di grande interesse.

La  Fondazione ha operato efficacemente per far rinascere e ridare una nuova funzione al sito stimolando l'iniziativa dei privati.  Allo scopo originale di turismo giovanile si è affiancato quello di un turismo formativo e congressuale (senza disdegnare banchetti e pranzi di lavoro). Una funzione che amplia molto l'utilizzo della struttura. Il senso del progetto non è legato solo al recupero abitativo e alle funzioni residenziali. Ad esse sono strettamente connesse quelle educative ed agricole, Il recupero dei castagneti e l'impianto di vigneti rappresentano elementi essenziali del progetto affiancandosi ad altri elementi di interesse (a cominciare dall'oratorio affrescato di S. Barnárd che 'visiteremo' oltre).

 

Di particolare interesse il vigneto della foto sotto, collocato a ridosso del nucleo di Curzútt e circondato da un alto muro a secco. Siamo di fronte ad una viticultura di montagna. I pali si sostegno sono rigorosamente di castagno. Una materia prima che qui non difetta. É la legna di castagno che rappresenta anche l'unico combustibile, veramente rinnovabile e sostenibile, che qui viene usato. L'Ostello è dotato di una grande 'stufa tecnologica' che riscalda anche le camere. Consumo: 150 kg di legna al giorno.

 

Oltre al vigneto contiguo al nucleo ne sono stati realizzati di nuovi a Ovest sul sentiero che porta a S. Barnárd.

L'afflusso dei partecipanti, che dovevano salire con la funivia, è andato un po' a rilento e il convegno non è potuto iniziare con puntualità svizzera. Però si è cercato di rimediare. Gli interventi si sono susseguiti senza pause e perditempo (niente coffee break). I presenti sono rimasti attenti dall'inizio alla fine come capita solo nei convegni in cui si dicono cose interessanti. Ha introdotto il presidente di Amamont, Plinio Pianta che ha illustrato come è nata l'idea del convegno; ha ricordato l'avvicinamento all'associazione di diversi amici ticinesi avvenuto lo scorso anno in occasione del convegno di Breno (Breno in valle Camonica da non confondersi con Breno nel Malcantone).  Amici molto attivi nel mondo agricolo ticinese, specie con riguardo agli allevamenti bio: Giovanni Berardi, Mario e Angela Tognetti, Chiara Solari. Essi che hanno favorito i contatti con la Fondazione Curzútt e gli altri enti. Da questi contatti è scaturito anche il tema: La collaborazione istituzionale: vantaggi per la montagna, per la gente di montagna, per i montanari, ma anche per i cittadini  e la localizzazione (rivelatasi quanto mai felice).

 

Da destra: Laura Sadis, Arnoldo Coduri, Norman Gobbi

 

Dopo un breve saluto del padrone di casa, Carlo Bertinelli, presidente della Fondazione, ha preso la parola Laura Sadis, vice-presidente del Consiglio di Stato (governo cantonale) e direttrice del dipartimento delle finanze ed economia che si occupa anche dell'agricoltura.  La prima parte del convegno era dedicata al tema: Quale politica istituzionale come strumento  anche di supporto alla nuova  filiera agroalimentare?. La consigliera Sadis oltre a parole di saluto di prammatica è entrata sia pur brevemente nel merito delle politiche agroalimentari del canton Ticino non mancando di ricordare come assi di una politica di qualità, legata anche alla cura del paesaggio, al turismo sono la viticoltura ma anche gli alpeggi che forniscono formaggi prestigiosi, molto importanti per l'immagine agroalimentare del Ticino.  É poi intervenuto Norman Gobbi deputato al parlamento federale (Consiglio nazionale) e candidato della Lega dei ticinesi al Consiglio di Stato. Gobbi che, per chi non lo sapesse è uno dei politici che si sono più spesi in tema di difesa della pastorizia dal lupo, ha espresso apprezzamento per l'approccio concreto di Amamont ai problemi della montagna, lontano da quello di certo ecologismo ideologico ma vicino agli interessi di una 'montagna dell'uomo' fatta anche di tradizioni vive. Il politico dell'alto Ticino ha ricordato come tramite i Patriziati e le Boggie (antichi consorzi d'alpeggio) i montanari ticinesi anche quando occupati in altri settori hanno mantenuto forti legami con la montagna "come boggese avrei anch'io il diritto a caricare una vacca in alpeggio".  Si è poi concesso una battuta: "Se ci fossero stati gli ecologisti i nostri antenati non avrebbero mai creato gli alpeggi incendiando le foreste e creando i pascoli".

Sul tema degli strumenti e delle nuove politiche a sostegno delle filiere agroalimentari di montagna è  intervenuto  Alberto Lugoboni (dirigente della struttura della DG agricoltura di Regione Lombardia che si occupa di montagna). Lugoboni ha portato i saluti dell'assessore all'agricoltura Giulio De Capitani.

Alberto Lugoboni (foto sopra) ha esposto i nuovi orientamenti della Regione Lombardia e, in particolare, la volontà dell’assesore De Capitani, di imprimere una svolta agli interventi a sostegno dell'agricoltura di montagna. Innanzitutto introducendo una nuova azione ("L") della misura 214 del Piano di sviluppo rurale che comporta un sostanzioso contributo per le praterie alpine purché ben pascolate, quindi ridistribuendo l'indennità compensativa (a favore di prati e pascoli di montagna) a favore delle superfici realmente di montagna ed escludendo alcune piane piatte come tavole da biliardo ma ricomprese nella 'montagna ISTAT'. Lugoboni ha anche ricordato l'impegno per la semplificazione delle misure di trasformazione del bosco e per il recupero di prati e pascoli 'conquistati' negli ultimi decenni dal bosco. Una svolta non facile che si scontra con le inerzie della burocrazia. Però l'affermazione del dirigente regionale "vogliamo riportare i pascoli all'estensione di qualche secolo fa" è, a dir poco, 'storica'.

Il tema del 'differenziale' di svantaggio o, meglio, del coefficiente di 'montanità' è stato ripreso da Fausto Gusmeroli, ricercatore della Fondazione Fojanini di Sondrio e consigliere Amamont. Fausto ha illustrato alcuni risultati della ricerca commissionata da IREALP, l'ente di ricerca della Regione Lombardia per la montagna, purtroppo cessato il 31 dicembre 2011 per l'applicazione degli 'accorpamenti' tra enti. Il principio che ha guidato lo studio, che peraltro riflette esigenze che hanno già da tempo trovato applicazione in Svizzera e in Austria, è che non c'è peggiore ingiustizia che trattare nello stesso modo chi non è uguale (citazione di Don Milani). I contributi per l'indennità compensativa versati a grandi aziende super-meccanizzate dei fondovalle valtellinese, valchiavennasco e camuno si sono tradotti in una rendita che ha sottratto risorse alle vere aziende di montagna. La finalità della ricerca non riguardava però solo l'agricoltura ma l'insieme dell'intervento territoriale. É stato elaborato un indice che tiene conto di altitudini, temperature medie, pendenze, settentrionalità e sono stati classificati tutti i comuni della montagna lombarda. A questo indice di 'montanità fisica' dovranno essere affiancati (anche in relazione all'ambito degli interventi) opportuni parametri socio-economici (ovvi quelli di accessibilità). In ogni caso ci si augura che il tema venga ripreso da Regione Lombardia. Specie in un periodo di risorse decrescenti non ci si può permettere di disperdere o distrarre quelle che dovrebbero essere espressamente finalizzate al mantenimento della vitalità della montagna.

Anche Luca Battaglini (foro sopra), come Lugoboni ha portato segnali di una nuova 'linea' della Regione (Piemonte in questo caso). Luca, docente dell'Università di Torino (Dip. Scienze Zootecniche) e anch'egli consigliere Amamont ha illustrato l'importanza che ancora rivestono i sistemi pastorali piemontesi anche in termine di produzioni di qualità specifica e di mantenimento del territorio. Ha poi richiamato brevemente il progetto PROPAST. Un progetto come dice la sigla, pro-pastorizia, specie nelle zone in cui deve confrontarsi con il problema del lupo. Luca ha portato i saluti dell'assessore Claudio Sacchetto.

Anche Luca Battaglini (foro sopra), come Lugoboni ha portato segnali di una nuova 'linea' della Regione (Piemonte in questo caso). Luca, docente dell'Università di Torino (Dip. Scienze Zootecniche) e anch'egli consigliere Amamont ha illustrato l'importanza che ancora rivestono i sistemi pastorali piemontesi anche in termine di produzioni di qualità specifica e di mantenimento del territorio. Ha poi richiamato brevemente il progetto PROPAST. Un progetto come dice la sigla, pro-pastorizia, specie nelle zone in cui deve confrontarsi con il problema del lupo. Luca ha portato i saluti dell'assessore Claudio Sacchetto.

La prima parte del convegno si è conclusa con le relazioni dei tecnici degli uffici cantonali. Essi hanno esposto l'evoluzione delle azioni del Canton Grigioni e del canton Ticino in connessione con le politiche federali. Va ricordato che in Svizzera la politica agricola è gestita in larga misura a livello federale. Per il Canton Grigioni hanno relazionato Rudolf Bucher dell'Ufficio agricoltura (i sostituzione del capo Ufficio, Aurelio Casanova) e Lorenzo Zanetti, Ufficio promozione economica.

I relatori grigionesi hanno richiamato i nessi tra gli interventi agricoli e la nuova politica regionale sottolineando la differenza di scala delle due politiche. Un aspetto molto interessante della politica svizzera per la montagna, specie per la parte italiana, richiamato da Bucher è rappresentato dall'applicazione differenziata dei sostegni federali in funzione del grado di pendenza (che è uno degli elementi, anche se non l'unico, della 'montanità'). Anche il Canton Grigioni, per gli aspetti di sua competenza (la promozione innanzitutto) sta operando in favore della valorizzazione delle filiere corte, dell'integrazione tra turismo e agricoltura. Comparti 'minori' quali erbe officinali, selvaggina, miele, piccoli frutti stanno ricevendo anche nei Grigioni nuova attenzione mentre nell'ambito delle filiere 'maggiori' (carne e latte) si punta alla differenziazione e al recupero della qualità artigianale. Uno degli strumenti messo in campo negli ultimi anni per implementare l'immagine di qualità della produzione agroalimentare di montagna dei Grigioni è il marchio ALPINA VERA che è stato attivato anche in altri cantoni svizzeri di montagna. Sotto un'immagine emblematica di un 'mercatino alpestre', versione d'alpeggio dei mercatini contadini.

Il convegno è proseguito a tappe forzate affrontando la seconda sotto-tematica: la riscoperta del valore del territorio, dei nuclei insediativi montani e degli alpeggi. Ne hanno parlato Carlo Bertinelli, presidente della Fondazione Curzútt, Sabrina Guidotti e Gianluca Giuliani. I primi ticinesi, il secondo grigionese. Gianluca per la verità ci ha tenuto a sottolinare la sua identità poschiavina, l'appartenenza alla piccola patria, heimat poschiavina. Non a caso è presidente dell'associazione Pus'ciavin in Bulgia (associazione analoga al Fogolar Furlan o alla Famiglia Valtellinese che esistono a Milano). In realtà nella slide Gianluca ha riportato a caratteri cubitali pusc' ciavin secondo una grafia più aderente alla fonetica lombarda. Sì perché nella sovrapposizione delle appartenze non va dimenticato che ticinesi, sud-grigionesi e buona parte dei lombardi (nel senso di cittadini dell Regione Lombardia) sono accumunati dalla lingua. Pus'ciavin in Bulgia è figura che si riferisce all'emigrante che arriva in città con solo la sua borsa (bulgia è 'borsa' a Milano come a Poschiavo). Sul paradosso dei lombardi che si sentono più a casa loro oltrefrontiera molto di è detto e scritto e non ritorno. Certo che qui l'eco delle 'guerre fiscali' tra Berna e Roma, ma anche delle polemiche sui frontalieri, sulle ditte svizzere vessate in Italia, le ritorsioni svizzere ecc. ecc. è lontano, solo Gobbi ha fatto un fugace riferimento a questi problemi. Non c'è stato il tempo di parlarne nel convegno ma certo chi persegue la collaborazione transfrontaliera dal basso come Amamont no ne trae certo incoraggiamento. Ma chiudiamo questa parentesi cultural-politica e torniamo al tema centrale del convegno. Bertinelli, che rappresenta la Fondazione padrona di casa ha illustrato la genesi del progetto Curzútt; ha spiegato come è stato difficile, anche in Svizzera, mettere insieme tre enti: Comune, Patriziato e Fondazione. Però i risultati sono stati incoraggianti e si sta già pensando a un progetto a più ampio raggio che riguarda la valorizzazione e la fruizione di tutta la montagna, non solo quella di pertinenza del comune di Monte Carasso ma anche dei comuni limitrofi. Dal piano al Gaggio d'Albagno a 2.267 m (foto sotto).

Alle prospettive di allargamento del progetto Curzútt si è agganciata Sabrina Guidotti dell'Associazione MaGNo  L'associazione che opera nel bellinzonese (l'acronimo riflette le diverse località) gestisce un progetto di sviluppo regionale dall'evocativo titolo "Transumanza- Dal Parco del Piano di Magadino al Gaggio di Albagno  = valorizzazione dei luoghi, delle attività dei prodotti della verticalità territoriale. Il nesso con i progetti della Fondazione Curzútt è evidente anche nel riferimento simbolico al 'tetto' del territorio, il già citato Gaggio di Albagno. "Transumanza" si propone di connettere azioni di valorizzazione agricola e turistica tra monte e piano (poi, come spesso accade nei progetti, finiscono dentro anche cose meno in tema come un impianto a biogas). A parte il biogas MaGNo ha attivato il progetto Quintorno creando una vetrina virtuale e non dei prodotti tipici del territorio. Ma Quintorno, situato fisicamente a Monte Carasso, Via el stradùn (Inciso: tutta la toponomastica del centro storico di Monte Carasso è in lumbart; l'operazione va inquadrata nel recupero di identità storica di un abitato che era privo di un centro storico e che lo ha creato con interventi contestuali al recupero dell'importante monumento storico rappresentato dall'ex Monastero delle Agostiniane). Quintorno non è solo un negozio ma un centro culturale, 'porta' del territorio, centro culturale "catalizzatore di iniziative a carattere enogastronomico, storico, paesaggistico, artigianale". Un modello esemplare.

Veniamo all'intervento dell'amico Giuliani, un economista che, come ricorda egli stesso ha passato da ragazzo tanto tempo in cantina a girare i formaggi e sul pascolo a curare le bestie. Così rimane con i piedi per terra. Il suo intervento, basato anche sulla sua esperienza di consulente all'interno di progetti ticinesi di sviluppo rurale (non ultimo quello della "Transumanza" appena visto), è stato centrato sulla necessità di una svolta negli interventi si sviluppo regionale, rurale, agricolo (poi necessariamente interconnessi). "Si sono investite troppe risorse nelle infrastrutture e poche nel capitale umano, nelle attività che non richiedono grandi investimenti strutturali ma che, nella loro modestia, creano più posti di lavoro che i grandi impianti industriali". Musica per le orecchie ruralpine. Gianluca, che è anche docente all'Università di Zurigo e che vede le cosa anche dal punto di vista teorico, ha illustrato la sua tesi - che peraltro gode di largo consenso tra chi opera in montagna - con esempi concreti. Investimenti in filiere corte alimentari/artigianali che cerano 2-3 posti di lavoro ma che attivano una circolazione economica che non defluisce fuori dal territorio e alla fine si può quantificare in 10 posti di lavoro. Al contrario i 50 posti di lavoro di un piccolo impianto industriale, inseriti in filiere lunghe (di input e output) si traducono in 10 posti di lavoro 'territoriali'. Il caso tiene conto che un investimento industriale in Ticino o a Poschiavo attira manodopera frontaliera. Un bene per i valtellinesi, i comaschi, i varesotti ma per il territorio un fatto negativo perché i valtellinesi, i comaschi e i varesotti la busta paga la spendono in Italia. L'esempio dei territori svizzeri transfrontalieri è estremo ma pensiamo che anche il bresaolificio valtellinese che importa carne dal Brasile,  che assume extracomunitari (che mandano a casa almeno parte dello stipendio) e che vende alla GDO di tutta Italia (dove resta buona parte del valore aggiunto) ha una potenzialità di valorizzazione del territorio molto modesta in rapporto all'investimento per posto di lavoro.

Nella foto sopra Gianluca spezza una lancia a favore dell'agricoltura e delle aziende zootecniche (che conferiscono il latte, tutto bio, al Caseificio Val Poschiavo). va detto che Gianluca oltre essere figlio di allevatori è anche nel Consiglio di Gestione del Caseificio. Cosa dice la slide? Che agricoltura e turismo di rinforzano a vicenda moltiplicando valori. Il Trenino Rosso 'dell'Unesco' veicola l'immagine della valle e spinge le vendite del formaggio ma le mucche (e gli allevatori) ricambiano facendo vedere ai turisti che transitano sul trenino le mucche al pascolo e prati e pascoli verdi che non sarebbero tali senza le 'operaie del verde' (le mucche). Tra le altre cose esposte da Gianluca vale la pena ricordare anche il concetto di goodwill, l'atteggiamento positivo dei cittadini nei confronti della campagna, della montagna dei contadini. Un concetto che la campagna 'Grazie contadini svizzeri' mira a rafforzare e 'istituzionalizzare' ma che è forte e spontaneo. "Io lo vedo a Zurigo". Su questo concetto sono poi tornati gli amici ticinesi che hanno chiuso il convegno.

L'ultima parte del convegno era dedicata a Esperienze di filiera corta: realtà e necessità delle piccole aziende  agricole in Svizzera. Hanno parlato Angela Tognetti, presidente della coop ConProBio e contitolare de La Colombera, l'azienda del piano dove i convegnisti erano stati ospiti il giorno precedente  (vedi parte I di questo lungo resoconto), Giovanni Berardi, presidente di Agrifutura (ass. di agricoltori ticinesi). Chiara Solari, presidente di Berheimat Svizzera, associazione di piccole aziende bio di montagna era bloccata a letto dalla bronchite ma ha mandato un breve intervento letto da Angela Tognetti. Chiara è sorella di Patrizia che il giorno prima (alla Colombera) ci aveva parlato di esperienze di agricoltura terapeutica (con i disabili). L'esperienza di ConProBio è veramente interessante: 1.500 famiglie in tutto il Ticino, 80 aziende agribio come fornitori (+ importazioni diretta da Italia e in minore misura da catene di distribuzione bio a integrare i prodotti che l'agricoltura bio ticinese non è in grado di offrire). Il bello di ConProBio è che è nata e gestita dal basso e non è finita nel controllo di burocrazie. La struttura distributiva è semplicissima ed è basata sulla prenotazione diretta da parte dei consumatori che possono vedere in internet cosa è disponibile. Non ci sono 'centrali'. La merce parte dall'azienda socia e con furgoncini raggiunge i piccoli gruppi di acquisto locali composti da diverse famiglie. Questo schema ha impresso un forte impulso alle aziende partecipanti che possono far avere al consumatore finali prodotti di origine garantita, freschissimi e a costi contenuti. Non c'è regalo di valore aggiunto alla distribuzione a spese di produttori e consumatori. Chiara Solari nella sua comunicazione scritta ha toccato sia pur brevemente punti molto importanti. Oggi le piccole aziende sono disprezzate, ma domani? Chiara prefigura uno scenario in cui le diseconomie delle grandi strutture di produzione e distribuzione globalizzate metteranno in forse la stessa sicurezza alimentare e in cui tornerà economico produrre in strutture piccole e medie inserite in filiere territoriali. Chiara è presidente di un'associazione che pratica quella che si può inquadrare in una 'community supported agriculture'. Oltre ai soci contadini ci sono i soci non contadini che non potendo coltivare o allevare essi stessi stanno in città) desiderano essere coproduttori. E un modo di essere coproduttori oltre agli abbonamenti spesa è quello di finanziare prestiti a tasso zero ai contadini dell'associazione che ne hanno bisogno. Fatti concreti e significativi. L'intervento di Berardi è stato sacrificato dall'ora ormai tarda. Ha ripreso l'importanza delle filiere corte, del volontariato, del rapporto tra la città e la campagna.  Pur nella varietà di esperienze il convegno si è snodato, anche senza un disegno consapevole, su determinati fili conduttori. Non vi sono state divagazioni dispersive. La gente è stata sempre attenta. Però era l'una passata e il programma prevedeva - prima del pranzo - la visita all'oratorio di S.Barnárd. Dopo un po' di relax al sole (eccezionalmente caldo per la stagione) ci si è incamminati.

A farci da cicerone Natalino Morisoli cui si è affiancato Antonio Codoni ecologo e geografo di Rovededo (nella vicina Mesolcina grigionese) competente anche in storia dell'arte. L'oratorio si scorge già a poche centinaia di metri dall'ostello, dove il sentiero passa attraverso i vigneti (foto sotto).

L'edificio risale nel suo nucleo originario al XI secolo. Ha assunto al consistenza attuale nel XVI secolo. Dalla fine del XVIII secolo, con la calata al Piano della popolazione (che si insediò nell'attuale Monte Carasso) la chiesa che già serviva a ben 700 anime venne declassata a oratorio. Come spesso succede l'abbandono o il declassamento congelano la situazione del massimo splendore e così le pareti interne si presentano ancora affrescate con le originali pitture del XIV e XV secolo.

Ci si stupisce che chiese di montagna in ambiti apparentemente marginali possano essere state decorate da artisti che hanno operato in un ambito non certo esclusivamente locale. E che quindi erano ben pagati. Un ‘test’ che la dice lunga su quanto sia penetrata la nozione della ‘marginalità intrinseca’ della montagna. In epoche passate erano le pianure paludose ad essere ‘marginali’, non solo qui. Le basse valli dell’Adda, dell’Oglio, dell’Adige, della Mera, del Toce ecc. ecc. avevano gli stessi problemi. Gli insediamenti di mezza costa erano, invece, relativamente prosperi.

Le pitture più antiche sono del '300) come la Madonna del latte (iconografia molto diffusa in area lombarda che venne proibita dal Concilio di Trento). Le più interessanti sono della seconda metà del '4000 ed opera dei 'Seregnesi', una famiglia di pittori che in realtà si erano stabiliti a Lugano sin dal '200. I Seregnesi (Cristoforo e il nipote Nicolao) sono stati attivissimi in tutto il Ticino e nella Mesolcina. Ci rimangono per fortuna moltissime opere, tra cui parecchi cicli.

Disprezzati dalla critica come 'mestieranti' i Seregnesi sono stati rivalutati nel corso del '900. In pieno Rinascimento seguivano ancora i canoni arcaici dei secoli precedenti  ma forse perché così voleva la committenza. La loro opera non priva di forza espressiva fa luce sui particolari della devozione popolare tardo medioevale e su altri aspetti quali l'alimentazione. La loro firma: un merletto complesso che fa da cornice alle opere (sotto i convegnisti nell'oratorio).

A S. Barnárd i Seregnesi hanno dipinto diverse opere, principalmente santi. Ma il lavoro più significativo qui eseguito è l'ultima cena.

Sulla tavola della 'Cena' gamberi di fiume (presenti in diverse altre Ultime cene di area lombarda del periodo), pesci (sia interi che affettati), ciliege, vino, pani di diversa forma e un animaletto arrostito (maialino o coniglio?).

I fornai di Monte Carasso - a riprova dei legami tra arte e cibo - si sono cimentati di recente nella produzione di un pane di forma 'stellata' simile a quello rappresentato nell'Ultima cena di S. Barnárd. Il risultato ci è stato presentato nella sala multifuznionale dell'Ostello dove abbiamo pranzato. (foto sotto)

Impegnato in interessanti discussioni con i commensali e interessato a questo punto più al cibo che alle foto (si era fatto tardino) non ho più scattato. Chiudo con una raffigurazione tratta dal ciclo dei mesi di S. Barnárd: il mese di giugno simboleggiato dal 'segatore'. Arte rurale senza dubbio. Di 'maestri' inseriti sì nella vita cittadina ma che hanno trascorso buona parte della vita a dipingere i luoghi di campagna e di montagna assorbendone inevitabilmente le sensibilità  (sono ben 42 i siti dove si conservano opere dei Seregnesi di cui 14 cicli di affreschi). Al termine del pranzo si è svolta l'Assemblea Amamont. Note salienti: l'entrata di Mario Tognetti nel direttivo dell'associazione al posto di Cristina Solari, antesignana ticinese di Amamont ma troppo oberata da impegni di vario tipo; conferma delle altre cariche sociali e l'annuncio - su proposta della socia Anna Gori, tecnico agricolo della Comunità Montana nell'alto Lario Occidentale - che la sede del prossimo convegno nell'aprile 2011.

 

                   

 

 

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