Oltre al vigneto contiguo al nucleo ne sono stati realizzati di nuovi a Ovest sul sentiero che porta a S. Barnárd.
L'afflusso dei
partecipanti, che dovevano salire con la funivia, è andato un po' a rilento e
il convegno non è potuto iniziare con puntualità svizzera. Però si è cercato di
rimediare. Gli interventi si sono susseguiti senza pause e perditempo (niente
coffee break). I presenti sono rimasti attenti dall'inizio alla fine come
capita solo nei convegni in cui si dicono cose interessanti. Ha introdotto il
presidente di Amamont, Plinio Pianta che ha illustrato come è nata l'idea del
convegno; ha ricordato l'avvicinamento all'associazione di diversi amici
ticinesi avvenuto lo scorso anno in occasione del convegno di Breno (Breno in
valle Camonica da non confondersi con Breno nel Malcantone). Amici molto
attivi nel mondo agricolo ticinese, specie con riguardo agli allevamenti bio: Giovanni
Berardi, Mario e Angela Tognetti, Chiara Solari.
Essi che hanno favorito i contatti con la Fondazione Curzútt e gli altri
enti. Da questi contatti è scaturito anche il tema: La collaborazione
istituzionale: vantaggi per la montagna, per la gente di montagna, per i
montanari, ma anche per i cittadini e la localizzazione
(rivelatasi quanto mai felice).
Da destra: Laura Sadis, Arnoldo Coduri, Norman Gobbi
Dopo un breve saluto del padrone di casa, Carlo
Bertinelli, presidente della Fondazione, ha preso la parola Laura Sadis,
vice-presidente del Consiglio di Stato (governo cantonale) e direttrice
del dipartimento delle finanze ed economia
che si occupa anche dell'agricoltura. La prima parte del convegno era dedicata al
tema: Quale politica istituzionale come strumento anche di supporto alla
nuova filiera agroalimentare?. La consigliera Sadis oltre a parole di
saluto di prammatica è entrata sia pur brevemente nel merito delle politiche
agroalimentari del canton Ticino non mancando di ricordare come assi di una
politica di qualità, legata anche alla cura del paesaggio, al turismo sono la
viticoltura ma anche gli alpeggi che forniscono formaggi prestigiosi, molto
importanti per l'immagine agroalimentare del Ticino. É poi intervenuto Norman
Gobbi deputato al parlamento federale (Consiglio nazionale) e candidato
della Lega dei ticinesi al Consiglio di Stato. Gobbi che, per chi non lo
sapesse è uno dei politici che si sono più spesi in tema di difesa della
pastorizia dal lupo, ha espresso apprezzamento per l'approccio concreto di
Amamont ai problemi della montagna, lontano da quello di certo ecologismo
ideologico ma vicino agli interessi di una 'montagna dell'uomo' fatta anche di
tradizioni vive. Il politico dell'alto Ticino ha ricordato come tramite i
Patriziati e le Boggie (antichi consorzi d'alpeggio) i montanari ticinesi anche
quando occupati in altri settori hanno mantenuto forti legami con la montagna
"come boggese avrei anch'io il diritto a caricare una vacca in alpeggio".
Si è poi concesso una battuta: "Se ci fossero stati gli
ecologisti i nostri antenati non avrebbero mai creato gli alpeggi incendiando
le foreste e creando i pascoli".
Sul tema degli strumenti e delle nuove politiche a sostegno delle filiere agroalimentari di montagna è intervenuto Alberto Lugoboni (dirigente della struttura della DG agricoltura di Regione Lombardia che si occupa di montagna). Lugoboni ha portato i saluti dell'assessore all'agricoltura Giulio De Capitani.
Alberto Lugoboni (foto sopra) ha esposto i
nuovi orientamenti della Regione Lombardia e, in particolare, la volontà dell’assesore
De Capitani, di imprimere una svolta agli interventi a sostegno
dell'agricoltura di montagna. Innanzitutto introducendo una nuova azione
("L") della misura 214 del Piano di sviluppo rurale che comporta un
sostanzioso contributo per le praterie alpine purché ben pascolate, quindi
ridistribuendo l'indennità compensativa (a favore di prati e pascoli di
montagna) a favore delle superfici realmente di montagna ed escludendo alcune
piane piatte come tavole da biliardo ma ricomprese nella 'montagna ISTAT'.
Lugoboni ha anche ricordato l'impegno per la semplificazione delle misure di
trasformazione del bosco e per il recupero di prati e pascoli 'conquistati'
negli ultimi decenni dal bosco. Una svolta non facile che si scontra con le
inerzie della burocrazia. Però l'affermazione del dirigente regionale
"vogliamo riportare i pascoli all'estensione di qualche secolo fa" è,
a dir poco, 'storica'.
Il tema del 'differenziale' di svantaggio o,
meglio, del coefficiente di 'montanità' è stato ripreso da Fausto Gusmeroli,
ricercatore della Fondazione Fojanini di Sondrio e consigliere Amamont.
Fausto ha illustrato alcuni risultati della ricerca commissionata da IREALP,
l'ente di ricerca della Regione Lombardia per la montagna, purtroppo cessato il
31 dicembre 2011 per l'applicazione degli 'accorpamenti' tra enti. Il principio
che ha guidato lo studio, che peraltro riflette esigenze che hanno già da tempo
trovato applicazione in Svizzera e in Austria, è che non c'è peggiore
ingiustizia che trattare nello stesso modo chi non è uguale (citazione di Don
Milani). I contributi per l'indennità compensativa versati a grandi aziende
super-meccanizzate dei fondovalle valtellinese, valchiavennasco e camuno si
sono tradotti in una rendita che ha sottratto risorse alle vere aziende di
montagna. La finalità della ricerca non riguardava però solo l'agricoltura ma
l'insieme dell'intervento territoriale. É stato elaborato un indice che tiene
conto di altitudini, temperature medie, pendenze, settentrionalità e sono stati
classificati tutti i comuni della montagna lombarda. A questo indice di
'montanità fisica' dovranno essere affiancati (anche in relazione all'ambito
degli interventi) opportuni parametri socio-economici (ovvi quelli di
accessibilità). In ogni caso ci si augura che il tema venga ripreso da Regione
Lombardia. Specie in un periodo di risorse decrescenti non ci si può permettere
di disperdere o distrarre quelle che dovrebbero essere espressamente
finalizzate al mantenimento della vitalità della montagna.
Anche Luca Battaglini (foro sopra),
come Lugoboni ha portato segnali di una nuova 'linea' della Regione
(Piemonte in questo caso). Luca, docente dell'Università di Torino (Dip.
Scienze Zootecniche) e anch'egli consigliere Amamont ha illustrato
l'importanza che ancora rivestono i sistemi pastorali piemontesi anche in
termine di produzioni di qualità specifica e di mantenimento del territorio. Ha
poi richiamato brevemente il progetto PROPAST. Un progetto come dice la
sigla, pro-pastorizia, specie nelle zone in cui deve confrontarsi con il
problema del lupo. Luca ha portato i saluti dell'assessore Claudio
Sacchetto.
Anche Luca Battaglini (foro sopra), come Lugoboni ha portato segnali di una nuova 'linea' della Regione (Piemonte in questo caso). Luca, docente dell'Università di Torino (Dip. Scienze Zootecniche) e anch'egli consigliere Amamont ha illustrato l'importanza che ancora rivestono i sistemi pastorali piemontesi anche in termine di produzioni
di qualità
specifica e di mantenimento del territorio. Ha poi richiamato brevemente il progetto PROPAST. Un progetto come dice la sigla, pro-pastorizia, specie nelle zone in cui deve confrontarsi con il problema del lupo. Luca ha portato i saluti dell'assessore Claudio Sacchetto.
La prima parte del convegno si è conclusa
con le relazioni dei tecnici degli uffici cantonali. Essi hanno esposto
l'evoluzione delle azioni del Canton Grigioni e del canton Ticino in
connessione con le politiche federali. Va ricordato che in Svizzera la politica
agricola è gestita in larga misura a livello federale. Per il Canton Grigioni
hanno relazionato Rudolf Bucher dell'Ufficio agricoltura (i
sostituzione del capo Ufficio, Aurelio Casanova) e Lorenzo Zanetti,
Ufficio promozione economica.
I relatori grigionesi hanno richiamato
i nessi tra gli interventi agricoli e la nuova politica regionale
sottolineando la differenza di scala delle due politiche. Un aspetto molto interessante
della politica svizzera per la montagna, specie per la parte italiana,
richiamato da Bucher è rappresentato dall'applicazione differenziata dei
sostegni federali in funzione del grado di pendenza (che è uno degli elementi,
anche se non l'unico, della 'montanità'). Anche il Canton Grigioni, per gli aspetti
di sua competenza (la promozione innanzitutto) sta operando in favore della
valorizzazione delle filiere corte, dell'integrazione tra turismo e
agricoltura. Comparti 'minori' quali erbe officinali, selvaggina, miele,
piccoli frutti stanno ricevendo anche nei Grigioni nuova attenzione mentre
nell'ambito delle filiere 'maggiori' (carne e latte) si punta alla
differenziazione e al recupero della qualità artigianale. Uno degli strumenti
messo in campo negli ultimi anni per implementare l'immagine di qualità della
produzione agroalimentare di montagna dei Grigioni è il marchio ALPINA VERA
che è stato attivato anche in altri cantoni svizzeri di montagna. Sotto
un'immagine emblematica di un 'mercatino alpestre', versione d'alpeggio dei
mercatini contadini.
Il convegno è proseguito a tappe forzate affrontando
la seconda sotto-tematica: la riscoperta del valore del territorio, dei
nuclei insediativi montani e degli alpeggi. Ne hanno parlato Carlo
Bertinelli, presidente della Fondazione Curzútt, Sabrina Guidotti
e Gianluca Giuliani. I
primi ticinesi, il secondo grigionese. Gianluca per la verità ci ha tenuto a
sottolinare la sua identità poschiavina, l'appartenenza alla piccola patria, heimat
poschiavina. Non a caso è presidente dell'associazione Pus'ciavin in
Bulgia (associazione analoga al Fogolar Furlan o alla Famiglia
Valtellinese che esistono a Milano). In realtà nella slide Gianluca ha
riportato a caratteri cubitali pusc'
ciavin secondo una grafia più aderente alla fonetica lombarda. Sì
perché nella sovrapposizione delle appartenze non va dimenticato che ticinesi,
sud-grigionesi e buona parte dei lombardi (nel senso di cittadini dell Regione
Lombardia) sono accumunati dalla lingua. Pus'ciavin in Bulgia è figura che si
riferisce all'emigrante che arriva in città con solo la sua borsa (bulgia è 'borsa' a Milano come a
Poschiavo). Sul paradosso dei lombardi che si sentono più a casa loro
oltrefrontiera molto di è detto e scritto e non ritorno. Certo che qui l'eco
delle 'guerre fiscali' tra Berna e Roma, ma anche delle polemiche sui
frontalieri, sulle ditte svizzere vessate in Italia, le ritorsioni svizzere
ecc. ecc. è lontano, solo Gobbi ha fatto un fugace riferimento a questi
problemi. Non c'è stato il tempo di parlarne nel convegno ma certo chi persegue
la collaborazione transfrontaliera dal basso come Amamont no ne trae certo
incoraggiamento. Ma chiudiamo questa parentesi cultural-politica e torniamo al
tema centrale del convegno. Bertinelli, che rappresenta la Fondazione padrona
di casa ha illustrato la genesi del progetto Curzútt; ha spiegato come è
stato difficile, anche in Svizzera, mettere insieme tre enti: Comune,
Patriziato e Fondazione. Però i risultati sono stati incoraggianti e si sta già
pensando a un progetto a più ampio raggio che riguarda la valorizzazione e la
fruizione di tutta la montagna, non solo quella di pertinenza del comune di Monte
Carasso ma anche dei comuni limitrofi. Dal piano al Gaggio d'Albagno a
2.267 m (foto sotto).
Alle prospettive di allargamento del
progetto Curzútt si è agganciata Sabrina Guidotti dell'Associazione MaGNo
L'associazione che opera nel bellinzonese (l'acronimo riflette le
diverse località) gestisce un progetto di sviluppo regionale dall'evocativo
titolo "Transumanza- Dal Parco del Piano di Magadino al Gaggio di
Albagno = valorizzazione dei luoghi, delle attività dei prodotti della
verticalità territoriale. Il nesso con i progetti della Fondazione Curzútt
è evidente anche nel riferimento simbolico al 'tetto' del territorio, il già
citato Gaggio di Albagno. "Transumanza" si propone di connettere
azioni di valorizzazione agricola e turistica tra monte e piano (poi, come
spesso accade nei progetti, finiscono dentro anche cose meno in tema come un
impianto a biogas). A parte il biogas MaGNo ha attivato il progetto Quintorno
creando una vetrina virtuale e non dei prodotti tipici del territorio. Ma
Quintorno, situato fisicamente a Monte Carasso, Via el stradùn (Inciso: tutta
la toponomastica del centro storico di Monte Carasso è in lumbart; l'operazione
va inquadrata nel recupero di identità storica di un abitato che era privo
di un centro storico e che lo ha creato con interventi contestuali
al recupero dell'importante monumento storico rappresentato
dall'ex Monastero delle Agostiniane). Quintorno non è solo un negozio ma
un centro culturale, 'porta' del territorio, centro culturale
"catalizzatore di iniziative a carattere enogastronomico, storico,
paesaggistico, artigianale". Un modello esemplare.
Veniamo all'intervento dell'amico Giuliani,
un economista che, come ricorda egli stesso ha passato da ragazzo tanto tempo
in cantina a girare i formaggi e sul pascolo a curare le bestie. Così rimane
con i piedi per terra. Il suo intervento, basato anche sulla sua
esperienza di consulente all'interno di progetti ticinesi di sviluppo rurale
(non ultimo quello della "Transumanza" appena visto), è stato
centrato sulla necessità di una svolta negli interventi si sviluppo regionale,
rurale, agricolo (poi necessariamente interconnessi). "Si sono investite
troppe risorse nelle infrastrutture e poche nel capitale umano, nelle attività
che non richiedono grandi investimenti strutturali ma che, nella loro modestia,
creano più posti di lavoro che i grandi impianti industriali". Musica per
le orecchie ruralpine. Gianluca, che è anche docente all'Università di Zurigo e
che vede le cosa anche dal punto di vista teorico, ha illustrato la sua tesi -
che peraltro gode di largo consenso tra chi opera in montagna - con esempi
concreti. Investimenti in filiere corte alimentari/artigianali che cerano 2-3
posti di lavoro ma che attivano una circolazione economica che non defluisce
fuori dal territorio e alla fine si può quantificare in 10 posti di lavoro. Al
contrario i 50 posti di lavoro di un piccolo impianto industriale, inseriti in
filiere lunghe (di input e output) si traducono in 10 posti di lavoro
'territoriali'. Il caso tiene conto che un investimento industriale in Ticino o
a Poschiavo attira manodopera frontaliera. Un bene per i valtellinesi, i
comaschi, i varesotti ma per il territorio un fatto negativo perché i
valtellinesi, i comaschi e i varesotti la busta paga la spendono in
Italia. L'esempio dei territori svizzeri transfrontalieri è estremo ma pensiamo
che anche il bresaolificio valtellinese che importa carne dal Brasile,
che assume extracomunitari (che mandano a casa almeno parte dello
stipendio) e che vende alla GDO di tutta Italia (dove resta buona parte del
valore aggiunto) ha una potenzialità di valorizzazione del territorio molto
modesta in rapporto all'investimento per posto di lavoro.
Nella foto sopra Gianluca spezza una lancia
a favore dell'agricoltura e delle aziende zootecniche (che conferiscono il
latte, tutto bio, al Caseificio Val Poschiavo). va detto che
Gianluca oltre essere figlio di allevatori è anche nel Consiglio di Gestione
del Caseificio. Cosa dice la slide? Che agricoltura e turismo di rinforzano a
vicenda moltiplicando valori. Il Trenino Rosso 'dell'Unesco' veicola
l'immagine della valle e spinge le vendite del formaggio ma le mucche (e gli
allevatori) ricambiano facendo vedere ai turisti che transitano sul trenino le
mucche al pascolo e prati e pascoli verdi che non sarebbero tali senza le
'operaie del verde' (le mucche). Tra le altre cose esposte da Gianluca vale la
pena ricordare anche il concetto di goodwill, l'atteggiamento positivo
dei cittadini nei confronti della campagna, della montagna dei contadini. Un
concetto che la campagna 'Grazie contadini svizzeri' mira a rafforzare e
'istituzionalizzare' ma che è forte e spontaneo. "Io lo vedo a
Zurigo". Su questo concetto sono poi tornati gli amici ticinesi che hanno
chiuso il convegno.
L'ultima parte del convegno era dedicata a
Esperienze di filiera corta: realtà e necessità delle piccole aziende
agricole in Svizzera. Hanno parlato Angela Tognetti, presidente
della coop ConProBio e contitolare de La Colombera, l'azienda del
piano dove i convegnisti erano stati ospiti il giorno precedente (vedi
parte I di questo lungo resoconto), Giovanni Berardi, presidente di Agrifutura
(ass. di agricoltori ticinesi). Chiara Solari, presidente di Berheimat
Svizzera, associazione di piccole aziende bio di montagna era bloccata a
letto dalla bronchite ma ha mandato un breve intervento letto da Angela
Tognetti. Chiara è sorella di Patrizia che il giorno prima (alla Colombera) ci
aveva parlato di esperienze di agricoltura terapeutica (con i disabili).
L'esperienza di ConProBio è veramente interessante: 1.500 famiglie in tutto il
Ticino, 80 aziende agribio come fornitori (+ importazioni diretta da Italia e
in minore misura da catene di distribuzione bio a integrare i prodotti che
l'agricoltura bio ticinese non è in grado di offrire). Il bello di ConProBio è
che è nata e gestita dal basso e non è finita nel controllo di burocrazie. La
struttura distributiva è semplicissima ed è basata sulla prenotazione diretta
da parte dei consumatori che possono vedere in internet cosa è disponibile. Non
ci sono 'centrali'. La merce parte dall'azienda socia e con furgoncini
raggiunge i piccoli gruppi di acquisto locali composti da diverse famiglie.
Questo schema ha impresso un forte impulso alle aziende partecipanti che
possono far avere al consumatore finali prodotti di origine garantita,
freschissimi e a costi contenuti. Non c'è regalo di valore aggiunto alla
distribuzione a spese di produttori e consumatori. Chiara Solari nella sua
comunicazione scritta ha toccato sia pur brevemente punti molto importanti.
Oggi le piccole aziende sono disprezzate, ma domani? Chiara prefigura uno
scenario in cui le diseconomie delle grandi strutture di produzione e
distribuzione globalizzate metteranno in forse la stessa sicurezza alimentare e
in cui tornerà economico produrre in strutture piccole e medie inserite in
filiere territoriali. Chiara è presidente di un'associazione che pratica quella
che si può inquadrare in una 'community supported agriculture'. Oltre ai soci
contadini ci sono i soci non contadini che non potendo coltivare o allevare
essi stessi stanno in città) desiderano essere coproduttori. E un modo di
essere coproduttori oltre agli abbonamenti spesa è quello di finanziare
prestiti a tasso zero ai contadini dell'associazione che ne hanno bisogno.
Fatti concreti e significativi. L'intervento di Berardi è stato sacrificato
dall'ora ormai tarda. Ha ripreso l'importanza delle filiere corte, del
volontariato, del rapporto tra la città e la campagna. Pur nella varietà
di esperienze il convegno si è snodato, anche senza un disegno consapevole, su
determinati fili conduttori. Non vi sono state divagazioni dispersive. La gente
è stata sempre attenta. Però era l'una passata e il programma prevedeva - prima
del pranzo - la visita all'oratorio di S.Barnárd. Dopo un po' di relax al sole
(eccezionalmente caldo per la stagione) ci si è incamminati.
A farci da cicerone Natalino
Morisoli cui si è affiancato Antonio Codoni ecologo e geografo di
Rovededo (nella vicina Mesolcina grigionese) competente anche in storia
dell'arte. L'oratorio si scorge già a poche centinaia di metri dall'ostello,
dove il sentiero passa attraverso i vigneti (foto sotto).
L'edificio risale nel suo nucleo originario
al XI secolo. Ha assunto al consistenza attuale nel XVI secolo. Dalla fine del
XVIII secolo, con la calata al Piano della popolazione (che si insediò
nell'attuale Monte Carasso) la chiesa che già serviva a ben 700 anime venne
declassata a oratorio. Come spesso succede l'abbandono o il declassamento
congelano la situazione del massimo splendore e così le pareti interne si presentano
ancora affrescate con le originali pitture del XIV e XV secolo.
Ci si stupisce che chiese di montagna in
ambiti apparentemente marginali possano essere state decorate da artisti che
hanno operato in un ambito non certo esclusivamente locale. E che quindi erano
ben pagati. Un ‘test’ che la dice lunga su quanto sia penetrata la nozione
della ‘marginalità intrinseca’ della montagna. In epoche passate erano le pianure
paludose ad essere ‘marginali’, non solo qui. Le basse valli dell’Adda, dell’Oglio,
dell’Adige, della Mera, del Toce ecc. ecc. avevano gli stessi problemi. Gli
insediamenti di mezza costa erano, invece, relativamente prosperi.
Le pitture più antiche sono del '300) come
la Madonna del latte (iconografia molto diffusa in area lombarda che venne
proibita dal Concilio di Trento). Le più interessanti sono della seconda metà
del '4000 ed opera dei 'Seregnesi', una famiglia di pittori che in
realtà si erano stabiliti a Lugano sin dal '200. I Seregnesi (Cristoforo e il
nipote Nicolao) sono stati attivissimi in tutto il Ticino e nella Mesolcina. Ci
rimangono per fortuna moltissime opere, tra cui parecchi cicli.
Disprezzati dalla critica come 'mestieranti'
i Seregnesi sono stati rivalutati nel corso del '900. In pieno Rinascimento
seguivano ancora i canoni arcaici dei secoli precedenti ma forse perché
così voleva la committenza. La loro opera non priva di forza espressiva fa luce
sui particolari della devozione popolare tardo medioevale e su altri aspetti
quali l'alimentazione. La loro firma: un merletto complesso che fa da cornice
alle opere (sotto i convegnisti nell'oratorio).
A S. Barnárd i Seregnesi hanno dipinto diverse opere, principalmente santi. Ma il lavoro più significativo qui eseguito è l'ultima cena.
Sulla tavola della 'Cena' gamberi di fiume (presenti in diverse altre Ultime cene di area lombarda del periodo), pesci (sia interi che affettati), ciliege, vino, pani di diversa forma e un animaletto arrostito (maialino o coniglio?).
I fornai di Monte Carasso - a riprova dei legami tra arte e cibo - si sono cimentati di recente nella produzione di un pane di forma 'stellata' simile a quello rappresentato nell'Ultima cena di S. Barnárd. Il risultato ci è stato presentato nella sala multifuznionale dell'Ostello dove abbiamo pranzato. (foto sotto)
Impegnato in interessanti discussioni con i
commensali e interessato a questo punto più al cibo che alle foto (si era fatto
tardino) non ho più scattato. Chiudo con una raffigurazione tratta dal
ciclo dei mesi di S. Barnárd: il mese di giugno simboleggiato dal 'segatore'.
Arte rurale senza dubbio. Di 'maestri' inseriti sì nella vita cittadina ma
che hanno trascorso buona parte della vita a dipingere i luoghi di
campagna e di montagna assorbendone inevitabilmente le sensibilità (sono
ben 42 i siti dove si conservano opere dei Seregnesi di cui 14 cicli di
affreschi). Al termine del pranzo si è svolta l'Assemblea Amamont. Note
salienti: l'entrata di Mario Tognetti nel direttivo dell'associazione al posto
di Cristina Solari, antesignana ticinese di Amamont ma troppo oberata da
impegni di vario tipo; conferma delle altre cariche sociali e l'annuncio - su
proposta della socia Anna Gori, tecnico agricolo della Comunità Montana
nell'alto Lario Occidentale - che la sede del prossimo convegno nell'aprile 2011.