(06.11.09) Anche in Valle Camonica si vuole rilanciare la patata nel quadro
di un'agricoltura di montagna differenziata in grado
di offrire un paniere di prodotti a km 0
La rivincita della patata
Quando l'agricoltura di montagna riscopre le sue vocazioni
di Giovanni Moranda e Michele Corti
La patata rappresenta
la coltivazione orticola più diffusa al mondo ed è percepita
come un prodotto 'umile'. Per oltre un secolo e mezzo
è stata un alimento-base delle nostre popolazioni di
montagna che ne avevano diffusa quasi ovunque la coltivazione.
Era coltivata per l'autoconsumo e la produzione locale
ma, in alcune zone era diventata una coltura commerciale
che contribuiva al reddito dei contadini. In Trentino
quando con il Mercato Comune Europeo il mercato italiano
si aprì alla dilagante produzione olandese e il prezzo
delle patate crollò quasi improvvisamante migliaia di
contadini inscenarono una manifestazione di protesta
a Trento e poco ci mancò che presero d'assalto la sede
della Regione.
Strade che si differenziano
Oggi le patate si trovano
al supermercato a 50 cent./kg nelle classiche
confezioni 'a rete' da 4 o 5 kg. Per 'valorizzare' la
patata sul mercato sono apparse le patate brevettate
arricchite di selenio.
A parte questa 'innovazione'
l'industria alimentare cerca di promuovere prodotti
in cui la patata è una materia prima, un componente.
Prodotti in cui il valore del prodotto agricolo è una
misera frazione di quello del pronto finito. Al
supermercato il sacco di patate è spesso collocato in
posizioni scomode (come per tutti i prodotti a basso
valore).
Come per altri aspetti
dell'universo della produzione e del consumo alimentare
anche la patata sta però conoscendo una rivalutazione
che passa per il recupero di vecchie varietà e
per la valoruizzazione del prodotto di montagna. Molte
sono scomparse definitivamente da quando i contadini
hanno smesso di produrre patate da semina per rifornitrsi
di patate olandesi dai Consorzi agrari, altre come testimonia
il caso della Quarantina Genovese (vai
all'articolo su questo sito), hanno conosciuto una
vera e propria resurrezione.
A differenza delle patate
della grande produzione e grande distribuzione (che
si distinuono solo perché a pasta bianca o gialla ma
sempre con lo stesso (scarso) gusto, le patate delle
varietà autoctone presentano gusti molto differenziati
e riconoscibili. La patata coltivata in montagna in
modo tradizionale si - specie se di varietà diverse
da quelle convenzionali - distingue in modo netto da
quelle 'del supermercato' e la richiesta del 'sacchetto
di patate' oltre ad altri prodotti dell'azienda agricola
che pratica la vendita diretta è in netta crescita.
Va aggiunto che la patata,
originaria, delle Ande, in montagna trova un ambiente
più favorevole. Sopra i 1.000 m la suscettibilità alle
malattie (virosi, parassiti) è molto più ridotta
tanto è vero che, in passato, i produttori si rifornivano
per il tubero da semina dai paesi che stavano più in
alto.
In montagna non solo
è più facile coltivare patate da semina, ma è anche
più facile applicare i metodi di coltivazione biologica.
In Trentino all'avanguardia della patata bio c'è la
Val di Geresta che quest'anno ha prodotto 500 t di patate
bio che si stanno creando una buona notorietà e
un buon mercato.
Patate in Valle Camonica
Esperienze
come quelal della Val di Gresta stanno 'contagiando'
altre valli alpine. Non poteva restare estranea la movimento
di rilancio della pataticoltura alpina la Valerl Camonica.
Qui, dopo il rilancio della castanicoltura (con la creazione
del Consorzio della Castagna e dell'Ecomuseo dell'albero
del pane), dopo la rinascita - praticamente da zero
- della vitivinicoltura (con l'apertura della Cantina
Sociale di Losine), si è pensato, da parte della Comunità
Montana, che anche due altre coltivazioni 'minori'
potessero contribuire alla differenziazione dell'agricoltura
cauna e alla valorizzazione delle filiere corte: la
coltivazione dei cereali minori (segale) e della patata.
Nell’anno 2009 in Valle
Camonica è stato possibile tornare a vedere dei campi di patate come non si
vedevano da anni (una piccola attività di coltivazione
era sopravissuta a Monno).
L'operazione di rilancio della pataticoltura camuna è stata portata avanti da un gruppo di volontari
che hanno deciso di riproporre la coltivazione di questo antico tubero, che a
rappresentato anche in valle un alimento fondamentale per la cultura alimentare
contadina locale. La
coltivazione della patata in alta Valle Camonica ha conosciuto anni di splendore, questa area era
la zone di
produzione della semente che veniva poi inviata alla Pianura.
Proprio questa
consolidata tradizione produttiva ha consentito di tramandare la varietà S.Carlo, tubero a pasta bianca coltivato
fino agli anni 1950 e che ora grazie alla collaborazione tra AmAMont (associazione
amici degli alpeggi e della montagna), la
provincia di Brescia, il Museo di Ossimo e Alpropat (associazione lombarda produttori
patate) sta ritornando a essere
seminata.
Le prove sperimentali oltre al recupero di varietà autoctone (vedi S.
Carlo) hanno lo scopo di testare una serie di varietà per determinarne
la qualità, la resa agronomica e la qualità nellambito della gastronomia
montana.
Sono state quindi provate in un campo pilota le seguenti varietà: 1)
Virgo; 2)
Kuroda; 3) Daisy; 4) Accord; 5) Kennebec
Test.
Ogni singola parcella è
stata costituita da 4 file della lunghezza di 4 x 0,75 m tra le file con una
distanza dei tuberi sulla fila di 0,25 m, la superfice della parcella 4 x 3
m
= 12 mq. Oltre al campo sperimentale, è stato seminato 1 ha a patate di diverse
varietà.
Tali patate vengono ora commercializzate dall’Azienda agricola 1°
Maggio con sede a Edolo. Sulla base dei primi dati raccolti la coltivazione della patata
può dirsi soddisfacente sia in termine di produzione che di
commercializzazione e ciò fa ben sperare ai fini della continuità di questa
esperienza di rilancio di una coltivazione tradizionale.
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