L'Assemblea di oggi è 'filata liscia'. Il bilancio è stato approvato all'unanimità. I pochi che, all'interno della società, vorrebbero la liquidazione della straordinaria esperienza del Bitto storico con la 'resa' al
Consorzio ufficiale (CTCB) e il passaggio di mano della presidenza Ciapparelli erano venuti allo scoperto la settimana scorsa nel Consiglio straordinario della società. Oggi non si sono fatti vedere. Tra loro c'è il sindaco attuelmente in carica di Gerola. Il sindaco nel Consiglio straordinario si era trovato contro la maggioranza dei consiglieri, sorpresi e contrariati per un comportamento che contraddiceva il sostegno incondizionato offerto da lui stesso e da tutta l'amministrazione comunale alla causa del Bitto storico sino allo scorso settembre quando, in conseguenza della formazione
dei nuovi organi della Comunità Montana, c'erano stati dei 'riposizionamenti politici'. La conseguenza era stato un riavvicinamento tra l'amministrazione di Gerola a quella di Albaredo (sempre nelle valli del Bitto) sino ad allora fieramente divise in tema di Bitto: Gerola con gli 'storici', Albaredo - che alle origini della 'Guerra del Bitto' stava anch'essa con i 'ribelli' e con Slow Food - con il Consorzio ufficiale del Bitto (CTCB). Un fatto ovvio visto che il direttore del Multiconsorzio
(che raduna i consorzi Dop e IGP valtellnesi) è Patrizio del Nero l'ex sindaco di Albaredo (tuttora assessore al bilancio). L'ennesima manovra per porre fine alla 'ribellione' del Bitto è stata sventata.
Ora il Bitto storico può pensare di consolidare le sue risorse: la società 'Valli del Bitto trading', i produttori, il mercato. Una notevole sicurezza operativa è data dalla
disponibilità venticinquennale della casera del ‘Centro del Bitto storico’ per l'utilizzo della quale sono stati versati al Comune di Gerola alta (proprietario dell’immobile) 300.000 € a titolo di anticipazione
dei canoni di affitto. Una transazione definita con una convenzione che mette al riparo la Società da cambiamenti di atteggiamento delle amministrazioni comunali in carica nei confronti del grande pogetto 'Bitto storico' (e si è visto che si sono già verificati). Di notevole impegno sono stati
anche gli investimenti per l'arredo della casera. Investimenti peraltro ripagati dalla meravigliosa funzionalità che essa sta dimostrando in termini di assicurazione delle condizioni ottimali dei maturazione del formaggio (ma anche in termini di coerenza e qualità estetica). Una soddisfazione indubbia per i finanziatori che hanno contribito a fare si che il sogno del Santuario del Bitto divenisse realtà.
Con queste premesse è evidente che la società ‘Valli del Bitto trading’, lungi dal perseguire fini di lucro, è l’espressione di una vera e propria rete di solidarietà, che si è concretizzata nel sostegno
alla causa del Bitto storico da parte di alcuni imprenditori locali 'illuminati'. Essi hanno rischiato (e rischiano) di tasca propria mossi dalla passione sincera
per un prodotto simbolo della loro terra, che stava per rischiare di essere schiacciato dall’incombente 'sistema Dop'. A questi personaggi se ne sono aggiunti altri che, venendo da fuori, hanno condiviso sopratutto i valori incarnati dal Bitto storico. Da 11 soci con 200.000 € di azioni sottoscritte si è arrivati (31 dicembre 2010) a 43 soci con 363.000 € di azioni. Molti sono brianzoli o comunque lombardi ma ve ne sono
anche di altre regioni come Zago titolare dell'omonimo birrificio friulano di birra artigianale di fascia
alta.
.
Se
solo alcuni tra i tanti vignaioli 'illuminati' seguissere l'esempio di Zago (abbinare il proprio prodotto ad una buona causa ma anche ad un eccellente formaggio) la società valli del Bitto potrebbe conseguire buona parte dell'aumento di capitale che si sta ponendo come obiettivo. Oltre ai vignaioli e ai ristoratori che hanno la possibilità di divenire veri e propri coproduttori 'adottando' le forme da invecchiamento oltre che sottoscrivendo azioni della società la società
Valli del Bitto guarda anche ad una maggiore corresponsabilizzazione di coloro che sono i primi beneficiari della sua attività: i produttori, i casari, gli alpeggiatori. Va detto che questi ultimi hanno già risposto in un modo che ci sembra straordinario: si sono impegnati a partecipare alal nuova capitalizzazione per 20.000 €. Non poco considerando la scarsa propensione degli agricoli a questi investimenti e le dimensioni modeste delle aziende.
Come
sintetizzare tutto ciò: cittadini che comprano azioni, ristoratori e imprenditori del settore enogastronomico che non si limitano a essere 'clienti', gente che crea una struttura commerciale solo per aiutare dei produttori e produttori che ricambiano sborsando anch'essi dei capitali. Pare l'utopia della futura agricoltura senza burocrazie e Pac, sostenuta dai coproduttori. La community supported agriculture che si sta diffondendo negli Usa ma non solo. Ed è segno dei tempi che questo
laboratorio sociale nasca in montagna o, meglio, attraverso una integrazione tra montagna e città, tra produzione e consumo.