Ruralpini  

 ?

Inforegioni/ Architettura rurale: patrimonio a rischio

 

 

Home

Mi presento

Attualità

Alpeggi

Ruralismo

Osterie

Foto

Lin k

 

Condividi l'articolo su Facebook

 

 

Articoli correlati

 

Alpe dei Piani (Madesimo, So)

 

Alpeggi fatiscenti (Borno, Bs)

 

Malga silter di Gianico

 

 

Bibliografia

 

BARLOCCO E., Alpe e Alpeggi del Comune di Macugnaga. Elementi costruttivi salienti per la valorizzazione degli interventi futuri. Tesi di Laurea. Publ. Freeman ed., Busto arzizio, 2009

BERRUTI G., BELOTTI W., TOGNALI D.M., BRESSAN E., MAJO A., 1989. Malghe e alpeggi dell’Alta Valcamonica. Milano, Nuova Editoriale Duomo.

CORTI M., RUFFONI C., 2009. Il formaggio "Val del Bitt". La storia, gli uomini, gli alpeggi. Ersaf, Milano

 

 

(10.02.11)  Lungi dall'essere sistematicamente inventariati e tanto meno tutelati i fabbricati d'alpeggio di valore storico-testimoniale rischiano di scomparire o di essere oggetti di interventi che ne stravolgono l'identità

 

Sugli alpeggi del Bitto: il baitun di Combanina

è ormai vicino al crollo

 

di Michele Corti (foto di Bruno Zugnoni)

 

Il riconoscimento dell'alpeggio come 'paesaggio culturale' ricco di testimonianze materiali ed immateriali non si traduce ancora in azioni per una inventariazione sistematica del patrimonio e per la sua tutela.

 

Il patrimonio dell'architettura rurale alpina è vastissimo. Nessuno pensa che possa essere conservato in toto. Però l'individuazione di esempi meritevoli di conservazione e la realizzazione di interventi pilota di 'restauro conservativo' dovrebbe rappresentare un impegno per gli enti che a vario titolo si occupano della tutela culturale, paesaggistica.

 

Il restauro di manufatti quali gli edifici d'alpeggio pone problemi particolari per la particolarità dei materiali impiegati. Un esempio di recupero interessante nell'ambito dell'architettura tradizionale d'alpeggio è stato rappresentato dal Silter di Gianico (Valle Camonica) a cura dell'Ersaf (Malga silter di Gianico). Ma per un fabbricato restaurato (nell'ambito di un progetto ecomuseale) quanti crollano? Come si diceva all'inizio nessuno pretende di conservare le migliaia e migliaia di baite disseminate per la montagna. Molte sono già crollate o sono state inghiottite dal bosco senza che nessuno (o quasi) se ne accorga. Per i fabbricati d'alpe, però, è diverso. Innanzitutto hanno spesso una storia. Si sa bene quando sono stati edificati perché, specie se di proprietà comunale. La loro realizzazione ha comportato investimenti e discussioni di cui è rimasta traccia. Rappresentando costuzioni isolate e di una certa dimensione sono facilmente identificabili nelle vecchie mappe catastali. A parte la loro storia che li distingue dalle tante anonime baite essi rappresentano spesso punti di riferimento nel paesaggio. Dalle 'casere'  dai 'baitoni' passano i tracciati dei sentieri  ma sono spesso anche visibili da lontano isolati in mezzo ai pascoli.

Prendiamo l'esempio del baitun  dell' Alpe Combanina (detta anche Ciòf o Giùf), una delle 'alpi storiche del Bitto', i Valgerola. Le foto me le ha inviate Brunio Zugnoni, clòasse 1961, che ha fatto a tempo a fare il cascìn (pastorello) su quest'alpe e che proprio non si rassegna che "se ne stia andando a rotoli" come mi scrive. Per qesto amico l'incuria di cui è vittima il baitun è motivo di profonda delusione.  Chissà se questa denuncia servirà a smuovere le acque?

Come si vede dalle foto il manufatto è un esempio dell'armonico inserimento nel paesaggio. Non solo il colore, che è quello della pietra locale contribuisce al 'mimetismo' ma anche la struttura, concepita per evitare di essere sottoposta agli impatti delle masse nevose, sfruttando il profilo del versante.  I danni che la struttura ha già subito sono evidenti dalla documentazione che vuiene qui presentata: il lungo muro di fondo è crollato in due punti scoperchiando parzialmente il fabbricato.

 

La spinta del peso della copertura, in passato contobilanciata anche da contrafforti, ha determinato l'inclinazione pericolosa dei pilastri e lo spostamento di alcune delle lastre alla sommità dei pilatri su cui appoggiano le travi non più tenute insieme dal legante. Il collasso è vicino anche perché l'interruzione della copertura determina l'infradiciamento e quindi l'ammaloramento delle travi lignee.

Il fabbricato oltre alla sua vetustà (ha più di un secolo) ha un suo valore tipologico. Nelle Valli del Bitto questi grandi fabbricati sono poco frequenti perché il sistema di pascolamento prevede la suddivisione del pascolo in tante stazioni dove la 'malga' (mandria) resta anche di notte (all'aperto, al massimo all'interno di recinti di muro a secco). Questi baitun avevano lo scopo di riparare la malga in caso di nevicate, una funzione analoga a quella di una tipologia analoga di fabbricati d'alpe: le sòstre lariane. La differenza è che sul Lario era prioritario il ricovero in caso di violenti temporali.

Il baitun di Cambanina ha quasi il ruolo di 'monumento' con la sia visibilità. Presso di esso transitano parecchie persone perché s trova lungo la Grande Via delle Orobie. Da qui transita anche la sky race della Rosetta (dal nome di una cima nelle vicinanze) e dei percorsi scialpinistici. L'alpe è caricata e si produce Bitto. La grandiosità della struttura rappresenta di per sè una testimonianza storica di grande valore. Oggi qui pascolano pochi capi ed è difficile concepire come in passato la struttura potesse dare rifugio a tanto bestiame anche tenendo conto che poteva servire in caso di emergenza a più alpeggi vicini. Insieme alle casere e al calec' questo 'monumento pastorale' fa parte della storia del Bitto, uno dei formaggi d'alpe più famosi al mondo. Sarebbe un peccato se si riducesse ad un cumulo di macerie.


 

                   

 

pagine visitate dal 21.11.08

Contatore sito counter customizable
View My Stats
commenti, informazioni? segnalazioni scrivi

Registra il tuo sito nei motori di ricerca

 Creazione/Webmaster Michele Corti