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Inforegioni/Montagna marginalizzata anche in Ticino?

 

 

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La Repubblica e Cantone Ticino è uno stato della Confederazione Svizzera di 2800 km2 con 340.000 abitanti. La lingua ufficiale è l'italiano ma si parla ovunque anche in ambiti pubblici il lombardo occidentale.  

 

Lugano ha 60.000 abitanti ma punta ad inglobare alcuni comuni della cintura  e potrebbe arrivare a 80.000 abitanti (ma l'aggregato urbano supera già i 120.000).

 

Nell'insieme gli aggregati urbani raccolgono il 90% della popolazione e sono l'oggetto privilegiato delle politiche territoriali dal momento che si da per scontato che le aree rurali-montane saranno sempre più vuote e che vale la pena concentrare le risorse sul rafforzamento della rete tra le aggregazioni urbane e il miglioramento della mobilità

I comuni da 245 sono scesi a meno di 200 e la politica di aggregazione continua.

 

Non aiuta la montagna e le aree rurali la separazione di competenze che vede l'agricoltura e le politiche di 'sviluppo rurale' centralizzate a livello federale.

 

 

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(13.02.11) Riportiamo l'articolo di Tarcisio Cima pubblicato dal "Giornale del popolo" il 21 gennaio 2011 con il titolo 'La montagna svuotata'

 

La cultura urbanocentrica svuota la montagna

 

Il Canton Ticino gode larga autonomia ed ha un territorio al 100% montano. Eppure si 'pensa' come un'area urbana e la tendenza è a dimenticare che le Alpi hanno bisogno di città ma che il  ruolo di queste ultime può rafforzarsi proprio in quanto città alpine

 

Prosegue, nell’indifferenza quasi generale, l’opera di svuotamento della montagna ticinese. La voce “montagna” è stata in pratica rimossa dal dizionario geografico cantonale. Per descrivere l’intero territorio è rimasto solo il pretenzioso concetto di “città-Ticino”. Le nuove modalità per la conduzione del Censimento federale della popolazione faranno mancare al territorio periferico parecchi dati statistici. Il dibattito politico, anche nelle fasi più concitate, lascia ai margini la realtà rurale e montana. La pianificazione territoriale, non a caso spesso chiamata “urbanistica”, ha fatto proprio il “pensiero unico” della “città-Ticino” e risulta giocoforza tagliata su misura del contesto urbano. La nuova politica regionale è stata costruita su una visione centralizzatrice e si muove all’insegna del motto: “i centri urbani sono il motore dello sviluppo”. E che la montagna si accontenti della proverbiale esortazione: “campa cavallo che l’erba cresce”! Alla montagna sono stati tolti gli specifici aiuti agli investimenti e propri organismi per lo sviluppo. In entrambe le direzioni, “il nuovo che avanza”, coinvolgendo anche le agglomerazioni, è rimasto finora sulla carta. Così per la montagna il vuoto dell’aiuto agli investimenti dura da oltre tre anni. Il lungo ed estenuante processo per la costituzione dei nuovi Enti regionali per lo sviluppo (ERS) ha portato finora più che altro discordia, conflitti, divisioni e piccole lotte di potere, tutte intese ad assicurare, nella forma e nella sostanza, la predominanza dei centri urbani. Se il buon giorno si vede dal mattino….

 

 

La CoReTi (l’associazione che riunisce i Comuni rurali e montani, erede della prestigiosa omonima Lega) ha manifestato l’intenzione di gettare la spugna per sciogliersi in un’improbabile associazione generale dei Comuni ticinesi. È davvero un singolare sentimento di “sudditanza psicologica” quello che induce un ente a suicidarsi non per problemi propri ma per la crisi (quella sì acuta e senza speranze) dell’ente antagonista: l’associazione dei Comuni urbani (Acuti). Improbabile, dicevo, perché autorevoli politici che puntano piuttosto sugli ESR hanno già espresso il loro fermo disaccordo. Un’associazione di tutti i Comuni non credo abbia molto senso. Le leggi e le disposizioni che regolano le competenze e il funzionamento dell’ente comunale sono decise dal Parlamento cantonale. E tutti i Deputati sono domiciliati in uno o l’altro dei Comuni ticinesi (a dire il vero prevalentemente in un Comune urbano). Più che mai, invece, mi sembra necessaria la presenza e l’azione di un ente che riunisca i Comuni periferici. Per difenderne strenuamente gli interessi in ogni occasione ed in ogni sede. Per cercare ancora di resistere al travolgente risucchio della centralizzazione. Magari per escogitare qualcosa di originale in vista del futuro.

Le prossime vittime della smania centralizzatrice che svuota la montagna e intasa i centri sono già state designate: gli enti turistici delle valli. Per cercare di salvare il Grande Ammalato (ma a me il turismo ticinese sembra piuttosto un malato immaginario, inguaribile ipocondriaco, attorno a cui s’affacendano stuoli di medici improvvisati) si pensa seriamente di amputarlo delle braccia operative. Ma non tutti gli enti turistici locali sono destinati a scomparire. Non si pensa certo di toccare quelli che fanno capo ai centri urbani, con i loro irrisolti conflitti di competenza rispetto all’ente cantonale. Paradossalmente si vogliono sacrificare proprio quelli che sul terreno, impiegando mezzi finanziari tutto sommato modesti, hanno saputo ritagliarsi un ruolo interessante e prezioso (non concorrenziale bensì complementare rispetto alle attività di Ticino Turismo), non solo per la promozione del turismo in senso stretto ma anche per l’animazione sociale e culturale delle nostre valli.

Eppure, proprio guardando alle attività del turismo e della ricreazione si dovrebbe capire facilmente quanto siano improvvide le attuali scelte centralizzatrici che imperversano sul Cantone e che nessuna forza politica sembra seriamente voler contrastare. L’intenso sviluppo demografico ed economico conosciuto dal territorio urbano e suburbano negli ultimi decenni (sviluppo che ha comunque consentito al Ticino di raggiungere un livello medio di ricchezza e di qualità della vita elevatissimo) ha comportato un evidente deterioramento degli aspetti paesaggistici, ambientali, sociali e culturali che storicamente hanno sostanziato la spiccata vocazione turistica del nostro territorio. E se oggi il Ticino nel suo complesso rimane ancora turisticamente attrattivo (personalmente sono convinto che lo sia) è soprattutto grazie al fatto di aver saputo mantenere un territorio rurale, montano e alpestre ancora vitale e in condizioni abbastanza buone (perlomeno di non averlo eccessivamente rovinato). E allora, piuttosto che continuare a puntare tutto sui centri urbani, non sarebbe più saggio e lungimirante guardare con maggiore attenzione e dedicare maggiori risorse alla montagna; per curarla, abbellirla e farla rifiorire?

  

Tarcisio Cima

Bellinzona, 18 gennaio 2011

 

tarcisio.cima@bluewin.ch                                                         

 


 

                   

 

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