(15.05.11) La 'resistenza in quota' delle comunità alpine da fastidio a un sistema 'globale' che vuole omologare tutto e rendere tutti completamente
dipendenti alle reti di produzione e distribuzione di cibo, energia, conoscenze
Chiudere le scuole per far morire la montagna
di Michele Corti
Il
caso di Pejo è emblematico. Non si chiude solo una scuola ma un centro di
iniziative culturali e di esperienze pedagogiche. Gemellata alla famosa Escolo
de Santo Lucio de Coumboscuro la
scuoletta di Pejo grazie alle iniziative del maestro Delpero ha attirato
l'attenzione di gruppi di educatori in diverse regioni italiane.
Dal prossimo anno scolastico 2011-2012 la
scuola di Pejo sarà chiusa. A meno che gli appelli e le proteste delle
famiglie del paese ma anche di tanti ambienti politici e culturali in Trentino
(e non solo) non saranno ascoltate. La scuola non chiude per mancanza di alunni
(vi sono 19 bambini) ma per una decisione di 'razionalizzazione'. Nel fondo valle,
presso Cogolo, è stato realizzato l'edificio del nuovo plesso scolastico,
che dovrà raccogliere tutti gli scolari dell'alta valle del Noce. Costo del
nuovo edificio: 5 milioni di €. I 19 bambini delle due pluriclassi di Peio
dovranno essere 'deportati' dagli scuolabus. La solita soluzione 'facile' di
amministrazioni locali e scolastiche prive di fantasia. Una 'soluzione' che ha
il sapore di 'soluzione finale' per la montagna. É ormai noto che alla chiusura
della scuola elementare fa seguito il trasferimento di almeno parte delle
famiglie in inverno nelle località a valle, un trasferimento che poi da
stagionale diventa permanente. Così nei paesi restano i vecchi a vivere di
pensioni e la fine arriva non solo per ovvi motivi biologici ma anche per
implosione, mancanza di idee, stimoli, innovazioni.
Una scuola che si vuole chiudere non perché
asfittica ma al contrario...
Pejo non si merita l'affronto della chiusura
della scuola. Scuola e villaggio sono vivi e insieme all'Ecomuseo alla dinamica
Biblioteca comunale, alla Libera Università di Pejo fondata dal maestro
Dalpero, testimoniano di una comunità che 'si tiene'. A Peio a ben 1.600
m – realtà unica in Trentino – vivono ancora 400 persone, in inverno. La
comunità ha trovato nuove motivazioni e stimoli in un fecondo connubio tra
iniziative culturali ed economiche. Grazie all'Ecomuseo a Pejo è attivo
l'ultimo caseificio turnario di un Trentino che ha adottato acriticamente
i paradigmi del modernismo industrialista chiudendo tutti i caseifici di paese
e sostituendoli con grosse strutture. La Provincia, che ha concesso la 'grazia'
al caseificio di Pejo, in forza del suo ruolo di 'museo di sé stesso', pensava
forse che la musealizzazione rendesse l'esperienza del caseificio 'innocua' .
Ma poi è rinato il caseificio di Strigno in Valsugana e l'idea
sovversiva della riapertura di caseifici di paese - visti anche i disastri
economici delle maxi strutture casearie trentine - sta riprendendo piede. A
Pejo sono anche state ripristinate delle malghe che erano abbandonate e
sottoutilizzate. Il rilancio dell'allevamento caprino che ha potuto
contare sul rinnovato ruolo della latteria e su uno schema di pascolo di servizio
sui prati abbandonati nei eressi del villaggio, ha consentito
di recuperare la Malga Covel (con capre da latte). Aggiungiamo che a Pejo
ci sono giovani allevatori, famiglie con bambini.
Caseificio e scuola punti di riferimento
complementari e indispensabili
A Pejo c'è una realtà viva e abbastanza
unica. La scuola come il caseificio ne sono dei centri dinamici, uccidere la
scuola significa uccidere il paese e l'esperienza che esso rappresenta. La si
vuole sopprimere proprio perché è viva, perché rappresenta un esempio che può
dare fastidio. Perché è inserita in reti di esperienze di 'resistenza in
quota'. La scuola di Pejo deve chiudere perché è troppo 'avanzata', troppo
'aperta' non perché è asfittica. Altro che 'favorire la socializzazione'. I
bambini di Pejo e di Coumboscuro
sono aperti al mondo perché le loro comunità hanno una chiara consapevolezza
della propria identità. É l'omologazione coatta che crea chiusure e paure.
La montagna viva, con la sua identità e la sua cultura più autentica, dà
fastidio a tanta gente. É un piccolo ma
fastidioso ostacolo alla marcia trionfale del mercato, del pensiero,
del consumo unici megapolitani.
Resistere in quota è 'sovversivo'
Le comunità che resistono oggi in quota lo
fanno spesso con consapevolezza, la sola loro esistenza determina lo scandaloso
mantenimento di differenze e sia pur parziali indipendenze che derivano da un
qualche legame persistente con le radici nel tempo e dello spazio. Legami che
impediscono lo stabilirsi di un unico, totalizzante legame dalle reti di
produzione, distribuzione e consumo di energia, cibo, conoscenze, valori. In un Trentino
che si lancia in investimenti mega nelle metropolitane delle valli bucando le
montagne come groviera e che vuole la metro a Trento (solo per grandeur perché
è una città vivibilissima) forse sarebbe importante anche investire in umanità.
Investire nei bambini. Orsi e cemento sono frutto della stessa logica
'progressista'. Gli orsi e i lupi hanno il compito di scacciare gli
ultimi renitenti, gli ultimi 'ribelli della montagna' che non si adeguano a
scendere a valle e a vivere del tutto come fanno 'tutti'.
Chiediamo a tutti coloro che credono che la
scuola di Peio e tutte le piccole scuole della montagna abbiano diritto di
continuare a vivere di inviare una e- mail che esprima il loro sostegno alla
scuola di Peio a: lettere@ladige.it.
Inviare copia alla scuola di Peio all’indirizzo: a.delpero@tin.it.
La
lettera-appello degli alunni della Escolo
de Santo Lucio de Coumboscuro
Siamo i “Fiet de l'Escolo de Santo Lucio de Coumboscuro”, un piccolo paese a 1100 m di altezza
in una valle provenzale della provincia di Cuneo. Da anni conosciamo i “fiet de
l'escolo” di Peio, con cui scambiamo lettere, emozioni, esperienze.
abbiamo però saputo all'improvviso, con gran dispiacere, che
qualcuno vuol far chiudere la bella scuola di Peio. Noi, nelle nostre valli,
svuotate dall'emigrazione e dallo spopolamento, sappiamo bene che la chiusura
di una scuola significa la morte di un paese di montagna. Un paese senza scuola
è morto, senza vita. A causa dei forzati spostamenti verrà presto disabitato e
l'unica gente che verrà d'inverno sarà per le stazioni turistiche, mentre
d'estate invaderanno i turisti tedeschi e francesi, venuti per farsi il
“barbecue” e prendere il sole, in un paese ben conservato e vuoto di gente.
Vogliamo chiedere a tutti quelli che governano le montagne del
Trentino di non chiudere la scuola di Peio, perché è una bella scuola, in un
bel paese ancora vivo e pieno di gente. E noi vorremmo che quel paese, quelle
montagne, quella scuola fossero sempre piene di vita e di gente contenta, come
ora.
La nostra è una scuoletta di quattro bambini che da anni lotta
per sopravvivere. Noi siamo già stati a trovare i nostri amici a Peio, loro
sono venuti a Coumboscuro e assieme
ci siamo raccontati le meraviglie delle nostre montagne, quando sono coperte
dalla bianca coltre della neve e quando sono verdi e piene dei raggi di sole
che fanno spiccare i tetti di lose e le nostre case di pietra. Per lettera
abbiamo sognato di giocare assieme a “barbouiro folo” e “ marelo”...
I Fiet de l'Escolo de Santo Lucio (maggio 2011)