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Giuseppe Tatangelo nel giugno 2010 ha inscenato una protesta contro il Parco e le Istituzioni che  lasciano gli allevatori in balia dei lupi. particolarmente colpito lo zio Orazio

 

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Da Sud a Nord anche gli allevamenti di razze bovine pregiate nel mirino dei lupi

di Michele Corti

Dalla viva voce di un allevatore piemontese la testimonianza di come anche in Piemonte, nelle Alpi Marittime, i danni da lupo a carico degli allevatori di razza Piemontese siano gravi

"I lupi in Italia uccidono ogni anno dalle 2.000 alle 2.500 pecore, gli indennizzi toccano quota un milione di euro l'anno; quando raccontiamo questi numeri in altre parti d'Europa o in Nord America ci chiedono come mai vi siano ancora lupi in Italia".

Luigi Boitani (massimo lupologo italiano ed europeo) 2007

In nessun paese al mondo di consente ai lupi di esercitare una pressione predatoria così forte come in Italia. Negli ultimi anni  la citazione di Boitani andrebbe aggiornata perché oltre alle pecore hanno iniziato ad essere seriamente colpiti anche i bovini. Alcuni allevatori abruzzesi hanno perso decine di capi. Il tutto nell'indifferenza generale e senza che le associazioni allevatori prendano fermamente posizione a favore dei loro soci presi di mira. C'è una 'convenzione sociale' per la quale un certo ambientalismo di facciata fa comodo a (quasi) tutti. Il lupo è visto come una riparazione simbolica, come un alibi in un paese che in fatto di cementificazione, dilagare di capannoni, coste devastate, inquinamento si colloca in 'alta classifica'. Per 'riparare' e fare contenti un po' tutti è stato creato un vasto sistema di aree protette divenute un vero carrozzone di posti fissi ben pagati, consulenze, gettoni di presenza, appalti. Paga il contribuente e paga chi esercita in queste aree le attività tradizionali. Attività del tutto 'sostenibili', 'ecocompatibili' ma che sono costrette a ridimensionarsi e a sparire in nome di un finto ambientalismo. Un ambientalismo che penalizza gli allevamenti estensivi, la cura dei pascoli (miniera di biodiversità e in grado di fornire un sostanziale contributo alla stabilità idrogeologica), la produzione di carne, latte, formaggi di elevata qualità organolettica e nutraceutica.

Fuori dai 'parchi' prosegue la cementificazione e l'agricoltura e la zootecnia hanno assunto connotati sempre più industriali. Centinaia di migliaia di ettari di pascoli e prati abbandonati o sottoutilizzati (succede in tutta Italia tranne che nel Sudtirolo)  rappresentano una enorme mancata 'centrale' ad energia solare che potrebbe essere convertita in alimenti di qualità risparmiando sull'energia per la sintesi dei concimi chimici e dei pesticidi, per la produzione e il trasporto delle materie prime e dei mangimi utilizzati dagli allevamenti intensivi. É ecologico consentire alla pressione predatoria del lupo di crescere sino a far regredire ancora i nostri sistemi pastorali e di allevamento estensivo?

 

La licenza di predazione illimitata per il lupo esiste solo in Italia

 

I lupi colpiscono gli allevamenti bovini anche in altri paesi (compresi gli Usa) ma quello che sta succedendo in Italia non ha confronti con nessun altro paese al mondo. Gli allevatori abruzzesi sono i più colpiti. Orazio Tatangelo, allevatore di bovini di razza marchigiana di Gioia dei Marsi che ha la colpa di mantenere i suoi animali al pascolo. Il suo calvario è iniziato con i primi gravi attacchi nel 2007. Poi è stato sempre colpito pesantemente e ripetutamente a testimonianza che si è rotto un equilibrio e che la pressione predatoria ha superato il livello di guardia. Il tutto mentre gli amici del lupo proclamano in tutta Italia che l'Abruzzo è un 'modello di convivenza'.

Nel 2010 il clou con 26 capi persi. Durante una lite con un Guardiaparco è stato colto da malore ed è stato ricoverato per diversi giorni in ospedale nel mentre i lupi proseguivano i loro attacchi. I capi di Tatangelo sono di razza Marchigiana e vengono spesso battuti ad aste di rilevo internazionale. Per questo motivo l'allevatore ha rifiutato per protesta gli indennizzi che non tengono assolutamentein conto il valore genetico dei suoi animali. Nel 2010 il nipote Giuseppe si è incatenato per protesta contro il Parco nazionale e contro le istituzioni colpevoli di lasciare gli allevatori soli in balia dei lupi. Lasciati soli anche dalle loro organizzazioni professionali e allevatoriali chesi sono troppo 'istituzionalizzate' e si sentono, oltre che rappresentanti degli allevatori, anche parte di una complessiva struttura istituzionale che osserva la 'religione ufficiale ambientalista'.

Così i più 'sfigati' subiscono il ruolo scomodo di vero e proprio 'capro espiatorio' che la società ha deciso di immolare sull'altare del lupo (simbolo della 'rivincita della natura' e alibi per una politica che continua a tollerare la compromissione degli ecosistemi).  Quest'anno Tatangelo ha già avuto diverse perdite. I danni dei lupi a carico dei bovini si registrano anche nell'appennino campano e sul Gargano in Puglia (nella foto sotto u vitello di razza Bruna ferito dai lupi nel Gargano).

 

 

La situazione in Piemonte

 

Da qualche anno la presenza di branchi di lupi rappresenta un problema anche in Piemonte sulle Alpi Marittime e Cozie. Qua e là si registrano attacchi a vitelli (diversi casi sono stati segnalati in Val Maira) ma la situazione più grave si registra in Val Vermegnaga e in Val Tanaro. Nell'ambito delle attività di raccolta della documentazione relativa all'impatto del lupo sulla pastorizia e l'allevamento estensivo (Progetto PROPAST)  ho intervistato la scorsa settimana Tiziano Aiassa, probabilmente l'allevatore di bovini sinora colpito più pesantemente dai lupi in Piemonte (il video con i passaggi più significativi è in fondo a questa pagina). La sede dell'azienda di famiglia è a Carpanetta di Casalgrasso, all'estremo nord della provincia di Cuneo. Tiziano è un giovane allevatore di 28 anni che alleva con passione e competenza bovini di razza Piemontese. L'alpeggio (a Limone Piemonte) per l'azienda Aiassa non è solo una tradizione ma anche una necessità; le superfici aziendali non sono sufficienti per alimentare la mandria e l'alpeggio consente anche di fruire di contributi che contribuiscono significativamente all'economicità di un allevamento che ha caratteri di estensività e che è indirizzato alla produzione di qualità.

 

Le prime avvisaglie nel 2003

 

Un primo campanello di allarme era suonato nel 2003 quando era stato predato un vitello. Poi più nulla sino al 2008 con un altro vitello perso. In entrambi i casi i vitelli erano riusciti a passare sotto il filo elettrico approfittando di punti dove, a causa di variazioni di pendenza del terreno, la distanza tra filo e il terreno stesso è maggiore. Senza più la protezione delle madri i vitelli isolati fuori dal recinto sono facile preda dei lupi che pattugliano il perimetro dei recinti. L'annus orribilis dell'azienda Aiassa è stato però il 2009 con 9 capi predati. Un danno di 15.000 € tra valore dei capi, spese di elitrasporto di capi feriti e morti, di cure veterinarie, a fronte di 4.500 € di rimborsi. Le perdite sono state il risultato di quattro attacchi nel breve periodo tra la fine di agosto e l'inizio di settembre. É il periodo della 'scuola di caccia' in cui le madri insegnano ai cucciotti ormai grandicelli a predare. I cucciolotti inesperti colpiscono spesso malamente procurando dolorose ferite alle vittime. In alcuni casi i capi sono stati divorati in altri no (erano serviti solo per l'addestramento).

 

 

Per sommare così tante vittime i lupi hanno adottato una tattica ben diversa dalla semlie attesa della fuoriuscita di un singolo vitellino dalla recinzione: hanno spaventato le vacche inducendole a sfondare la recinzione. Nella confusione i lupi hanno predato sia i vitelli piccoli, peraltro difesi dalle madri - che in alcuni casi hanno riportato ferite al muso - che i vitelli più grossi (di5-6 mesi!) e persino le manze. Viene da pensare ai 'dogmi' dei lupofili/lupologi che giurano che il lupo è un pericolo solo per i vitelli di una, massimo due, settimane. Tiziano Aiassa può facilmente smentirli "I vitelli piccoli sono meno a rischio perché non si staccano dalle madri, sono gli altri che corrono pericoli".

I capi più grossi sono stati immobilizzati dalla frattura degli arti e, in un caso, della colonna vertebrale con conseguente paralisi. Una delle manze disperse è stata trovata dopo diversi giorni dietro ad un cespuglio. É stato il fetore dei pochi tessuti molli rimasti in putrefazione a guidare Tiziano e il suo dipendente su questi resti. La stessa testa era divorata e la marca auricolare era sì rimasta sul posto ma perforata dai canini del lupo. Le ossa sono state caricate in spalla e, almeno, si sono risparmiati i costi dell'elitrasporto della carcassa.

Benessere animale?

 

Un'altra manza dispersa, in realtà un mucchietto di ossa, è stata rinvenuta nel 2010. Due manze hanno dovuto subire l'amputazione degli arti interessati da fratture esposte. Un fatto resosi necessario per consentire di poter curare i capi e di poterli poi macellare (per autoconsumo) al termine del periodo di sospensione dopo i trattamenti antibiotici. La soppressione sul posto degli animali comporta infatti la distruzione delle carcasse considerata anche l'ordinanza che vieta l'interramento. Tra assicurazioni che non coprono i danni da lupo (la caduta per inseguimento lupi non è contemplata), tra norme che impediscono l'interramento e impongono la distruzione  della carcassa, tra rimborsi dei costi di smaltimento delle carcasse che coprono solo il trasporto in autocarro ma non quello in elicottero, tra rimborsi danni che non riconoscono la predazione in assenza di ferite (le fratture esposte sopra citate non sono state considerate una dimostrazione) l'azienda Aiassa ha pagato alla lupofilia un conto salato. Tra le manze perse figuravano quelle con valore genetico maggiore, una circostanza non riconosciuta ("pagano sulla base dell'età, con la tabella ISMEA"). Nel 2010 i criteri di rimborso danni sono stati modificati dalla Regione Piemonte comprendendo anche i costi sostenuti per il trasporto delle carcasse e ampliando la casistica degli elementi di diagnosi del fatto predatorio. La scorsa stagione di alpeggio è però filata liscia per gli Aiassa. Quest'anno c'è una certa inquietudine perché sono già stati avvistati diversi lupi. "Ma io non ho scelta devo andare comunque". Non è bello vedere un giovane appassionato che non pratica l'alpeggio certo 'per i contributi' ("seguo un piano di pascolamento redatto dall'Università di Torino, manze da una parte, vitelli grossi dall'altra, vecche con i vitelli piccoli da un'altra ancora") alle prese con questi problemi. Specie se si considera che il danno del lupo è reso più rave e meno prevenibile da circostanze che non dipendono dall'allevatore ma dalla scarsa sensibilità degli enti. "Tra un giass [baite] e l'altro ci sono due ore di cammino, ma uno è crollato e non è utilizzabile per il ricovero del personale, così la sorveglianza diventa più difficile". "Per noi la presenza dei turisti è un problema; il comune - almeno l'amministrazione precedente - voleva impedirci di fare i recinti perché i fili elettrici danno fastidio agli escursionisti". Per sentire i dettagli dalla viva voce di Tiziano apri il video qui sotto.

 

Intervista a Tiziano Aiassa, giovane allevatore di bovini di razza Piemontese videoregistrata il 13 maggio 2011 presso l'azienda agricola della famiglia Aiassa a Calalgrasso (Cn). Nel corso di varie stagioni d'alpeggio trascorse a Limone Piemonte gli Aiassa hanno subito diversi attacchi da parte dei lupi; i più gravi nel 2009 ed hanno coinvolto vitelli, manze e persino le vacche che cercavano di difendere i propri vitelli.

 

            

 

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