(16.12.11) A giorni inizierà l'attività del "macello alpino" in Val Varaita (Cn), un tassello importante del progetto Gestalp, partito per iniziativa dal basso, che prevede la valorizzaizione integrata di tutte le risorse rurali
di Michele Corti
In Val Varaita sono state le associazioni, gli allevatori, i proprietari dei boschi , i cacciatori a spingere per un progetto che è stato poi elaborato e fatto proprio dalla fondazione Cerigefas dell'Università di Torino e dai comuni
Quello che sta realizzandosi in Val Varaita con il progetto Gestalp rappresenta qualcosa di importante, un segnale, un modello per tutto l'arco alpino. È qualcosa che ha anche una grande ripercusione politica. Nel caso il progetto si sviluppasse secondo quanto previsto (e le notizie di questi giorni sono incoraggianti) il messaggio che la Val Varaita consegna alle vicine valli cuneensi e a tutta la montagna alpina è dirompete. Perché? Perché si sostiene che le valli alpine sono ricche, ricche di risorse di cui in parte sono state espropriate e che in parte la società industriale ha marginalizzato ma che con la la crisi energetica ed ecologica tornano preziose. Nella rimessa in discussione dell'assetto istituzionale, basato su una statualità che risale come impianto e ideologia al XVI secolo e su un asfittico sistema di "autonomie", le comunità di montagna possono recuperare capacità di autodeterminarsi, di auto-organizzare la gestione del proprio territorio.
Nella presentazione del progetto Gestalp (scarica il documento originale) si afferma un principio che solo chi è politicamente cieco o in mala fede può ormai negare:
Non sono bastati a invertire la tendenza né il boom turistico né una politica della conservazione ambientale incentrata sul modello “parco”, semplicisticamente considerato in grado di rispondere, da solo, alle esigenze delle comunità locali (nonostante l’equivalente di diversi miliardi di Euro spesi negli ultimi 50 anni nelle grandi stazioni turistiche o nei parchi nazionali e regionali, neppure nei siti a forte investimento si è arrestato il trend demografico negativo).
I modelli che impongono alla montagna nuove forme di colonialismo sono fallimentari, socialmente, economicamente, ambientalmente insostenibili ed iniqui. Sia che si tratti della versione capitalistica delle colate di cemento e della monocoltura degli sport "bianchi", che di quella (complementare) urbano-ambientalista che prevede la montagna-parco spopolata, l'invenzione della natura selvaggia che impone vincoli insostenibili alle residue attività tradizionali (basti pensare ai pastori alle prese con i lupi).
Il progetto Gestalp va in direzione opposta: acqua, legno (boschi), erba dei pascoli, animali (domestici e selvatici) diventano risorse economiche gestite sotto il controllo degli attori locali, secondo un disegno concepito localmente e che produce vantaggi localmente. Si parla di decine di posti di lavoro, non di qualche ecoburocrate ben pagato di qualche lupologo o naturalista con diversa specializzazione.
Il progetto contempla la realizzazione di centraline idroelettriche. Con i proventi della vendita dlel'energia si potranno finanziare iniziative e servizi locali ma, molto concretamente, gli abitanti e le imprese locali vedranno un vantaggio immediato nel taglio del 50% delle tariffe elettriche. La filiera bosco-legno - con buona pace dell'ambientalismo colonialista urbano che vorrebbe che le piante marcissero in loco - viene riattivata grazie alla confluenza di proprietari privati in una società, alla redazione di piani forestali, alla prospettiva di un rilancio dlela produzione di mobili tipici, alla realizzazione di un impianto a biomasse che utilizza gli scarti della lavorazione del legno (e produrrà altra energia). Nei prossimi giorni partirà l'attivita del "macello alpino". Si inizierà a macellare vitelli (localmente detti "mangiarin") che hanno concluso il ciclo di allevamento in alpeggio consentendo di differenziare in base alla sua origine questa produzione di carne pregiata. A ruota verrà attivata anche una filiera carne con il primo macello per selvaggina delle Alpi centro-occidentali. Verranno macellati camosci e caprioli di una azienda faunistica locale e le loro carni saranno trasformati in salami, bresaole, mocette e altri prodotti che oggi sono importati o ottenuti con carni importate. Il macello sarà anche a disposizione dei cacciatori e il Comprensori alpino di caccia figura infatti tra i partner del progetto. Il pregio di questa iniziativa consiste nanche nel richiamare l'attenzione sulla risorsa-selvatico e sulla necessità di modificare la legge sulla caccia. L'aumento della presenza di fauna selvatica ungulata, come sosteniamo da anni, sta rappresentando in moolte realtà una vera e propria calamità. Di qui la necessità di guardare a cervi e cinghiali come una risorsa economica di proprietà delle comunità locali e non più dello stato. Chi alimenta questi animali? La "Natura"? No: i boschi e i prati che, in larga misura sono ancora coltivati. Perché allora non cambiare le regole del gioco e farla finita con la "proprietà indisponibile dello stato" e la definizione della caccia come "attività non a scopo di lucro". Si riconosca che ha valenza economica e si riformino gli istituti di gestione venatoria con la partecipazione dei proprietari privati e pubblici delle superfici agrosilvopastorali che "nutrono" la fauna cosidetta selvatica.
Nell'incontro di Milano del 10 dicembre (vedi resoconto) Mariano Allocco (della vicina Val Maira) ha sottolineato come il progetto Gestalp è innovativo e in qualche modo "sovversivo" perché è nato senza chiedere nulla alle istituzioni ma sulla base di un business plan autofinanziato. Un "pericolo", secondo Allocco, per un certo potere centralista. Di più il progetto è partito dalla gente, dalle associazioni ed è stato fatto proprio dai comuni che hanno assunto un ruolo importante ma che hanno anche determinato dei rallentamenti della tabella di marcia a causa di alcune manifestazioni un po' "campaniliste" (si vuole veder localizzate le realizzazioni più appetibili nel proprio comune e si cerca di collocare sul territorio altrui quelle meno appetibili).
In ogni caso vale il commento di Allocco:
..dopo quattrocento anni non si va più a chiedere con il cappello in mano ma si decide di fare da sé. Acqua, pascoli, boschi, animali (domestici e selvatici) diventano i motori di uno sviluppo endogeno.