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Inforegioni/Interviste senza retorica sul lupo e i pastori

 

 

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(18.01.11) Interviste senza filtri nè retorica ai pastori alle prese con il problema del lupo

 

Come sarà la prossima estate in alpeggio?

 

Marzia ha da tempo trovato la chiave per far raccontare ai pastori la loro condizione nel modo più sincero. Queste interviste sono un documento di valore umano ma anche politico e scientifico. Almeno per chi è disposto ad abbandonare visioni schematiche e la supponenza tecnocratica

 

testo e foto di Marzia Verona*

 

*http://pascolovagante.splinder.com/

 

I problemi bisogna affrontarli per tempo, nell’ottica della prevenzione. Siamo solo a gennaio, ma dappertutto nelle valli si parla dei lupi: lupi che vengono avvistati, lupi che ululano, lupi che uccidono animali selvatici non lontano dai paesi. Noi però qui ci occupiamo di pastorizia.

Uno dei problemi di questo antico mestiere, oltre a quello dei predatori, è legato alla scarsa conoscenza ed ai luoghi comuni, come se fare il pastore fosse un lavoro romantico, idilliaco, ma anche poco faticoso, tanto che sorvegliare il gregge da eventuali attacchi sia poco più che l’unica cosa da fare, mentre si è al pascolo.

Un pastore con i suoi cani sorveglia il gregge dall’alto di una rupe

Quest’anno più volte mi è capitato di parlare della Val d’Angrogna, un vallone laterale della Val Pellice, dove nel corso dell’estate/autunno 2010 si sono susseguiti numerosi attacchi a danno delle greggi. Nel mese di dicembre ero stata da un pastore per farmi raccontare com’erano andate le cose, ma nel frattempo c’è stata qualche novità, anche se siamo d’inverno e le montagne sono coperte di neve.

Quando arrivo, Claudio non ha ancora aperto il recinto. Lui ed il suo aiutante stanno controllando che tutti gli agnelli abbiano mangiato a sufficienza, prima di partire verso i pascoli. Dopo settimane di nuvole e foschia, si preannuncia una bella giornata di sole. Gli agnelli in attesa della poppata lo circondano e gli sfiorano le mani con il muso, sperando che anche a loro sia concesso di succhiare un po’ di latte da questa o quella pecora.

“Vedi? Adesso li tiro su tra mille fatiche. E per cosa, poi? Per farmeli mangiare dal lupo quando sarò su di là?”

Non è solo questione di far bene il proprio lavoro: i gesti con cui li accarezza e con cui scosta delicatamente quelli che andrebbero a rubare il cibo ai compagni denotano davvero un fortissimo legame con gli animali.

“Non bisognerebbe affezionarsi così alle bestie, ma come si fa? La gente non riesce comprendere cosa significhi, ma se capissero davvero, i più non direbbero: “I bergè sono là a fare una bella vita, a prendere il sole!”. Se fosse tanto bello, tanto semplice e genuino, allora non ci sarebbe posto per tutti, sulle montagne. Invece siamo qui che pensiamo di lasciar perdere… Lo fai perché sei malato, perché hai questa passione qui. Io ho sempre fatto questo. Non c’è una cosa più bella o più brutta in questo mestiere. Per brutto che sia, tu lo vedi sempre bello, perché altrimenti non lo faresti. Una cosa però c’è… sarebbe bello se eliminassero del tutto i lupi, quello sì!”

E se non ci fossero questi pastori “malati per le bestie”, cosa succederebbe?

“Ho pensato più volte di lasciar perdere tutto! Come ti avevo detto, se quest’estate avessi avuto su solo le mie bestie, sarei sceso, ignorando i giorni di pascolamento da rispettare e tutto il resto. Adesso ho già anche provato ad informarmi per un’altra montagna, ma non so… Lì ho ancora l’affitto per cinque anni, poi conosco anche le pietre, sono sempre stato su quelle montagne, sono i miei posti. Ma un’altra estate così… Una volta aspettavi tutto l’anno il momento di salire, adesso solo a pensarci, mi viene male. Rimani disgustato. Se non salisse un gregge, andrebbe tutto all’abbandono, su di lì. Una volta portavano su anche vacche, ma era quando c’erano altre bestie: andava su uno con due vacche, l’altro con tre, le portavano al pascolo con la corda.”

L’estate 2010 è stata la più dura, anche se i primi attacchi risalgono agli anni precedenti:

“Nel ’98 me ne hanno uccise8 in una sera, poi 2 un’altra, poi basta. Nel 2010 invece ci sono stati attacchi di continuo, è stato l’anno peggiore. Trovate e dichiarate sono state una ventina, sedici pecore e 3 o 4 capre, sette bestie mie e le altre di persone che me le danno in guardia. Il gregge è di circa un migliaio di bestie, le mie sono più o meno400.”

Il pastore ed il suo gregge, con le montagne innevate dove salirà a fine primavera sullo sfondo

L’avere bestie di più proprietari comporta problematiche aggiuntive, che vanno a vanificare anche i tentativi di prevenzione che funzionano in altre situazioni.

“Avendone tante in guardia, è più difficile tenerle insieme, non sono abituate a stare con le compagne, è diverso da chi ha un gregge anche di 2000 pecore, ma che stanno insieme tutto l’anno estate ed inverno. Si dividono in tanti piccoli gruppi e non riesci a star dietro a tutte, anche perché nella nebbia è come andare con gli occhi chiusi.”

Spesso, da quando è avvenuto il ritorno del lupo nelle vallate alpine, ai pastori è stata rivolta un’accusa: quella di aver “dimenticato” come si fa questo mestiere, di abbandonare i propri animali sui monti, andandoli a vedere solo saltuariamente. Ma è proprio vero?

“Io sono sempre insieme al gregge, tranne di notte. La differenza è che prima le lasciavo dormire libere, ma in giornata c’ero sempre, anche perché altrimenti vanno dove vogliono, passano nella montagna confinante. Una volta potevi lasciare che si allargassero di più, adesso invece devi cercare di tenerle tutte a mucchio e non possono più pascolare bene. Solo che in certi posti la montagna è brutta, dritta e sporca, come si fa? Le apro all’incirca alle 9:00 del mattino e sto al pascolo finché viene notte, a volte capita che le ultime le chiudo alla santa ora, perché inizio a fare entrare nel recinto quelle che ci sono. Poi, se si alza la nebbia quando viene notte, magari sei già alla baita e ne vedi ancora qualcuna, così allora partivo ed andavo a chiudere anche quelle. Non è facile, se uno non l’ha mai fatto, se non sa cosa vuol dire, non riesce a capire.”

Il pastore non ha aiutanti in montagna, non ne ha mai avuta la necessità, negli anni passati.

“Raramente ho avuto qualcuno insieme ad aiutarmi, sono sempre da solo. Quest’estate, nella settimana di Ferragosto è venuto su un ragazzo, uno di quelli che mi danno le pecore in guardia, quindi è uno che con gli animali sa cosa vuol dire… Ha detto che si fermava una settimana. C’è stata sempre la nebbia, la sera del primo giorno ha detto: «Oggi abbiamo fatto un bel lavoro, le abbiamo tirate dentro tutte», ma poi al mattino ne abbiamo vista una qua, una là, ce n’era una tutta sanguinante… Altro che bel lavoro, ma con la nebbia, come si fa? Al secondo giorno poi è ripartito ed è andato via. Quando era arrivato aveva la faccia tutta bella 'fiorita', ma quando è ripartito sembrava avesse visto i fantasmi.”

A Claudio è stato proposto un aiuto-pastore, ma su questo aspetto ha dei dubbi circa fatto che si riescano ad individuare le persone giuste per fornire un’adeguata assistenza.

“Una mano non si rifiuta mai, ma non è semplice… Bisogna trovare quello giusto, che sia capace di gestire un gregge in una montagna così. Poi è un costo che io non posso permettermi di sostenere, non con questo numero di animali. Dovrei avere almeno mille pecore mie, allora, magari…”

Dalla mia ultima visita, Claudio ha ricevuto ulteriori proposte di aiuto per la stagione estiva.

“In montagna sono venuti a farmi gli accertamenti delle bestie uccise, poi più niente, ma adesso sono venuti (il personale che si occupa del 'Progetto Lupo' regionale, nda) ad offrirmi di portare su due container, uno all’Infernet ed uno a Sparvira, poi mi darebbero una cagna o anche due maremmani, anche se ho già quel cucciolo che sta venendo su, quello là e poi l’altro che però non è un maremmano puro. Non ho chiesto però quanto verrebbero a costare i container… se li devo pagare… Perché la montagna la affitto dal Comune, ho il contratto ancora per cinque anni e si paga un tanto a capo. I container, certo, fanno comodo perché almeno alla sera arrivi in un posto dove non ti piove in testa, ma… Non è quello che risolve il problema, perché tanto uscito di lì è tutto come prima.”

Due dei cani da guardiania già presenti nel gregge

Come altra forma di assistenza/compensazione, recentemente sono stati accreditati i pagamenti delle bestie uccise ed il premio di pascolo gestito.

“I pagamenti non sono il valore giusto delle bestie: se è una pecora da macello varrebbe un po’ meno di quello che ti danno, ma se è una bestia giovane e che sta per partorire? C’è la perdita doppia. Poi un’altra cosa che proprio non mi sembra giusta è questa: sai che adesso danno una percentuale per il primo attacco, un tot per il secondo? Quei soldi li prendono anche i proprietari che danno le bestie in guardia, ma non sono mai su in montagna. E’ una sciocchezza, spetterebbero alla persona che è su, anche per il disturbo, tutte le telefonate per chiamare i veterinari, avvisare i padroni delle bestie e tutto il resto.”

Claudio non rifiuta a priori le soluzioni proposte per tentare la convivenza con il predatore.

“Il lupo è un problema specialmente per il modo di lavorare che comporta, oltre al danno quando ti uccide una bestia. Però mi piacerebbe avere tutto, ma proprio tutto quello che loro dicono che serve per “convivere” con il lupo. L’aiuto pastore, il numero giusto di cani, le reti e tutto, poi vedere quello che succede, se funziona davvero.”

* * *

Tra le montagne confinanti con quella di Claudio, c’è quella di Crevdlira, dove sale Sergio con il suo gregge, ed anche per lui ci sono stati disagi e problemi. Lo raggiungo nei pascoli di collina non lontano da casa, dove sta spostando il recinto ad un piccolo gregge di giovani pecore.

Mentre la maggior parte del gregge è in stalla, queste pecore pascolano la poca erba di gennaio

“I primi attacchi li ho avuti nell’estate 2010, prima non mi sono mai accorto di niente. Sono successi nel mese di agosto, mi ha ucciso cinque pecore ed una capra, di queste sono sicuro, poi ne ho avute 4 morsicate, 3 pecore ed una capra. In montagna ho un gregge di 430 animali circa, capre comprese. La metà sono bestie mie, le altre le prendo in guardia. Quando avevo solo bestie mie, le aprivo al mattino e tornavano alla sera, non c’era bisogno di stare insieme tutto il giorno, sono bestie che sono nate su queste montagne, non sono mai andate via, non scappavano. Alla sera le chiudevo dietro alle baite, nel recinto. Sono bestie talmente domestiche che dovevi chiuderle perché non venissero fin sulla porta di casa. Adesso una cosa così non la puoi più fare di sicuro. Le apro verso le nove del mattino, poi sto al pascolo fin quando viene notte, dipende un po’ dalle giornate. E’ da 10 anni che le metto nelle reti, alla sera.”

Oltre all’alpeggio nei pressi del Colle della Vaccera, il gregge pascola anche diverse zone sopra a Prarostino, compiendo la transumanza a piedi, con piccoli spostamenti. Gli animali vengono messi al pascolo appena possibile in primavera e vi rimangono fino alla metà/fine di dicembre. La cascina si trova sulle colline a ridosso di Pinerolo, dove il pastore ha una vecchia stalla ed una nuova è in costruzione.

“Ci sono solo io a guardarle, oppure mio padre se io devo andare via. Noi il fieno ce lo facciamo tutto, quindi, quando sei in montagna, ci sono anche tutti quei lavori da fare giù. Un aiutante potrebbe servire, contro il lupo… ma dovrebbe essere uno competente! Non è detto che si riesca a trovarlo, perché anche quelli che già dicono di essere pastori, non è poi sempre che siano così validi.”

Sergio ripete le stesse parole di Claudio, sulla gestione degli animali, sulla nebbia, sull’impossibilità di far pascolare adeguatamente il gregge, dovendolo necessariamente sorvegliare e tenere più compatto.

Nebbia in Val d’Angrogna nel mese di settembre

“I soldi sicuramente non arriveranno mai a pagare il disagio e le tribolazioni che uno deve patire, non sono quelli che danno la felicità. E’ che non puoi lavorare nel modo ottimale per le tue bestie, per farle stare bene, e non sei mai sicuro di proteggerle a sufficienza. L’unica soluzione per migliorare le cose è ridurre il numero dei predatori. Non parlo solo del lupo… perché, tra volpi e corvi, anche salvare gli agnelli non è facile.”

Il suo alpeggio ha delle baite in buone condizioni, servite da una strada sterrata, ma Sergio non ritiene che containers o altre forme di assistenza possano risolvere definitivamente il problema.

“Fino ad oggi mi hanno dato 4 reti ed un vachè per aiutarmi, uno di quelli con il pannello che ci va un asino per spostarlo tanto è pesante, ma va bene… Solo che dovrebbero darmi 10-15 km di reti per recintare tutta la montagna, ma poi essere ben sicuri che il lupo stia fuori e le pecore dentro, altrimenti non funziona di nuovo!! Magari dicono che non siamo mai contenti, ma non capiscono come ci tocca lavorare, senza aver mai la garanzia di essere completamente al sicuro!”

Sergio ha quasi 27 anni, recentemente ha compiuto scelte importanti per il suo futuro e la sua attività.

Le capre a Crevdlira

“Più di una volta ho pensato di mollare, non solo per il lupo, ma anche per quello. Non sei più padrone di fare il tuo mestiere, devi salire alla data che decidono loro, e lo stesso per la discesa, non sei più tu che lo fai in base a com’è l’erba, la stagione. Dove c’è bosco non puoi pascolare, è così ovunque. Adesso ho anche tutti i vincoli da rispettare, le domande, le varie pratiche, ho appena iniziato a fare la stalla nuova, per forza devo andare avanti. Ma altrimenti… Ad uno viene anche da pensare di non salire in montagna, girare a mezza quota, con le poche bestie che ho. Però la montagna in parte è nostra, anche le baite, giù c’è già da fare il fieno, come si fa? Una volta si saliva con 10-12 vacche, ma tagliavano persino il fieno, in certi posti. La montagna era un’altra cosa. Mio padre quando aveva 11 anni era stato al pascolo da solo al Culet, quelle baite che ci sono più avanti rispetto a dove arriva la strada, ed era la prima stagione che ha fatto su di là. Adesso comunque il problema non è pecore, capre o vacche, perché, messi come siamo, ti mangia anche i vitelli, se non trova le pecore. Non è quello il punto.”

Sul lupo, così come sulla vita del pastore, non c’è sufficiente informazione.

“Non sono in tanti quelli che capiscono cosa vuol dire fare il pastore, lo capiscono solo se l’hanno fatto o se comunque sono un po’ dentro questo mondo. La gente in generale non si rende conto. Se vengono su, lo fanno solo con il bel tempo, infatti di gente non ne incontri poi tanta, hai visto anche tu com’è la nebbia da quelle parti. Se parli loro di una pecora mangiata dal lupo, al massimo ti dicono “povera bestia”, ma mai “povero pastore”, e sei tu quello che tribola per proteggerla dal lupo. Tu invece sei un criminale se dici che il lupo lo vorresti ammazzare. Un giorno ero verso i Piani e si sono fermati due a chiacchierare, avevano anche i bambini. Non so com’è andata, ma ci siamo messi a parlare del lupo. Gliel’ho detto: «Ti piacerebbe vedere il lupo, ma tu che stai qui… non so se, una volta che lo sentissi ululare fuori dalla porta, saresti ancora tranquillo a lasciar giocare i bambini all’aperto». Non sarò stato tanto gentile a dir così, ma è poi la verità.”

Perché si affronta questa vita, questi sacrifici, perché si è scelta questa strada, quando potevano esserci altre vie?

Gregge nella nebbia in alta montagna

“Mi avevano chiamato dalla fabbrica, ma… E’ un mestiere che la mia famiglia fa da sempre, io pure. Sono andato a scuola ancora due anni dopo l’obbligo per far contenti i miei, ma poi la mia vita è questa. Io ho la malattia per le pecore. Se non fosse per me, magari mio padre ne terrebbe meno. Anche se uno dice che vuol smettere, poi la passione è quella, non potresti fare diversamente. I momenti più duri sono quando c’è la nebbia. Il tuo lavoro lo fai sempre e comunque, ma quando sei lì che non vedi niente e sai che il lupo può colpire in ogni momento, non è facile. In certi posti è davvero difficile andare al pascolo, alla fine in certe zone dove ci sono i cespugli, dove c’è bosco, non ho più pascolato per non rischiare proprio alla fine della stagione. Così scendi prima e lasci indietro dell’erba.”

Sergio (classe 1984), oltre all’attività di pastore, svolge saltuariamente altri lavori nella stagione invernale/primaverile (principalmente come tosatore).

 


 

                   

 

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