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Come sarà la prossima estate in alpeggio?
Marzia ha da tempo trovato la chiave per far raccontare ai pastori la loro condizione nel modo più sincero. Queste interviste sono un documento di valore umano ma anche politico e scientifico. Almeno per chi è disposto ad abbandonare visioni schematiche e la supponenza tecnocratica
testo e foto di Marzia Verona*
*http://pascolovagante.splinder.com/
I problemi bisogna affrontarli per tempo, nell’ottica della prevenzione. Siamo
solo a gennaio, ma dappertutto nelle valli si parla dei lupi: lupi che vengono
avvistati, lupi che ululano, lupi che uccidono animali selvatici non lontano
dai paesi. Noi però qui ci occupiamo di pastorizia.
Uno
dei problemi di questo antico mestiere, oltre a quello dei predatori, è legato
alla scarsa conoscenza ed ai luoghi comuni, come se fare il pastore fosse un
lavoro romantico, idilliaco, ma anche poco faticoso, tanto che sorvegliare il
gregge da eventuali attacchi sia poco più che l’unica cosa da fare, mentre si è
al pascolo.
Un pastore con i suoi cani
sorveglia il gregge dall’alto di una rupe
Quest’anno
più volte mi è capitato di parlare della Val d’Angrogna, un vallone laterale
della Val Pellice, dove nel corso dell’estate/autunno 2010 si sono susseguiti
numerosi attacchi a danno delle greggi. Nel mese di dicembre ero stata da un
pastore per farmi raccontare com’erano andate le cose, ma nel frattempo c’è
stata qualche novità, anche se siamo d’inverno e le montagne sono coperte di
neve.
Quando
arrivo, Claudio non ha ancora aperto il recinto. Lui ed il suo aiutante stanno
controllando che tutti gli agnelli abbiano mangiato a sufficienza, prima di
partire verso i pascoli. Dopo settimane di nuvole e foschia, si preannuncia una
bella giornata di sole. Gli agnelli in attesa della poppata lo circondano e gli
sfiorano le mani con il muso, sperando che anche a loro sia concesso di succhiare
un po’ di latte da questa o quella pecora.
“Vedi?
Adesso li tiro su tra mille fatiche. E per cosa, poi? Per farmeli mangiare dal
lupo quando sarò su di là?”
Non
è solo questione di far bene il proprio lavoro: i gesti con cui li accarezza e
con cui scosta delicatamente quelli che andrebbero a rubare il cibo ai compagni
denotano davvero un fortissimo legame con gli animali.
“Non
bisognerebbe affezionarsi così alle bestie, ma come si fa? La gente non riesce
comprendere cosa significhi, ma se capissero davvero, i più non direbbero: “I bergè sono là a fare una bella vita, a
prendere il sole!”. Se fosse tanto bello, tanto semplice e genuino, allora non
ci sarebbe posto per tutti, sulle montagne. Invece siamo qui che pensiamo di
lasciar perdere… Lo fai perché sei malato, perché hai questa passione qui. Io
ho sempre fatto questo. Non c’è una cosa più bella o più brutta in questo
mestiere. Per brutto che sia, tu lo vedi sempre bello, perché altrimenti non lo
faresti. Una cosa però c’è… sarebbe bello se eliminassero del tutto i lupi,
quello sì!”
E
se non ci fossero questi pastori “malati per le bestie”, cosa succederebbe?
“Ho
pensato più volte di lasciar perdere tutto! Come ti avevo detto, se
quest’estate avessi avuto su solo le mie bestie, sarei sceso, ignorando i
giorni di pascolamento da rispettare e tutto il resto. Adesso ho già anche
provato ad informarmi per un’altra montagna, ma non so… Lì ho ancora l’affitto
per cinque anni, poi conosco anche le pietre, sono sempre stato su quelle
montagne, sono i miei posti. Ma un’altra estate così… Una volta aspettavi tutto
l’anno il momento di salire, adesso solo a pensarci, mi viene male. Rimani
disgustato. Se non salisse un gregge, andrebbe tutto all’abbandono, su di lì.
Una volta portavano su anche vacche, ma era quando c’erano altre bestie: andava
su uno con due vacche, l’altro con tre, le portavano al pascolo con la corda.”
L’estate
2010 è stata la più dura, anche se i primi attacchi risalgono agli anni precedenti:
“Nel ’98 me ne hanno uccise8 in una sera, poi 2 un’altra, poi basta. Nel
2010 invece ci sono stati attacchi di continuo, è stato l’anno peggiore.
Trovate e dichiarate sono state una ventina, sedici pecore e 3 o 4 capre, sette
bestie mie e le altre di persone che me le danno in guardia. Il gregge è di circa
un migliaio di bestie, le mie sono più o meno400.”
Il pastore ed il suo gregge, con le montagne
innevate dove salirà a fine primavera sullo sfondo
L’avere bestie di più proprietari comporta problematiche aggiuntive, che vanno a
vanificare anche i tentativi di prevenzione che funzionano in altre situazioni.
“Avendone
tante in guardia, è più difficile tenerle insieme, non sono abituate a stare
con le compagne, è diverso da chi ha un gregge anche di 2000 pecore, ma che
stanno insieme tutto l’anno estate ed inverno. Si dividono in tanti piccoli
gruppi e non riesci a star dietro a tutte, anche perché nella nebbia è come
andare con gli occhi chiusi.”
Spesso,
da quando è avvenuto il ritorno del lupo nelle vallate alpine, ai pastori è
stata rivolta un’accusa: quella di aver “dimenticato” come si fa questo
mestiere, di abbandonare i propri animali sui monti, andandoli a vedere solo
saltuariamente. Ma è proprio vero?
“Io
sono sempre insieme al gregge, tranne di notte. La differenza è che prima le
lasciavo dormire libere, ma in giornata c’ero sempre, anche perché altrimenti
vanno dove vogliono, passano nella montagna confinante. Una volta potevi
lasciare che si allargassero di più, adesso invece devi cercare di tenerle
tutte a mucchio e non possono più pascolare bene. Solo che in certi posti la
montagna è brutta, dritta e sporca, come si fa? Le apro all’incirca alle 9:00
del mattino e sto al pascolo finché viene notte, a volte capita che le ultime
le chiudo alla santa ora, perché inizio a fare entrare nel recinto quelle che
ci sono. Poi, se si alza la nebbia quando viene notte, magari sei già alla
baita e ne vedi ancora qualcuna, così allora partivo ed andavo a chiudere anche
quelle. Non è facile, se uno non l’ha mai fatto, se non sa cosa vuol dire, non
riesce a capire.”
Il
pastore non ha aiutanti in montagna, non ne ha mai avuta la necessità, negli
anni passati.
“Raramente
ho avuto qualcuno insieme ad aiutarmi, sono sempre da solo. Quest’estate, nella
settimana di Ferragosto è venuto su un ragazzo, uno di quelli che mi danno le
pecore in guardia, quindi è uno che con gli animali sa cosa vuol dire… Ha detto
che si fermava una settimana. C’è stata sempre la nebbia, la sera del primo
giorno ha detto: «Oggi abbiamo fatto un bel lavoro, le abbiamo tirate dentro tutte»,
ma poi al mattino ne abbiamo vista una qua, una là, ce n’era una tutta
sanguinante… Altro che bel lavoro, ma con la nebbia, come si fa? Al secondo
giorno poi è ripartito ed è andato via. Quando era arrivato aveva la faccia
tutta bella 'fiorita', ma quando è ripartito sembrava avesse visto i fantasmi.”
A
Claudio è stato proposto un aiuto-pastore, ma su questo aspetto ha dei dubbi circa
fatto che si riescano ad individuare le persone giuste per fornire un’adeguata
assistenza.
“Una
mano non si rifiuta mai, ma non è semplice… Bisogna trovare quello giusto, che
sia capace di gestire un gregge in una montagna così. Poi è un costo che io non
posso permettermi di sostenere, non con questo numero di animali. Dovrei avere
almeno mille pecore mie, allora, magari…”
Dalla
mia ultima visita, Claudio ha ricevuto ulteriori proposte di aiuto per la
stagione estiva.
“In
montagna sono venuti a farmi gli accertamenti delle bestie uccise, poi più
niente, ma adesso sono venuti (il personale che si occupa del 'Progetto Lupo' regionale,
nda) ad offrirmi di portare su due container, uno all’Infernet ed uno a
Sparvira, poi mi darebbero una cagna o anche due maremmani, anche se ho già
quel cucciolo che sta venendo su, quello là e poi l’altro che però non è un
maremmano puro. Non ho chiesto però quanto verrebbero a costare i container… se
li devo pagare… Perché la montagna la affitto dal Comune, ho il contratto
ancora per cinque anni e si paga un tanto a capo. I container, certo, fanno
comodo perché almeno alla sera arrivi in un posto dove non ti piove in testa,
ma… Non è quello che risolve il problema, perché tanto uscito di lì è tutto
come prima.”
Due dei
cani da guardiania già presenti nel gregge
Come
altra forma di assistenza/compensazione, recentemente sono stati accreditati i
pagamenti delle bestie uccise ed il premio di pascolo gestito.
“I
pagamenti non sono il valore giusto delle bestie: se è una pecora da macello
varrebbe un po’ meno di quello che ti danno, ma se è una bestia giovane e che
sta per partorire? C’è la perdita doppia. Poi un’altra cosa che proprio non mi
sembra giusta è questa: sai che adesso danno una percentuale per il primo
attacco, un tot per il secondo? Quei soldi li prendono anche i proprietari che
danno le bestie in guardia, ma non sono mai su in montagna. E’ una sciocchezza,
spetterebbero alla persona che è su, anche per il disturbo, tutte le telefonate
per chiamare i veterinari, avvisare i padroni delle bestie e tutto il resto.”
Claudio
non rifiuta a priori le soluzioni proposte per tentare la convivenza con il
predatore.
“Il
lupo è un problema specialmente per il modo di lavorare che comporta, oltre al danno
quando ti uccide una bestia. Però mi piacerebbe avere tutto, ma proprio tutto
quello che loro dicono che serve per “convivere” con il lupo. L’aiuto pastore,
il numero giusto di cani, le reti e tutto, poi vedere quello che succede, se
funziona davvero.”
* * *
Tra
le montagne confinanti con quella di Claudio, c’è quella di Crevdlira, dove
sale Sergio con il suo gregge, ed anche per lui ci sono stati disagi e
problemi. Lo raggiungo nei pascoli di collina non lontano da casa, dove sta
spostando il recinto ad un piccolo gregge di giovani pecore.
Mentre la
maggior parte del gregge è in stalla, queste pecore pascolano la poca erba di
gennaio
“I
primi attacchi li ho avuti nell’estate 2010, prima non mi sono mai accorto di
niente. Sono successi nel mese di agosto, mi ha ucciso cinque pecore ed una
capra, di queste sono sicuro, poi ne ho avute 4 morsicate, 3 pecore ed una
capra. In montagna ho un gregge di 430 animali circa, capre comprese. La metà
sono bestie mie, le altre le prendo in guardia. Quando avevo solo bestie mie,
le aprivo al mattino e tornavano alla sera, non c’era bisogno di stare insieme
tutto il giorno, sono bestie che sono nate su queste montagne, non sono mai
andate via, non scappavano. Alla sera le chiudevo dietro alle baite, nel
recinto. Sono bestie talmente domestiche che dovevi chiuderle perché non
venissero fin sulla porta di casa. Adesso una cosa così non la puoi più fare di
sicuro. Le apro verso le nove del mattino, poi sto al pascolo fin quando viene
notte, dipende un po’ dalle giornate. E’ da 10 anni che le metto nelle reti,
alla sera.”
Oltre
all’alpeggio nei pressi del Colle della Vaccera, il gregge pascola anche
diverse zone sopra a Prarostino, compiendo la transumanza a piedi, con piccoli
spostamenti. Gli animali vengono messi al pascolo appena possibile in primavera
e vi rimangono fino alla metà/fine di dicembre. La cascina si trova sulle
colline a ridosso di Pinerolo, dove il pastore ha una vecchia stalla ed una
nuova è in costruzione.
“Ci
sono solo io a guardarle, oppure mio padre se io devo andare via. Noi il fieno
ce lo facciamo tutto, quindi, quando sei in montagna, ci sono anche tutti quei
lavori da fare giù. Un aiutante potrebbe servire, contro il lupo… ma dovrebbe
essere uno competente! Non è detto che si riesca a trovarlo, perché anche quelli
che già dicono di essere pastori, non è poi sempre che siano così validi.”
Sergio
ripete le stesse parole di Claudio, sulla gestione degli animali, sulla nebbia,
sull’impossibilità di far pascolare adeguatamente il gregge, dovendolo
necessariamente sorvegliare e tenere più compatto.
Nebbia in
Val d’Angrogna nel mese di settembre
“I
soldi sicuramente non arriveranno mai a pagare il disagio e le tribolazioni che
uno deve patire, non sono quelli che danno la felicità. E’ che non puoi
lavorare nel modo ottimale per le tue bestie, per farle stare bene, e non sei
mai sicuro di proteggerle a sufficienza. L’unica soluzione per migliorare le
cose è ridurre il numero dei predatori. Non parlo solo del lupo… perché, tra
volpi e corvi, anche salvare gli agnelli non è facile.”
Il
suo alpeggio ha delle baite in buone condizioni, servite da una strada
sterrata, ma Sergio non ritiene che containers o altre forme di assistenza
possano risolvere definitivamente il problema.
“Fino
ad oggi mi hanno dato 4 reti ed un vachè per
aiutarmi, uno di quelli con il pannello che ci va un asino per spostarlo tanto
è pesante, ma va bene… Solo che dovrebbero darmi 10-15 km di reti per recintare
tutta la montagna, ma poi essere ben sicuri che il lupo stia fuori e le pecore
dentro, altrimenti non funziona di nuovo!! Magari dicono che non siamo mai
contenti, ma non capiscono come ci tocca lavorare, senza aver mai la garanzia
di essere completamente al sicuro!”
Sergio
ha quasi 27 anni, recentemente ha compiuto scelte importanti per il suo futuro
e la sua attività.
Le capre a Crevdlira
“Più
di una volta ho pensato di mollare, non solo per il lupo, ma anche per quello.
Non sei più padrone di fare il tuo mestiere, devi salire alla data che decidono
loro, e lo stesso per la discesa, non sei più tu che lo fai in base a com’è
l’erba, la stagione. Dove c’è bosco non puoi pascolare, è così ovunque. Adesso
ho anche tutti i vincoli da rispettare, le domande, le varie pratiche, ho
appena iniziato a fare la stalla nuova, per forza devo andare avanti. Ma
altrimenti… Ad uno viene anche da pensare di non salire in montagna, girare a
mezza quota, con le poche bestie che ho. Però la montagna in parte è nostra,
anche le baite, giù c’è già da fare il fieno, come si fa? Una volta si saliva
con 10-12 vacche, ma tagliavano persino il fieno, in certi posti. La montagna
era un’altra cosa. Mio padre quando aveva 11 anni era stato al pascolo da solo
al Culet, quelle baite che ci sono
più avanti rispetto a dove arriva la strada, ed era la prima stagione che ha
fatto su di là. Adesso comunque il problema non è pecore, capre o vacche,
perché, messi come siamo, ti mangia anche i vitelli, se non trova le pecore. Non
è quello il punto.”
Sul
lupo, così come sulla vita del pastore, non c’è sufficiente informazione.
“Non
sono in tanti quelli che capiscono cosa vuol dire fare il pastore, lo capiscono
solo se l’hanno fatto o se comunque sono un po’ dentro questo mondo. La gente
in generale non si rende conto. Se vengono su, lo fanno solo con il bel tempo,
infatti di gente non ne incontri poi tanta, hai visto anche tu com’è la nebbia
da quelle parti. Se parli loro di una pecora mangiata dal lupo, al massimo ti
dicono “povera bestia”, ma mai “povero pastore”, e sei tu quello che tribola
per proteggerla dal lupo. Tu invece sei un criminale se dici che il lupo lo
vorresti ammazzare. Un giorno ero verso i Piani e si sono fermati due a chiacchierare,
avevano anche i bambini. Non so com’è andata, ma ci siamo messi a parlare del
lupo. Gliel’ho detto: «Ti piacerebbe vedere il lupo, ma tu che stai qui…
non so se, una volta che lo sentissi ululare fuori dalla porta, saresti ancora
tranquillo a lasciar giocare i bambini all’aperto». Non sarò stato tanto
gentile a dir così, ma è poi la verità.”
Perché
si affronta questa vita, questi sacrifici, perché si è scelta questa strada,
quando potevano esserci altre vie?
Gregge
nella nebbia in alta montagna
“Mi
avevano chiamato dalla fabbrica, ma… E’ un mestiere che la mia famiglia fa da
sempre, io pure. Sono andato a scuola ancora due anni dopo l’obbligo per far
contenti i miei, ma poi la mia vita è questa. Io ho la malattia per le pecore.
Se non fosse per me, magari mio padre ne terrebbe meno. Anche se uno dice che
vuol smettere, poi la passione è quella, non potresti fare diversamente. I
momenti più duri sono quando c’è la nebbia. Il tuo lavoro lo fai sempre e
comunque, ma quando sei lì che non vedi niente e sai che il lupo può colpire in
ogni momento, non è facile. In certi posti è davvero difficile andare al
pascolo, alla fine in certe zone dove ci sono i cespugli, dove c’è bosco, non
ho più pascolato per non rischiare proprio alla fine della stagione. Così scendi
prima e lasci indietro dell’erba.”
Sergio
(classe 1984), oltre all’attività di pastore, svolge saltuariamente altri
lavori nella stagione invernale/primaverile (principalmente come tosatore).
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