(22.10.11) Patrizio del Nero salta giù spregiudicatamente dal suo stesso carro e invoca "una nuova formula"per la Mostra del Bitto che con la sua gestione non è mai caduta così in basso. E lascia intendere che potrebbe essere trasferita altrove
di Michele Corti
Grandi manovre e grandi opportunismi intorno alla crisi della Mostra del Bitto. Intanto il Bitto storico, tradito da Morbegno, dopo aver consolidato i rapporti con il versante orobico bergamasco va a Sondrio (oltre che a New York e prossimamente a Parigi)
Mentre si moltiplicano le critiche alla Mostra del Bitto - che solo sino all'inaugurazione di pochi giorni fa era stata salutata dai media valligiani con i soliti toni trionfalistici - Patrizio De Nero, da navigato politicante, gioca d'anticipo 'scaricando' la Mostra così com'è. Il tutto come se per tre edizioni non fosse stata gestito dal Multiconsorzio di cui egli stesso è direttore. L'operazione di 'sganciamento', in vista della scadenza del contratto che lega la Mostra al Distretto agroalimentare (subentrato al Multiconsorzio), può consentire a Del Nero di non restare sotto le macerie della Mostra, di mettere in difficoltà il comune di Morbegno - ventilando l'ipotesi di trasferimento altrove della storica Mostra - e di mantenersi aperte nuove prospettive (alleanze, assunzione della direzione di nuove iniziative).
Va da sé che questa abilità manovriera riflette non tanto le doti dell'ex sindaco di Albaredo ed ex presidente (sfiduciato dall'assemblea) del consiglio provinciale, quanto la scarsa caratura degli altri attori che calcano la scena politica locale e il frequente appiattimento dei media valligiani ai potentes tale da impedire di mettere in rilievo comportamenti a dir poco incoerenti dei personaggi 'di peso'. Almeno sino a quando non finiscono inquisiti o in galera.
Di fatto la partita della Mostra del Bitto si gioca anche in vista del prossimo rinnovo dell'amministrazione cittadina di Morbegno nel 2012. Mettere nell'angolo gli amministratori di Morbegno, attribuendo loro le responsabilità di un declino storico della mostra iniziato già negli anni '90, è certo negli interessi di Del Nero e dell'attuale maggioranza in Comunità Montana
Una responsabilità in capo alla classe politica-amminstrativa locale (e non solo)
Da tempo vado sostenendo in relazione alla vicenda Bitto storico, che come molti sanno mi sta particolarmente a cuore, che la Mostra del Bitto dopo le vicende che hanno indotto i produttori storici a disertarla definitivamente a partire dal 1998 era avviata ad un inesorabile declino. Un declino dovuto all'arroganza della linea produttivista del Consorzio Tutela Casera e Bitto e della sempre più egemone Latteria di Delebio (con contorno di noti personaggi ruotanti nell'ambito Associazione provinciale allevatori e Latteria di Delebio quali Plinio Vanini, Maurizio Quadrio e altri frisonoisti). Credendo che l'anima storica del Bitto fosse un soprammobile e che si potesse surrogare con qualche orpello folkloristico hanno puntato dritto sulla loro strada ispirata al vangelo della quantità e della bibbia del marketing anni '80. Finché paga (generosamente) pantalone perché porsi dei dubbi? Perché sospettare che l'efficacia di un evento promozionale di cartapesta ricostruito nel Polo fieristico possa essere ancora efficace nel 2000 e oltre? Morbegno con gli amministratori, gli operatori commerciali, la 'società civile' è andata a ruota. Il Polo fieristico ha portato risorse e ha fatto girare soldi (anche sporchi) ma ha ucciso la Mostra del Bitto. Il Polo fieristico nacque sotto cattivi auspici e ha portato sfortuna alla Mostra del Bitto (e alla fine a Morbegno stessa). Uno dei motivi per i quali la classe politico-amministrativa di Monbegno e della Comunità Montana non si opposero all'allargamento inopinato della Dop all'intera provincia è da rintracciare nella transazione indecente: Dop pan-sondriese per il Bitto rinunciando alla specificità delle Valli del Bitto versus Polo fieristico a Morbegno. Ma è stato come vendere l'anima. Qui su Ruralpini il 6 giugno di quest'anno scrivevo:
Morbegno, che dopo secoli era riuscita a portare sul versante Nord la 'capitale del Bitto' (approfittando di fattori di crisi che avevano colpito la Val Brembana casearia), sta perdendo di nuovo questo ruolo, e non solo per poca lungimiranza. C'è anche un elemento di 'indegnità morale' (la svendita della Dop, il fallimento della Mostra del Bitto, il malaffare testimonato dai recenti rinvii a giudizio di esponenti politici).
(http://www.ruralpini.it/Inforegioni08.06.11Bitto-formaggio.orobico.htm)
La triste parabola della Mostra del Bitto
Sempre nell'articolo citato aggiungevo:
La Mostra dei prodotti della montagna lombarda, che si era sviluppata a fianco della Mostra del Bitto, aveva rappresentato nelle sue prime edizioni un evento che aveva catallizzato e acceso molte speranze sul rilancio dell'economia montana, ancora prima che si parlasse di sostenibilità, filiere corte ecc. Ospitava iniziative culturali di buon livello, con convegni nell'auditorium ricavato nella ex-chiesa di S.Antonio cui partecipavano personaggi che avevano realmente a cuore la montagna.
Le vie del centro storico si riempivano di gente. Poi, invece di puntare sul recupero dei chiostri dell'ex-convento domenicano e di perfezionare il modello di un evento che ha per teatro tutto il centro storico (come avviene a Bra con Cheese), si è puntato sul Polo fieristico, ovvero sulle strutture pesanti. Oggi tali strutture sono prevalentemente adibite a eventi musicali e per gli appalti della Hall (ma anche per i conti gonfiati della Mostra del Bitto al fine di estorcere alla Regione rimborsi surrettizi) sono stati rinviati a giudizio personaggi di grosso calibro: Silvano Passamonti, per lungo tempo presidente della Comunità Montana e Luca Spagnolatti, direttore di 'Eventi valtellinesi'. A parte queste tristezze non meno deprimente è constatare che alla Mostra del Bitto sono messe in mostra le mercanzie più disparate, senza alcun legame con la montagna e la tipicità. Una parabola che segna il punto più basso di un percorso che, negli anni '80, quando la Mostra era in P.zza S.Antonio era iniziato con ottimi auspici favorendo la riscoperta di tanti prodotti tradizionali della montagna che sembravano essere stati cancellati dall'omologazione consumista e industrialista.
Non si pensi che le lodi alla vecchia Mostra siano eccessive. Basti pensare che per anni i convegni culturali erano organizzati da un intellettuale del calibro di Robi Ronza e che la mostra stessa era frequentata da Gianfranco Miglio. Il mancato recupero dei chiostri conventuali e l'acquisizione delle aree dismesse adiacenti - che avrebbe consentito la realizzazione di adeguati spazi espositivi all'interno del tessuto vivo della citta continuando a mantenere parte delle esposizioni nella piazza e nelle vie limitrofe - sono in parte da attribuire alla necessità di procedere ad espropri tutt'altro che indolori (toccando personaggi locali influenti) e ai costi del recupero delle vecchie strutture edilizie ammalorate ma anche ad un evidente vantaggio in termini di appetiti urbanistici: il Polo è sorto su aree libere, quelle dove avrebbe dovuto sorgere l'area fieristica nel tessuto urbano delle aree dismesse sono state destinate ad edilizia residenziale.
I segni dell'epilogo
Alla vigilia della Mostra del Bitto anche quest'anno il solito triofalismo; calato il sipario sono cominciate le critiche, i distinguo, " io l'avevo detto che non andava più bene". Nel clima di unanimismo e ossequioso conformismo che caratterizza il dibattito politico locale e i media locali ciò significa solo che una parte dei poteri forti ha già deciso di chiudere il rubinetto dell'ossigeno. Il 17 ottobre, dopo poche ore dalla chiusura dei cancelli della Mostra, Alan Vaninetti, presidente della Comunità Montana molto vicino a Patrizio Del Nero dichiara a "la Provincia di Sondrio online":
" l'appuntamento di ottobre dovrà cambiare registro. Mi spiego: la dimensione fieristica ha raggiunto ormai il suo apice, adesso è il momento di rivedere le cose e trovare altre formule di promozione innanzitutto del bitto e di tutte le altre eccellenze agroalimentari della zona. Ci sono altre modalità di comunicazione e di promozione. Di più non so e non posso dire, ci sarà un summit di tecnici chiamato a decidere su questa prospettiva" (Mostra del bitto, giù il sipario «Ora formula da cambiare»)
Nello stesso articolo il redattore mimetizzando la critica feroce sotto una parvenza poco credibile di rincorsa dalla 'sobrietà', riferiva che:
"la fiera ha badato al sodo e si è spogliata di scenografie luculliane per far posto a sobri, quasi asettici spazi espositivi enogastronomici che si alternavano agli stand istituzionali o di rappresentanza, personificati talvolta da soli ventagli di depliant o gigantografie di prodotti-simbolo".
In effetti l'hanno notato con disappunto in molti: quegli spazi asettici con il formaggio dietro il vetro male si addicono a prodotti di montagna che si annunciano anche con gli effluvi emanati. Non è una mostra di oreficeria. E tutti quegli stand che con i prodotti enogastronomici non hanno nulla a che spartire che significato rivestono? A far numero, a far girare la macchina. Ma allora tutti i finanziamenti (centinaia di migliaia di euro) della Regione Lombardia più quelli degli enti (provincia, camera di commercio ecc.) a cosa servono? La risposta è una sola: la macchina serve a far girare sé stessa, a far girare i soldi, a procurare introiti per funzionari e direttori di varie agenzie pubbliche e parapubbliche nominati dai loro sponsor politici, posizioni che fanno comodo ai politici ma per le quali non ci sono certo risorse sufficienti sui bilanci degli enti.
Tra le critiche senza appello alla Mostra del Bitto appare singolare quella di Attilio Scotti un personaggio passato dal sostegno al Bitto storico all'esaltazione della Latteria di Delebio (www.vaol.it 09.11.2009). Ieri (21.10.2011) in una nota ("Fiera del bitto: se va avanti così sarà la fine di una fiera storica") su www.intornotirano.it sparava a zero sulla Mostra del Bitto:
Dopo la scintillante edizione del centenario (con ottima organizzazione e vivacità complimenti alla pr Susanna Nava) questa fiera si è seduta, ha cambiato volto e con la nuova direzione sta diventando un contenitore da fiera ( con stand che con l’enogastronomia valtellinese nulla hanno a che fare), senza nerbo e senza vitalità del grande mondo dei formaggi di Valtellina e delle eccellenze alimentari che si producono in queste valli. E traspare anche una certa “stanchezza” anche da parte degli espositori.
All'apice dello squallore
Nel 2008 Luca Spagnolatti, già direttore di Eventi valtellinesi la società che gestisce il Polo fieristico di Morgegno (e che dal 15 giugno al 6 agosto dello scorso anno è stato in galera per accuse di peculato, truffa e concussione), magnificava la grande novità dell'edizione di quell'anno della Mostra del Bitto: Ski&Snow, binomio tra neve e filiera agrolaimentare. Ebbene questa novità è stata riciclata come tale nell'edizione del 2011. I visitatori della Mostra del Bitto potevano acquistare sky pass in anticipo e ammirare le evoluzioni condite di luci colorare e musica da discoteca dei virtuosi dello snowboarding e del freestyle su una pista di plastica. Un abbinamento perfetto con il Bitto. Una grande novità. Neh?
Lo scollamento delle istituzioni dalla realtà
Fa paura vedere quanto le istituzioni siano diventate miopi, insensibili alla realtà sociale. nel mentre la Mostra del Bitto di Morbegno non ha fatto che decadere da almeno quindici-venti anni a questa parte ha continuato a ricevere non solo crescenti finanziamenti ma, proprio, quest'anno che rischia di essere l'ultimo anche l'immeritato riconoscimento di Fiera di rilevanza nazionale. Un riconoscimento che suona una beffa e che getta una cattiva luce sulle istituzioni che l'ha nno caldeggiato (provincia, camera di commercio, regione Lombardia).
Il sentore del patatrac e la mossa del Del Nero
A Mostra ancora aperta le varie testate valligiane esibivano anche quest'anno titoli-fotocopia identici a quelli degli anni passati che annunciavano il "successo di pubblico della Mostra del Bitto". Ciò mentre il calo di visitatori è stato costante nelle ultime edizioni e che se ne sono persi migliaia per volta. Però facendo attenzione si scopre uno strano titolo di una testata apparsa di recente (morbegnonline). Esso recitava in modo enigmatico: "Mostra del bitto: dai relatori un invito a difendere la manifestazione". Difendere? Da chi se va tutto a gonfie vele? La nota è corredata di una foto a tutto busto dell'assessore regionale De Capitani. Alan Vaninetti lunedì, a Mostra ancora 'calda', e poi lo stesso Patrizio Del Nero con dichiarazioni a La Provincia di Sondrio riportate online il 20 ottobre (giovedì) si sono intanto abilmente sfilati. del nero ha di
La futura Mostra del bitto? «Va ripensata in una location diversa: per le strade, in piazza e non necessariamente a Morbegno, fermo restando che l'iniziativa non si tocca, è troppo importante».
Ma allora da chi va "difesa la manifestazione"? Evidentemente da chi ne è ancora il patron, che l'ha portata alle condizioni attuali e che abilmente minaccia di soffiarla a Morbegno. Quest'ultima viene a trovarsi (quantomeno l'amministrazione comunale di centro-sinistra) nella posizione dei giapponesi sulle isole deserte e a negoziare in una posizione di pesante inferiorità. Ma anche all'assessore regionale leghista la cui immagine è stata ampiamente associata alla difesa di una manifestazione che i suoi stessi organizzatori hanno spregiudicamente decretato fallita non è stato reso un buon servizio. Pensare male è peccato ma ci si azzecca diceva Andreotti.
Il convitato di pietra
Il Bitto storico in questo scenario assomiglia al Commendatore del Don Giovanni. È l'inquietante convitato di pietra desideroso di vendicare i torti subiti. Il Bitto storico dopodomani (24 ottobre) sarà a New York protagonoista del Food day durante il quale sarà aperta una forma prodotta il giorno 11 settembre 2001.
Ma con grande scorno del Consorzio Tutela Casera e Bitto Dop e degli ambienti politici e imprenditoriali che continuano a osteggiarlo sarà anche protagonista in Valtellina di "Formaggi in Piazza" a Sondrio (30 ottobre- 1 novembre). L'eventuale successo dell'evento di Sondrio, realizzato a costi vicini a zero, sarà sale sulle ferite della Mostra del Bitto e del ceto dirigente morbegnese. Che dovrebbe trarne finalmente qualche lezione: riconsiderare l'errore compiuto con la svendita del patrimonio del Bitto storico (che è sopravvissuto nonostante le istituzioni locali e grazie alla caparbia determinazione di Paolo Ciapparelli e dei produttori ribelli), riflettere sull'involuzione della Mostra del Bitto a partire dal trasferimento della sede dal centro storico al Polo fieristico, decidere di tornare alle origini mettendo il Bitto storico al centro di una Mostra rigenerata. Non volete farlo? Preferite star fermi? Ci penserà Del Nero.