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Approfondimenti

 

Corti M., Mazzoleni A, Pozzoli L., Arosio G., B.Rebecchi, Moranda G.

 

INTERVENTI DI RECUPERO E MANTENIMENTO MEDIANTE IL PASCOLO DI SERVIZIO DI AMBIENTI BOSCHIVI E PRATIVI NEL PLIS “COLLINE DI BRESCIA”

(PDF 1,1Mb)

 

Convegno SoZooAlp di Bolzano "Zootecnia e montagna: quali strategie per il futuro?".13-14 ottobre 2010

 

 

Parco delle colline di Brescia

(il sito del parco è ricco di documenti e cartografia)

 

 

DIPSA-UNIMI

(Dipartimento per la protezione dei sistemi agroalimentari e urbano e per la valorizzazione della biodiversità)

 

Il progetto è seguito da parte del Parco dal suo Direttore, l'agronomo Benedetto Rebecchi (dirigere il Parco fa parte delle sue competenze di dirigente di Settore del Comune di Brescia) dalla dott.ssa agr. Anna Mazzoleni, per l'Università dal Prof. Paolo Cortesi (coordinatore, e responsabile per gli aspetti di patologia vegetale legati al recupero dei castagneti degradati), dal Prof. Mario Colombo e dalla dott.ssa Daniela Lupi (per la parte entomologica fondamentale ai fini del monitoraggio della biodiversità), dal prof. Michele Corti (che si avvale della collaborazione esterna delle dott.sse Luisa Pozzoli e  Gabriella Arosio) per gli aspetti zootecnico-pastoralisti e fitosociologici.


 

www.loscultore.it

(Civica Trattoria Bresciana)

via C.Cattaneo, 24 - Brescia

0302943967

info@loscultore.it

madeinbrescia.org

(il buono della provincia di Brescia)

 


 

In Comune di Brescia si prodice il vino IGT Ronchi di Brescia e il territorio è interessato anche alla Strada del vino "Colli dei Longobardi"

www.stradadelvinocollideilongobardi.it

il vigneto Pusterla il più grande vigneto urbano d'Europa ai piedi del Colle Cidneo (Rocca di Brescia)

(Michela Capra, Per seminare guardavamo la luna'. Testimonianze di vita contadina e cultura materiale rurale nel Parco delle Colline di Brescia, Grafo, Brescia, 2008).

 

 

 

 

 

 

(28.03.11) A Brescia si riscopre la 'montagna in città' (Monte Maddalena) attraverso un progetto di miglioramento ambientale (Comune/Parco dei colli di Brescia) che vede protagoniste pecore e capre. Che oltre a 'servizi verdi' forniscono prodotti pregiati.

 

Gastroecologia a Brescia

 

di Michele Corti

 

La possibilità di utilizzare prodotti ovini e caprini di grande qualità a km 0 prodotti in modo sostenibile e multifunzionale nell'ambito dei  'Colli di Brescia'  è stata colta da LoScultore Civica trattoria bresciana. Una convergenza esemplare tra progetti agroambientali e agroalimentari all'insegna del MadeinBrescia

 

Brescia è una grande città dove lo sviluppo industriale, che ha profondamente segnato l'identità cittadina, non ha cancellato del tutto la vocazione agricola. E oggi, quando si parla molto di 'agricoltura urbana', di riavvicinamento tra produzione e consumo del cibo, riscoprire questa vocazione può assumere un significato molto importante.  '

Scoprire che si può tornare a produre cibo anche nei comuni fortemente urbanizzati non è un vezzo ma diventerà forse una necessità. In ogni caso tornare a 'guardare' al territorio - nel significato concreto di posto dove abiti - dal punto di vista della potenzialità agroalimentare è  il modo migliore per riflettere sui danni profondi inferti ai territori dall'industrialismo e dall'urbanizzazione selvaggia. E per rimboccarsi le maniche a fare qualcosa per rimediarvi.

Brescia  ne sa qualcosa di gravi danni dell'industrializzazione. Risale al 2007 lo 'scandalo' della diossina nel latte con la chiusura di diverse stalle e il divieto (chissà per quanto) ad utilizzare estese aree agricole del comune per la coltivazione di prodotti destinati all'alimentazione umana e zootecnica. Colpa delle acciaierie o dell'inceneritore? Non si sa. Ma intanto è delle scorse settimane il rinverimento di livelli di diossina oltre i limiti in uova prodotte in comuni bresciani con presenza di impianti industriali. Una emergenza mai finita.

 

In azzurro i confini del Parco. In rosso le aree interessate al pascolo per mantenere i prati residui. In blu le aree di riqualificazione boschiva anche con ausilio del pascolo. A destra il M.te Mattalena alto 874 m che si 'insinua' nel centro cittadino attraverso la propaggine del Colle Cidneo ove sorge la rocca viscontea

 

Brescia, però, non ha perso solo terreni agricoli per colpa della cementificazione o l'avvelenamento da diossina. Questi fenomeni hanno riguardato la pianura, quella legata da secoli alla produzione di foraggi e quindi di latte e latticini da parte dei malghesi transumanti che calavano in autunno dalle valli (Camonica, Trompia, Sabbia). I colli e la montagna (la Maddalena) sono stati interessati da un altro na non meno grave fenomeno: l'abbandono.

 

Un'agricoltura suburbana collinare e montana

 

L'agricoltura di Brescia (intesa come comune e non come provincia) ha un volto di pianura, una collinare ed uno montano.  I terreni collinari, i boschi, i castagneti, i ronchi (dove si producevano ortaggi e vino), i prati di collina si sono trasformati in squallide boscaglie di rovi e robinie ( e le tante cascine 'storiche' di colle e di monte trasformate in residenze di lusso più o meno mascherate). Ma è un quadro tutto a fosche tinte? No perché l'auspicable rilancio dell'agricoltura urbana e suburbana a Brescia può contare su importanti precedenti. É il settore vitivinicolo che ha fatto scuola con il vigneto Pusterla, ai piedi della rocca viscontea. il più grande vigneto urbano d'Europa con 4 ha coltivati; in più c'è la Strada del vino dei Colli dei Longobardi che interessa anche il comune di Brescia dove si produce Vino dei Ronchi di Brescia IGT.

 

 

I ronchi di Brescia, però, erano famosi non solo per il vino ma anche per gli ortaggi coltivati dai 'roncari' sulle terrazze dell'attuale 'Panoramica' (la strada di 12 km che sale al M.te Maddalena) e di San Francesco di Paola. Erano coltivati piselli, zucchine, broccoli ecc. Non mancava una vera e propria attività di allevamento che prevedeva anche la monticazione sul M.te Maddalena dove il bestiame saliva da marzo a settembre presso le Cascine Bùren, Maddalena vecchia, Cavrelle (vedasi la pregevole opera di Michela Capra, Per seminare guardavamo la luna'. Testimonianze di vita contadina e cultura materiale rurale nel Parco delle Colline di Brescia, Grafo, Brescia, 2008).

 

"Recupero e valorizzazione dei boschi e dei prati del parco delle colline di Brescia"

 

Per contrastare il degrado dei boschi, la perdita degli ultimi prati ricchi di biodiversità, ma anche per rilanciare un'agricoltura urbana 'multifunzionale' in grado di ereditare e rilanciare ricche tradizioni di coltivazione e allevamento nel comune di Brescia, è stato avviato nel 2010 il progetto  "Recupero e valorizzazione dei boschi e dei prati del parco delle colline di Brescia". Il progetto è attuato dal Parco delle colline di Brescia che si avvale, per gli aspetti di ricerca, della collaborazione del DIPSA-UNIMI  (Dipartimento per la protezione dei sistemi agroalimentari e urbano e per la valorizzazione della biodiversità-Università di Milano)(dettagli a fianco).

Il progetto consiste in interventi di miglioramento ambientale con valore anche di modello 'autosostenibile'. In questa prospettiva ci si avvale della collaborazione di alcuni allevatori ovicaprini, sia stanziali che transumanti, con lo scopo di utilizzare il 'pascolo di servizio', non solo come strumento di ampiamento e di mantenimento delle residue superfici a copertura erbacea (praterie minacciate dall'invasione di specie legnose), ma anche ad integrazione degli interventi di taglio e pulizia selvicolturale. Capre e pecore pascolando i ricacci delle infestanti (rovo e robinia in primis) assumono la funzione di 'diserbanti ecologici' evitando l'impiego di costosi e poco ecologici interventi meccanici e chimici.

Parrebbe una soluzione ovvia e di buon senso ma attuarla ha richiesto non poca fatica per superare un quadro burocratico (e una mentalità) che restano impronte ad un inveterato forestalismo ideologico che vede ancora con sospetto la presenza di animali nei 'sacri boschi' (anche quando sono boscaglie di piante infestanti ed esotiche).

 

 

Un progetto multifunzionale che tiene conto della realtà specifica (urbana)

 

Il progetto parte anche dal presupposto che, in un'area suburbana, la multifunzionalità dell'agricoltura, della selvicoltura degli allevamenti non può non implicare anche valenze di fruizione ricreativa, educative e di coinvolgimento delle comunità locale. La comunicazione del progetto e la raccolta di indicazioni da parte di associazioni e cittadini rappresentano una parte importante di esso. In un'area frequentata vicino alla città i comportamenti dei singoli ('virtuosi' o 'viziosi' che siano) non restano senza effetto; possono vanificare o rafforzare le ricadute delle azioni dell'ente pubblico.  Quindi è importante che il senso del progetto sia conosciuto e compreso. Altrimenti si rischiano le incomprensioni di coloro che in nome di un malinteso ambientalismo protestano quando si tagliano delle robinie e gli ailanti e quando le pecore calpestano una orchidea. Massimizzare le ricadute positive in termini di tutela della biodiversità, fruizione pubblica, valore estetico, produzione agricola non è facile (anche perché alla base ci sono scelte politiche oltre che tecniche). Ma proprio per questo esperienze pilota concrete come questa sono preziose.

L'obiettivo è anche quello di sviluppare una visione di una cura attiva, autosostenibile del 'patrimonio verde' dei colli. Di superare la visione del 'verde' contemplativa, di consumo, proiezione in grande stile del giardino ornamentale di casa (dove sono stati sostituite piante utili e orti con orribili piante esotiche). Una cura che non solo non interferisca con le attività agrosilvopastorali scoraggiandole ma le incentivi, le coinvolga nella stewardship ambientale.

 

Pastorizia urbana

Le pecore transumanti, nei loro percorsi tra le valli (Camonica e Trompia) e la pianura, hanno continuano a transitare lungo il Mella e a pascolare i Colli, anche in anni recenti. Il progetto intende solo ampliare il raggio d'azione di questi greggi e integrarne l'attività con quella di greggi stanziali: uno caprino a Mompiano, sulle superfici della ex-Polveriera, un'altro ovino sul Monte Maddalena. E quale modo migliore di coinvolgere i bresciani facendo conoscere loro i prodotti a km 0 ottenuti da animali che pascolano i Colli della città (e il M.te Maddalena): latticini di capra e carne dei greggi bergamasco-camuni? Non è forse vero che un territorio riconosciuto come proprio è anche quello di cui conosci e cogli i frutti? La perdita di senso di identità, appartenenza, civismo è anche derivata dalla rottura del nesso tra produzione e consumo del cibo. Sapere che il tuo cibo viene da un territorio che calpesti nelle tue passeggiate, che vedi dalle tue finestre forse può indurre a preoccuparsi che quel territorio resti (o torni) pulito. Non c'entra il 'campanilismo'.

 

Fruizione sostenibile

 

Una parte importante delle attività del progetto di cura e recupero dei boschi e dei prati dei Colli di Brescia interessa in realtà una montagna vera e propria: il Monte Maddalena, che sovrasta la città con i suoi 874 m di altitudine. É una vera e propria 'montagna in città' che molti appassionati di montagna residenti in città 'piatte' invidiano (non ditelo a me che ogni qualche anno faccio un sogno ricorrente: le prime propaggini della Brianza o il Colle di S. Colombano si avvicinano alla periferia di Milano e raggiungono l'altezza di vere e proprie montagne). In passato i bresciani hanno molto frequentato la loro montagna tanto che nel 1955 (anni di boom) venne inaugurata una funivia che con un dislivello di 650 m e la velocità di 7,5 m/s portava dalla città in pochi minuti in cima alla Maddalena.

 

 

Ora la funivia, che effettuò la sua ultima corsa il 10 settembre 1969, potrebbe rinascere a nuova vita. Nella giunta Paroli vi è chi intende riaprire la funivia nell'ambito di una rivalorizzazione complessiva della Montagna di Brescia che dovrebbe partire proprio da questa soluzione di mobilità 'sostenibile' oggi tornatas di attualità. La voglia di lasciare a casa l'automobile e di farsi escursioni in bici, a piedi, con mezzi pubblici cresce. Insieme alla funivia c'è una rete di sentieristica estesa e ben tenuta (vedi sotto) a supportare un disegno di 'fruizione sostenibile' della 'montagna in città'. Che comprenda magari anche progetti di agricoltura civica (l'idea di orti, vigneti, uliveti 'civici' è già attuata da alcune città).

 

 

Gli interventi di recupero e miglioramento di boschi e pascoli interessano in buona misura superfici interessate dai tracciati dei sentieri (vedi mappe sotto). Il miglioramento e la pulizia dei boschi e l'ampliamento delle superfici prative, tendono anche a migliorare gli spazi fruibili per attività all'aria aperta . La convergenza tra il progetto funivia e, più in generale, fruizione sostenibile della Maddalena e il progetto del Parco appare evidente (sotto le mappe con gli interventi e, in nero, il tratto funiviario dismesso).

 

In rosso le aree che si sono trasformate in boscaglia. In giallo le aree di prato residue (a sinistra) e quelle che si punta a recuperare (a destra)

 

Dettagli del piano di interventi in un'area di proprietà comunale attraversata dalla 'Panoramica' e di forte valenza ricreativa. Nei pressi storiche cascine (Margherita, Buren)

 

L'entusiasmo di un ristoratore

 

Il 10 marzo Bresciaoggi ha dedicato un paginone al progetto del Parco dei Colli mettendo in rilievo il ruolo delle pecore e delle capre. La cosa, probabilmente,  ha fatto sobbalzare sulla sedia qualche forestalista ortodosso (senza motivo,  perché il Parco ha laboriosamente definito con la Provincia tutte le autorizzazioni del caso). Ha molto colpito, però, anche un ristoratore, un altro 'attore' - sin qui implicito - del più ampio progetto di valorizzazione anche agroalimentare e gastronomica dei Colli. Del rilievo dato dalla stampa locale alle 'pecore manutentrici' sono stato infatti informato da Federico Bellagente, patron de LoScultore Civica Trattoria bresciana (Via Cattaneo 24 in pieno centro storico) dove ero stato solo qualche giorno prima per parlare di carni di castrato. Il mio scopo era  progetto dell'Associazione pastori lombardi, mirante a rilanciare le pregiate carni di castrato (Bergamasco, Camuno, Bresciano che dir si voglia). A Federico avavo fatto presente  la possibilità, in un futuro molto vicino, di disporre di carni tipiche e pregiate letteralmente a km 0, proprio in relazione al progetto di portare un gregge semistanziale di pecore in Maddalena. La conferenza stampa e la ripresa della stampa hanno conferito imprevisto rilievo (e accelerazione) al progetto culinario.

 

La cena di inaugurazione del menù a base di castrato bresciano

 

La cena di 'test' delle preparazioni a base di carni di castrato tradizionale è stata una cena di collaudo di un menù 'a tema' in larga misura già definito e pronto per il testi decisivo: quello del pubblico. Il 23 marzo a LoScultore c'erano, oltre al sottoscritto, Benedetto Rebecchi, agronomo direttore del Parco delle Colline Bresciane, Anna Mazzoleni, agronoma consulente dello stesso, i pastori (e macellatori) Danilo (padre) e Michele (figlio) Agostini, il pastore Ivan Sandrini (di cui ci siamo occupati la scorsa estate per le sue disavventure in Trentino, vedi articolo "Pastore fugge dall'alpeggio a causa di un'orsa famelica". C'era anche Carlos MacAdden (titolare del blog MadeinBrescia) che, insieme ad Adriano Liloni (anima - generosa -  dei Sovversivi del Gusto e chef-patron della Trattoria Pegaso di Gavardo) mi ha messo in contatto con Federico.

 

 

Ma vediamo i piatti proposti; piatti pensati anche per avvicinare una fascia di consumatori che va oltre i gourmet sofisticati (anche in considerazione al prezzo, decisamente promozinale se si considera la materia prima di eccellenza). Partiamo con il LAMBURGER ( pane fatto in casa, 150 g di ottima carne di vero castrato bergamasco/bresciano, grana 40 mesi di Matteo Festa, maionese e ketchup fatti in casa). LAMBURGER è gioco di parole che allude alla provenienza ovina della carne (Lamb = agnello in inglese, insomma qui non è proprio un agnello ma....)  Dietro l'apparenza di Hamburger con l'ovvia evocazione del MacDonald (e forse una implicita polemica con il MacItaly) c'è qualcosa di completamente diverso ci sono materie prime pregiate, non c'è carne di baby beef insipida, macinata, senza consistenza. Fatto per sorprendere e far ragionare. Addenti e percepisci tessitura e gusto, pieno ma non certo 'selvatico' (figuriamoci!) del sopraffino castrato. Carne matura, ben fatta, 'costruita' nelle fibre fini e compatte. Anche gli altri ingredienti non scherzano. Insomma un LAMBURGER propedeutico a far scattare nella testa del consumatore (giovane) una serie di considerazioni sotto lo stimolo dai riflessi scatenati dalle papille gustative. E da qui - si spera - la voglia di scoprire altri aspetti di queste carni vere.

 

Passiamo al primo (foto sopra) . Un piatto brescianissimo: pasta di pane di monococco (l'antico cereale reintrodotto da qualche anno nella pianura bresciana), salsa 'sisam' (un condimento tipico benacense basato su cipolla e aromi) e ragout di castrato bergamasco (appena scottato e il pomodoro in ombra). Pensato per far avvicinare il consumatore timoroso a questa carne. Per noi, gastropastoralisti (non parliamo dei pastori) un po' troppo delicato, ma iniziare con un tocco lieve non è sbagliato. Piatto piacevole con note variate sul tema della tiepida morbidezza con i ragout che molto discretamente emerge con la sua consistenza (ma è poco granuloso e noncerto duro) sullo sfondo di scioglievolezza.

 

Infine il piatto forte (sopra) . Sul polentino troneggiano dei bocconi di 'cuz'. Il 'cuz' filologico sarebbe solo quello prodotto in quel di Corteno in Vallecamonica con la locale razza ovina (pecora di Corteno in via di estinzione). E' autentico? Domanda un po' delicata. Di certo è ottimo (ma attenzione a non far asciugare troppo i bocconcini con troppa cottura...). La costina + costoletta ha invece rappresentato una prova difficile e si è attirata le critiche sulla cottura dei commensali (specie dei pastori). Si voleva evidenziare la maestosità della 'costola' e far percepire immediatamente al ghiottone la differenza con agnelli, agnellini, agnelloncini vari. Però mentre la carne della costoletta era cotta a puntino il grasso e il muscolo della 'costina' sono risultati insufficientemente cotti. Il grasso bello compatto e, se ben cotto, croccante era ancora elastico e il boccone non si masticava. Va semplicemente sezionata e le i due tagli cotti in modo differenziato.

 

Pastori e gastronomia

 

Alla cena si è parlato di carni e preparazioni anche in modo 'tecnico'. I pastori sono dei gran conoscitori delle carni. Ancora capaci all'occorrenza di macellare, sezionare, affumicare, salare ecc. Raramente ho partecipato a dei buffet così entusiasmanti come quelli dei pastori durante la pausa della tosatura. Carni cotte in diverso modo (sempre a puntino), formaggi ottimi (Bagoss e non solo), salumi ovini e non fatti in casa. Una vera 'ricarica' non solo in termini di calorie ma anche di gusto per i tosatori. Ho partecipato a qualcuno di questi buffet in occasione di un progetto sullo studio sulla lana delle pecore di razza Bergamasca e sulla sua valorizzazione qualche anno fa. E da lì è nata l'idea che le carni ovine tipiche nostrane avessero tutte le carte in regola per entrare nei circuiti gastronomici, anche nei più prestigiosi. Non a caso un tempo le carni di castrato bergamasco finivano anche nei migliori ristoranti di Parigi, capitale di un paese non difetta di razze e carni ovine. Intanto chi desidera fare la prova di persona può andare da LoScultore a Brescia e scegliere il menù tematico qui sotto. Io sono contento di avere stabilito la liasion cui puntavo da tempo tra pascoli e pastori da una parte, chef e gourmet dall'altra.

 

 

                   

 

pagine visitate dal 21.11.08

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