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Andrea
il giovanissimo pastore protagonista di 'Sentire l'aria'
(foto di A. Taglier +
DVD del film di E. Cecconello)
www.sentirelaria.it/
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diviene il protagonista di un libro e di un film; intanto
in Lombardia e Piemonte stanno partendo iniziative a
favore della pastorizia e, in particolare, della formazione
dei giovani pastori
Pastorizia:
attività per i giovani del terzo millennio
di Michele Corti
Non
sono pochi i ragazzi che desiderano essere pastori,
alcuni sono figli di pastori altri provengono
da tutt'altro ambiente. Alcuni aspirano ad una scelta
di vita; altri ad un'esperienza temporanea. A questa
domanda cercano di rispondere alcune iniziative
che si prefiggono di facilitare l'inserimento
di questi giovani quali pastori e aiuto-pastori
Alcuni
fatti che si stanno verificano in queste settimane paiono
indicare come stia emergendo un interesse nuovo
per l'agricoltura e la pastorizia, un interesse che
sembra volersi concentrare sull'inserimento dei giovani
reso possibile da una nuova e positiva immagine
di queste attività. A nostro modo di vedere non
c'è nulla di casuale in tutto questo: la tendenza
a ridurre ai minimi termini le attività agricole
è stata propria della società industriale.
Ora siamo in una nuova fase storica in cui ci si rende
conto che l'energia buon mercato sta finendo, che il
consumo illimitato di risorse naturali e lo sfruttamento
delle terre coltivate precludono a situazioni pericolose
per le generazioni future.
Nell'ambito
di una sana corsa alla allo sfruttamento dell'energia
solare, alla chiusura dei cicli degli elementi nutritivi l'agricoltura
gioca un ruolo chiave. Ma ha bisogno per svolgere i
nuovi compiti che le vengono assegnati di maggiori risorse,
a partire da quelle umane.
Le
società con il 2% di addetti agricoli sono forse
superate. Erano il frutto di una industrializzazione
spinta dell'agricoltura e dell'esternalizzazione di
molte funzioni che tradizionalemente erano svolte dall'agricoltura:
trasformazione degli alimenti, produzione di mangimi,
di concimi ecc. Era possibile solo bruciando enormi
quantità di energia fossile.
Attualità
ecologica della pastorizia
Ora
ci si rende conto che per evitare enormi sprechi di
energia, trasporti planetari, perdita di fertilità,
emissioni inquinanti l'agricoltura deve tornare a procurarsi
molti dei propri mezzi attraverso uno scambio con la
natura e non più con l'industria. Valorizzando
le risorse locali, chiudendo il pù possibile
i cicli: quelli degli elementi nutritivi ma anche quelli
economici. Nel futuro c'è quindi più spazio
per l'agricoltura mista, di piccola scala, artigianale,
inserita in filiere brevi che minimizzano trasporti
e rifiuti.
C'è
spazio per forme di agricoltura che valorizzino risorse
quali i pascoli naturali e seminaturali. Sono risorse
del tutto rinnovabili che utilizzano un flusso di energia
solare per trasformarlo in alimenti di elevato valore
nutrizionale e salutistico secondo tecniche che
implicano un uso molto limitato di energia fossile.
Non è una produzione 'concentrata' ma le superfici
di pascoli poco o nulla utilizzate in Italia sono estesissime
(parliamo di milioni di ettari) e si possono recuperare
anche parte di quelle che negli ultimi decenni si sono
trasformate in boscaglie. Le speculazioni sulle 'rinnovabili'
attirano come mosche sul miele un sottobosco alla ricerca
di guadagni facili e quindi se ne fa un gran parlare.
Della fonte energetica pastorale non parla nessuno.
Non ci può speculare nessuno: proprietari di
terreni, amministrazioni, società fantasma, progettisti,
industrie. Un business enorme per guadagni ambientali
miseri. Il contrario la pastorizia: guadagni ambientali
enormi, ma business misero.
E'
cambiata la considerazione sociale e forse, finalmente,
anche l'agricoltura e la pastorizia ...
L'inversione
dell'atteggiamento verso l'agricoltura e la ruralità
in genere sono frutto della consapevolezza del loro
ruolo ecologico e del peso crescente che ha assunto
il tema del cibo nel dibattito pubblico. L'atteggiamento
di qualche anno fa caratterizzato dei timori per
gli scandali alimentari e dalla ricerca delle 'ghiottonerie'
e del 'cibo sano' si è evoluto in una crescita
di consapezolezza che il problema del cibo, anche in
una società 'avanzata' resta legato alla realtà
agricola. "Mangiare è un atto agricolo"
secondo l'aforisma di Wendell Berry. L'attenzione al
cibo si è quindi spostata gradualmente (almeno
in parte) verso i sistemi di produzione del cibo e si
è scoperto che in una società post-industriale
chi produce cibo ha un ruolo importante. Altro che 'attività
residuale' da lasciare a chi non è capace di
fare altro. Altro che attività che richiede poche
e rudimentali competenze.
All'inaugurazione del
Salone del Gusto di qualche giorno fa tutto ciò ha trovato
autorevole riscontro nelle nelle parole del presidente Cota che ha
detto che bisogna investire nella formazione per favorire il ritorno dei
giovani alle attività agricole e di allevamento. Cota ha aggiunto: "Dobbiamo insegnare ai giovani che lavorare in agricoltura e nell'allevamento è assolutamente onorevole".
E' triste pensare che qualcuno possa solo pensare, o abbia potuto pensare, che
il lavoro agricolo "non sia onorevole". Ma ora si può cambiare
pagina anche perché la cultura industriale urbana ha molti motivi per abbassare
le ali della superbia di fronte ai disastri prodotti.
Inserire i giovani in agricoltura si scontra contro due ostacoli
serissimi: il costo dei terreni (e la difficoltà di affittare poderi) e una
burocrazia che fa perdere quasi 1/3 del tempo totale che un agricoltore dedica
al suo lavoro.
Un
libro e un film su Andrea 'neopastore'
Sarà perché la pastorizia 'nomade' si può
fare senza avere un palmo di terra in proprietà
o in affito, sarà perché è attività
che riesce a contenere un po' meglio la burocrazia, sarà
perché è quella che consente di essere
meno costretti da vincoli e da relazioni obbligate,
essa esercita una forte attrattiva sui giovani
alla ricerca di scelte radicali. Alla ricerca di un
'ritorno al futuro', in fuga dalle chiacchere ecologiche
e in cerca di una dimensione spontanea di armonia con
la dimensione naturale.
Andrea,
un giovanissimo pastore biellese, è un po' l'emblema
di questo non utopistico 'ritorno al futuro'.
Domani 27 ottobre a Biella verrà presentato il libro fotografico
(foto di Andrea Taglier) che narra la sua storia. Andrea
era un ragazzo di 16 anni, figlio di un chirurgo e di
un'insegnante quando scelse di
lasciare gli studi fare il pastore nomade nel Biellese.
Il soggetto ha ispirato anche un film documentario (di Manuele Cecconello).
Entrambi sono intitolati "Sentire l'aria" e narrano il
percorso iniziatico del ragazzo rapidamente trasformatosi in un pastore
che oggi, a 18 anni, gestisce un gregge tutto suo.
Andrea in poco tempo si è trovato del tutto
a suo agio nell'ambiente di montagna nel condurre le
pecore in un ritrovato spontaneo fresco rapporto
con gli elementi naturali.
Di sicuro non tutti i ragazzi potrebbero seguire le sue orme ma è certo
che la scuola di vita della montagna ("la grande
aula verde" come l'ha definita un insegnante di
Andrea) è straordinariamente intensiva, stimolante.
Ricerca
di identità personale ma anche di una nuova piccola-grande
economia territoriale
La troupe ha seguito per quasi
due anni Andrea
e il mitico Niculìn, il pastore anziano, molto conosciuto nel Biellese, a cui si è affiancato il ragazzo.
Il film verrà ufficialmente presentato il 12
novembre sempre a Biella. Va sottolineato che l'opera
(libro + film) non mirasolo a raccontare la ricerca di una nuova identità da parte di un
ragazzo ma intende mettere in relazione questo percorso
personale con le nuove prospettive della pastorizia,
in grado di valorizzare anche
la lana 'autoctona'. Un prodotto molto legato al territorio ma in un modo particolare:
parecchi secolo fa è stata la lana
delle pecore autoctone (Biellesi), unita alla disponibilità
di energia idraulica per azionate i folloni, a far decollare
quel distretto laniero che ancora oggi è
uno dei più noti nel mondo e lavora materia prima
pregiata proveniente da lontani paesi. Poi la lana è
diventata un fastidio.
Recuperare un valore per la lana 'nostrana' è
perfettamente in linea con le tendenze della bioeconomia che mette in discussione quelle 'leggi economiche' talmente
sagge
che hanno portato all'assurdo di attribuire un 'valore
negativo' ad una materia prima (la lana) dotata di un grande
valore d'uso (e che rischia - e qui è
veramente l'assurdo - di essere un 'rifiuto'). Ma il
caso della lana è solo l'emblema delle tante
risorse biologiche sprecate in nome di un calcolo economico
unilaterale che poteva andare bene un secolo fa (o almeno
sino a qualche decennio orsono).
Progetti
di Scuole pratiche per pastori e aiuto-pastori
Nell'ambito
del Progetto Sostenibilità dell'allevamento
pastorale in Piemonte (vai
all'articolo),
attualmente in fase di decollo, è prevista una
Scuola pratica di pastorizia. Un progetto analogo sta
per essere predisposto in Lombardia da parte di Ersaf
(Ente regionale per i servizi a gricoli e forestali).
Si tratta di iniziative che si svolgeranno solo in parte
nelle forme della didattica tradizionale e dove largo
spazio sarà riservato all'insegnamento pratico
(es. tosatura, caseificazione) con gli stessi pastori
a fare da insegnanti sugli alpeggi. Ersaf è
proprietario di decine di alpeggi, un patrimonio che
si vuole valorizzare in modo multifunzionale, sia per
attività divulgative rivolte ai turisti (Foreste
da vivere, Giralpeggi) che didattiche (rivolte
alle scuole quale esperienza educativa) e, ora,
ai ragazzi che, come Andrea, aspirano a fare i pastori.
E i pastori sono ben contenti di questa iniziativa dal
momento che uno dei loro problemi più assillanti
è quello di trovare aiutanti affidabili, sia
tra i giovani che poi vogliono divenire a loro volta
pastori, che tra quelli che vogliono dedicare a questa
attività solo qualche stagione o qualche anno
della loro vita. In altri paesi (Francia, Germana) le
scuole pastori sono molto organizzate e conferiscono
titoli di studio assimilabili a lauree di primo livello.
Titoli che conferiscono una precisa e rispettata qualificazione
professionale che consente ai pastori di pascolare nei
parchi, di divenire partner di programmi naturalistici.
Tutt'altra musica in Italia dove non si fa molta distinzione
tra un pastore serio e uno improvvisato. Sono tutti
guardati con sospetto e troppi comuni e Parchi insistono
a trattarli alla stregua di zingari tenendoli fuori
dai perimetri dei territori da loro amministrati con
i cartelli di 'divieto di pascolo vagante'.
Nel
sistema universitario italiano non è concepibile
un titolo di studio al tempo stesso pratico e di elevata
qualificazione. L'aspetto 'pratico' scomparirebbe del
tutto sotto il peso di un carico di 'crediti didattici'
corrispondente ad una lunga serie di insegnamenti teorici
tutti 'indispensabili' alla luce dei vigenti e rigidi
parametri del sistema universitario con le sue 'classi'
ecc. Quindi le scuole pastorali saranno scuole pratiche 'inquadrate' (non
sarà facile nemmeno quello) nel sistema della
'formazione professionale' delle regioni (che almeno
in questo hanno competenza). Crediamo, però,
che le difficoltà burocratiche non impediranno
di avviare queste iniziative innovative perché dietro
c'è una precisa linea politica che caratterizza
le nuove giunte regionali e che è portata avanti
dagli assessori all'agricoltura (Sacchetto in
Piemonte, De Capitani in Lombardia). E' una linea
di nuova e non formale attenzione alla montagna e al
pastoralismo.
L'esperienza
di Amamont
Da
due anni a questa parte Amamont (associazione
amici degli alpeggi e della montagna) ha dato vita al
progetto 'Ragazzi in alpeggio'. Sostenuto esclusivamente
dal volontariato il progetto è consistito principalmente
nel mettere a disposizione una bacheca virtuale (lavoroinalpeggio)
dove sono arrivate centinaia di offerte di lavoro (retribuito
o volontario) in alpeggio o con i pastori. Qualche decina
di ragazzi ha fatto delle esperienze più o meno
brevi e un certo numero si è 'inserito' tornando
negli anni successivi e sviluppando collaborazioni anche
al di fuori del periodo estivo. Questa esperienza, che
dovrà essere ripresa in forme più organizzate,
ha comunque consentito di avere la conferma di una significativa
'domanda'. Se essa non ha potuto incontrarsi, se
non in misura limitata, con l'offerta è perché
i pastori, gli alpeggiatori richiedono ragazzi che abbiano
già un minimo di rudimenti. I programmi
di scuola pratica mirano a fornire questi rudimenri favorendo
l'inserimento soft, prima con stages e poi con contratti
di formazione che sollevino i datori di lavoro di parte
degli oneri. Non sarà facile ma bisogna provarci.
Investire in formazione, però, non significa
solo facilitare l'inserimento di ragazzi che vengono
da fuori (compresi quelli di città o gli stranieri).
Questo è importante, probabilmente indispensabile,
ma è essenziale anche fornire ai figli
dei pastori, dei malghesi/margari, degli allevatori
opportunità di qualificazione professionale ma
anche di scambio di esperienze, di apertura alle
problematiche del settore e della montagna nel
contesto della società in rapida evoluzione
in cui sono inserite.
Formazione
in senso ampio, di 'valorizzazione' del capitale umano
La
necessità di 'formazione' al di là della
stretta dimensione progfessionalizzante è una necessità
che deriva dalla constatazione che è il capitale
sociale, umano che oggi rappresenta l'elemento cruciale
della sostenibilità. Il sostegno del reddito,
nelle forme indirizzate all'agricoltura DI montagna
(e non solo o principalmente a quelle IN montagna),
è necessario ma non basta. E' sulla sostenibilità
sociale, sui dati socioantropologici più su su
quelli economici che si gioca la continuità (e
la ripresa) delle attività agricole in montagna,
delle attività pastorali. Molti aiuti erogati
sulla base di una logica produttivistica sono risultati
non solo inutili ma controproducenti allontanando la
struttura produttiva da dimensioni e indirizzi compatibili
con il mantenimento di legami territoriali,
di equilibri ecologici e sociali. Creando strutture
isolate dal contesto locale, dove una contingenza famigliare,
una scelta personale di discontinuità, crea
vuoti incolmabili. Ciò perché la
rete delle attività agricole (tranne che a Bolzano)
è ormai a maglie molto larghe come conseguenza
di scelte improvvide a favore di una mitica 'dimensione
imprenditoriale'.
Di
Scuola pratica di pastori si parlerà,
insieme ad altri problemi dei pastori, domenica
31 ottobre a Rovato (BS) al Convegno dell'Associazione
pastori lombardi dove saranno presenti anche rappresentanti
della Regione. E nelle prossime settimane è
previsto anche un convegno in provincia di Cuneo per
presentare il progetto a sostegno della pastorizia piemontese.
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