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(23.01.09) Melicoltura
intensiva e pesticidi ? No grazie! Forti dell'appoggio dei Comitati della Val di Non (patria di Melinda), che difendono la salute, il paesaggio, il turismo dall'invasiva monocoltura chimica della mela, gli abitanti di Cesiomaggiore (BL) stanno contrastando la colonizzazione del loro territorio da parte di alcuni
produttori di mele della val di Non. leggi tutto |
(28.11.10) A Lentiai (BL) sabato 27 lo 'scambio di
semi e di esperienze' ha visto la presenza di numerosi
gruppi locali e non. Indice della crescita di un nuovo
movimento sociale sui temi dell'agricoltura e
dell'alimentazione
Rispondono
in tanti alla 'Chiamata a... raccolto'
contadini
vecchi e nuovi, consumatori-coproduttori, associazioni
locali, esperienze di nuova ruralità e di agricoltura
urbana sono protagonisti della crescita di una rete
sempre più capillare
testo
e foto di Michele Corti
Nel feltrino
(provincia di Belluno) si è costituito lo scorso
anno, sulla base di precedenti esperienze e incontri,
un gruppo molto attivo denominato 'Coltivare condividendo'.
In questo gruppo sono confluite persone e comitati che,
almeno in parte, provenivano da esperienze non direttamente
legate ai temi agricoli ma che avevano si erano impegnate
nella salvaguardia dei valori ambientali attraverso
le mobilitazioni contro l'acciaieria di Fonzaso e altre
fonti di tossicità.
Un
modello di monocoltura intensiva 'sotto casa'
Ma
vi è un altro elemento che ha fatto maturare
in parecchie persone della zona la consapevolezza
che il ritorno ad un'agricoltura vitale e 'naturale'
è la chiave di volta di una gestione sostenibile
del territorio. Si tratta della vicenda dell'insediamento
a Cesiomaggiore di alcune aziende trentine e
altoatesine specializzate nella produzione intensiva
nella mela. Nella sala della Società Operaia
(1898) di Lentiai che ospitava la manifestazione di
sabato era, non a caso, presentata una mostra fotografica
che illustrava le modalità della 'bonifica' (sic)
con la quale sono state spianate intere colline per
far posto ai meleti 'industriali'.
L'attività
del gruppo Coltivare Condividendo si è sviluppata
in una serie di inziative tese a favorire la diffusione
di conoscenze sull'agricoltura biologica e 'naturale',
delle tecniche di orticoltura, dello scambio di semi
come premessa per il mantenimento di quello che rimane
dell'agribiodiversità contadina e del ripristino
di produzioni agricole su piccola e piccolissima
scala anche a titolo di autoproduzione.
I
semi contadini si salvano con lo scambio (ma è
rimasto poco)
Obiettivo
del recupero delle varietà tradizionali è
quello di disporre di materiale genetico che pur non
in grado di garantire elevate produzioni in coltivazioni
specializzate e 'spinte' assicura comunque produzioni
di qualità, diversità di caratteri organolettici,
resistenza alle avversità.
Il
lavoro di recupero delle vecchie varietà ha fornito
buoni risultati con il fagiolo anche grazie alla fama
del 'Fagiolo di Lamon' una località del feltrino
al confine con il trentino. Il fagiolo si presta alla
coltura su piccolissima scala e ha il vantaggio di presentare
una notevole variabilità morfologica del seme
che consente di individuare con facilità diverse
le varietà.
Diverso
è il caso del mais. Questa coltivazione era praticata
in passato anch'essa su piccola scala per il fabbisogno
famigliare e si era diffusa anche nella montagna dove
erano presenti delle varietà 'cinquantine' a
ciclo quindi molto rapido ed in grado di arrivare a
maturazione anche nelle condizioni di scarse somme termiche.
Non si trattava del 'cinquantino' da foraggio (una coltura
intercalare un tempo molto praticata) ma di un mais
da polenta, per l'alimentazione umana. Alcune di queste
varietà di 'alta quota', caratterizzate dalla
spiga molto corta sono state recuperate ed erano esposte
a Lentiai insieme alle poche altre varietà locali
ancora esistenti (in mostra, come dalla foto sotto erano
però presenti anche varietà di altre zone
del veneto, come quelle bianche, e persino originali
dell'america latina, come quelle blu). Il fatto è
che per il mais l'avvento degli ibridi, realizzati per
le colture specializzate di pieno campo, ha spazzato
via quasi del tutto le varietà 'nostrane' sotto
la spinta della produttività enormemente superiore
degli ibridi stessi. Così quasi ovunque anche
per seminare la fila di mais da consumo famigliare anche
i più piccoli contadini 'hobbisti' sono costretti
a ricorrere alla semenza ibrida. Il trend, però,
negli ultimi anni si sta invertendo. Ci si è
resi conto che produrre mais da polenta con varietà
'nostrane' è remunerativo perché la minore
produttività è largamente compensata dalla
qualità per un prodotto in cui - a differenza
degli usi industriali e zootecnici - il costo della
materia prima agricola incide pochissimo sul prodotto
finale (la confezione di farina gialla). Così
qua e là sono riapparsi il marano, le varietà
'otto file, i vecchi rostrati, i rossi. Il mais di Storo
dop del Trentino ha fatto scuola.
Le
vie del recupero
Se
nel caso del mais il 'circuito contadino' è riuscito
in modo autonomo a garantire la sopravvivenza delle
vecchie varietà (magari a partire da qualche
spiga abbandonata da anni e anni in soffitte asciutte
e buie ) ben diverso è il caso di cerali come
il frumento e i 'minori' che sono sopravvissuti solo
attraverso le 'banche del seme' istituzionali. Nel Veneto
la Banca del Germoplasma dell’Istituto di Genetica e Sperimentazione Agraria “N. Strampelli” di Lonigo
ha approntato una filiera 'dimostrativa' per le varietà
CANOVE e PIAVE, per il MONOCOCCO HORNEMANNI, il FARRO ARISTATO ROSSI e la
SPELTA ALBUM. Va detto che ll seme prodotto non può essere commercializzato, in quanto le varietà in oggetto non sono iscritte al Registro Nazionale.
Ma attraverso la dimostrazione e la sperimentazione
queste varità tendono a diffondersi. Laddove poi
il circuito contadino locale non è stato in grado
di conservare le vecchie varietà vi è
la possibilità di ricorrere a varietà
di altre zone ecologicamente affini. Nell'ambito dell'arco
alpino per fortuna ecotipi di patate, segale, grano
saraceno sono sopravvissuti e con uno scambio interegionale
si possono recuperare (senza però gabellarle
come locali come qualcuno tende a fare, però).
Semi
e idee
Oltre
ai semi, però, a Lentiai si sono scambiate esperienze
ed idee. Erano numerosi i gruppi e le associazioni presenti.
Da quelle di agricoltura bio, ai GAS, al Movimento per
la decrescita felice, a vari gruppi di agricoltura urbana.
C'era anche qualcuno che veniva da altre regioni. Laura
Zanetti (foto sopra) ha portato la testimonianza della
Libera associazione
malghesi e pastori del Lagorai (Trentino). Laura ha
parlato della rinascita del formaggio
Casòlo
che ora si produce presso la Latteria di Strigno e delle
'reti' che legano l'associazione a pastori
e casari più o meno lontani: dai 'ribelli
del Bitto della Valtellina' ai pastori nonviolenti di
Hebron in Palestina ai quali i coloni ebraici avavano
avvelenato le pecore. In primavera grazie alla solidarietà
della 'Libera' verranno acquistate delle pecore per
consentire ai pastori palestinesi di ripartire e produrre
il loro 'formaggio del sacco'.
A
me è toccato parlare dei ribelli del Bitto illustrando
il significato della 'resistenza casearia' e della contestazione
delle Dop 'normalizzatrici' come espressione di 'resistenza
contadina'.
Nuove
e vecchie conoscenze
Prima
di ripartire con Laura verso Borgo Valsugana (e poi
verso Milano) ho avuto modo di parlare a tu per tu con
diverse persone delle loro esperienze, ma anche di rivedere
volti noti tra questi quelli di
Stefano
Centa,
capostipite dei 'Ragazzi in alpeggio' che quest'estate
avevo incontrato alla Malga Montalon (vai
al fotoracconto)
e di Andrea
Pasqualotto
che avevo conosciuto al seminario sulle transumanze
dell'ottobre 2009. Andrea è un attivo rappresente del
gruppo Coltivare Condividendo, il gruppo sorto,
come sopra ricordato, nell'ambito delle iniziative del
Comitato Pra Gras No Fonderia a Fonzaso che ha
come punto di riferimento Tiziano Fantinel. Con
Tiziano ci siamo sentiti tante volte (per email e su
facebook) ma non ci eravamo ancora conosciuti dal
vivo.
A
Lentiai ho potuto poi toccare con mano la triste vicenda
dei 'piantatori trentini' (vedi sopra) parlando con
una signora che ha avuto la sfortuna di diventare 'vicina
di casa' dei nuovi meleti intensivi. La signora che
autoproduceva mele bio ha visto le proprie piante ammalarsi
una dopo l'altra delle patologie contro le quali nella
coltura intensiva si praticano decine di trattamenti
con prodotti chimisi di sintesi. Tanta è stata
la rabbia e la frustrazione ma anche la voglia di reagire.
Che ha condotto la signora a 'fare la posta' ad un magistrato
fuori di un'aula di udienza e a consengrare un persomale
dossier che dimostra il danno subito a seguito degli
impianti di meleti 'industriali'.
Nuova
ruralità e agricoltura urbana si muovono in sintonia
Tra
le esperienze con le quali ho potuto venire a contatto
una molto interessante riguarda l'attività di
'Spiazzi Verdi', un progetto di comunità
urbana che nasce nell'ambito dell'associazione culturale Spiazzi e
si propone di creare situazioni ed esperienze di 'felice convivenza' fra la terra e i suoi abitanti, ricollegando in maniera sostenibile i cittadini e le aree verdi urbane (giardini abbandonati, terreni di risulta, spazi pubblici trascurati, parchi urbani maltrattati…).
Spiazzi Verdi si muove in sintonia con le esperienze
più avanzate di agricoltura urbana ed è
impegnata nella gestione di orti collettivi ma anche
di vigne, in linea di continuità con una tradizione
che a Venezia e sulle isole della Laguna risale amolti
secoli orsono. La 'filosofia' di questo gruppo (ma anche
di diversi altri presenti a Lentiai) ha moltissimi punti
in comune con le esperienze ruralpine, a dimostrazione
che le fratture tra città e campagna, montagna
e pianur, società e natura, urbano e rurale
possono essere ricomposte. Sono
le stesse distruttive contraddizioni sociali ed ecologiche
del modello metropolitano e dell'agricoltura industriale
che spingono in questa direzione. Ma serve una forte
consapevolezza. Consapevolezza dei nessi strettissimi
tra agricoltura 'naturale', rinascita contadina, movimento
del consumo sobrio e solidale, decrescita,
difesa della biodiversità e dalla diversità
culturale, recupero dei valori di convivialità,
educazione del gusto, pratica della manualità
e dell'autoproduzione. Il tutto in una dimensione dove
la separazione delle sfere individuali, comunitarie,
sociali viene largamente messa in discussione.
Semi
che germogliano
A
differenza di movimenti sociali e politici del passato
questo movimento reticolare che si sviluppa attraverso
relazioni paritetiche, assenza di strutture gerarchiche
e di rigidi riferimenti ideologici ha una forza inedita
che risiede nel tradurre immediatamente i propri principi
in azioni quotidiane. Nel proporre alternative concrete
alle cose contro cui si oppone, nel non chiedere o rivendicare
ma nel fare. Nel praticare la 'democrazia della borsa
della spesa' ma anche nell'andare oltre creando connessioni
tra produttori e consumatori, tra produttori e produttori,
tra consumetori e consumatori e superando la stessa
distizione tra produttore e consumatore. Un aspetto
molto interessante e promettente di questo movimento
è l'assenza di pretese egemoniche, di organizzazioni
rigide, di ideologie. Il novecento appare, finalmente,
lontano.
L'esperienza
del contatto con la realtà del feltrino è
stata molto istruttiva e stimolante e spero possa
rappresentare un passo verso la crazione di una
rete più ampia ma senza alterare lo spirito
di spontaneità costruttiva che ho riscontrato
a Lentiai.
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