Transumanza dei bergamini da Bergamo a Gorgonzola 30/09-04/10/2020
di
Michele Corti*
*scritto
da me ma il contenuto l'hanno scritto, con i fatti, i tanti amici che
hanno partecipato e collaborato alla Transumanza. Io ho fatto la mia
parte ma è stato un fatto corale. Se non ci fossero motivazioni
profonde, chi avrebbe spinto qualche decina di persone a impegnarsi
personalmente e duramente per giorni e giorni per condurre a piedi
(inpresa non elementare, l'assicuro) una piccola mandria bovina tra la
provincia di Bergamo e di Milano, organizzando tutti i giorni vari
eventi culturali? Cerco di ricordare tutti coloro che sono stati
protagonisti con diversi ruoli e aggiornerò man mano ancora per giorni
(mi stanno o sto trovando arrivando centinaia di foto della
manifestazione). Non vorrei dimenticare nessuno. Se qualche aspetto,
qualche partecipante non viene menzionato scrivere e mandate foto a festivalpastoralismo@gmail.com Quella
che segue non è una relazione ufficiale; sul sito del Festival del
pastoralismo Bergamo sarà postata una versione più formale. Questo
racconto - tra la cronaca, la storia, le impressioni - è frutto della
voglia di raccontare un'esperienza collettiva e coinvolgente, ma dal
mio personale punto di vista, che non coinvolge necessariamente
l'associazione e l'organizzazione dell'evento. Abbiamo fatto cultura
nelle strade, nelle piazze, cultura viva, cultura popolare nel senso
migliore, cultura di una comunità (i bergamini di ieri,
gli allevatori di oggi, chi vuole abitare un territorio che vuole
sentire suo e che non si accontenta di sopravvivere qua e là
indifferentemente), una comunità che "una volta c'era" in modo "naturale", forte, ma inconsapevole. E che, forse,
vuole - consapevolmente - esserci ancora.
La
manifestazione conclusa a Gorgonzola domenica scorsa (4 ottobre 2020),
rappresenta un piccolo evento storico nel suo genere. Le ultime
transumanze a piedi dalla bergamasca al milanese risalgono a
sessantanni fa. Far marciare una mandria in un territorio fortemente
urbanizzato, con un reticolo di vie di comunicazione a intenso traffico
ha rappresentato una sfida, vinta perché - grazie alla collaborazione
di molti enti - si è potuto seguire le vie "naturali" dei corsi d'acqua
(i fiumi e i canali). La storia non può ripetersi, però il
ricordarla può essere da stimolo a ritrovare una propria
strada facendo tesoro delle risorse di una lunga storia di agricoltura,
allevamento, produzione casearia. Di cui andare orgogliosi e da
valorizzare come merita.
(10.10.20)
A qualche giorno di distanza dalla conclusione della "Transumanza dei
bergamini 2020 Bergamo-Gorgonzola" è possibile trarre un primo
bilancio. Considerazioni ancora a caldo, non ancora ordinate. Ancora
sotto l'effetto delle emozioni e della fatica.
In altre
manifestazioni il successo si misura con l'affluenza
del pubblico e con il grado di copertura dei media; in questo caso, per
noi, il successo rappresentava farcela, arrivare a Gorgonzola, senza
intoppi. E così è stato. La pioggia ha fatto saltare gli eventi serali
venerdì 2 ottobre a Cassano d'Adda (dove c'è comunque stata una visita
guidata molto interessante alla chiesa di San Dionigi). Tutte le altre
serate, seppure con un po' di umidità che si appiccicava addosso, si
sono svolte come da programma, con gli
spettacoli previsti (ne parliamo tra poco), con la distribuzione di
polenta "monovarietale" (un mais antico orobico diverso ogni giorno:
spinato di Gandino, della val Brembana, nero di Esine, rosso di
Rovetta, delle Fiorine di Clusone). Polenta constrachitunte
con il taleggio a latte crudo della coop Sant'Antonio di Val Taleggio,
con i casoncelli della bergamasca escarpinoccdi
Parre (conditi con burro della Latteria sociale di Branzi). Tutto
accompagnato solo con Valcalepio doc. Insieme alla mandria di
Fabrizio Bertolazzi di Serina sono scese a valle quindi anche le
specialità orobiche: gli stracchini - le specialità
casearie legate alla transumanza - ma non solo.
Sabato 3
ottobre.Cala la
sera a Gorgonzola: obiettivo raggiunto.
La
transumanza di un tempo non era, per i bergamini, solo una dura
necessità. Essi
lasciavano le valli perché non si poteva far arrivare i balloni di
fieno dalla pianura come si fa oggi. Con una telefonata. Bisognava
scendere alla bassa. Magari non proprio alla bassa-bassa. Qualcuno, in
realtà, si fermava nelle zone pedemontane, anche a
Dalmine che è stata la prima tappa della nostra transumanza e
che abbiamo scoperto essere area di svernamento di allevatori
valdimagnini e valbrembillesi.
Il fieno,
allora, bisognava consumarlo sul posto, nelle cascine. Il motivo era
semplice: ai proprietari dei fondi interessava mantenere la fertilità
delle loro terre e, in assenza di concimi chimichi (che saranno
introdotti solo alla fine dell'Ottocento), servivano le vacche. Era
l'incontro di due esigenze complementari. Un incontro ecologico ed
economico (ma anche umano) tra montagna e pianura. Non solo necessità,
però. La
transumanza era anche occasione di "conoscere il mondo". I bergamini
svernavano in molte località, distribuite
spesso su più provincie, un fatto che "allargava gli orizzonti" e che
differenziava i bergamì dai marà (i piccoli contadini-allevatori
stanziali delle valli).
La
transumanza era anche una festa, un
rito (di passaggio) che segnava i momenti più importanti del ciclo
calendariale bergamino: l'entrata in cascina a San Michele e la
partenza per la montagna a San Giorgio.
L'efficientissima
equipe della Pro Loco di Gorgonzola (colonna del Festival del
pastoralismo di Bergamo da ormai diverse edizioni) in azione
a Dalmine. Il gruppo è composto da (in ordine rigorosamente alfabetico)
: Claudio Abbadini, Maurizio Bonzio, Gianni Bottasini, Giovanni
Cremona, Diego Ciribelli, Emilio Manzoni, Marco Marchesi, Massimo
Vitali, Aldo Zerbi.
Era una
festa, era l'occasione per esibire vestiti eleganti, gli animali reduci
dall'alpeggio con il
pelo lucido e ornati dei preziosi campani "da viaggio" che si
tramandavano da generazione in generazione. Era una festa anche perché,
unica occasione in tutto l'anno (tranne che per i regiù, i
patriarchi, usi a frequentare, "per affari" le osterie dei centri di
mercato) si mangiava in trattoria. Questo "lusso" (cui non tutti
cedevano) era concesso durante le
soste negli stallazzi (i motel - autogrill del passato). La
nostra Transumanza è stata una festa itinerante e ciò non ha
rappresentato affatto una travisamento. Festa popolare, festa pastorale
significa buon cibo ma anche musica e danze. nella dimensione della
festa tradizionale queste dimensioni sono conensse. E così è stato
anche con la nostra Festa della Transumanza.
.
Nella nostra Transumanza i
ruoli si sovrapponevano. L'aspetto spettacolare si è intrecciato alla
vera e propria transumanza a piedi. Non c'erano i "figuranti" ma tutti
avevano compiti pratici, sia legati alla conduzione degli animali, che
alla guida dei carri, alla cucina, al montaggio e smontaggio. nella
foto sopra Renato Carminati, colonna
sonora vivente del Festival del pastoralismo (con il sui baghèt)
con Carla Ferliga del gruppo di danze storiche Il Passemezzo
di Bergamo. Il gruppo ha costituito il nucleo delle "bergamine" con un
abbigliamento realizzato ad hoc, molto aderente al modello di vestiario
femminile ante grande guerra. Il cappello è quello realizzato ad hoc
per l'evento presso lo storico cappellificio Vimercati di Monzaù. Alla
sera Carminati
con Alberto Rota (violino e flauto) ha accompagnato le danzatrici
impegnate in brevi esibizioni di danze "campestri"
tradizionali.
Suoni di transumanza
La
colonna sonora della transumanza è rappresentata dal suono dei
campanacci (e delle "bronze", ci ritorniamo tra poco). Ma la vita dei
bergamini del passato aveva una colonna sonora di canti, vocalizzi,
musica prodotta da diversi strumenti. Di certo producevano musica e
danzavano in varie occasioni festive, sia in alpeggio che presso i
villaggi. A me piace pensare che anche durante le tappe della transumanza si danzasse e si suonarsse. Ancora
nell'Ottocento i bergamini della Valsassina, descritti da Ignazio Cantù
(1837)
suonano e danzano. ... Maggio, villaggio di
rustiche casupole poste qua e là per un amena prateria dolce mente
inclinata ed abitata da soli mandriani che fanno eccellenti stracchini.
Bella è la sagra che qui si tiene sul principio di settembre ove quei
montanari al suono delle cornamuse e delle rusticali zampogne,
accompagnato da popolari canzoni, menano carole[danze
in girotondo]sull'erboso
clivo.
Una
tradizione di musica bergamina che è radicata
nei secoli se Agostino Gallo, il famoso agronomo bresciano del
Cinquecento, segnala che i malghesi (termine che l'autore alterna a
"bergamino") utilizzavano rozze rebecche [strumento ad arco in uso nel
medioevo e sino al Seicento) per accompagnare le danze.
Sempre nel Cinquecento Paride Cattaneo della Torre riferisce che, oltre
a dedicarsi a vari sport e giochi di forza i bergamini della val
Biandino:fanno risuonar gli antri,
caverne spelonche, li cavi sassi, li alti colli et le basse valli da
lor frequenti gridi, urli et fremiti [è il canto jodel -
iolalala-i-iiiii - oggi associato alla cultura tirolese], da rusticani
stromenti, di varie et diverse sorti.
La rebecca
Come
illustrare al pubblico delle tappe della transumanza la realtà
dei
bergamini? Nel contesto di una festa popolare nel senso tradizionale,
anche l'aspetto pedagogico (pensiamo alle "sacre rappresentazioni della
Passione") non può che assumere una forma teatralizzata. Così è stato.
Nel giro di poche settimane sono state allestite delle "scene di vita
bergamina"; tre brevi pezzi intervallati dalle danze de il Passemezzo
(ovviamente niente danze in coppia per colpa del virus) ritmate dai
musici.
Protagonisti
del "scene bergamine" Raffaele Tintoni (ol Giopì), Emanuela Giovanessi
(la Margì) e Marino Zerbini attore del teatro vernacolare milanese.
Alberto Rota, oltre che suonare ha recitato una parte in una delle tre
scene. Facendo parlare gli attori in bergamasco e in milanese (in
funzione dei personaggi) si è sottolineato come la transumanza
rappresentava anche un incontro (e un collegamento) tra la realtà e la
cultura bergamasca/montanara/pastorale e quella milanese/di
pianura/agricola. I testi erano stati realizzati da Pietro Zani
(carnevale di Dossena, quindi garanzia di un filone di teatro popolare
con forti tradizioni) su soggetto mio e con successivi adattamenti da
parte degli attori.
Musica
popolare tradizionale e d'autore: un dialogo virtuoso. A Dalmine il
programma della Transumanza è stato coronato dal concerto di Luciano
Ravasio, accompagnato dalla moglie Mariangela e da tre strumentisti.
Non poteva mancare un pezzo molto recente del cantautore bergamasco:Bergamì, la canzone
dedicata ai nostri transumanti (ascoltala).
Ravasio ha poi regalato al pubblico molti pezzi del repertorio
popolare, in particolare sui temi del lavoro dei campi e della
fienagione, connessa in modo diretto all'allevamento con pezzi
del repertorio tradizionale ma anchela Ranzadi
Van de Sfroos (ascolala
nella versione di Ravasio). Tra i pezzi autorialiLa luna(la
sera di Dalmine era proprio piena e...biundacome
nel testo).
Pezzo
forte della transumanza è stata la prima del filmL'ultimo bergamino,
un docu-film che ruota su alcune interviste (in luoghi diversi) a Carlo
Rota di Locatello valle Imagna, un docu-film prodotto dal Centro Studi
Valle Imagna, l'associazione che ha avuto il merito di iniziare, oltre
dieci anni fa, con la pubblicazione di alcuni volumi di interviste a
testimoni della transumanza bovine lombarda, un programma di recupero
della memoria collettiva intorno a questo fenomeno.
Il film
del Carlì (Carlo Rota) è stato proiettato a Fuipiano in valle Imagna il
26 settembre come anticipo e simbolico avvio della Transumanza. Il 30
sttembre, giorno di partenza dlela transumanza è stato
proiettato a Inzago, nella milanese Martesana, nelle cui
campagne (dove ha svernato il Carlì da giovane), è stato in parte
girato. Il 1° ottobre a Canonica d'Adda, il 3 a Gorgonzola. Una prima
migliore per questo film non poteva esserci.
La mostra a Canonica d'Adda
Le attività culturali itineranti della Transumanza hanno
compreso anche la mostra (limitata ai pannelli didattici) "600 anni di
transumanza". Presentata in occasione del Festival del pastoralismo di
Bergamo del 2019 (Sala della Porta di Sant'Agostino) la mostra (senza
gli oggetti) è stata montata in ogni posto-tappa (quelli degli eventi
serali della fermata per la notte) grazie a supporti tubolari
predisposti da Franco Meani (dell'Associazione Amici delle
Mura).
La mostra a Gorgonzola
La Festa della Transumanza ha rappresentato un evento culturale,
inserito - non a caso - nel programma ri-vivi la Lombardia
dell'assessorato regionale alla cultura che mirava a promuovere eventi
all'aperto valorizzando ambiti storici e favorendo la continuità di
iniziative di associazioni culturali e la ripresa del lavoro di chi
opera nel mondo dello spettacolo. Approfittando della "finestra" prima
della seconda ondata del contagio.
La Transumanza dei bergamini Bergamo-Gorgonzola
è stata però, prima di
tutto, la festa del transito della madria, un evento di per sé, uno
spettacolo di per sé. Originaria di Serina, località dalle forti
tradizioni bergamine (vai a vedere qui), essa
era ben "allenata" dall'alpeggio in alta val Brembata. Animali (che
viaggiano a passo lento di 3,5 km/h) e veicoli "arcaici" (che non
possono viaggiare a più di 15 km/h) si sono, per il breve periodo di un
passaggio, riappropriati delle strade e delle vie di comunicazione
dalle quali sono stati esclusi con lo sviluppo delle mobilità moderna.
Una riappropriazione fugace ma dal forte valore simbolico, preceduta da una non facile individuazione
degli itinerari. Tutti richiami che mettono in evidenza come la
transumanza sia un grande fatto ecologico, tutt'altro che antiquario.
Difatti la Transumanza dei bergamini Bergamo-Gorgonzola è inserita nel
progetto Natura Vagante (fondi Cariplo, capofila il Parco Adda
Nord).
Su uno sterrato (ma alle spalle
una tangenziale). Alessia Tiraboschi di Serina (gruppo allevatori) e Antonio Gamba (veterinario ufficiale e organizzatore)
Condizione della realizzazione di una Transumanza è la possibilità di
disporre di una rete adatta a una mobilità very slow. Animali e carri,
da questo punto di vista, sono più "esigenti" della bici, che può
"saltare" certi ostacoli e discontinuità... in spalla. "Testare" un
territorio con il transito di una manifestazione di questo tipo vuol
dire fare i conti con le tante barriere alla mobilità slow. Sono
barriere prodotte dall'urbanizzazione a macchia d'olio e dalla rete di
autostrade e tangenziali (sotto la A4 a 4 corsie vi sono inquietanti
tunnel di servizio tanto lunghi stretti da essere vietati al
passaggio anche dei pedoni).
Tem e Brebemi hanno dato colpi di grazia al reticolo della
viabilità minore, già compromessa da usurpazioni dei diritti di
passaggio e dalla scemata fruizione (e quindi dalla tendenza ad
allargare gli arativi alle vecchie strade comunali e vicinali).
Potremmo aggiungere l'effetto della riqualificazione delle strade
provinciali pre-esistenti con l'eliminazione di intersezioni, i guard
rail che "sigillano" le stradine, ecc.
Oggi la transumanza è anche presa nella morsa tra strade a veloce
scorrimento e piste ciclabili. Queste ultime, frequentemente interrotte
da barriere fisiche per impedire l'accesso di mezzi a motore sono
impraticabili alla transumanza. Pensare a un sistema di vie
percorribili anche dalla transumanza (che anela ai "tratturi"), dai
cavalli, da veicoli a trazione animale oltre che dai pedoni e dai
ciclisti rappresenterebbe un fatto di civiltà. Altrimenti i
riconoscimenti Unesco, il tanto parlare di turismo alternativo, di
mobilità non motorizzata che senso ha?
La prima giornata
della Transumanza. Partenza da Bergamo zona Ospedale Papa Giovanni. Per
ricordare i giorni tragici del contagio la prima giornata non sono
stati usati i fragorosi campanacci ma solo le "bronzine", come facevano
i bergamini quando c'era un lutto. Un percorso che ha sfruttato i
lacerti di campagna e il reticolo idrografico (roggia Brembo).
Momenti (sopra e
sotto) del passaggio a Treviolo, comune attraversato per
tutta la sua lunghezza dal nostro convoglio. Il suo passaggio desta
sempre stupore e simpatia.Tantissimi fotografano e filmano.
I sorrisi degli anziani e la
gioia dei bambini che hanno assistito al passaggio o seguito il
convoglio sono impagabili.
Bimbi al seguito del convoglio. Scortato dalle GEV del Plis Passo Brembo(entrando nel territorio di Canonica siamo stati scortati sino a Cassano da quelle del Parco Adda Nord)
Problemi di viabilità i bergamini li avevano già avuti già dopo la
grande guerra. Con i camion e le auto che, a differenza dei carri,
ponevano seri problemi di sicurezza al transito delle mandrie sugli
stradali moderni (furono molti gli incidenti di cui restarono vittime i
bovini). Così i bergamini dovettero viaggiare di notte o tornare alla
viabilità antica (precedente le "postali" ottocentesche con i loro
rettilinei). La nostra Transumanza, scartando ovviamente lo "stadone"
Bergamo-Milano, la ex SS525, nata come strada postale del Regno
Lombardo Veneto, è tornata a seguire, superato Dalmine, l'asta del
Brembo, costeggiando la roggia Brembilla e poi il Brembo stesso. Si
tratta di vie di transumanza millenarie che sfruttavano gli incolti ai
lati dei fiumi, ovvero i terreni eccessivamente ricchi di scheletro
(ciottolosi, gerivi) derivati da alluvioni recenti (Brughiera di Osio,
pascolo della Valle alla confluenza tra Bremo e Adda, magredi del
Brembo).
Seconda
giornata di transumanza. E' stata la giornata del Brembo. L'abbiamo
attraversato due volte a Brembate passando sul ponte medievale (XIV
secolo). A Brembate ci è stata riservata a mezzogiorno un'accoglienza
calorosissima da parte di amministrazione, pro loco, alpini.
Su un
prato del sig. Anacleto Osio gli animali hanno trovato un pascolo
succulento. La Pro loco di Gorgonzola e gli alpini locali hanno
allestito una mini-sagra sul posto. Molto simpatica e spontanea. Molto
interessante anche la visita guidata a San Vittore e al centro storico.
Fiumi
e transumanza ma anche fiumi (canali e rogge da essi derivati) e
industria. Sopra un imponente esempio di archeologia industriale: la
grande filanda della Rasica di Osio sopra (il toponimo fa riferimento
alle segherie pre-esistenti, insieme ai mulini).
Il nesso
tra fiumi e transumanza, nel caso di quella dei bergamini va anche in
là rispetto al ruolo delle aste fluviali quali "corridoi" con
possibilità di pascolo. L'acqua dei fiumi che scendono dalle Alpi,
grazie alle opere di derivazione e distribuzione, a partire dal
Duecento, ha consentito di sviluppare la foraggicoltura (passando da
due a 5 e oltre tagli di fieno). La crescente disponibilità di fieno
fece sì che, oltre alle necessità degli animali addetti ai lavori dei
campi, ai trasporti, alle guerre (il fieno era il carburante del
passato) si creassero anche scorte per alimentare in inverno le vacche
da latte. Così i malghesi delle valli, che già scendevano in pianura
con le greggi ovine, iniziarono a mantenere sempre più vacche e sempre
meno pecore. Il processo, avviato timidamente alla fine del Trecento
secolo, si consolidò nel secolo successivo fino a che, nel
Cinquecento, si diffonde la cascina moderna con le stalle, i fienili,
il caseificio, la "casa del bergamino". Le montagne hanno
portato in pianura non solo l'acqua ma anche le componente minerale
fine del terreno (con il limo in sospensione). Ma dalle montagne sono
scese in pianura con i bergamini anche le conoscenze casearie (affinate, sin
dalla proto-storia, sugli alpeggi) e le vacche che lasciavano il
preziosissimo letame. I contratti di affitto imponevano di mantenere la
"bergamina", ovvero la mandria di vacche da latte e, se il fittavolo
non affrontava i rischi della gestione della stalla e del caseificio,
era obbligato ad accogliere il bergamino (cui peraltro vendeva il fieno
con buon utile). In questo modo terreni sabbiosi e ghiaiosi sono
diventati ricchi di sostanza organica e quindi fertili.
Sopra e sotto: due
aspetti del transito sulle alzaie del naviglio della Martesana, opera
del XV secolo, voluta dai duchi di Milano, che ha impresso un forte
impulso al sistema irriguo dell' Est milanese. La transumanza da Vaprio
a Gorgonzola ha seguito il naviglio. A Inzago si è però fatta una
deviazione per passare nel centro del paese (dove era stata organizzata
la distribuzione dei casoncelli in Piazza Maggiore). La
Martesana deriva dall'Adda a Trezzo. Da Cassano, altra tappa del nostro
percorso (purtroppo contrassegnata dalla pioggia con cancellazione
degli spettacoli) deriva la Muzza, che irriga il lodigiano, iniziata
nel Duecento secolo.
La Transumanza è festa del transito, del cammino, ma anche della sosta.
Delle attività culturali organizzate nelle soste, a Dalmine, a
Canonica, a Gorgonzola (Cassano è saltato per la pioggia) abbiamo già
riferito. Qualche parola va spesa sulle "location". Tra loro molto
diverse ma rivelatesi funzionali. A Dalmine gli eventi sono stati
ambientati nella grande piazza del mercato (via Kennedy) provvista di
fabbricato con servizi e adiacente al grande spiazzo erboso comunale
dove la "nostra" piccola mandria ha pascolato benissimo (avevamo
chiesto di non tagliare l'erba).
A Canonica lo spettacolo è stato realizzato sul parcheggio a fianco del
comune, con gli animali in vista nell'ampio prato di proprietà della
parrocchia. La mostra è stata collocata allo sbocco della via Locatelli
che attraversa il centro storico e si trova prospicente al parcheggio.
La distribuzione del cibo (con i tavoli) è avvenuta nello slargo di via
Locatelli. Così dallo spazio.animali a quello del cibo si è realizzata
una perfetta continuità spaziale e ciò è servito molto al
coinvolgimento della comunità. Si può aggiungere che a Canonica come a
Brembate, dove la sosta è stata solo diurna ma molto bella, eravamo
riusciti, pur nei tempi stretti dell'organizzazione della Transumanza
(partita a ferragosto sotto lo stimolo dell'imminenza del bando
regionale) a organizzare degli incontri preliminari di presentazione
nella settimana precedente la manifestazione (nei comuni grossi i
meccanismi sono più complessi).
Sopra. Venerdì 2
ottobre, mattino, piove. La partenza è stata ritardata e le scolaresche
hanno avuto la possibilità di far "visita" agli animali. In tutte le
località di sosta gli animali hanno avuto a disposizione erba a
volontà. Ogni giorno veniva montata una tettoia (a destra in alto
davati al fabbricato) per dare riparo. I cavalli "agricoli" erano già
abituati a stare con la mandria, quelli "da attacchi" avevano a
disposizione dei box individuali. Ovviamente c'era sempre acqua pulita
a disposizione e la presenta del veterinario (il dr. Antonio Gamba che
è anche un organizzatore e il segretario dell'associazione Festival del
Pastoralismo). Sotto: l'arrivo a Dalmine, nell'ampio spiazzo messo a disposizione dall'amministrazione comunale
Le soste
della Transumanza sono state anche, oltre a una festa di cultura e tradizione
popolare, una festa delle mucche e dei
bambini, degli scolari che hanno avuto la possibilità di vedere cavalli
e bovini dal vivo, da vicino, annusarne l'odore (una cosa che manca nel mondo
virtuale tutto basato sull'immagine e penalizzante gli altri sensi).
– Papà, – dissero i bambini, – le mucche sono come i tram? Fanno le fermate? Dov’è il capolinea delle mucche? – Niente a che fare coi tram, – spiegò Marcovaldo. – Vanno in montagna. – Si mettono gli sci? – Chiese Carletto. – Vanno al pascolo, a mangiare l’erba. – E non gli fanno la multa se sciupano i prati? Oggi, con tutte le immagini bucoliche che la televisione porta nelle case sull'onda del revival rurale, il dialogo surreale sopra riportato, innescato dal passaggio notturno di una mandria diretta all'alpeggio per la periferia di Torino (Italo Calvino In viaggio con le mucche, 1954)puòapparire
una forzatura letteraria. Ma quanto una conoscenza televisiva,
virtuale, frammento di un bombardamento di immagini, informazioni di
ogni tipo, può sostituire l'esperienza reale?
Qualche bimbo ha potuto anche salire in groppa a Nausica. Qui con l'assistenza
attenta di Daniele Baioni e Stefano Manzoni, di solito impegnati nella
conduzione dei carri.
Festa delle mucche, anzi festa per le mucche, perché hanno sempre avuto a disposizione sia nelle
soste diurne che notturne ampi spazi verdi. Solo a Gorgonzola, nel pur
ampio e bello spiazzo in via Molino vecchio (dietro alle scuole medie)
l'erba era scarsa (tagliata tre settimane prima a causa della scarsa
pioggia non era ricresciuta a sufficienza, si è quindi provveduto a
integrare con fieno, unico caso).
A sinistra: sosta della mandria a Canonica, a destra a Gorgonzola
Fabrizio Bertolazzi e Giampietro Raieri osservano soddisfatti le vacche al pascolo a Dalmine
Festa dei
cavalli e degli attacchi rurali, dei vecchi carri agricoli, un pezzo
fondamentale di civiltà contadina. Il carro telonato (alla far-west) è
diventato il simbolo della transumanza dei bergamini. Ma "da poco"
(relativamente ai lunghi secoli di transumanza, si intende). Solo dopo
la metà dell'Ottocento quando si è estesa alle valli la rete delle
strade carrettabili (prima anche le "strade regie" erano
"cavalcatorie", detto in termini più famigliari: mulattiere). Prima
tutto era trasportato someggiato, a dorso di cavallo. Per questo i
bergamini hanno sempre avuto numerosi cavalli, di cui - in epoche in
cui il cavallo era riservato ai "signori" - andavano giustamente
orgogliosi (e che riflette le culture di ascendenza nomade e legata al
cavallo degli antenati celti e longobardi)
Sopra
Daniele Baioni (a cassetta) e Roberto Legramanti, proprietario del cavallo (Nico, un castrone di dieci anni). .
Alle redini Francesco
Ramella, veterinario e allevatore lodigiano appassionato di Haflinger e
di attacchi. La cavalla è la sua Tanja, soggetto di sette anni
dall'indole sportiva che, pur con qualche nitrito di impazienza e scalpitando un po', si è
adattata docilmente al servizio di traino (quil'articolo che Ramella ha scritto per il sito Cavalli e Carrozze). Sotto Veronica Ventura, giovane amazzone che ha guidato per la maggior parte del tragitto il carro trainato da Tanja.
Ma
allora gli asini? Non sono stati esclusi. Non era possibile fare uno
sgarbo simile ai compagni di tutte le
nostre (mini, sino a ieri) transumanze, ai compagni che ci hanno
accompagnato anche nelle Camminate dei bergamini in montagna con il
loro papà, Maurizio Cortinovis (Roccolo degli asini).
I bergamini, in realtà,
avevano spesso uno stallone asino che utilizzavano per coprire le loro
cavalle e produrre i muletti, che non erano i carrelli elevatori
idraulici di oggi, ma i preziosi allievi che subentravano, dopo una vita
di soma, ai muli dei mulattieri. Se in pianura i camionisti del passato
erano i carrettieri, in montagna - in assenza di strade - erano i
mulattieri. Erano loro i trasportatori di carbonella, formaggi (che
scendevano a valle), vino e cereali che salivano in montagna.
Maurizio
con la sua dolce asinella Nausica. Volevamo portare il maschio, per
considerazioni "filologiche" (spiegate sopra nel testo) ma Maurizio ha
preferito lasciarlo a casa perché un po' irrequieto. E passando per i
paesi e sulle strade non era il caso...
Dopo la piogga di venerdì 2 l'arrivo
il giorno dopo, per l'ultima sosta, a Inzago e poi il traguardo di
Gorgonzola sono stati allietati dal sole.
Inzago:
Piazza Maggiore. La postazione dei cucinieri della Pro Loco di
Gorgonzola (con la collaborazione della Pro Loco di Inzago guidata da Mario Barzaghi). Il
selciato è ancora bagnato. Campeggiano i roll up del consorzio strachitunt (il presidente Alvaro Ravasio è un convinto sostenitore della Transumanza) e del
Casoncello (associaizone Decibo di Bergamo). La presidente, Silvia Tropea, tutti i giorni ci ha rifornito di casoncelli e scarpinocc freschi che ha consegnato personalmente).
Alla fine il cartello della ciclabile (della Città metropolitana di
Milano) ha annunciato l'arrivo nella città che ha dato il nome
al celebre stracchino (anche il gorgonzola, scome il quartirolo, il
salva, il taleggio, lo strachitunt, la crescenza, la robiola è uno
stracchino della tradizione bergamina). Alcuni tra i partecipanti, un
po' stanchi per le intense giornate (per non parlare della
preparazione) hanno tirato un sospiro di sollievo.
.
Il
cartello della ciclabile indica: A Milano centro 24 km. Prima o poi la
transumanza arriverà anche lì (e oltre perché i bergamini andavano sino
al Ticino, e oltre).
A
Gorgonzola la festa è proseguita con gli spettacoli serali in piazza
della Repubblica (teatro con musica e danze e film Ultimo bergamino) in
quanto la corte della villa/palazzo Busca-Serbelloni dove erano
previsti presentava ancora ampie pozzanghere. Peccato perché i
Serbelloni, feudatari di Gorgonzola - il cui stemma campeggia ancora
sopra il portale al centro della corte - con il gorgonzola e
i bergamini c'entrano molto. E' nei loro prati vastissimi che
sostano mandrie provenienti dalla Valsassina (lungo la via storica che
passava da Vimercate) e dalla bergamasca (da Vaprio o Cassano come
noi), Nelle loro caneve (oggi parte della Biblioteca comunale)
stagionavano le forme che essi usavano donare a influenti personaggi
facendo sì che, a partire dal 1770, lo stracchino di Gorgonzola
diventasse ricercatissimo presso l'élite del tempo. Per ricordare
queste tradizioni non solo si è consumato strachitunt dop ma, la
domenica mattina, si è svolta anche una dimostrazione di lavorazione
casearia a cura di Andrea Messa (che ci tiene a ricordare che - da
bambino - ha fatto in tempo a partecipare a una transumanza a piedi - da
100 km - da Nasolino in alta val Seriana a Leno nella bassa bresciana).
.
Andrea
Messa, sempre pieno di energia, in azione. Con la sua collezione di
attrezzi
caseari degli anni 40 del Novecento. Assistito dallo staff di
quattro giovani allievi della sua "scuola pratica" di pastorizia e
coltivazioni di montagna.
Il
gruppo di Serina (l'allevatore Bertolazzi e collaboratori e i volontari
dell'Associazione manifestazioni zootecniche, presidente Franco
Locatelli, convalescente di operazione di by pass al cuore e quindi
presente solo.. col cuore)
Questo
trio ci ricorda che anche Morterone (geograficamente in val Taleggio ma
storicamente valsassinese) è una delle realtà bergamine, delle località
che sono "dietro" alla nostra Transumanza. Da sinistra a destra:
Giuseppe Invernizzi (coordinatore del gruppo che si è occupato di carri
e cavalli), Augusta Manzoni, Stefano Manzoni. Nel mondo dei bergamini
di Invernizzi e Manzoni ce ne sono tanti, bisognerebbe indicare i
soprannomi dei ceppi famigliari. Prossimamente
Meritato
riposo. Per una volta tanto ci si può concedere l'espressione un po'
abusata "scena di altri tempi". A riposare Franco Danelli, vero ex
bergamino di origine taleggina
Epilogo (per ora)
Le "bestie"
(l'allevatore si riferisce a loro così, con grande rispetto e affetto) hanno mangiato
bene. Questa è la cosa più importante per i bergamini. E quindi anche
per noi. Poi c'è la soddisfazione di aver fatto conoscere
una cosa così nuova, e al tempio stesso così antica, a tante persone che
non avavano mai sentito parlare di bergamini. Molte che, invece,
sapevano bene chi fossero, hanno "rinfrescato" i ricordi, sorprese
positivamente che una realtà che pareva sepolta nei cassetti della
memoria potesse, per qualche giorno, rivivere.
I giovani allevatori che ci hanno seguito
partecipando al mercatini di vendita dei formaggi (non mancava anche
questo aspetto, fondamentale) hanno venduto tutto.
Franco
e Sivia Manella, giovanissimi imprenditori agricoli
dell'Azienda Campagnole di Cologno al Serio aderente a Distretto
agricolo bassa pianura bergamasca. Assidui alle tappe della
transumanza con il loro punto vendita
Sono giovani che
fanno retro-innovazione, recuperano tecniche di allevamento e
alimentazione tradizionali, rivisitandole, per produrre latte che
merita la trasformazione artigianale e che, in vendita diretta, "da
soddisfazione". Rinverdire la storia dei bergamini a tutti coloro,
giovani e anziani, che hanno radici famigliari che ad essa si
connettono, è motivo di grande orgoglio e di stimolo. Stimolo a
continuare in modo "retro-innovativo", attento al benessere animale,
alla qualità "vera" (non solo, per il latte, i titoli e le cariche
batteriche basse)
l'attività allevatoriale, stimolo a subentrare al padre a uno zio. O ad
avviare, strigendo i denti, ma sapendo di contare sull'aiuto di una
comunità/cerchia di "bergamini", amici disinteressati ma competenti,
una propria attività. Uno dei più giovani "transumanti", Cristian
Vistalli, 11 anni di Serina, che partecipava con il padre Paolo alla
carovana, ha deciso, affascinato dagli animali, di fare l'allevatore.
Chissà.
Uno
dei più attivi e scrupolosi a condurre la piccola mandria è stato
Cristian, 11 anni. Qui con il padre Paolo e Fabrizio Bertolazzi. Paolo
non è un allevatore, lavora nell'ediliza, spesso in altre regioni ma
partecipa al gruppo delle manifestazioni zootecniche di Serina.
La
Transumanza ha consentito di intrecciare, nel corso di cinque dense
giornate, tante relazioni nuove e di consolidare quelle già in essere.
Tra persone, tra associazioni, tra comunità diverse, con enti, con
amministratori. Uno sforzo molto intenso ma ripagato da tanti
risultati. Il giorno stesso della fine della transumanza è partita la
discussione su come organizzare la manifestazione del 2021 (con
destinazione Lodi). A distanza di una settimana non è cessato
l'entusiasmo e la voglia di intraprendere una nuova avventura. E a
distanza di una settimana le "nostre" bestie sono ancora a Gorgonzola,
a brucare soddisfatte, e ci staranno ancora per alcuni giorni.
11/10/2020.
La mandria della transumanza al pascolo alla Cascina Mugnaga di
Gorgonzola di proprietà di Emilio Manzoni (foto sotto), colonna
della pro loco di Gorgonzola, e dello
staff della Transumanza (ma per un tratto di strada ha fatto anche il
conduttore della mandria, ruolo consono per un ex (vero)
bergamino.
Emilio
Manzoni in una foto-simbolo: è il 29 settembre e lo staff della Pro
Loco di Gorgonzola sta caricando il furgone con l'armamentario per
allestire la cucina da campo
Erba
contro formaggio. Dovevano imbarcarsi subito dopo la fine della
manifestazione sul camion del ritorno. Invece, come una favola, un ex
bergamino dei tanti stanziatisi nella Martesana, ha offerto ai
montanari di mangiare i suoi prati. Così, sia pure per un
breve periodo (ma anche nel passato esistevano transumanze brevi solo
per il pascolo autunnale) quella che era una "rievocazione", una
transumanza vera a metà (veri i chilomentri vera la ricerca dei prati
da mangiare) è diventata ancora più vera.
Il senso di una riscoperta al tempo del Covid19 (appendice per
approfondire)
Dai
libri, alle canzoni, al film anche l'abbozzo di una piece teatrale
segnano un percorso culturale di riscoperta di una pagina, quella dei bergamini transumanti, sino a pochi
anni fa ancora sottotraccia , una pagina importante ma negletta della
storia non solo dell'agricoltura ma anche di quella sociale lombarda. I bergamini con il loro spirito indipendente
(ma capaci di coordinarsi tra loro quando necessario), conservatori, ma
dinamici e intraprendenti, ben organizzati ma insofferenti delle
organizzazioni gerarchizzate e burocratizzate urtano contro
gli schemi
ideologici della cultura italiana ancora caratterizzata da
pregiudizi
anti-rurali e non disposta ad ammettere che dalle montagne, possano
scendere energie imprenditoriali ... e non solo "braccia". Alle
mondine,
una forma di bracciantato stagionale, in linea con una visione
folkloristica dei "ceti subalterni", sono stati dedicati saggi, romanzi
e film. Ai bergamini no.
Nulla quasi sino ad oggi, sui bergamini, protagonisti di
periodi storici e aree importanti per lo sviluppo della realtà agricola
lombarda, la dice lunga. Nel rimescolamento delle
tradizionali
posizioni ideologiche la vicenda dei bergamini ha potuto alla fine
emergere. Ora ci auguriamo che arrivi anche un film fiction e, magari,
un
romanzo . La Lombardia ha bisogno - oggi in modo paerticolare
- di un'epopea come quella dei
bergamini, con le loro transumanze spesso avventurose e la capacità di
rimettersi in moto dopo le "botte" (guerre con sequestro di bestiame,
epizoozie di afta). Ha bisogno di rinsaldare le sue radici e la sua
coesione, la fiducia in sé stessa.La
prova del grave contagio è stata dura anche perché resa ancora più amara da
espressioni di "solidarietà alla rovescia" (se non proprio da insulti e
di
"dagli all'untore") ricevute, proprio nel momento di difficoltà, da
quelle regioni che predicano il valore della "solidarietà nazionale" quando la
Lombardia osa porre la questione del residuo fiscale di decine di
miliardi.
I
bergamini, a proposito di coesione e comuni radici, hanno rappresentato
per secoli un "ponte", non solo tra montagna e pianura ma anche tra le
diverse aree della pianura che essi frequentavano,
diffondendo una
cultura comune, non solo nell'ambito agricolo e degli allevatori ma
anche delle attività artigianali e commerciali (legate al caseificio,
al salumificio, al bestiame) che i loro discendenti passavano a
esercitare. Celebrarli significa anche riscoprire come la Lombardia,
forte perché policentrica, è comunque molto più unita di quanto essa
stessa si percepisca (anche a causa di influenze culturali non
disinteressate). Tra le varie forme di migrazione qualificata che hanno
visto i bergamaschi diffondersi in Lombardia (e oltre), la transumanza
ha
rappresentato quella più continuativa nel corso dei secoli e
ha
contribuito più di ogni altra a popolare in modo diffuso le campagne
bresciane e
milanesi (ma anche di tutte le altre aree di pianura) di valligiani
bergamaschi. Bergamo è il cuore della Lombardia non solo per
motivi
geografici, perché il carattere bergamasco è un carattere lombardo
"potenziato", ma anche per questo.