Ruralpini  resistenza rurale
Condividi

Una grande transumanza


Transumanza dei bergamini da Bergamo a Gorgonzola
30/09-04/10/2020


di Michele Corti*

*scritto da me ma il contenuto l'hanno scritto, con i fatti, i tanti amici che hanno partecipato e collaborato alla Transumanza. Io ho fatto la mia parte ma è stato un fatto corale. Se non ci fossero motivazioni profonde, chi avrebbe spinto qualche decina di persone a impegnarsi personalmente e duramente per giorni e giorni per condurre a piedi (inpresa non elementare, l'assicuro) una piccola mandria bovina tra la provincia di Bergamo e di Milano, organizzando tutti i giorni vari eventi culturali? Cerco di ricordare tutti coloro che sono stati protagonisti con diversi ruoli e aggiornerò man mano ancora per giorni (mi stanno o sto trovando arrivando centinaia di foto della manifestazione). Non vorrei dimenticare nessuno. Se qualche aspetto, qualche partecipante non viene menzionato scrivere e mandate foto a festivalpastoralismo@gmail.com
Quella che segue non è una relazione ufficiale; sul sito del Festival del pastoralismo Bergamo sarà postata una versione più formale. Questo racconto - tra la cronaca, la storia, le impressioni - è frutto della voglia di raccontare un'esperienza collettiva e coinvolgente, ma dal mio personale punto di vista, che non coinvolge necessariamente l'associazione e l'organizzazione dell'evento. Abbiamo fatto cultura nelle strade, nelle piazze, cultura viva, cultura popolare nel senso migliore, cultura di una comunità (i bergamini di ieri, gli allevatori di oggi, chi vuole abitare un territorio che vuole sentire suo e che non si accontenta di sopravvivere qua e là indifferentemente), una comunità che "una volta c'era" in modo "naturale", forte, ma inconsapevole. E che, forse, vuole - consapevolmente - esserci ancora.

La manifestazione conclusa a Gorgonzola domenica scorsa (4 ottobre 2020), rappresenta un piccolo evento storico nel suo genere. Le ultime transumanze a piedi dalla bergamasca al milanese risalgono a sessantanni fa. Far marciare una mandria in un territorio fortemente urbanizzato, con un reticolo di vie di comunicazione a intenso traffico ha rappresentato una sfida, vinta perché - grazie alla collaborazione di molti enti - si è potuto seguire le vie "naturali" dei corsi d'acqua (i fiumi e i canali).   La storia non può ripetersi, però il ricordarla può essere da stimolo a ritrovare una propria strada facendo tesoro delle risorse di una lunga storia di agricoltura, allevamento, produzione casearia. Di cui andare orgogliosi e da valorizzare come merita. 

(10.10.20)  A qualche giorno di distanza dalla conclusione della "Transumanza dei bergamini 2020 Bergamo-Gorgonzola" è possibile trarre un primo bilancio. Considerazioni ancora a caldo, non ancora ordinate. Ancora sotto l'effetto delle emozioni e della fatica.

In altre manifestazioni il successo si misura con l'affluenza del pubblico e con il grado di copertura dei media; in questo caso, per noi, il successo rappresentava farcela, arrivare a Gorgonzola, senza intoppi. E così è stato. La pioggia ha fatto saltare gli eventi serali venerdì 2 ottobre a Cassano d'Adda (dove c'è comunque stata una visita guidata molto interessante alla chiesa di San Dionigi). Tutte le altre serate, seppure con un po' di umidità che si appiccicava addosso, si sono svolte come da programma, con gli spettacoli previsti (ne parliamo tra poco), con la distribuzione di polenta "monovarietale" (un mais antico orobico diverso ogni giorno: spinato di Gandino, della val Brembana, nero di Esine, rosso di Rovetta, delle Fiorine di Clusone). Polenta con strachitunt e con il taleggio a latte crudo della coop Sant'Antonio di Val Taleggio, con i casoncelli della bergamasca e scarpinocc di Parre (conditi con burro della Latteria sociale di Branzi). Tutto accompagnato solo con Valcalepio doc.  Insieme alla mandria di Fabrizio Bertolazzi di Serina sono scese a valle quindi anche le specialità orobiche:  gli stracchini - le specialità casearie legate alla transumanza - ma non solo. 

Sabato 3 ottobre. Cala la sera a Gorgonzola: obiettivo raggiunto 

La transumanza di un tempo non era, per i bergamini, solo una dura necessità. Essi lasciavano le valli perché non si poteva far arrivare i balloni di fieno dalla pianura come si fa oggi. Con una telefonata. Bisognava scendere alla bassa. Magari non proprio alla bassa-bassa. Qualcuno, in realtà, si fermava nelle zone pedemontane, anche a Dalmine che è stata la prima tappa della nostra transumanza e che abbiamo scoperto essere area di svernamento di allevatori valdimagnini e valbrembillesi. 

Il fieno, allora, bisognava consumarlo sul posto, nelle cascine. Il motivo era semplice: ai proprietari dei fondi interessava mantenere la fertilità delle loro terre e, in assenza di concimi chimichi (che saranno introdotti solo alla fine dell'Ottocento), servivano le vacche. Era l'incontro di due esigenze complementari. Un incontro ecologico ed economico (ma anche umano) tra montagna e pianura. Non solo necessità, però. La transumanza era anche occasione di "conoscere il mondo". I bergamini svernavano in molte località, distribuite spesso su più provincie, un fatto che "allargava gli orizzonti" e che differenziava i bergamì dai marà (i piccoli contadini-allevatori stanziali delle valli).  

La transumanza era anche una festa, un rito (di passaggio) che segnava i momenti più importanti del ciclo calendariale bergamino: l'entrata in cascina a San Michele e la partenza per la montagna a San Giorgio. 

L'efficientissima equipe della Pro Loco di Gorgonzola (colonna del Festival del pastoralismo di Bergamo da ormai diverse edizioni)  in azione a Dalmine. Il gruppo è composto da (in ordine rigorosamente alfabetico) : Claudio Abbadini, Maurizio Bonzio, Gianni Bottasini, Giovanni Cremona, Diego Ciribelli, Emilio Manzoni, Marco Marchesi, Massimo Vitali, Aldo Zerbi.

Era una festa, era l'occasione per esibire vestiti eleganti, gli animali reduci dall'alpeggio con il pelo lucido e ornati dei preziosi campani "da viaggio" che si tramandavano da generazione in generazione. Era una festa anche perché, unica occasione in tutto l'anno (tranne che per i regiù, i patriarchi, usi a frequentare, "per affari" le osterie dei centri di mercato) si mangiava in trattoria. Questo "lusso" (cui non tutti cedevano) era concesso durante le soste negli stallazzi (i motel - autogrill del passato). La nostra Transumanza è stata una festa itinerante e ciò non ha rappresentato affatto una travisamento. Festa popolare, festa pastorale significa buon cibo ma anche musica e danze. nella dimensione della festa tradizionale queste dimensioni sono conensse. E così è stato anche con la nostra Festa della Transumanza. 


Nella nostra Transumanza i ruoli si sovrapponevano. L'aspetto spettacolare si è intrecciato alla vera e propria transumanza a piedi. Non c'erano i "figuranti" ma tutti avevano compiti pratici, sia legati alla conduzione degli animali, che alla guida dei carri, alla cucina, al montaggio e smontaggio. nella foto sopra Renato Carminati, colonna sonora vivente del Festival del pastoralismo (con il sui baghèt)  con Carla Ferliga del gruppo di danze storiche Il Passemezzo di Bergamo. Il gruppo ha costituito il nucleo delle "bergamine" con un abbigliamento realizzato ad hoc, molto aderente al modello di vestiario femminile ante grande guerra. Il cappello è quello realizzato ad hoc per l'evento presso lo storico cappellificio Vimercati di Monzaù. Alla sera Carminati con Alberto Rota (violino e flauto) ha accompagnato le danzatrici impegnate in brevi esibizioni di danze "campestri" tradizionali. 

Suoni di transumanza

La colonna sonora della transumanza è rappresentata dal suono dei campanacci (e delle "bronze", ci ritorniamo tra poco). Ma la vita dei bergamini del passato aveva una colonna sonora di canti, vocalizzi, musica prodotta da diversi strumenti. Di certo producevano musica e danzavano in varie occasioni festive, sia in alpeggio che presso i villaggi. A me piace pensare che anche durante le tappe della transumanza si danzasse e si suonarsse. Ancora nell'Ottocento i bergamini della Valsassina, descritti da Ignazio Cantù (1837) suonano e danzano.   ... Maggio, villaggio di rustiche casupole poste qua e là per un amena prateria dolce mente inclinata ed abitata da soli mandriani che fanno eccellenti stracchini. Bella è la sagra che qui si tiene sul principio di settembre ove quei montanari al suono delle cornamuse e delle rusticali zampogne, accompagnato da popolari canzoni, menano carole [danze in girotondo] sull'erboso clivo

Una tradizione di musica bergamina che è radicata nei secoli se Agostino Gallo, il famoso agronomo bresciano del Cinquecento, segnala che i malghesi (termine che l'autore alterna a "bergamino") utilizzavano rozze rebecche [strumento ad arco in uso nel medioevo e sino al Seicento)  per accompagnare le danze. Sempre nel Cinquecento Paride Cattaneo della Torre riferisce che, oltre a dedicarsi a vari sport e giochi di forza i bergamini della val Biandino: fanno risuonar gli antri, caverne spelonche, li cavi sassi, li alti colli et le basse valli da lor frequenti gridi, urli et fremiti [è il canto jodel - iolalala-i-iiiii - oggi associato alla cultura tirolese], da rusticani stromenti, di varie et diverse sorti.

La rebecca

Come illustrare al pubblico delle tappe della transumanza la realtà dei bergamini? Nel contesto di una festa popolare nel senso tradizionale, anche l'aspetto pedagogico (pensiamo alle "sacre rappresentazioni della Passione") non può che assumere una forma teatralizzata. Così è stato. Nel giro di poche settimane sono state allestite delle "scene di vita bergamina"; tre brevi pezzi intervallati dalle danze de il Passemezzo (ovviamente niente danze in coppia per colpa del virus) ritmate dai musici. 

Protagonisti del "scene bergamine" Raffaele Tintoni (ol Giopì), Emanuela Giovanessi (la Margì) e Marino Zerbini attore del teatro vernacolare milanese. Alberto Rota, oltre che suonare ha recitato una parte in una delle tre scene. Facendo parlare gli attori in bergamasco e in milanese (in funzione dei personaggi) si è sottolineato come la transumanza rappresentava anche un incontro (e un collegamento) tra la realtà e la cultura bergamasca/montanara/pastorale e quella milanese/di pianura/agricola. I testi erano stati realizzati da Pietro Zani (carnevale di Dossena, quindi garanzia di un filone di teatro popolare con forti tradizioni) su soggetto mio e con successivi adattamenti da parte degli attori.

Musica popolare tradizionale e d'autore: un dialogo virtuoso. A Dalmine il programma della Transumanza è stato coronato dal concerto di Luciano Ravasio, accompagnato dalla moglie Mariangela e da tre strumentisti. Non poteva mancare un pezzo molto recente del cantautore bergamasco: Bergamì, la canzone dedicata ai nostri transumanti (ascoltala). Ravasio ha poi regalato al pubblico molti pezzi del repertorio popolare, in particolare sui temi del lavoro dei campi e della fienagione, connessa in modo diretto all'allevamento con pezzi del repertorio tradizionale ma anche la Ranza di Van de Sfroos (ascolala nella versione di Ravasio). Tra i pezzi autoriali La luna (la sera di Dalmine era proprio piena e... biunda come nel testo).
 

Pezzo forte della transumanza è stata la prima del film L'ultimo bergamino, un docu-film che ruota su alcune interviste (in luoghi diversi) a Carlo Rota di Locatello valle Imagna, un docu-film prodotto dal Centro Studi Valle Imagna, l'associazione che ha avuto il merito di iniziare, oltre dieci anni fa, con la pubblicazione di alcuni volumi di interviste a testimoni della transumanza bovine lombarda, un programma di recupero della memoria collettiva intorno a questo fenomeno.
  

Il film del Carlì (Carlo Rota) è stato proiettato a Fuipiano in valle Imagna il 26 settembre come anticipo e simbolico avvio della Transumanza. Il 30 sttembre, giorno di partenza dlela transumanza è stato proiettato  a Inzago, nella milanese Martesana, nelle cui campagne (dove ha svernato il Carlì da giovane), è stato in parte girato. Il 1° ottobre a Canonica d'Adda, il 3 a Gorgonzola. Una prima migliore per questo film non poteva esserci.


La mostra a Canonica d'Adda

Le attività culturali itineranti della Transumanza hanno compreso anche la mostra (limitata ai pannelli didattici) "600 anni di transumanza". Presentata in occasione del Festival del pastoralismo di Bergamo del 2019 (Sala della Porta di Sant'Agostino) la mostra (senza gli oggetti) è stata montata in ogni posto-tappa (quelli degli eventi serali della fermata per la notte) grazie a supporti tubolari predisposti da Franco Meani (dell'Associazione Amici delle Mura). 


La mostra a Gorgonzola

La Festa della Transumanza ha rappresentato un evento culturale, inserito - non a caso - nel programma ri-vivi la Lombardia dell'assessorato regionale alla cultura che mirava a promuovere eventi all'aperto valorizzando ambiti storici e favorendo la continuità di iniziative di associazioni culturali e la ripresa del lavoro di chi opera nel mondo dello spettacolo. Approfittando della "finestra" prima della seconda ondata del contagio.

La Transumanza dei bergamini Bergamo-Gorgonzola è stata però, prima di tutto, la festa del transito della madria, un evento di per sé, uno spettacolo di per sé. Originaria di Serina, località dalle forti tradizioni bergamine (vai a vedere qui), essa era ben "allenata" dall'alpeggio in alta val Brembata. Animali (che viaggiano a passo lento di 3,5 km/h) e veicoli "arcaici" (che non possono viaggiare a più di 15 km/h) si sono, per il breve periodo di un passaggio, riappropriati delle strade e delle vie di comunicazione dalle quali sono stati esclusi con lo sviluppo delle mobilità moderna.

Una riappropriazione fugace ma dal forte valore simbolico, preceduta da una non facile individuazione degli itinerari. Tutti richiami che mettono in evidenza come la transumanza sia un grande fatto ecologico, tutt'altro che antiquario. Difatti la Transumanza dei bergamini Bergamo-Gorgonzola è inserita nel progetto Natura Vagante (fondi Cariplo, capofila il Parco Adda Nord). 


Su uno sterrato (ma alle spalle una tangenziale). Alessia Tiraboschi di Serina (gruppo allevatori) e Antonio Gamba (veterinario ufficiale e organizzatore)

Condizione della realizzazione di una Transumanza è la possibilità di disporre di una rete adatta a una mobilità very slow. Animali e carri, da questo punto di vista, sono più "esigenti" della bici, che può "saltare" certi ostacoli e discontinuità... in spalla. "Testare" un territorio con il transito di una manifestazione di questo tipo vuol dire fare i conti con le tante barriere alla mobilità slow. Sono barriere prodotte dall'urbanizzazione a macchia d'olio e dalla rete di autostrade e tangenziali (sotto la A4 a 4 corsie vi sono inquietanti tunnel di servizio tanto lunghi  stretti da essere vietati al passaggio anche dei pedoni). 



Tem e  Brebemi hanno dato colpi di grazia al reticolo della viabilità minore, già compromessa da usurpazioni dei diritti di passaggio e dalla scemata fruizione (e quindi dalla tendenza ad allargare gli arativi alle vecchie strade comunali e vicinali). Potremmo aggiungere l'effetto della riqualificazione delle strade provinciali pre-esistenti con l'eliminazione di intersezioni, i guard rail che "sigillano" le stradine, ecc.

Oggi la transumanza è anche presa nella morsa tra strade a veloce scorrimento e piste ciclabili. Queste ultime, frequentemente interrotte da barriere fisiche per impedire l'accesso di mezzi a motore sono impraticabili alla transumanza. Pensare a un sistema di vie percorribili anche dalla transumanza (che anela ai "tratturi"), dai cavalli, da veicoli a trazione animale oltre che dai pedoni e dai ciclisti  rappresenterebbe un fatto di civiltà. Altrimenti i riconoscimenti Unesco, il tanto parlare di turismo alternativo, di mobilità non motorizzata che senso ha?


La prima giornata della Transumanza. Partenza da Bergamo zona Ospedale Papa Giovanni. Per ricordare i giorni tragici del contagio la prima giornata non sono stati usati i fragorosi campanacci ma solo le "bronzine", come facevano i bergamini quando c'era un lutto. Un percorso che ha sfruttato i lacerti di campagna e il reticolo idrografico (roggia Brembo).


Momenti (sopra e sotto)  del passaggio a Treviolo, comune attraversato per tutta la sua lunghezza dal nostro convoglio. Il suo passaggio desta sempre stupore e simpatia.Tantissimi fotografano e filmano.



I sorrisi degli anziani e la gioia dei bambini che hanno assistito al passaggio o seguito il convoglio sono impagabili.



Bimbi al seguito del convoglio. Scortato dalle GEV del Plis Passo Brembo (entrando nel territorio di Canonica siamo stati scortati sino a Cassano da quelle del Parco Adda Nord)

Problemi di viabilità i bergamini li avevano già avuti già dopo la grande guerra. Con i camion e le auto che, a differenza dei carri, ponevano seri problemi di sicurezza al transito delle mandrie sugli stradali moderni (furono molti gli incidenti di cui restarono vittime i bovini). Così i bergamini dovettero viaggiare di notte o tornare alla viabilità antica (precedente le "postali" ottocentesche con i loro rettilinei). La nostra Transumanza, scartando ovviamente lo "stadone" Bergamo-Milano, la ex SS525, nata come strada postale del Regno Lombardo Veneto, è tornata a seguire, superato Dalmine, l'asta del Brembo, costeggiando la roggia Brembilla e poi il Brembo stesso. Si tratta di vie di transumanza millenarie che sfruttavano gli incolti ai lati dei fiumi, ovvero i terreni eccessivamente ricchi di scheletro (ciottolosi, gerivi) derivati da alluvioni recenti (Brughiera di Osio, pascolo della Valle alla confluenza tra Bremo e Adda, magredi del Brembo). 


Seconda giornata di transumanza. E' stata la giornata del Brembo. L'abbiamo attraversato due volte a Brembate passando sul ponte medievale (XIV secolo). A Brembate ci è stata riservata a mezzogiorno un'accoglienza calorosissima da parte di amministrazione, pro loco, alpini.



Su un prato del sig. Anacleto Osio gli animali hanno trovato un pascolo succulento. La Pro loco di Gorgonzola e gli alpini locali hanno allestito una mini-sagra sul posto. Molto simpatica e spontanea. Molto interessante anche la visita guidata a San Vittore e al centro storico.



Fiumi e transumanza ma anche fiumi (canali e rogge da essi derivati) e industria. Sopra un imponente esempio di archeologia industriale: la grande filanda della Rasica di Osio sopra (il toponimo fa riferimento alle segherie pre-esistenti, insieme ai mulini).




Il nesso tra fiumi e transumanza, nel caso di quella dei bergamini va anche in là rispetto al ruolo delle aste fluviali quali "corridoi" con possibilità di pascolo. L'acqua dei fiumi che scendono dalle Alpi, grazie alle opere di derivazione e distribuzione, a partire dal Duecento, ha consentito di sviluppare la foraggicoltura (passando da due a 5 e oltre tagli di fieno). La crescente disponibilità di fieno fece sì che, oltre alle necessità degli animali addetti ai lavori dei campi, ai trasporti, alle guerre (il fieno era il carburante del passato) si creassero anche scorte per alimentare in inverno le vacche da latte. Così i malghesi delle valli, che già scendevano in pianura con le greggi ovine, iniziarono a mantenere sempre più vacche e sempre meno pecore. Il processo, avviato timidamente alla fine del Trecento secolo, si consolidò nel secolo successivo fino a che, nel  Cinquecento, si diffonde la cascina moderna con le stalle, i fienili, il caseificio, la "casa del bergamino".  Le montagne hanno portato in pianura non solo l'acqua ma anche le componente minerale fine del terreno (con il limo in sospensione). Ma dalle montagne sono scese in pianura con i bergamini anche le conoscenze casearie (affinate, sin dalla proto-storia, sugli alpeggi) e le vacche che lasciavano il preziosissimo letame. I contratti di affitto imponevano di mantenere la "bergamina", ovvero la mandria di vacche da latte e, se il fittavolo non affrontava i rischi della gestione della stalla e del caseificio, era obbligato ad accogliere il bergamino (cui peraltro vendeva il fieno con buon utile). In questo modo terreni sabbiosi e ghiaiosi sono diventati ricchi di sostanza organica e quindi fertili.


Sopra e sotto: due aspetti del transito sulle alzaie del naviglio della Martesana, opera del XV secolo, voluta dai duchi di Milano, che ha impresso un forte impulso al sistema irriguo dell' Est milanese. La transumanza da Vaprio a Gorgonzola ha seguito il naviglio. A Inzago si è però fatta una deviazione per passare nel centro del paese (dove era stata organizzata la distribuzione dei casoncelli in Piazza Maggiore).  La Martesana deriva dall'Adda a Trezzo. Da Cassano, altra tappa del nostro percorso (purtroppo contrassegnata dalla pioggia con cancellazione degli spettacoli) deriva la Muzza, che irriga il lodigiano, iniziata nel Duecento secolo.   




La Transumanza è festa del transito, del cammino, ma anche della sosta. Delle attività culturali organizzate nelle soste, a Dalmine, a Canonica, a Gorgonzola (Cassano è saltato per la pioggia) abbiamo già riferito. Qualche parola va spesa sulle "location". Tra loro molto diverse ma rivelatesi funzionali. A Dalmine gli eventi sono stati ambientati nella grande piazza del mercato (via Kennedy) provvista di fabbricato con servizi e adiacente al grande spiazzo erboso comunale dove la "nostra" piccola mandria ha pascolato benissimo (avevamo chiesto di non tagliare l'erba).

A Canonica lo spettacolo è stato realizzato sul parcheggio a fianco del comune, con gli animali in vista nell'ampio prato di proprietà della parrocchia. La mostra è stata collocata allo sbocco della via Locatelli che attraversa il centro storico e si trova prospicente al parcheggio. La distribuzione del cibo (con i tavoli) è avvenuta nello slargo di via Locatelli. Così dallo spazio.animali a quello del cibo si è realizzata una perfetta continuità spaziale e ciò è servito molto al coinvolgimento della comunità. Si può aggiungere che a Canonica come a Brembate, dove la sosta è stata solo diurna ma molto bella, eravamo riusciti, pur nei tempi stretti dell'organizzazione della Transumanza (partita a ferragosto sotto lo stimolo dell'imminenza del bando regionale) a organizzare degli incontri preliminari di presentazione nella settimana precedente la manifestazione (nei comuni grossi i meccanismi sono più complessi).


Sopra. Venerdì 2 ottobre, mattino, piove. La partenza è stata ritardata e le scolaresche hanno avuto la possibilità di far "visita" agli animali. In tutte le località di sosta gli animali hanno avuto a disposizione erba a volontà. Ogni giorno veniva montata una tettoia (a destra in alto davati al fabbricato) per dare riparo. I cavalli "agricoli" erano già abituati a stare con la mandria, quelli "da attacchi" avevano a disposizione dei box individuali. Ovviamente c'era sempre acqua pulita a disposizione e la presenta del veterinario (il dr. Antonio Gamba che è anche un organizzatore e il segretario dell'associazione Festival del Pastoralismo).  Sotto: l'arrivo a Dalmine, nell'ampio spiazzo messo a disposizione dall'amministrazione comunale




Le soste della Transumanza sono state anche, oltre a una festa di cultura e tradizione popolare, una festa delle mucche e dei bambini, degli scolari che hanno avuto la possibilità di vedere cavalli e bovini dal vivo, da vicino, annusarne l'odore (una cosa che manca nel mondo virtuale tutto basato sull'immagine e penalizzante gli altri sensi).

– Papà, – dissero i bambini, – le mucche sono come i tram? Fanno le fermate? Dov’è il capolinea delle mucche?
– Niente a che fare coi tram, – spiegò Marcovaldo. – Vanno in montagna.
– Si mettono gli sci? – Chiese Carletto.
– Vanno al pascolo, a mangiare l’erba.
– E non gli fanno la multa se sciupano i prati? 


Oggi, con tutte le immagini bucoliche che la televisione porta nelle case sull'onda del revival rurale, il
dialogo surreale sopra riportato, innescato dal passaggio notturno di una mandria diretta all'alpeggio per la periferia di Torino (Italo Calvino  In viaggio con le mucche, 1954) può apparire una forzatura letteraria. Ma quanto una conoscenza televisiva, virtuale, frammento di un bombardamento di immagini, informazioni di ogni tipo, può sostituire l'esperienza reale?



Qualche bimbo ha potuto anche  salire in groppa a Nausica. Qui con l'assistenza attenta di Daniele Baioni e Stefano Manzoni, di solito impegnati nella conduzione dei carri.

Festa delle mucche, anzi festa per le mucche, perché hanno sempre avuto a disposizione sia nelle soste diurne che notturne ampi spazi verdi. Solo a Gorgonzola, nel pur ampio e bello spiazzo in via Molino vecchio (dietro alle scuole medie) l'erba era scarsa (tagliata tre settimane prima a causa della scarsa pioggia non era ricresciuta a sufficienza, si è quindi provveduto a integrare con fieno, unico caso).

 

A sinistra: sosta della mandria a Canonica, a destra a Gorgonzola


Fabrizio Bertolazzi e Giampietro Raieri osservano soddisfatti
le vacche al pascolo a Dalmine



Festa dei cavalli e degli attacchi rurali, dei vecchi carri agricoli, un pezzo fondamentale di civiltà contadina. Il carro telonato (alla far-west) è diventato il simbolo della transumanza dei bergamini. Ma "da poco" (relativamente ai lunghi secoli di transumanza, si intende). Solo dopo la metà dell'Ottocento quando si è estesa alle valli la rete delle strade carrettabili (prima anche le "strade regie" erano "cavalcatorie", detto in termini più famigliari: mulattiere). Prima tutto era trasportato someggiato, a dorso di cavallo. Per questo i bergamini hanno sempre avuto numerosi cavalli, di cui - in epoche in cui il cavallo era riservato ai "signori" - andavano giustamente orgogliosi (e che riflette le culture di ascendenza nomade e legata al cavallo degli antenati celti e longobardi)


Sopra Daniele Baioni  (a cassetta) e Roberto Legramanti, proprietario del cavallo (Nico, un castrone di dieci anni). .



Alle redini Francesco Ramella, veterinario e allevatore lodigiano appassionato di Haflinger e di attacchi. La cavalla è la sua Tanja, soggetto di sette anni dall'indole sportiva che, pur con qualche nitrito di impazienza e scalpitando un po', si è adattata docilmente al servizio di traino (qui l'articolo che Ramella ha scritto per il sito Cavalli e Carrozze).
Sotto Veronica Ventura, giovane amazzone che ha guidato per la maggior parte del tragitto il carro trainato da Tanja.



Ma allora gli asini? Non sono stati esclusi. Non era possibile fare uno sgarbo simile ai compagni di tutte le nostre (mini, sino a ieri) transumanze, ai compagni che ci hanno accompagnato anche nelle Camminate dei bergamini in montagna con il loro papà, Maurizio Cortinovis (Roccolo degli asini).

I bergamini, in realtà,  avevano spesso uno stallone asino che utilizzavano per coprire le loro cavalle e produrre i muletti, che non erano i carrelli elevatori idraulici di oggi, ma i preziosi allievi che subentravano, dopo una vita di soma, ai muli dei mulattieri. Se in pianura i camionisti del passato erano i carrettieri, in montagna - in assenza di strade - erano i mulattieri. Erano loro i trasportatori di carbonella, formaggi (che scendevano a valle), vino e cereali che salivano in montagna.



Maurizio con la sua dolce asinella Nausica. Volevamo portare il maschio, per considerazioni "filologiche" (spiegate sopra nel testo) ma Maurizio ha preferito lasciarlo a casa perché un po' irrequieto. E passando per i paesi e sulle strade non era il caso...


Dopo la piogga di venerdì 2 
l'arrivo il giorno dopo, per l'ultima sosta, a Inzago e poi il traguardo di Gorgonzola sono stati allietati dal sole.


Inzago: Piazza Maggiore. La postazione dei cucinieri della Pro Loco di Gorgonzola (con la collaborazione della Pro Loco di Inzago guidata da Mario Barzaghi). Il selciato è ancora bagnato. Campeggiano i roll up del consorzio strachitunt (il presidente Alvaro Ravasio è un convinto sostenitore della Transumanza) e del Casoncello (associaizone Decibo di Bergamo). La presidente, Silvia Tropea,  tutti i giorni ci ha rifornito di casoncelli e scarpinocc freschi che ha consegnato personalmente).

Alla fine il cartello della ciclabile (della Città metropolitana di Milano) ha annunciato l'arrivo nella città che ha dato il nome al celebre stracchino (anche il gorgonzola, scome il quartirolo, il salva, il taleggio, lo strachitunt, la crescenza, la robiola è uno stracchino della tradizione bergamina). Alcuni tra i partecipanti, un po' stanchi per le intense giornate (per non parlare della preparazione) hanno tirato un sospiro di sollievo. 
.


Il cartello della ciclabile indica: A Milano centro 24 km. Prima o poi la transumanza arriverà anche lì (e oltre perché i bergamini andavano sino al Ticino, e oltre).


A Gorgonzola la festa è proseguita con gli spettacoli serali in piazza della Repubblica (teatro con musica e danze e film Ultimo bergamino) in quanto la corte della villa/palazzo Busca-Serbelloni dove erano previsti presentava ancora ampie pozzanghere. Peccato perché i Serbelloni, feudatari di Gorgonzola - il cui stemma campeggia ancora sopra il portale al centro della corte -  con il gorgonzola e i bergamini c'entrano molto.  E' nei loro prati vastissimi che sostano mandrie provenienti dalla Valsassina (lungo la via storica che passava da Vimercate) e dalla bergamasca (da Vaprio o Cassano come noi), Nelle loro caneve (oggi parte della Biblioteca comunale) stagionavano le forme che essi usavano donare a influenti personaggi facendo sì che, a partire dal 1770, lo stracchino di Gorgonzola diventasse ricercatissimo presso l'élite del tempo. Per ricordare queste tradizioni non solo si è consumato strachitunt dop ma, la domenica mattina, si è svolta anche una dimostrazione di lavorazione casearia a cura di Andrea Messa (che ci tiene a ricordare che - da bambino - ha fatto in tempo a partecipare a una transumanza a piedi - da 100 km - da Nasolino in alta val Seriana a Leno nella bassa bresciana).
.

Andrea Messa, sempre pieno di energia, in azione. Con la sua collezione di attrezzi caseari degli anni 40 del Novecento. Assistito dallo staff di quattro giovani allievi della sua "scuola pratica" di pastorizia e coltivazioni di montagna.
 

Il gruppo di Serina (l'allevatore Bertolazzi e collaboratori e i volontari dell'Associazione manifestazioni zootecniche, presidente Franco Locatelli, convalescente di operazione di by pass al cuore e quindi presente solo.. col cuore)



Questo trio ci ricorda che anche Morterone (geograficamente in val Taleggio ma storicamente valsassinese) è una delle realtà bergamine, delle località che sono "dietro" alla nostra Transumanza. Da sinistra a destra: Giuseppe Invernizzi (coordinatore del gruppo che si è occupato di carri e cavalli), Augusta Manzoni, Stefano Manzoni. Nel mondo dei bergamini di Invernizzi e Manzoni ce ne sono tanti, bisognerebbe indicare i soprannomi dei ceppi famigliari. Prossimamente 


Meritato riposo. Per una volta tanto ci si può concedere l'espressione un po' abusata "scena di altri tempi". A riposare Franco Danelli, vero ex bergamino di origine taleggina

Epilogo (per ora) 

Le "bestie" (l'allevatore si riferisce a loro così, con grande rispetto e affetto) hanno mangiato bene. Questa è la cosa più importante per i bergamini. E quindi anche per noi.  Poi c'è la soddisfazione di aver fatto conoscere una cosa così nuova, e al tempio stesso così antica, a tante persone che non avavano mai sentito parlare di bergamini. Molte che, invece, sapevano bene chi fossero, hanno "rinfrescato" i ricordi, sorprese positivamente che una realtà che pareva sepolta nei cassetti della memoria potesse, per qualche giorno, rivivere.

I giovani allevatori che ci hanno seguito partecipando al mercatini di vendita dei formaggi (non mancava anche questo aspetto, fondamentale) hanno venduto tutto. 

Franco e Sivia Manella, giovanissimi imprenditori agricoli  dell'Azienda  Campagnole di Cologno al Serio aderente a Distretto agricolo bassa pianura bergamasca. Assidui  alle tappe della transumanza con il loro punto vendita

Sono giovani che fanno retro-innovazione, recuperano tecniche di allevamento e alimentazione tradizionali, rivisitandole, per produrre latte che merita la trasformazione artigianale e che, in vendita diretta, "da soddisfazione". Rinverdire la storia dei bergamini a tutti coloro, giovani e anziani, che hanno radici famigliari che ad essa si connettono, è motivo di grande orgoglio e di stimolo. Stimolo a continuare in modo "retro-innovativo", attento al benessere animale, alla qualità "vera" (non solo, per il latte, i titoli e le cariche batteriche basse) l'attività allevatoriale, stimolo a subentrare al padre a uno zio. O ad avviare, strigendo i denti, ma sapendo di contare sull'aiuto di una comunità/cerchia di "bergamini", amici disinteressati ma competenti, una propria attività. Uno dei più giovani "transumanti", Cristian Vistalli, 11 anni di Serina, che partecipava con il padre Paolo alla carovana, ha deciso, affascinato dagli animali, di fare l'allevatore. Chissà. 

 

Uno dei più attivi e scrupolosi a condurre la piccola mandria è stato Cristian, 11 anni. Qui con il padre Paolo e Fabrizio Bertolazzi. Paolo non è un allevatore, lavora nell'ediliza, spesso in altre regioni ma partecipa al gruppo delle manifestazioni zootecniche di Serina.


La Transumanza ha consentito di intrecciare, nel corso di cinque dense giornate, tante relazioni nuove e di consolidare quelle già in essere. Tra persone, tra associazioni, tra comunità diverse, con enti, con amministratori. Uno sforzo molto intenso ma ripagato da tanti risultati. Il giorno stesso della fine della transumanza è partita la discussione su come organizzare la manifestazione del 2021 (con destinazione Lodi). A distanza di una settimana non è cessato l'entusiasmo e la voglia di intraprendere una nuova avventura. E a distanza di una settimana le "nostre" bestie sono ancora a Gorgonzola, a brucare soddisfatte, e ci staranno ancora per alcuni giorni. 

11/10/2020. La mandria della transumanza al pascolo alla Cascina Mugnaga di Gorgonzola di proprietà di Emilio Manzoni (foto sotto), colonna della pro loco di Gorgonzola, e dello staff della Transumanza (ma per un tratto di strada ha fatto anche il conduttore della mandria, ruolo consono per un ex (vero) bergamino. 


Emilio Manzoni in una foto-simbolo: è il 29 settembre e lo staff della Pro Loco di Gorgonzola sta caricando il furgone con l'armamentario per allestire la cucina da campo

Erba contro formaggio. Dovevano imbarcarsi subito dopo la fine della manifestazione sul camion del ritorno. Invece, come una favola, un ex bergamino dei tanti stanziatisi nella Martesana, ha offerto ai montanari di mangiare i suoi prati.  Così, sia pure per un breve periodo (ma anche nel passato esistevano transumanze brevi solo per il pascolo autunnale) quella che era una "rievocazione", una transumanza vera a metà (veri i chilomentri vera la ricerca dei prati da mangiare) è diventata ancora più vera.


  



Il senso di una riscoperta al tempo del Covid19 (appendice per approfondire)


Dai libri, alle canzoni, al film anche l'abbozzo di una piece teatrale segnano un percorso culturale di riscoperta di una pagina, quella dei bergamini transumanti, sino a pochi anni fa ancora sottotraccia , una pagina importante ma negletta della storia non solo dell'agricoltura ma anche  di quella sociale lombarda. I bergamini con il loro spirito indipendente (ma capaci di coordinarsi tra loro quando necessario), conservatori, ma dinamici e intraprendenti, ben organizzati ma insofferenti delle organizzazioni gerarchizzate e burocratizzate urtano contro gli schemi ideologici della cultura italiana ancora caratterizzata da pregiudizi anti-rurali e non disposta ad ammettere che dalle montagne, possano scendere energie imprenditoriali ... e non solo "braccia". Alle mondine, una forma di bracciantato stagionale, in linea con una visione folkloristica dei "ceti subalterni", sono stati dedicati saggi, romanzi e film. Ai bergamini no.

Nulla quasi sino ad oggi, sui bergamini, protagonisti di periodi storici e aree importanti per lo sviluppo della realtà agricola lombarda, la dice lunga.   Nel rimescolamento delle tradizionali posizioni ideologiche la vicenda dei bergamini ha potuto alla fine emergere. Ora ci auguriamo che arrivi anche un film fiction e, magari, un romanzo . La Lombardia ha bisogno - oggi in modo paerticolare - di un'epopea come quella dei bergamini, con le loro transumanze spesso avventurose e la capacità di rimettersi in moto dopo le "botte" (guerre con sequestro di bestiame, epizoozie di afta). Ha bisogno di rinsaldare le sue radici e la sua coesione, la fiducia in sé stessa. 
La prova del grave contagio è stata dura anche perché resa ancora più amara da espressioni di "solidarietà alla rovescia" (se non proprio da insulti e di "dagli all'untore") ricevute, proprio nel momento di difficoltà, da quelle regioni che predicano il valore della "solidarietà nazionale" quando la Lombardia osa porre la questione del residuo fiscale di decine di miliardi.  



I bergamini, a proposito di coesione e comuni radici, hanno rappresentato per secoli un "ponte", non solo tra montagna e pianura ma anche tra le diverse aree della pianura che essi frequentavano,  diffondendo una cultura comune, non solo nell'ambito agricolo e degli allevatori ma anche delle attività artigianali e commerciali (legate al caseificio, al salumificio, al bestiame) che i loro discendenti passavano a esercitare. Celebrarli significa anche riscoprire come la Lombardia, forte perché policentrica, è comunque molto più unita di quanto essa stessa si percepisca (anche a causa di influenze culturali non disinteressate). Tra le varie forme di migrazione qualificata che hanno visto i bergamaschi diffondersi in Lombardia (e oltre), la transumanza ha rappresentato quella più continuativa nel corso dei secoli e ha  contribuito più di ogni altra a popolare in modo diffuso le campagne bresciane e milanesi (ma anche di tutte le altre aree di pianura) di valligiani bergamaschi.  Bergamo è il cuore della Lombardia non solo per motivi geografici, perché il carattere bergamasco è un carattere lombardo "potenziato", ma anche per questo.  

counter customizable
View My Stats

 Creazione/Webmaster Michele Corti

per contatti : redazione@ruralpini.it