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La
vera resistenza
Vera
resistenza è far vivere la montagna colpita dallo spopolamento. Ma vera
resistenza fu anche quella dei montanari che, durante la guerra civile,
furono vittime delle opposte fazioni. Fazioni della stessa matrice
ideologica urbana, ugualmente distanti dai
valori della gente di montagna.
I tedeschi e i
militi delle varie formazioni della Rsi
bruciavano le stalle e le baite occupate dai partigiani.
Questi ultimi, con le loro azioni - di dubbio (a dir poco) significato
militare - esponevano consapevolmente la popolazione
civile a dure rappresaglie, alle quali essi stessi si sottraevano
spostandosi altrove e lasciando gli inermi a patire le conseguenze.
Glorificati come eroi da una vulgata a senso unico, derubavano,
armi alla mano, i montanari di
animali e di cibo ed esercitavano soprusi. Anche dopo la fine della
guerra commisero atrocità che non potevano non far inorridire il senso
di
pietà cristiana dei montanari. Nonostante Pansa, tra i pochi
testimoni rimasti vi è
ancora oggi chi ha paura a parlarne.
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Sulla
sinistra, indicata dalla freccia la grossa borgata dei Damian bruciata
il 12
gennaio 1944. Sulla destra coperto di neve, il dosso de l'Aut (sulle
cartine Alpe di Rittana) dietro il quale, sul pendio verso la valle
Stura, si trova il gruppo di baite denominato Paraloup,
che diventò la
nuova sede delle bande partigiane, luogo diventato ora famoso legato al
nome di Nuto Revelli
Gennaio di tanti
anni fa. Siamo in val Grana, in provincia di Cuneo, nel 1944. Il 12 del
mese, durante il rastrellamento tedesco, furono
bruciate le borgate dei Damian
e dei Vero sul versante destro della Coumboscuro
(la "Vallescura", valle laterale della valle Grana in provincia di
Cuneo), il versante opposto ai Marquion,
dove abita Anna Arneodo con la sua famiglia, autrice del breve racconto
che segue (e di altri "pungenti" interventi su Ruralpini). In queste
borgate avevano
trovato rifugio, dopo l’8 settembre, le bande partigiane di Giorgio
Bocca, Cipellini… (personaggi che, grazie alle benemerenze partigiane,
hanno fatto brillanti carriere giornalistiche e politiche).
Appena
prima di Natale questi partigiani avevano compiuto un furto di benzina
vicino a Mondovì; poi si erano di nuovo ritirati in valle Grana,
portando con sé due prigionieri tedeschi. I tedeschi avevano minacciato
serie rappresaglie, ma i partigiani, non dando retta a nessuno, avevano
ucciso i due prigionieri. I tedeschi, agendo di
conseguenza, fecero scattare il rastrellamento
bruciando le borgate di San Matteo di Valgrana, Sen Pìe/San Pietro Monterosso, Damian e Vero in Coumboscuro.
La
vera resistenza
di Anna Arneodo
(17.12.19) Quando
aveva aperto la porta gli era venuta incontro quella gran luna: con la
sua gran faccia rotonda, piena di luce, appesa
lassù, sopra la cresta. E guardava curiosa, con la sua luce chiara che
rotolava giù dal prato fin dentro casa, oltre
la porta aperta. Era rimasto lì, meravigliato: non aveva mai visto una
luna così chiara, così vicina. E pian pano
si abbassava - la luna -, un piccolo passo verso la cresta della
montagna e allora l’ombra del costone a
sinistra faceva anche lei un passo avanti, verso destra. Era rimasto un
bel po’ a guardare: un passetto della luna
verso il basso, un gran passo dell’ombra verso destra. Poi la luna era
stata mangiata dalle dita secche
degli alberi che crescono ormai dappertutto quassù, fin sulla cresta
alta della montagna e
anche
l’ombra aveva coperto la ruà
(borgata). Allora si era accorto del
freddo dell’inverno: la terra è gelata, dura al mattino,
specialmente quest’anno che non c’è neve.
Non
c’era neve nemmeno quell’altro anno. Era il 12 gennaio: 12
gennaio 1944. Allora di qua, dalla sua borgata
all’ adrech (versante
solatio), aveva ben visto il fuoco là di fronte, quando le ruà dei Damian e dei Vero erano
bruciate dopo Sen Pìe
e San Maté.
Ma
allora la
montagna era ancora pulita, non c’erano
tutte quelle dita secche, nere, intrecciate spesse attorno alle
borgate: solo prati e òuche (terrazzamenti)
e lime
(rive) e qualche filare di frassini a tenerli su, i lime.
Si
vedevano bene le case rosse, i tetti che crollavano, il fumo spesso del
fieno che bruciava sui fienili; ed era rimasto a chaumar per giorni l’odore del
fieno che si consumava piano.
Povera
gente: in pieno inverno avevano perso tutto!
Situazione attuale della borgata dei Damian, bruciata e
poi ricostruita, ora nuovamente disabitata
Dicevano
che fossero stati i tedeschi a dare fuoco: ma prima lì c’erano i
partigiani. Lui li conosceva bene: ragazzi giovani
venuti dalla città, salivano, scendevano di continuo e poi si
presentavano sovente anche nella sua borgata a
farsi dare uova, burro, pane, con maniere non sempre gentili.
Aurelio Verra,
partigiano della formazione di Bocca e Cipellini
Avevano
sempre la pistola in tasca. Un giorno
avevano preteso di prelevare un vitello dal suo vicino - il solo
vitello che aveva nella
stalletta
-, ma lui s’era messo sulla porta con il tridente… e loro se ne erano
andati!
Non
era giusto, rimanere senza casa, senza bestie, senza fieno, senza più
niente, in pieno inverno; appesi a queste rive, questi
prati magri, dove la roba tribula a crescere e la fatica non conta.
Eppure
i tedeschi avevano detto che qui c’erano i “ribelli”: era vero. Ma i
“ribelli” se li erano trovati in casa, senza volerli.
Ed
ora che le case erano bruciate, i “ribelli” se ne erano andati, avevano
passato la cresta e si erano sistemati in altre grange (cascine di montagna), lì
dietro. Loro non avevano
fienili, mucche, case da proteggere: se ne erano andati con i loro
piccoli
fucili in spalla e noi eravamo rimasti qui.
I partigiani durante uno spostamento
nella zona
E
nemmeno i soldati tedeschi erano così cattivi: piangevano quando ci
aiutavano a slegare le mucche e portarle fuori
dalla stalla…
Poi
anche i tedeschi se ne erano andati; i partigiani se ne erano andati e
noi eravamo rimasti quassù, su queste nostre
povere montagne, a ricostruire le case, a resistere.
È stata questa la vera resistenza.
Nuvole
rosse, di fuoco, riempiono il cielo sopra le creste dei Damian e si leggono le trame nere
sottili dei rami contro il
cielo sopra il crinale. Ormai il bosco ha mangiato prati e pascoli,
l’intero versante degli Issart (borgate di Damian, Vero, Poulin) non ha più un solo abitante.
San Maté di Valgrana è deserto,
completamente abbandonato; l’Eschaleto
(di Pradleves) è vuota, in rovina…
Santo Lucìo conterà sì e no 30
abitanti, altrettanti Frise, poche decine l’intero comune di
Castelmagno…
Fino
a quando riuscirà ancora a resistere la nostra montagna?
Anna Arneodo
Borgata Marchion 8/A- COUMBOSCURO
12020 Monterosso Grana- CN
017198744
meirodichoco1@gmail.com
Articoli su Ruralpini correlati
"E'
caduto un Muro". Su RAI 1 il "Sangue dei vinti"
(09.12.09)
Per la montagna la guerra civile è
stata in larga misura estranea e subita, ma la pietas per
tutti i caduti e il ripristino su basi obiettive della realtà storica
non possono che essere condivise e sollecitate
Articoli di Anna Arneodo su Ruralpini
Transumanza
amara
(18.12.19)«Sulle
strade statali,
dell’ANAS, con le bestie non puoi più passare!». Ma la
transumanza, patrimonio dell’UNESCO, dove passa? Su Google, sul
cellulare, sullo smartphone? La transumanza che piace corre con
bellissime immagini sui media, non puzza, non sporca, non porta con
sé fatica, sudore, sofferenza, stanchezza. Quale transumanza
vogliamo allora celebrare e sostenere con il riconoscimento Unesco?
Una domanda che merita risposte franche
Roumiage
a San Mauri: un pellegrinaggio che unisce due valli
(19.05.19)
San Mauri, patrono
di membre (degli arti), si festeggia la prima domenica di
maggio, a Rittana. Uno dei primi, roumiage (feste religiose
patronali e al tempo stesso pellegrinaggi), dopo l’inverno. Un tempo
da Sancto Lucio de Coumboscuro e
da tutta la bassa valle Grana, moltissime persone andavano a piedi alle
sacre funzioni per ringraziare e chiedere a San Mauro protezione per
i membre: le braccia, le gambe, la schiena. Oggi il roumiage viene rilanciato come
elemento di unione tra la Valgrana e la Valle Stura di Demonte.
Svendesi
tipica borgata alpina
(22.01.19)
Anna Arneodo interviene sulla vicenda della borgata Batouria, comune di Castelmagno,
messa in svendita. Un episodio da interpretare alla luce della
politiche di ("messa a valore") già messe in atto nella valle.
Ci
uccidete senza sporcarvi le mani
(28.02.17)
Ci uccidete per imporre la vostra civiltà di plastica. Ci uccidete con
ipocrisia, camuffando il genocidio con il pretesto di quella natura che
state distruggendo e del lupo elevato a bandiera
Tagliatemi
la luce e l'acqua. Sono un pastore, mi arrangio
(03.05.17) Esasperato
dalla "tassa sulla televisione" (che non ha),
Giuseppe Ghibaudo (Pinoulin) di Roaschia, Cuneo ha preso carta e penna
e ha scritto ai giornali. Nell'italia delle pensioni d'oro e di
vitalizi scandalosi un pastore, che ha lavorato una vita, rinuncia alle
"comodità" della modernità.
La
risposta della pastora agli animalisti
(09.03.17)
Anna Arneodo replica al qualunquismo animalista (quello del: "Tanto li
rimborsano, che c...o si lamentano sti pastori"?) e ribatte: "Vi
farebbe piacere che il lupo uccidesse il vostro barboncino e
comprarvene un altro con i soldi della regione che vi arrivano dopo un
anno.
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