Ruralpini Resistenza rurale
 

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Orsi e lupi


Sugli alpeggi non servono

     le pseudo "reti anti lupo"    


Sono un mezzo a buon mercato (per la lobby lupista) per poter dire "vi abbiamo dato la soluzione per proteggervi, se non sapete usarla è colpa vostra". Comodissimo per i politici ignavi, che non hanno il coraggio di affrontare politicamente il problema in sede europea e nazionale costringendo chi di dovere, pugni sul tavolo e dati alla mano, a prendere atto che il lupo non è in estinzione ma anzi sta operando, insieme ad altre concause, all'estinzione del pastoralismo alpino. Così il tema della "difesa dei predatori" assume un connotato fortemente politico e in questo senso va interpretato il giusto rifiuto degli allevatori di montagna veneti e del südtirol ad accettare cani da guardiania e reti. Invece in Lombardia, contando sul fatto che non esiste ancora un movimento organizzato di resistenza rurale, l'Ersaf continua a rifilere le reti alte 1,4 m, inidonee a gestire il pascolo d'alpeggio ovicaprino (infatti i pastori le usano a casa e non vanno più in alpeggio lasciando campo libero agli speculatori).


di Michele Corti


(16.05.19) In questi giorni, parlando con allevatori lombardi e con amici  dei movimenti di resistenza rurale anti lupo del Veneto e del Südtirol, mi sono reso conto che, in tema di "difesa dal predatore", l'aspetto politico è la vera determinante.  Gurdiamo infatti a quello che succede in Lombardia, dove il problema della predazione da lupo è ancora marginale (anche se presente in alcune aree), e confrontiamolo con quanto succede in Veneto, Trentino e Südtirol. In Lombardia è l'Ersaf, ente che dovrebbe essere al servizio dell'agricoltura, ma è di fatto al servizio dell'ambientalismo, che funge da "braccio operativo" di WolfAlp il progetto, in via di rinnovo (con dotazione finanziaria duplicata), che intende diffondere il lupo su tutte le Alpi, nessuna valle esclusa, fino alla "saturazione" (il termine tecnico è quello). Una volta compreso che con i progetti naturalistici e, ancor più, orsolupistici, si portano a casa più quattrini (e più facilmente) che non su temi agroforestali, l'Ente, avendo ancora un apparato piuttosto pesante, lascito storico delle antiche funzioni forestali, e una pletora di dirigenti ("alla siciliana"), si è buttato a picco nei progetti su orsi e lupi impregnansosi anche per bene di ideologia animal-ambientalista e orsolupista. La finalità è chiara: garantirsi l'esistenza e i corrispettivi lauti stipendi. Così ci si inventa costosi progetti, a rischio di devastare l'ambiente, pur di gestire territori e quattrini (vedi la vicenda della val di Mello, che abbiamo trattato pochi giorni fa).




E veniamo al lupo e alle (pseudo) reti anti lupo. Alcuni allevatori mi hanno contattato, parecchio indignati, perché i tecnici incaricati dall'Ersaf  (nell'ambito di Wolf Alp) di consegnare le (pseudo) reti anti lupo: 1) si sono anche permessi di provocarli, sostenendo che il lupo favorisce la pratica dell'alpeggio e scoraggiando la speculazione; 2) alla domanda: "Ma  poi controllate che siano usate in modo appropriato, stendendole a difesa degli animali in alpeggio?", la loro risposta è stata: "Noi controlliamo che le usino e che ci siano dentro gli animali, non tocca a noi fare i controlli sugli alpeggi". 



Perché il lupo dovrebbe combattere la speculazione sugli alpeggi? La teoria lupista dice che  la presenza del lupo costringe i pastori a sorvegliare il gregge,  quindi  a una gestione  "professionale"  che evita il "pascolo brado". Il corollario è che se  paghi un pastore  manterrai sul serio gli animali in alpeggio, altrimenti ci perdi. Il punto è che la speculazione ha una logica ben diversa. Essa si attua in vari modi, spesso anche  utilizzando personale (poco qualificato) utile a spostare qua e là il gruppo di animali e a far vedere che si è mangiucchiato qualcosa sulla superficie dichiarata. Ma la logica della speculazione è basata sul minimo del carico, con animali spesso "a perdere", usa e getta. Devono respirare, camminare, pascolicchiare ma, soprattutto, fare Uba. Asinelli macilenti o pecorelle di scarto da 30 kg vanno benissimo perché un asinello fa (logica burocratica europea) 1 Uba (Unità bovino adulto) come una vacca da latte di 7 q.li. Perché 7 pecorelle mal messe, che si acquistano a 50 euro l'una, fanno 1 Uba come 7 bergamasche da 90 kg. Questa logica è compatibilissima con il lupo perché l'eventuale danno da predazione, messo di fronte ai contributi incassati è irrisorio. Lo speculatore è il miglior alleato del lupo e dei lupisti e il peggiore nemico della sopravvivenza del pastoralismo alpino.

Quanto all'altro punto esso ci consente di sostenere che le (pseudo) reti, come (pseudo) rimedio contro la predazione, non solo non aiutano la pratica dell'alpeggio, come impudentemente sostengono quelli dell'Ersaf, ma contribuiscono alla sua cessazione (che è quello che vogliono gli ambientalisti di ogni parrocchia). In realtà le reti anti lupo dell'Ersaf (come quelle distribuite da altri enti) non sono affatto certificate anti lupo, se non da claim commerciali dei venditori.

Le reti da ovini consistono in picchetti con anima e punta metallica rivestiti di plastica e di una maglia di filo elettrico a rombi o a quadrati. Sono disponibili con altezze da 100 a 200 cm. Le prime (ma anche quelle da 120) sono simboliche ai fini della protezione dai predatori. Quelle da 140 rappresentano una debole deterrenza. Ovviamente non sono adatte per cintare grandi superfici. I pastori ovini le usano per la stabbiatura notturna e per il confinamento diurno del gregge in caso di controlli sanitari ecc. Usate di giorno per difendere il pascolo devono essere spostate adi frequente. Un compito gravoso, che diventa molto più gravoso quanto più si sale di quota e la produttività del pascolo va scemando (vedi il grafico sotto). 



Da: F. Gusmeroli, M. Corti, D. Orlandi, D. Pasut, M. Bassignana, Produzione e prerogative qualitative dei pascoli alpini: riflessi sul comportamento al pascolo e l'ingestione, in «Quaderni SoZooAlo», 5 (2005): 7-28.


Se a 1.050 m il pascolo produce 40 q.li di sostanza secca, a 1900  ne produce 15. Ma, come chi frequenta i pascoli sa benissimo, salendo in quota si ha una percentuale di tara del pascolo (roccia affiorante, cespugli, terreno nudo, pietre) molto più elevata. Non è finita, dove l'erba è più alta e più fitta l'animale mangia meglio, dove l'erba è corta e ci sono tare e gli animali hanno a disposizione - per forza di cose - più spazio, lasciano, per effetto congiunto dei fattori citati,  un maggior residuo di foraggio e sprecano di più con il calpestamento.  Si considera convenzionalmente che 1 Uba necessiti di 2 kg di sostanza secca al giorno.

Poniamo quindi di avere un gregge di 100 capre adulte =  14,3 Uba.  Alla quota bassa con uno spreco del 40% (le capre anche se confinate tendono a essere piuttosto selettive) il che significa che il pascolo deve fornire 2 x 14,3 = 28,6 kg di s.s. che diventano 40 con lo spreco.  A quote più elevate, in funzione di quanto detto, ci attendiamo uno spreco più elevato (70%) quindi il pascolo deve  fornire 49 kg.  Ma aumenta anche la tara, poniamo da 10 al  40%.  Nel primo caso (quota bassa) servono 110 mq/giorno.  Nel secondo caso 450 mq/giorno. Nel primo caso con 2 reti da 50 m  possiamo tenere gli animali 5 giorni, nel secondo solo 1 giorno e mezzo (valori medi nel corso dell'alpeggio, tenendo conto che avanzando la stagione l'erba secca e lo scarto aumenta, mentre all'inizio può essere anche più basso). Di fatto userò allora 4 reti delimitando una parcella dove le capre potrebbero restare 5 giorni (sempre in media). Doppia fatica? No, molto di più perché con l'aumento delle tare e dello scheletro del terreno, come normalmente avviene salendo di quota, è più difficile piantare i picchetti. E allora cosa si fa? Si cambia sistema e, invece delle reti si utilizzano i fili sovrapposti che hanno lo svantaggio, però, di necessitare di maggior lavoro per stenderli, specie se vogliamo realizzare una recinzione abbastanza efficace. I fili sovrapposti hanno il vantaggio - sostanziale in alta montagna - di poter piantare i picchetti a distanza non costante (come le reti) in modo da evitare la roccia affiorante e di adattare meglio la recinzione alla pendenza (dove varia è necessario piantare picchetti più ravvicinati). Un altro vantaggio consiste nel lasciare i paletti in situ e spostare solo i fili elettrici (recinzione semipermanente).

Le reti, rispetto ai fili sovrapposti, presentano anche altri inconvenienti molto seri. Per una pecora o capra adulta salvata dal lupo avrò qualche agnello o capretto impiccato nelle reti (figurati se gli animalisti che piangono per l'agnello pasquale se ne danno pena...), ma a rischio (di brutta fine) ci possono anche essere i caprioli che si impigliano nella rete (ma neanche per loro l'animalista-lupista si commuove). Forse per l'aquila che è finita impigliata nelle reti ad agosto 2018 nell'altopiano di Asiago. Più comune della "cattura" dell'aquila, è quella dei cinghiali che infestano ormai buona parte delle montagne lombarde e alpine. Una volta che i suidi restano impigliati, nei tentativi di liverarsi (di solito coronati da successo data la forza dell'animale) essi strappano completamente le reti che diventano inservibili (una toppa si aggiusta, una serie di rotture no).


Cervi e caprioli la salteranno senza problemi in quanto, eventualmente, sfiorano i fili elettrici con l'estremità dell'arto posteriore quando sono già oltre l'ostacolo. Loro entrano ma, se le zampe toccano la rete essa rischia di essere abbattura e di restare a terra. Così, oltre al pericolo dell'ingresso del lupo, c'è la forte probabilità che capre o pecore, uscendo dal recinto, restino impigliate nella rete. Quanto al lupo può sempre saltare dentro. 140 cm sono un'altezza facilmente superabile anche da un cane non particolarmente atletico. Nella foto sotto un cane pastore del Lagorai salta in scioltezza una rete ben collocata. Siamo in piano e l'erba è rasata. In in pascolo di montagna tutto è diverso dalle teorie dei lupisti improvvisatisi anche esperti di pascolamento. Entrare è più facile. Morale: se non sono altre 170-180 cm le reti non possono essere chiamate anti lupo.


Come evitare di far entrare lupi e cervidi? Con una doppia o tripla recinzione, ovvero con una barriera tridimensionale, che non si sviluppa solo in altezza ma anche in larghezza evitando all'animale saltatore di atterrare al sicuro, ovvero procurandogli un atterraggio elettrico poco piacevole. Nel disegno sotto si vede una rete efficace per i saltatori. Per tenere fuori il lupo - e non far uscire i capretti e gli agnelli - servono però anche i fili bassi (sia verso l'esterno che verso l'interno). Se pensate che possa funzionare chiamate i dipendenti dell'Ersaf che saranno felici di installare queste recinzioni, in alternativa i pastori potrebbero invitare a  i vari esponenti di WWF e Legambiente, gente che non paga di persona per le proprie idee ma le fa pagare agli altri e che potrebbero redimersi.

La rete doppia o, meglio, tripla è consigliata anche per evitare che i caprioli (ma lo fanno anche le cerve) saltino tra filo e filo (il capriolo è specialista); in questi caso le reti, ma non quelle di 1,4 m, sono più dissuasive. E' utile anche per tenere dentro gli animali che, specie in caso di presenza dell'orso (ma vale anche per il lupo), terrorizzati, abbattono d'impeto la prima recinzione pur subendo la scossa elettrica, ma difficilmente proseguono, una volta intrappolati in mezzo a barriere elettriche e di fronte ad ulteriori scosse. Dove c'è un solo "giro" i lupi hanno buon gioco a spaventare gli animali e a indurli a uscire dove altri membri del branco, appostati opportunamente attendono in silenzio le prede. Per questo motivo, ma anche dove gli animali hanno bisogno di essere scortati per l'abbeverata (o la mungitura) le reti non possono essere disgiunte dai cani. Solo con i cani (plurale) i recinti sono (meno) insicuri.

I lupi, dopo anni di "sperimentazione" dei vari tipi di recinzione, hanno imparato che ci sono spesso dei punti deboli dove poter penetrare. Di solito ,dove c'è un piccolo avvallamento (o lo scavo di un animale, o l'effetto dell'erosione) e il filo più basso non è così vicino al terreno da impedire di entrare strisciando. Dove la recinzione è interrotta da un masso, invece, il lupo salta sul masso e poi salta dentro.  L'orso è capace di arrampicarsi con grande agilità su alberi prossimi alla recinzione e di lasciarsi cadere da una grossa branca dentro il recinto. Una certa capacità di arrampicata la mostrano anche i lupi.


Vediamo però anche gli altri aspetti del problema delle reti anti lupo in alpeggio. In 100 giorni di alpeggio se lascio le 100 capre di cui sopra per 5 giorni nel recinto devo allestirlo 20 volte. Quanta superficie avrò pascolato dopo tanta fatica? La miseria di 5 ha, ovvero le aree più comode e con l'acqua (ma non è sempre facile includere in un recinto l'acqua) . Potrei lasciare le capre anche più "comode", darle 5.000 m (6 reti da 50) e utilizzare 10 ha ma si lascerebbe troppo residuo e il pascolo non si conserverebbe. In ogni caso la capra in alpeggio non è adatta per essere confinata in parcelle. Riesce a procurarsi una razione esplorando zone cespugliate, margini di bosco, coste rocciose. In passato quando scendeva sul pascolo erbaceo, quello con poche tare e l'erba abbastanza alta, era cacciata dai pastori che difendevano il pascolo per i bovini. Solo camminando ed esplorando la capra, sui pascoli magri, cespugliari, rocciosi, può "riempirsi".   Con 100 capre libere di scorazzare, mangiucchiare e spargere bagole qua e là, avrei - dal punto di vista del business speculativo - potuto affittare 70 ha e incassare i relativi lussuosi premi (15 mila euro) visto che nella sua saggezza e scientifico discernimento la UE chiede un carico di soli 0,2 Uba/ha. In questo caso contento il lupo e contento lo speculatore (che se perde qualche capra, a fronte di 15 mila euro se ne fa un baffo), contenti gli ambientalisti , sia per le scorpacciate del lupo (che ben rimpinzato figlia due volte l'anno e si moltiplica esponenzialmente) che per la perdita del pascolo che risulterà ben presto invaso dai cespugli (con la fine del tanto esorcizzato "disturbo antropico" e della vegetazione antropogenica e l'avvento messianico della wilderness, che, però, non significa affatto maggiore biodiversità, anzi).

La linea delle recinzioni con fili sovrapposti (che possono essere semi-permanenti, non questa della foto con picchetti di plastica) è sposata dove ci sono i bovini da difendere, che richiedono grandi spazi, o nel caso di grandi greggi ovicaprini e dove l'allevatore è stufo di perdere capre e pecore, ma soprattutto agnelli e capretti, impigliati nelle reti. Rappresenta una soluzione meno emergenziale.  I fili  presentano però, a fronte dei vantaggi indicati, il rischio di aggrovigliamento. Però è più facile riparare un filo che una rete. In queste immagini vediamo i forestali trentini e l'ex assessore Dalla Piccola (rigorosamente in malga in camicia bianca uniforme dei politici dem, dopo Obama e Renzi). Per inciso Della Piccola è l'esilarante personaggio che faceva l'orsolupista sostenendo che, con i campanellini l'orso scappa e che non c'è pericolo, né con gli orsi (che a Trento hanno mandato all'ospedale diverse persone), né con i lupi.


Poi, alla fine del mandato, con la campagna elettorale alle porte, aveva - scopiazzando il collega bolzanino Schuler - avviato una petizione anti-lupo. Coerenza.  Come si vede si tratta di 7 fili sovrapposti. Mi ci vedo i turisti che aprono e richiudono le 7 maniglie


 Trento, in materia di difese anti-lupo, ha tratto qualche lezione dalla Lessinia e dal Veneto più in generale. L'Ersaf, ritenendo che gli allevatori e i pastori siano dei trogloditi, che non si informano e che accettano passivamente quanto c alato dall'alto, propina le reti "minime" che in Veneto, dopo le fallimentari esperienze degli scorsi anni nessuno vuole (e ora nemmeno propone più). Si vede che hanno lo stock di Wolf Alp I e le vogliono smaltire in vista di Wolf Alp II La vendetta, prossimamente, ahinoi su questi pascoli. Sotto vediamo la comica stesura delle reti "antilupo".



Si nota che i maldestri volontari animal-ambientalisti posano la rete con qualche difficoltà (hanno scoperto che c'è la roccia carbonatica affiorante a loro spese, i tapini). Tanto tesa la rete non è (figuratevi dopo un po' di giorni). Ma il bello è che la stanno posando in un avvallamento del terreno. Il lupo, saltando da sinistra nella foto, avrebbe la possibilità di prendere slancio spiccando il salto da una posizione a quota superiore a quella di atterraggio. Era il 2017. Oggi di reti mobili così, tanto per ridere, non se ne vede più.



Se proprio si vuole insistere con le reti bisogna ricordare che: 1) nel recinto ci devono essere i cani; 2) il filo superiore deve essere alto 170-180 cm; 3) si ottiene un aumento di deterrenza applicando i fladry (nastri di plastica colorata svolazzanti).



Sotto lo schema di rete suggerito in Francia per la difesa dal lupo. I pastori (non certo i lupisti che giocano - e incassano - a spese delle sofferenze, delle angosce, delle spese, della fatica fisica del prossimo) osserveranno che una rete da 180 cm diventa molto pesante da trasportare in spalla in montagna.



Vero. Infatti quello che vogliono i lupisti è che, sotto il peso, di adempimenti sempre più onerosi necessari per limitare la predazione, il pastore getti la spugna e abbandoni il suo mestiere. Il lupista sa bene che ogni difesa, dopo un po', perde efficacia e va rafforzata.




Nel caso delle reti, si devono usare reti più alte o, come, nella foto sotto, munite di un "sopralzo", una fettuccia elettrica issata su prolunghe dei paletti. Gli allevatori che entrano  nel girone infernale della "difesa antilupo" non ne usciranno mai. Si aggiungono i cani, i fladry, i dissuasori sonori e  i fari. Si rafforzano le difese per ottenere  gli stessi risultati. Per forza: i lupi imparano o si assuefanno e... grazie alle politiche pro lupo, aumentano.



C'è una soluzione "definitiva" per tenere fuori i lupi? Le recinzioni metalliche fisse. Che però vanno anch'esse accuratamente e frequentemente monitorate per evitare l'insorgere di punti deboli.

La rete antilupo efficace deve essere alta 2 m in verticale e, al di sopra, deve essere orientata verso l'esterno per impedire che il lupo si arrampichi in cima. Un bell'impatto paesistico.


A tal fine i pali di sostegno devono essere piegati (200 cm in verticale e 70 di inclinazione con proiezione orizzontale di 50 cm). Inoltre la recinzione deve essere in parte interrata per prevenire l'intrusione dei lupi scavatori. Sotto lupisti stremati dal lavoro usurante in visita tecnica (comodo girare a sbafo l'Europa con la scusa del lupo) nell'ambito dell'ennesimo progetto pro lupo (MedWolf).


La soluzione delle recinzioni fisse è adottata in Toscana ed Emilia-Romagna dove il pascolo di fa per buona parte dell'anno, non per i tre mesi d'alpeggio. Senza contare che, come abbiamo visto all'inizio, la produttività dei pascoli alpini è bassissima e che servono  spazi anche dieci volte più grandi di quelli di ambienti più favorevoli per mantenere gli stessi animali. Quindi il costo per km lineare di recinzione è insostenibile. Non parliamo poi dell'aspetto estetico. Gli alpeggi, le malghe sono un paesaggio frequantato, fruito, apprezzato per i suoi valori estetici. Nonostante questo la protervia lupista ha voluto "sperimentare" anche sulle malghe della Lessinia il sistema di reti fisse. Vi sono due osceni esempi di "lager", uno di questi corrisponde alla malga di  (e non ce ne meravigliamo perché sappiamo già quali meriti di devastazione ambientale e paesaggistica si è conquistato il Cigno, con le centrali fotovoltaiche a terra e con quelle a biomasse, con il parere favorevole all'impattante progetto attuale dell'Ersaf in val di Mello).




Questa idea delle recinzioni lager, in cui pastori e pecore devono blindarsi, a parte il devastante impatto ambientale, esprime vero il senso dell'operazione  lupista, condotta  con il pieno sostegno delle istituzioni. Il pastore deve prima rinchiudersi in piccole riserve, poi sparire. Così il territorio sarà tutto sotto il controllo di aree protette, burocrazia e affarismo ambientalista.
Il pericolo mortale del lupismo, che ne fa la punta di diamante della sottrazione alle comunità locali del controllo del territorio, è la sua trasversalità alla tradizionale frattura destra-sinistra. La sinistra progressista liberal è animal-ambientalista di default ma l'animalismo e il lupismo incontrano molto favore a destra (per motivi che in parte abbiamo già trattato e che torneremo ad approfondire) e nell'ecologia profonda neopagana (che si presenta anch'essa in versioni sinistre e destre).
Il discrimine non è tra progressismo e conservatorismo (come avviene per altri aspetti del conflitto politico su temi ambientali) ma, in forma quasi pura tra culture urbane e cultura rurale. E' la pressione degli allevatori più o meno organizzata che costringe le istituzioni ad abbandonare (un pochino) la partigianeria lupista. Succede nella Toscana del PD e nel Veneto leghista. In Trentino una pluridecennale storia di paternalismo e di rigido clientelismo, impedisce alla componente rurale e contadina di farsi sentire con forza. Così in Trentino si va avanti con recinti di ogni tipo e con i cani (con tanto di allevatori crumiri che si fanno sponsor del lupo, tradendo la categoria per un cane e una fornitura di crocchette)(ne abbiamo parlato qui su Ruralpini). Così, nonostante le proteste, in Trentino - proprio in quella val di Fassa dove pure gli allevatori avevano manifestato contro il lupo, si stanno costruendo anche le costose e brutte recinzioni fisse (foto sotto).  


Ben diversamente stanno le cose nella montagna veneta e del Südtirol dove sono sorte associazioni di difesa rurale, si sono attivati progetti di difesa dal lupo "alternativi" a Wolf Alp, si sono organizzate proteste collettive (vedi i recenti falò in provincia di Bolzano)


I 45 km di reti acquistate dalla provincia di Bolzano sono rimasti quasi tutti nei magazzini. Gli allevatori sudtirolesi, uniti e compatti (lì nessuno osa fare il crumiro perché la comunità locale e quella professionale sono coese e costerebbe caro) affrontano il problema politicamente. L'europarlamentare Dorfmann se ne è fatto interprete. Di cani da guardiania anti lupo nessuno a Bolzano vuole sentir parlare (anche la provincia non li spinge) perché  l'economia turistica è fortemenete integrata a quella agricola e zootecnica e il turismo estivo, che attira gente sui sentieri e sui pascoli, è fiorente. La scelta degli allevatori, apertamente appoggiati dalla Bauerbund (la Federazione dei contadini), è chiara:  la presenza del lupo è incompatibile con i sistemi di agropastorali sudtirolesi e va cercata una soluzione politica.  A Bolzano, come in altre regioni alpine di lingua tedesca, ma anche nella montagna veneta, gli allevatori, i rurali non vogliono adattarsi alla presenza del lupo. Sanno che l'adottare misure di difesa passive senza par condicio, ovvero senza una politica di controllo numerico del lupo, equivale a infilare il collo in un cappio che si stringerà poi lentamente. Le reti sono arrivate in Lessinia nel 2017 e ad Asiago nel 2018, con la beffa che eravamo già ad agosto. I malghesi le hanno restituire compatti per protesta alla Regione Veneto "Venga a prendersi le sue reti inutili" era scritto in una lettera. Schiene dritte.

Come abbiamo avuto modo di spiegare sopra, con l'aumento dei lupi e della loro capacità di superare le difese, l'allevatore è costretto a costi e impegni sempre più gravosi per contenere la predazione, sino che si arriva al punto di rottura. I lupisti, avendo comprato per un piatto di lenticchie qualche allevatore e avendone fatti dei pappagalli ammaestrati che, a comando, ripetono il mantra della convivenza possibile, credono che tutta la categoria sia fatta da gente così, che vende la madre per quattro soldi o che non sa fare 1 + 1 o che è ferma alla cultura dell'invidia e della gelosia reciproca paralizzanti, tanto che il divide et impera risulterebbe ancora un gioco da ragazzi. Sbaglio. La strategia lupista, almeno dalle parti del Südtirol, del Veneto, ma anche in qualche zona del Piemonte, gli allevatori l'hanno capita.  Oltre a capirla, però, bisogna essere organizzati (almeno come in Svizzera e in Francia) per poter dire di no a cani e reti e costringere le istituzioni a trattare. Altro che piano lupo con zero controllo, con "non si torca un pelo a un solo lupo".  Per ora il fronte è ancora frammentato ma unendo le forze di resistenza rurale, almeno delle regioni alpine, lo svantaggio rispetto alle posizioni del partito lupista, palesemente appoggiato dall'elite  e dai centri di potere euromondialisti, potrà essere ridimensionato.




Articoli ruralpini sul tema


Rifritto il Piano lupo: una barzelletta che non fa ridere  
(23.04.19) Siamo nel 2019. Dal 2015 è scaduto il Piano lupo nazionale ma, causa cambi di governo e le barricate della demagogia animal-ambientalista, siamo all'ennesima "nuova versione". Gli abbattimenti, previsti con il conta gocce nella precedente versione, sono spariti senza giustificazione, sostituiti da fumose misure di "prevenzione mirata" che piacciono al partito del lupo.  Piano o non piano, gli allevatori lasciati soli da una politica vile, continuano tutti i giorni a stare in trincea, costretti a difendersi come possono.

Presenza del lupo in Italia e in Toscana. Storia ed evoluzione
(05.03.19) Ruralpini presenta, a partire da questo contributo, che proviene dalla Toscana, unapanoramica di interventi che fanno il punto della situazione dalla parte di chi non accetta le fonti "ufficiali", i dati degli esperti che hanno nascosto (e nascondono) la reale diffusione del lupo, che hanno fatto emergere solo da poco un grave problema di ibridazione e di presenza di lupi esotici. Il tutto a danno degli allevatori e dei pastori, della vivibilità della montagna e delle aree interne.


Cani da difesa greggi: sfruttando l'emergenza lupi si smerciano soggetti non idonei
(02.03.19) Parecchi cani venduti come "addestrati e selezionati" sono stati "addestrati" in forza della presenza in allevamento (canino) di quattro pecorelle da compagnia. Si comprende bene come la "soluzione" cani sia in realtà una trappola perfetta per i pastori. Utile a dividere i pastori tra loro e a esibire come "buoni selvaggi" (da contrapporre ai "cattivi"), i pastori che accettano di fare da testimonial della felice convivenza con il lupo (in cambio della fornitura a gratis di crocchette per cani della Almo Nature)

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(02.02.19) In un clima politico segnato dall'attesa del risultato delle elezioni per il parlamento europeo, le regioni del Nord, pur senza manifestare una precisa strategia, hanno sottolineato una volontà comune di arrivare a un controllo del lupo. Non è il massimo, ma segna pur sempre una svolta rispetto alla situazione di due anni fa quando, a seguito dei cedimenti alle pressioni animaliste, tutte le regioni italiane, tranne Toscana e Bolzano, si erano genuflesse al tabù: "il lupo non si tocca" .

"Lupi? No grazie. Qui non è il Serengheti"
(21.01.19) Troppi lupi in Europa e si incrina il fronte conservazionista. Clamorose dichiarazioni del direttore del maggior parco nazionale olandese: "Qui non voglio lupi, voglio potergli sparare". "Non sono tornati da soli"

Il lupo riduce la biodiversità alpina
(29.12.18) Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del lupo   sulle Alpi

A quando anche in Italia un Wolfsdebatte? 
(14.12.18) L'altro ieri il ministro dell'agricoltura Centinaio, davanti agli allevatori trentini, si è rimangiato le precedenti posizioni lupiste. Lupi, rewilding, ecotasse, "rinnovabili", sono gli aspetti della stessa biopolitica, le nuove forme della lotta di classe (oggi elite vs popolo) e del conflitto città-campagna incarnato dai gilet jaunes.

I nodi vengono al pettine: lupi sparati anche in Veneto
(29.09.18) Oggi in Italia, in alcune situazioni , sparare ai lupi è legittima difesa, una forma di resistenza sociale di fronte a istituzioni - europee e statali - che non hanno il coraggio di gestire una popolazione lupina in continua espansione

La lobby lupista censura le notizie "scomode" 

(04.07.18) Negli ultimigiorni notizie importanti provenienti dalla Polonia e dalla Francia, imbarazzanti per il partito del lupo, sono state  ignorate dai media italiani. E c'è il precedente della morte di Celia Hollyworth la donna inglese sbranata dai lupi in Grecia. Quando un giornale nazionale ne parlò... 





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