Sugli alpeggi non servono
le pseudo "reti anti lupo"
Sono
un mezzo a buon mercato (per la lobby lupista) per poter dire "vi
abbiamo dato la soluzione per proteggervi, se non sapete usarla è colpa
vostra". Comodissimo per i politici ignavi, che non hanno il coraggio
di affrontare politicamente il problema in sede europea e nazionale
costringendo chi di dovere, pugni sul tavolo e dati alla mano, a
prendere atto che il lupo non è in estinzione ma anzi sta operando,
insieme ad altre concause, all'estinzione del pastoralismo alpino. Così
il tema della "difesa dei predatori" assume un connotato fortemente
politico e in questo senso va interpretato il giusto rifiuto degli
allevatori di montagna veneti e del südtirol ad accettare cani da
guardiania e reti. Invece in Lombardia, contando sul fatto che non
esiste ancora un movimento organizzato di resistenza rurale, l'Ersaf
continua a rifilere le reti alte 1,4 m, inidonee a gestire il pascolo
d'alpeggio ovicaprino (infatti i pastori le usano a casa e non vanno
più in alpeggio lasciando campo libero agli speculatori).
di
Michele Corti
(16.05.19)
In questi giorni, parlando con allevatori lombardi e con amici
dei movimenti di resistenza rurale anti lupo del Veneto e del Südtirol,
mi sono reso conto che, in tema di "difesa dal predatore", l'aspetto
politico è la vera determinante. Gurdiamo infatti a quello che
succede in Lombardia, dove il problema della predazione da lupo è
ancora marginale (anche se presente in alcune aree), e confrontiamolo
con quanto succede in Veneto, Trentino e Südtirol. In Lombardia è
l'Ersaf, ente che dovrebbe essere al servizio dell'agricoltura, ma è di
fatto al servizio dell'ambientalismo, che funge da "braccio operativo"
di WolfAlp il progetto, in via di rinnovo (con dotazione finanziaria
duplicata), che intende diffondere il lupo su tutte le Alpi, nessuna
valle esclusa, fino alla "saturazione" (il termine tecnico è quello).
Una volta compreso che con i progetti naturalistici e, ancor più,
orsolupistici, si portano a casa più quattrini (e più facilmente) che
non su temi agroforestali, l'Ente, avendo ancora un apparato piuttosto
pesante, lascito storico delle antiche funzioni forestali, e una
pletora di dirigenti ("alla siciliana"), si è buttato a picco nei
progetti su orsi e lupi impregnansosi anche per bene di ideologia
animal-ambientalista e orsolupista. La finalità è chiara: garantirsi
l'esistenza e i corrispettivi lauti stipendi. Così ci si inventa
costosi progetti, a rischio di devastare l'ambiente, pur di gestire
territori e quattrini (vedi la vicenda
della val di Mello, che abbiamo trattato pochi giorni fa).
E
veniamo al lupo e alle (pseudo) reti anti lupo. Alcuni allevatori mi
hanno contattato, parecchio indignati, perché i tecnici incaricati
dall'Ersaf (nell'ambito di Wolf Alp) di consegnare le (pseudo)
reti anti lupo: 1) si sono
anche permessi di provocarli, sostenendo che il lupo favorisce la
pratica
dell'alpeggio e scoraggiando la speculazione; 2) alla domanda:
"Ma poi controllate che siano usate in modo appropriato,
stendendole a difesa degli animali in alpeggio?", la loro risposta è
stata: "Noi controlliamo che le usino e che ci siano dentro gli
animali,
non tocca a noi fare i controlli sugli alpeggi".
Perché
il lupo dovrebbe combattere la speculazione sugli alpeggi? La teoria
lupista dice che la presenza del lupo costringe i pastori a
sorvegliare il gregge, quindi a una gestione
"professionale" che evita il "pascolo brado". Il corollario è che
se paghi un pastore manterrai sul serio gli animali in
alpeggio, altrimenti ci perdi. Il punto è che la speculazione ha una
logica ben diversa. Essa si attua in vari modi, spesso anche
utilizzando personale (poco qualificato) utile a spostare qua e là il
gruppo di animali e a far vedere che si è mangiucchiato qualcosa sulla
superficie dichiarata. Ma la logica della speculazione è basata sul
minimo del carico, con animali spesso "a perdere", usa e getta. Devono
respirare, camminare, pascolicchiare ma, soprattutto, fare Uba.
Asinelli macilenti o pecorelle di scarto da 30 kg vanno benissimo
perché un asinello fa (logica burocratica europea) 1 Uba (Unità bovino
adulto) come una vacca da latte di 7 q.li. Perché 7 pecorelle mal
messe, che si acquistano a 50 euro l'una, fanno 1 Uba come 7
bergamasche da 90 kg. Questa logica è compatibilissima con il lupo
perché l'eventuale danno da predazione, messo di fronte ai contributi
incassati è irrisorio. Lo speculatore è il miglior alleato del lupo e
dei lupisti e il peggiore nemico della sopravvivenza del pastoralismo
alpino.
Quanto
all'altro punto esso ci consente di sostenere che le (pseudo) reti,
come (pseudo) rimedio contro la predazione, non solo non aiutano la
pratica dell'alpeggio, come impudentemente sostengono quelli
dell'Ersaf, ma contribuiscono alla sua cessazione (che è quello che
vogliono gli ambientalisti di ogni parrocchia). In realtà le reti anti
lupo dell'Ersaf (come quelle distribuite da altri enti) non sono
affatto certificate anti lupo, se non da claim commerciali dei
venditori.
Le reti da ovini consistono in picchetti con anima e punta metallica
rivestiti di plastica e di una maglia di filo elettrico a rombi o a
quadrati. Sono disponibili con altezze da 100 a 200 cm. Le prime (ma
anche quelle da 120) sono simboliche ai fini della protezione dai
predatori. Quelle da 140 rappresentano una debole deterrenza.
Ovviamente non sono adatte per cintare grandi superfici. I pastori
ovini le usano per la stabbiatura notturna e per il confinamento diurno
del gregge in caso di controlli sanitari ecc. Usate di giorno per
difendere il pascolo devono essere spostate adi frequente. Un compito
gravoso, che diventa molto più gravoso quanto più si sale di quota e la
produttività del pascolo va scemando (vedi il grafico sotto).
Da:
F. Gusmeroli, M. Corti, D. Orlandi, D. Pasut, M. Bassignana, Produzione e prerogative qualitative dei
pascoli alpini: riflessi sul comportamento al pascolo e l'ingestione,
in «Quaderni SoZooAlo», 5 (2005): 7-28.
Se
a 1.050 m il pascolo produce 40 q.li di sostanza secca, a 1900 ne
produce 15. Ma, come chi frequenta i pascoli sa benissimo, salendo in
quota si ha una percentuale di tara del pascolo (roccia affiorante,
cespugli, terreno nudo, pietre) molto più elevata. Non è finita, dove
l'erba è più alta e più fitta l'animale mangia meglio, dove l'erba è
corta e ci sono tare e gli animali hanno a disposizione - per forza di
cose - più spazio, lasciano, per effetto congiunto dei fattori
citati, un maggior residuo di foraggio e sprecano di più con il
calpestamento. Si considera convenzionalmente che 1 Uba necessiti
di 2 kg di sostanza secca al giorno.
Poniamo
quindi di avere un gregge di 100 capre adulte = 14,3 Uba.
Alla quota bassa con uno spreco del 40% (le capre
anche se confinate tendono a essere piuttosto selettive) il che
significa che il pascolo deve fornire 2 x 14,3 = 28,6 kg di s.s. che
diventano 40 con lo spreco. A quote più elevate, in funzione di
quanto detto, ci attendiamo uno spreco più elevato (70%) quindi il
pascolo deve fornire 49 kg. Ma aumenta anche la tara,
poniamo da 10 al 40%. Nel primo caso (quota bassa) servono
110 mq/giorno. Nel secondo caso 450
mq/giorno. Nel primo caso con 2 reti da 50
m possiamo tenere gli animali 5 giorni, nel secondo solo 1 giorno
e mezzo (valori medi nel corso dell'alpeggio, tenendo conto che
avanzando la stagione l'erba secca e lo scarto aumenta, mentre
all'inizio può essere anche più basso). Di fatto userò allora 4 reti
delimitando una parcella dove le capre potrebbero restare 5 giorni
(sempre in media). Doppia fatica? No, molto di più perché con l'aumento
delle tare e dello scheletro del terreno, come normalmente avviene
salendo di quota, è più difficile piantare i picchetti. E allora cosa
si fa? Si cambia sistema e, invece delle reti si utilizzano i fili
sovrapposti che hanno lo svantaggio, però, di necessitare di maggior
lavoro per stenderli, specie se vogliamo realizzare una recinzione
abbastanza efficace. I fili sovrapposti hanno il vantaggio -
sostanziale in alta montagna - di poter piantare i picchetti a distanza
non costante (come le reti) in modo da evitare la roccia affiorante e
di adattare meglio la recinzione alla pendenza (dove varia è necessario
piantare picchetti più ravvicinati). Un altro vantaggio consiste nel
lasciare i paletti in situ e spostare solo i fili elettrici (recinzione
semipermanente).
Le
reti, rispetto ai fili sovrapposti, presentano anche altri
inconvenienti molto seri. Per una pecora o capra adulta salvata dal lupo avrò
qualche agnello o capretto impiccato nelle reti (figurati se gli
animalisti che piangono per l'agnello pasquale se ne danno pena...), ma
a rischio (di brutta fine) ci possono anche essere i caprioli che si
impigliano nella rete (ma neanche per loro l'animalista-lupista si
commuove). Forse per l'aquila che è finita impigliata nelle reti ad agosto 2018 nell'altopiano di Asiago.
Più comune della "cattura" dell'aquila, è quella dei cinghiali che
infestano ormai buona parte delle montagne lombarde e alpine. Una volta
che i suidi restano impigliati, nei tentativi di liverarsi (di solito
coronati da successo data la forza dell'animale) essi strappano
completamente le reti che diventano inservibili (una toppa si aggiusta,
una serie di rotture no).
Cervi e caprioli la salteranno senza problemi in quanto, eventualmente,
sfiorano i fili elettrici con l'estremità dell'arto posteriore quando
sono già oltre l'ostacolo. Loro entrano ma, se le zampe toccano la rete
essa rischia di essere abbattura e di restare a terra. Così, oltre al
pericolo dell'ingresso del lupo, c'è la forte probabilità che capre o
pecore, uscendo dal recinto, restino impigliate nella rete. Quanto al
lupo può sempre saltare dentro. 140 cm sono un'altezza facilmente
superabile anche da un cane non particolarmente atletico. Nella foto
sotto un cane pastore del Lagorai salta in scioltezza una rete ben
collocata. Siamo in piano e l'erba è rasata. In in pascolo di montagna
tutto è diverso dalle teorie dei lupisti improvvisatisi anche esperti
di pascolamento. Entrare è più facile. Morale: se non sono altre 170-180 cm le reti non possono essere chiamate anti lupo.
Come
evitare di far entrare lupi e cervidi? Con una doppia o tripla
recinzione, ovvero con una barriera tridimensionale, che non si
sviluppa solo in altezza ma anche in larghezza evitando all'animale
saltatore di atterrare al sicuro, ovvero procurandogli un atterraggio
elettrico poco piacevole. Nel disegno sotto si vede una rete efficace
per i saltatori. Per tenere fuori il lupo - e non far uscire i capretti
e gli agnelli - servono però anche i fili bassi (sia verso l'esterno
che verso l'interno). Se pensate che possa funzionare chiamate i
dipendenti dell'Ersaf che saranno felici di installare queste
recinzioni, in alternativa i pastori potrebbero invitare a i vari
esponenti di WWF e Legambiente, gente che non paga di persona per le
proprie idee ma le fa pagare agli altri e che potrebbero redimersi.
La
rete doppia o, meglio, tripla è consigliata anche per evitare che i
caprioli (ma lo fanno anche le cerve) saltino tra filo e filo (il
capriolo è specialista); in questi caso le reti, ma non quelle di 1,4
m, sono più dissuasive. E' utile anche per tenere dentro gli animali
che, specie in caso di presenza dell'orso (ma vale anche per il lupo), terrorizzati,
abbattono d'impeto la prima recinzione pur subendo la scossa
elettrica, ma difficilmente proseguono, una volta intrappolati in mezzo
a barriere elettriche e di fronte ad ulteriori scosse. Dove c'è un solo
"giro" i lupi hanno buon gioco a spaventare gli animali e a indurli a
uscire dove altri membri del branco, appostati opportunamente attendono
in silenzio le prede. Per questo motivo, ma anche dove gli animali
hanno bisogno di essere scortati per l'abbeverata (o la mungitura) le
reti non possono essere disgiunte dai cani. Solo con i cani (plurale) i
recinti sono (meno) insicuri.
I
lupi, dopo anni di "sperimentazione" dei vari tipi di recinzione, hanno
imparato che ci sono spesso dei punti deboli dove poter penetrare. Di
solito ,dove c'è un piccolo avvallamento (o lo scavo di un animale, o
l'effetto dell'erosione) e il filo più basso non è così vicino al
terreno da impedire di entrare strisciando. Dove la recinzione è
interrotta da un masso, invece, il lupo salta sul masso e poi salta
dentro. L'orso è capace di arrampicarsi con grande agilità su
alberi prossimi alla recinzione e di lasciarsi cadere da una grossa
branca dentro il recinto. Una certa capacità di arrampicata la mostrano
anche i lupi.
Vediamo
però anche gli altri aspetti del problema delle reti anti lupo in
alpeggio. In 100 giorni di alpeggio se lascio le 100 capre di cui sopra
per 5 giorni nel recinto devo allestirlo 20 volte. Quanta superficie
avrò pascolato dopo tanta fatica? La miseria di 5 ha, ovvero le aree
più comode e con l'acqua (ma non è sempre facile includere in un
recinto l'acqua) . Potrei lasciare le capre anche più "comode", darle
5.000 m (6 reti da 50) e utilizzare 10 ha ma si lascerebbe troppo
residuo e il pascolo non si conserverebbe. In ogni caso la capra in
alpeggio non è adatta per essere confinata in parcelle. Riesce a
procurarsi una razione esplorando zone cespugliate, margini di bosco,
coste rocciose. In passato quando scendeva sul pascolo erbaceo, quello
con poche tare e l'erba abbastanza alta, era cacciata dai pastori che
difendevano il pascolo per i bovini. Solo camminando ed esplorando la
capra, sui pascoli magri, cespugliari, rocciosi, può
"riempirsi". Con 100 capre libere
di scorazzare, mangiucchiare e spargere bagole qua e là, avrei - dal
punto di vista del business speculativo - potuto
affittare 70 ha e incassare i relativi lussuosi premi (15 mila euro)
visto che
nella sua saggezza e scientifico discernimento la UE chiede un carico
di soli 0,2 Uba/ha. In questo caso contento il lupo e contento lo
speculatore (che se perde qualche capra, a fronte di 15 mila euro se ne
fa un baffo), contenti gli ambientalisti , sia per le scorpacciate del
lupo (che ben rimpinzato figlia due volte l'anno e si moltiplica
esponenzialmente) che per la perdita del pascolo che risulterà ben
presto invaso dai cespugli (con la fine del tanto esorcizzato "disturbo
antropico" e della vegetazione antropogenica e l'avvento messianico
della wilderness, che, però, non
significa affatto maggiore biodiversità, anzi).
La
linea delle recinzioni con fili sovrapposti (che possono essere
semi-permanenti, non questa della foto con picchetti di plastica) è
sposata dove ci sono i bovini da difendere, che richiedono grandi
spazi, o nel caso di grandi greggi ovicaprini e dove l'allevatore è
stufo di perdere capre e pecore, ma soprattutto agnelli e capretti,
impigliati nelle reti. Rappresenta una soluzione meno
emergenziale. I fili presentano però, a fronte dei vantaggi
indicati, il rischio di aggrovigliamento. Però è più facile riparare un
filo che una rete. In queste immagini vediamo i forestali trentini e
l'ex assessore Dalla Piccola (rigorosamente in malga in camicia bianca uniforme dei
politici dem, dopo Obama e Renzi). Per inciso Della Piccola è
l'esilarante personaggio che faceva l'orsolupista sostenendo che, con i
campanellini l'orso scappa e che non c'è pericolo, né con gli orsi (che
a Trento hanno mandato all'ospedale diverse persone), né con i lupi.
Poi, alla fine del mandato, con la campagna elettorale alle porte,
aveva - scopiazzando il collega bolzanino Schuler - avviato una
petizione anti-lupo. Coerenza. Come si vede si tratta di 7 fili
sovrapposti. Mi ci vedo i turisti che aprono e richiudono le 7 maniglie
Trento, in materia di difese
anti-lupo, ha tratto qualche lezione dalla Lessinia e dal Veneto più in
generale. L'Ersaf, ritenendo che gli allevatori e i pastori siano dei
trogloditi, che non si informano e che accettano passivamente quanto c
alato dall'alto, propina le reti "minime" che in Veneto, dopo le
fallimentari esperienze degli scorsi anni nessuno vuole (e ora nemmeno
propone più). Si vede che hanno lo stock di Wolf Alp I e le vogliono
smaltire in vista di Wolf Alp II La
vendetta, prossimamente, ahinoi su questi pascoli. Sotto vediamo
la comica stesura delle reti "antilupo".
Si nota che i maldestri
volontari animal-ambientalisti posano la rete con qualche difficoltà
(hanno scoperto che c'è la roccia carbonatica affiorante a loro spese,
i tapini). Tanto tesa la rete non è (figuratevi dopo un po' di giorni).
Ma il bello è che la stanno posando in un avvallamento del terreno. Il
lupo, saltando da sinistra nella foto, avrebbe la possibilità di
prendere slancio spiccando il salto da una posizione a quota superiore
a quella di atterraggio. Era il 2017. Oggi di reti mobili così, tanto
per ridere, non se ne vede più.
Se proprio si vuole insistere con le reti
bisogna ricordare che: 1) nel recinto ci devono essere i cani; 2) il
filo superiore deve essere alto 170-180 cm; 3) si ottiene un aumento di
deterrenza applicando i fladry (nastri di plastica colorata
svolazzanti).
Sotto lo schema di rete suggerito in
Francia per la difesa dal lupo. I pastori (non certo i lupisti che
giocano - e incassano - a spese delle sofferenze, delle angosce, delle
spese, della fatica fisica del prossimo) osserveranno che una rete da
180 cm diventa molto pesante da trasportare in spalla in montagna.
Vero. Infatti quello che vogliono i lupisti è che, sotto il peso, di
adempimenti sempre più onerosi necessari per limitare la predazione, il
pastore getti la spugna e abbandoni il suo mestiere. Il lupista sa bene
che ogni difesa, dopo un po', perde efficacia e va rafforzata.
Nel
caso delle reti, si devono usare reti più alte o, come, nella foto
sotto, munite di un "sopralzo", una fettuccia elettrica issata su
prolunghe dei paletti. Gli allevatori che entrano nel girone
infernale della "difesa antilupo" non ne usciranno mai. Si aggiungono i
cani, i fladry, i dissuasori sonori e i fari. Si rafforzano le
difese per ottenere gli stessi risultati. Per forza: i lupi
imparano o si assuefanno e... grazie alle politiche pro lupo,
aumentano.
C'è
una soluzione "definitiva" per tenere fuori i lupi? Le recinzioni
metalliche fisse. Che però vanno anch'esse accuratamente e
frequentemente monitorate per evitare l'insorgere
di punti deboli.
La
rete antilupo efficace deve essere alta 2 m in verticale e, al di
sopra, deve essere orientata verso l'esterno per impedire che il lupo
si arrampichi in cima. Un bell'impatto paesistico.
A tal fine i pali di sostegno devono essere
piegati (200 cm in verticale e 70 di inclinazione con proiezione
orizzontale di 50 cm). Inoltre la recinzione deve essere in parte
interrata per prevenire l'intrusione dei lupi scavatori. Sotto lupisti
stremati dal lavoro usurante in visita tecnica (comodo girare a sbafo
l'Europa con la scusa del lupo) nell'ambito dell'ennesimo progetto pro
lupo (MedWolf).
La
soluzione delle recinzioni fisse è adottata in Toscana
ed Emilia-Romagna dove il pascolo di fa per buona parte dell'anno, non
per i tre mesi d'alpeggio. Senza contare che, come abbiamo visto
all'inizio, la produttività dei pascoli alpini è bassissima e che
servono spazi anche dieci volte più grandi di quelli di ambienti
più favorevoli per mantenere gli stessi animali. Quindi il costo per km
lineare di recinzione è insostenibile. Non parliamo poi dell'aspetto
estetico. Gli alpeggi, le malghe sono un paesaggio frequantato, fruito,
apprezzato per i suoi valori estetici. Nonostante questo la protervia
lupista ha voluto "sperimentare" anche sulle malghe della Lessinia il
sistema di reti fisse. Vi sono due osceni
esempi di "lager", uno di questi corrisponde alla malga di
(e non ce ne meravigliamo perché sappiamo già quali meriti di
devastazione ambientale e paesaggistica si è conquistato il Cigno, con
le centrali fotovoltaiche a terra e con quelle a biomasse, con il
parere favorevole all'impattante progetto attuale dell'Ersaf in val di
Mello).
Questa idea delle recinzioni lager, in cui pastori e pecore devono
blindarsi, a parte il devastante impatto ambientale, esprime vero il
senso dell'operazione lupista, condotta con il pieno
sostegno delle istituzioni. Il pastore deve prima rinchiudersi in
piccole riserve, poi sparire. Così il territorio sarà tutto sotto il
controllo di aree protette, burocrazia e affarismo ambientalista.
Il pericolo mortale del lupismo, che ne fa la punta di diamante della
sottrazione alle comunità locali del controllo del territorio, è la sua
trasversalità alla tradizionale frattura destra-sinistra. La sinistra
progressista liberal è animal-ambientalista di default ma l'animalismo
e il lupismo incontrano molto favore a destra (per motivi che in parte
abbiamo già trattato e che torneremo ad approfondire) e nell'ecologia
profonda neopagana (che si presenta anch'essa in versioni sinistre e
destre).
Il discrimine non è tra progressismo e conservatorismo (come avviene
per altri aspetti del conflitto politico su temi ambientali) ma, in
forma quasi pura tra culture urbane e cultura rurale. E' la pressione
degli allevatori più o meno organizzata che costringe le istituzioni ad
abbandonare (un pochino) la partigianeria lupista. Succede nella
Toscana del PD e nel Veneto leghista. In Trentino una pluridecennale
storia di paternalismo e di rigido clientelismo, impedisce alla
componente rurale e contadina di farsi sentire con forza. Così in
Trentino si va avanti con recinti di ogni tipo e con i cani (con tanto
di allevatori crumiri che si fanno sponsor del lupo, tradendo la
categoria per un cane e una fornitura di crocchette)(ne
abbiamo parlato qui su Ruralpini). Così, nonostante le proteste, in
Trentino - proprio in quella val di Fassa dove pure gli allevatori
avevano manifestato contro il lupo, si stanno costruendo anche le
costose e brutte recinzioni fisse (foto sotto).
Ben diversamente stanno le cose nella
montagna veneta e del Südtirol dove sono sorte associazioni di difesa
rurale, si sono attivati progetti di difesa dal lupo "alternativi" a
Wolf Alp, si sono organizzate proteste collettive (vedi i recenti falò
in provincia di Bolzano)
I
45 km di reti acquistate dalla provincia di Bolzano sono rimasti quasi
tutti nei magazzini. Gli allevatori sudtirolesi, uniti e compatti (lì
nessuno osa fare il crumiro perché la comunità locale e quella
professionale sono coese e costerebbe caro) affrontano il problema
politicamente. L'europarlamentare Dorfmann se ne è fatto interprete. Di
cani da guardiania anti lupo nessuno a Bolzano vuole sentir parlare
(anche la provincia non li spinge) perché l'economia turistica è
fortemenete integrata a quella agricola e zootecnica e il turismo
estivo, che attira gente sui sentieri e sui pascoli, è fiorente. La
scelta degli allevatori, apertamente appoggiati dalla Bauerbund (la Federazione dei
contadini), è chiara: la presenza del lupo è incompatibile con i
sistemi di agropastorali sudtirolesi e va cercata una soluzione
politica. A Bolzano, come in altre regioni alpine di lingua
tedesca, ma anche nella montagna veneta, gli allevatori, i rurali non
vogliono adattarsi alla presenza del lupo. Sanno che l'adottare misure
di difesa passive senza par condicio, ovvero senza una politica di
controllo numerico del lupo, equivale a infilare il collo in un cappio
che si stringerà poi lentamente. Le
reti sono arrivate in Lessinia nel 2017 e ad Asiago nel 2018, con la
beffa che eravamo già ad agosto. I malghesi le hanno restituire
compatti per protesta alla Regione Veneto "Venga a prendersi le sue
reti inutili" era scritto in una lettera. Schiene dritte.
Come abbiamo avuto modo di spiegare
sopra, con l'aumento dei lupi e della loro capacità di superare le
difese, l'allevatore è costretto a costi e impegni sempre più gravosi
per contenere la predazione, sino che si arriva al punto di rottura. I
lupisti, avendo comprato per un piatto di lenticchie qualche allevatore
e avendone fatti dei pappagalli ammaestrati che, a comando, ripetono il
mantra della convivenza possibile, credono che tutta la categoria sia
fatta da gente così, che vende la madre per quattro soldi o che non sa
fare 1 + 1 o che è ferma alla cultura dell'invidia e della gelosia
reciproca paralizzanti, tanto che il divide
et impera risulterebbe ancora un gioco da ragazzi. Sbaglio. La
strategia lupista, almeno dalle parti del Südtirol, del Veneto, ma
anche in qualche zona del Piemonte, gli allevatori l'hanno
capita. Oltre a capirla, però, bisogna essere organizzati (almeno
come in Svizzera e in Francia) per poter dire di no a cani e reti e
costringere le istituzioni a trattare. Altro che piano
lupo con zero controllo, con "non si torca un pelo a un solo
lupo". Per ora il fronte è ancora frammentato ma unendo le forze
di resistenza rurale, almeno delle regioni alpine, lo svantaggio
rispetto alle posizioni del partito lupista, palesemente appoggiato
dall'elite e dai centri di potere euromondialisti, potrà essere
ridimensionato.