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(30.12.16) Piano lupo: gli ambientalisti vittime delle loro bugie
Le barricate dell'ambientalismo istituzionale hanno impedito che proseguisse il suo iter e l'approvazione entro l'anno il "Piano nazionale di conservazione del lupo", che doveva sostituire quello del 2002. Calendarizzato per il 7 luglio alla Conferennza stato-regioni il Piano non è più stato inserito all'ordine del giorno.

(12.09.16) Una settimana di proteste anti lupi degli allevatori della Lessinia 
La protesta degli allevatori della Lessinia assume forme sempre più clamorose. Quest'anno la strage ha riguardato ben 63 capi bovini. Alcuni allevatori sono stati ripetutamente colpiti. Come Moreno Riva un allevatore trentenne, che - alla quarta predazione avvenuta martedì scorso - con l'appoggio e la solidarietà di colleghi e amici che "hanno messo la faccia" ha caricato sulla pala del trattore l’ultima manzetta dilaniata in malga dai lupi martedì e l’ha scaricata in piazza, davanti al monumento ai Caduti.

(19.12.15) Piano lupo: i lupocrati vogliono dettare legge ai pastori
 Il Piano lupo conferma, se ce ne fosse bisogno, l'arroganza della lobby che - almeno sino ad oggi - ha potuto operare su un piano di totale autoreferenzialità finanziandosi con 18 progetti LIFE.  L'impostazione del Piano è molto pericolosa per i pastori e gli allevatori in quanto mira in modo ormai scoperto ad utilizzare il lupo per imporre una gestione dello spazio rurale che escluderà l'uomo

(19.12.15) La convivenza con il lupo è impossibile  
È quanto emerso dal convegno di Saluzzo del 17 dicembre . Il problema del lupo non è un qualcosa di isolato rispetto alle varie minacce contro la montagna, le sue comunità, le sue attività tradizionali. Il lupo è parte di un progetto politico di stampo neocolonialista e tecnocratico che fa leva sui Parchi e l'attacco alle autonomie locali.

(04.09.15) Pastori francesi prendono in ostaggio i vertici di un parco
Dopo le minacce di blocco del Tour de France e le manifestazioni  non si ferma la lotta dei pastori contro le stragi ad opera dei lupi. In Savoia (a 7 km in linea d'aria dalla Val di Susa) sequestrano presidente, e direttore del Parco del Vanoise.  Il prefetto viene incontro alle loro richieste autorizzando l'abbattimento di sei lupi. E in Italia?

(30.07.15) Il potere non ascolta la gente di montagna e la protesta sociale si esprime come può (Cuneo)
Una testa  di lupo mozzata sanguinante è stata appesa ad un cartello informativo dell'ex comunità montana della valle dell'alto Tanaro ad Ormea. Si tratta di una forma di protesta cruda ma che in Toscana è servita a scuotere la politica. Una protesta comprensibile ma che fornisce alibi all'ecopotere, alle potenti lobby del rewilding. Meglio le forme di protesta degli allevatori e pastori francesi

(14.12.14) La Lessinia i lupi non li vuole proprio
In Lessinia le bugie del partito del lupo non attaccano. Sindaci, consigli comunali, allevatori, proprietari di malghe, commercianti, gente che vive nelle contrade (e si trova già oggi i lupi in casa) è unanime: "Non li vogliamo". L'altro ieri sera i sindaci erano presenti a Bosco Chiesanuova all'incontro in cui si è discusso di politiche del lupo e degli strumenti per opporsi al diktat della loggia internazionale dei Grandi Predatori. C'è grande consapevolezza che la partita sia di quelle grosse; dietro il lupo c'è la volontà di togliere alla montagna la libertà di vivere come desidera in autonomia. La montagna o soccombe o, mobilitandosi e trovando unità e coesione, ne esce più forte

(04.12.14) Taricco e altri deputati Pd presentano una interrogazione pro pastori anti lupi 
C'è voluto il manifesto-appello pro pastori anti lupo apparso sul quotidiano  gauchiste Liberation (firmato anche da Carlin Petrini) per dare coraggio a Taricco e soci e spingerli a presentare una interrogazione ai ministri dell'ambiente e dell'agricoltura che farà infuriare gli animalisti.  Quando era assessore all'agricoltura piemontese il nostro cercò di ottenere dal Ministero dall'ambiente l'autorizzazione ad abbattere qualche lupo. Le risposte furono elusive ma sostanzialmente negative. Basate sul gioco italico della "mancanza di dati". "Non sappiamo quanti sono i lupi, quanti sono bracconati". Un "non sappiamo" indegno di un paese civile. Ora Taricco chiede da deputato: "Quanti sono i lupi in Italia, quanti danni fanno?". Ci sarà da divertirsi.

(13.11.14) Appello di accademici e specialisti francesi di varie discipline per i pastori
La cultura e l'accademia italiana sono affette dai secolari vizi di provincialismo, conformismo, servilismo disprezzo per i contadini. Chiunque si sente un minimo acculturato in Italia deve aderire al dogna: "lupo è bello, pastore è zotico ignorante". Quindi chissenefrega se i lupi stanno mettendo in ginocchio i pastori in tani comprensori. In Francia, invece, 35 studiosi e specialisti firmano un appello a favore dei pastori denunciando che la pressione predatoria che mina la biodiversità, il paesaggio, i prodotti alimentari più autenticamente 'legati al territorio'. Tra loro Carlin Petrini, fondatore di Slow Food 

07.09.14 I lupi favoriscono l'agricoltura industriale 
In un documento diffuso in questi giorni la Confédération paysanne accusa la politica della diffusione dei grandi predatori e della loro ingiustificata super-protezione di  favorire le fabbriche zootecniche senza terra. Ma anche dal Trentino, Silvano Rauzi, presidente della para- istituzionale Federazione Allevatori della provincia di Trento denuncia come il progetto Life Ursus (con 60 orsi presenti nel Trentino occidentale) stia provocando non solo l'abbandono delle malghe ma anche la chiusura delle aziende zootecniche

(29.08.14) Hanno fatto prendere agli alpeggiatori i cani da difesa. Adesso li criminalizzano (Ormea, Cn) 
Un gioco sporchetto quello a danno dei pastori e dei margari. Prima ti spiegano che se prendi i cani non avrai più problemi con i lupi (non è vero). Poi ti dicono che se hai ancora predaizioni è colpa tua e che se i cani mettono paura o aggrediscono i turisti è sempre colpa tua. Il sindaco di Ormea, Ferraris, intende concedere ai margari l'impiego di un solo cane (altrimenti niente rinnovo degli affitti). Ma un solo cane non basta e la stessa Regione Piemonte condiziona i contributi erogati per la difesa degli animali ad un congruo numero di cani.

(02.03.14) In Maremma ci si interroga sui lupi. Un intero fascicolo di una rivista accoglie il dibattito 
Le "esposizioni" delle carcasse dei lupi non hanno prodotto solo l'esecrazione rituale degli animal-ambientalisti e la malcelata soddisfazione degli allevatori. Hanno stimolato un dibattito tra coloro che hanno a cuore il territorio dal quale emergono molte posizioni critiche sull'introduzione del lupo in un territorio vocato all'allevamento ovino

(24.01.14) Altro che "reintroduzione spontanea". Alla frontiera polacco-tedesca i lupi entrano... in camion
Come pensano da tempo allevatori, pastori, cacciatori, c'è l'"aiuto" delle organizzazioni ambientaliste dietro l'espansione travolgente del lupo in tutta Europa. Nel numero in edicola di una importante rivista venatoria e cinofila germanica si riferisce di un colloquio con funzionari di polizia che parlano di un camion fermato con lupi e linci

(05.01.14) Il leader no global con i pastori sui lupi
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(31.12.13) le fabbriche dei lupi 
Il Corpo Forestale dello Stato ha eseguito una vasta operazione contro le "fabbriche dei lupi" (allevatori del cane "quasi lupo" CLC che volevano ibridi ancora più lupeschi). Ma siamo sicuri che tra Centri lupo del CFS, Centri recupero, Zoo, Centri faunistici vari non ci sia in essere una "fabbrica del lupo" finalizzata a favorire l'espansione della specie? E chi ha messo in circolazione i lupi canadesi. Vediamo di penetrare un po' nell'ambigua vicenda.

(17.11.2013)Imbrogli ecologici: WolfAlp
Grazie alle spudorate menzogne scientifiche "il lupo è sempre a rischio di estinzione" i cordoni della borsa per i progetti pro lupo dei parchi sono sempre aperti. Sarà bene che si sappia che 7,15 milioni di euro vanno ad ingrassare i meccanismi clientelari dei Parchi mentre sempre più pastori, produttori onesti e sostenibili che non usano concimi chimici e pesticidi, abbandonano



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Orso e lupo

Mantenuta la demagogica protezione "a prescindere" del lupo. Cosa succederà?
di Michele Corti

(12.02.17) I presidenti delle regioni  si sono comportati come conigli impauriti di fronte alle proteste ambiental-animaliste contro la possibilità (solo teorica) di un controllo ultraselettivo del lupo. A loro consigliamo: 1) di riflettere sull'impulso fornito dalla loro ignavia alle uccisioni illegali; 2) la lettura di un testo storico, pubblicato nel 2002, che - sulla base di abbondantissima e inoppugnabile documentazione - descrive la strage di centinaia di bambini ad opera dei lupi nelle zone tra Lombardia e Piemonte tra XV e XIX secolo


Il 2 febbraio le regioni hanno dato una pessima prova di sé. Il Ministero e gli esperti pro lupo (in testa Boitani, il gran lupologo) caldeggiavano l'inserimento, nel contesto di un Piano lupoche mira ad estendere su tutte le Alpi la presenza dei branchi, di una remota possibilità di abbattere singoli capi. Era una possibilità teorica perché presupponeva: 1) che nell'area fossero state messe in atto tutte le forme di difesa passiva (cani e recinti); 2) che nel comune i danni risultassero superiori del 40% della media dell'area interessata; 3) che nell'area non fossero stati rinvenuti bocconi avvelenati o altre trappole.  Ecc. ecc.
Lo capiva anche un bambino che era solo un modo per dire: "tranquilli, non si darà l'autorizzazione ad abbattere un solo lupo".  Diamo un contentino agli allevatori che non ci costa nulla.
In ogni caso tutto avrebbe dovuto attivarsi solo con una richiesta da parte delle regioni interessate; poi bisognava attendere l'autorizzazione del Ministero che sarebbe stata concessa su parere dell'ISPRA. Nel frattempo il lupo si spostava altrove e avrebbe continuato a predare impunemente.
Ci si potrebbe chiedere: "ma per quale ragione le  regioni Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli, Abruzzo, Campania, Puglia hanno detto niet a un provvedimento che sarebbe stato attivato solo per loro iniziativa?". C'è solo una risposta: l'imbecillità, la demagogia, la vigliaccheria sono oggi largamente diffuse e bipartisan. Regioni governate dal PD (Toscana e dintorni) si sono guardate bene dall'unirsi al coro dei vigliacchi perché lì la situazione ha tracimato il livello di guardia: la tensione sociale in Maremma si taglia con il coltello e l'incazzatura di pastori e di qualche sindaco cominciava a fare più paura delle sceneggiate animaliste.
All'unanimità il 2 febbraio la conferenza stato-regioni, che doveva dare il suo parere al Piano lupo, ha quindi deciso di... non decidere. Rinviando al 23 febbraio (ma solo per salvare un po' la faccia e non far vedere che si erano del tutto calate le mutande di fronte agli animalisti e dato uno schiaffone alla gente che lavora onestamente).
Noi avevamo previstyo che non se ne sarebbe fatto nulla (vedi il nostro commento allo stop che aveva subito l'approvazione del piano già lo scorso anno) . Non eravamo però arrivati a pensare che si sarebbe arrivati ad una situazione in cui il Ministro dell'ambiente, Galletti, e Luigi Boitani per difendere il loro Piano (pro) lupo sono stati costretti ad accusare animal-ambientalisti (e le regioni che li hanno spalleggiati) di demagogia,
irrazionalità e strumentalità pelosa. Luigi Boitani ha così esternato:

"Fare del lupo un santo intoccabile nuoce a tutti, ad eccezione di quanti ci hanno costruito sopra le proprie fortune cavalcando una posizione emotiva legittima, ma fuori dal tempo. Mi auguro, come cittadino e come fermo conservazionista del lupo in Italia e in Europa, che la razionalità prevalga, altrimenti proseguiremo raccontandoci che l’Italia è un faro della conservazione del lupo, mentre di fatto la sua gestione è affidata alla inciviltà del bracconaggio".


Tra questi crudeli metodi di difesa dal lupo le tagliole e la "pesca" del lupo all'amo, sono tornati in auge. Animalisti, WWF, Legambiente e presidenti delle regioni potranno essere fieri di aver dato un incentivo a questi sistemi


Fino a quando sarà possibile proseguire nella farsa?


Ma sino a quando la gestione del lupo sarà affidata al bracconaggio?  La vigliaccheria , il mettere la testa sotto la sabbia come hanno voluto fare le regioni,  può solo prorogare la farsa dell'Italia "faro della conservazione". Una farsa che si accompagna alla crudele realtà di aziende pastorali che chiudono (come ha dichiarato anche il ministro Galletti) e di un numero importante di lupi uccisi in modo crudele (veleno, ami da pesca, bocconi taglienti ecc.) mentre un numero ancora più importante subisce l'ibridazione con i cani. Ora anche tra i lupologi (quelli meno legati a business e mondo ambiental-animalista) si fa strada l'idea che i lupi siano ormai troppi (ben più dei 2000 dichiarati) e che il lupo appenninico sia in pericolo, non per i bracconeri ma per i suoi amici che ne hanno favorito l'eccessiva espansione in aree poco vocate dove il rischio di ibridazione è elevato.



Forse la farsa cesserà perché i veri difensori del lupo avranno il coraggio - per salvare in extremis la specie - di opporsi alla demagogia sentimentalista, agli imprenditori politici degli occhioni da cucciolo di lupo, ai business dei progetti milionari a ripetizione. Forse la farsa cesserà perché l'esasperazione degli allevatori condurrà a tensioni sociali localmente insostenibili e troppo imbarazzanti per la politica. Forse la farsa cesserà perché prima o poi il lupo (lupo, non cane, non ibrido) attaccherà l'uomo e dopo due secoli di "tregua" verrà sbranato di nuovo un bambino (in Spagna è successo sino a meno di mezzo secolo fa). Il calcolo immorale dei vigliacchi politicanti cammuffati da uomini delle istituzioni è: "non sarò più io presidente della regione, chissenefrega".

Le favole sono pericolose

Oggi la possibilità di attacchi all'uomo è dogmaticamente esclusa dagli "esperti". La posizione del main stream accademico è: "vero che in alcune circostanze il lupo può essere antropofago ma si tratta di contingenze storiche rare". Sino a non molti anni fa i lupologi in perfetta mala fede (sapevano che i naturalisti del passato avevano descritto l'antropofagia del lupo) negavano l'antropofagia sostenendo: 1) si dava la colpa al lupo ma erano cani: 2) sì in qualche caso i lupi attaccavano e uccidevano gli umani ma perché rabidi.
E' stato necessario sbattere sotto il muso di questi "scienziati" (pronti a falsificare la realtà per piegarla alla loro ideologia) una ponderosa ricerca di uno storico e di alcuni naturalisti per far loro rimangiare tutto quanto (o quasi). Il libro in questione è: "L'uomo e la bestia antropofaga. Storia del lupo nell'Italia settentronale dal XV al XIX secolo" a cura di Mario Comincini, Edizioni Unicopli, Milano, 2002.
L'opera dimostra che i casi di antropofagia si infittirono nella tarda età moderna e all'inizio dell'età contemporanea. Dopo il 1830 il fenomeno che fu a lungo endemico, aveva conosciuto il suo acme tra Settecento e primo Ottocento, cessò. Gli autori hanno utilizzato fonti quali verbali di polizia, certificati di morte e cronache redatte da pubblici ufficiali. Fonti inattaccabili che forniscono molto particolari sulle aggressioni, le lesioni, l'esito delle stesse. Nella stragrande maggioranza dei casi (si parla di centinaia di casi di predazione umana nell'area della pianura lombarda e del Piemonte orientale), si può escludere che il lupo fosse rabido (infatti spesso i feriti riuscivano a sopravvivere). Che i nostri antenati abbiano ingiustamente incolpato i lupi per misfatti di cani randagi è altresì escluso. Non solo perché spesso il lupo veniva catturato e identificato ma anche perché allora non esistevano pastori tedeschi e altre razze lupoidi e tanto meno i cani lupo cecoslovacchi.



Gli autori osservano giustamente che l'antropofagia rappresenta un fatto "culturalmente acquisito" come hanno dimostrato anche le recentissime "epidemie" di antropofagia lupina in India (dopo che dall'Ottocento non vi erano state più "ondate").  Un comportamento che subentra (e permane più o meno a lungo) in circostanze in cui il contatto tra uomo e lupo si fa più frequante e il lupo non ha a disposizione le prede "naturali" (ma per un predatore opportunista esistono prede "naturali"?). Tra Settecento e Ottocento i boschi superstiti di pianura (come la estesa foresta di Cusago alle porte di Milano) sono soggetti a disboscamento. Il lupo vede restringersi l'habitat che gli consentiva di restare invisibile o di rappresentare una minaccia remota. Lo spazio antropizzato stava allora distruggendo i santuari in pianura del lupo e gli ultimi lupi erano costretti ad uscire allo scoperto nelle aree di pascolo dove i pastorelli portavano il loro bestiame. Questa l'origine di tante tragedie.
Oggi avviene il contrario. Sono gli ultimi presidi dell'uomo in montagna ad essere assegiati dalla selvaticità. In questo contesto il lupo ha a disposizione (ma non sempre) prede selvatiche. La mancata persecuzione da parte dell'uomo può portare però a due fenomeni: 1) localmente la popolazione lupina (o ibrida) può aumentare sino a decimare le prede selvatiche tanto da spingere i lupi (come già fanno) ad avvicinarsi spavaldamente ai centri abitati; 2) in assenza della percezione del pericolo rappresentato dall'uomo che (almeno ufficialmente) ha le mani legate e non può difendersi dalla "specie protetta", il lupo acquisisce generazione dopo generazione - come insegna Boitani - un comportamento meno elusivo, più confidente. Matematico che di questo passo si moltiplicheranno gli incontro ravvicinati. Diversi pastori dal Piemonte al centro Italia hanno già denunciato aggressioni da parte di lupi. Non sono creduti. Ma quando avverrà un fattaccio sarà sempre possibile nascondere i fatti, dare la colpa ai cani, agli ibridi? Non sarà possibile in eterno.

Se fosse rimasto un residuo po' di onestà intellettuale e senso di responsabilità nei politicanti che presiedono le regioni sarebbe utile per loro leggere almeno l'introduzione del sopracitato studio. La riportiamo qui per comodità invitando tutti coloro che sono seriamente interessati al tema a leggerla integralmente (è acquistabile online su siti di acquisto libri o è disponibile in diverse biblioteche).



L'uomo e la bestia antropofaga. Storia del lupo nell'Italia settentronale dal XV al XIX secolo

 a cura di Mario Comincini

Introduzione

Si sostiene che esistono un lupo reale e un lupo fantastico (1). Il primo è oggi studiato dalle scienze (biologia, etologia ecc.) e in Italia è superstite solo in alcune centinaia di esemplari. Il secondo vive nell'immaginario di ciascuno di noi e popola le leggende, le vite dei santi, le tradizioni, la letteratura. Qui non ci occupiamo né dell'uno né dell'altro, ma piuttosto del lupo storico, cioè del lupo reale nella storia. Subito rilevando come le scienze contemporanee , nell'esaltare i caratteri biologici dell'animale, abbiano costantement e represso o rimosso, quasi sempre in buona fede, l'immagine mitica del lupo proposta dalle fonti mediate (soprattutto letterarie). Ma perché limitarsi a un giudizio sul lupo mitico in quanto immagine deformata - e deformante - del lupo biologico? Perché invece non chiedersi se il lupo mitico non sia un'immagine deformata del lupo storico? È certo meritoria l'operazione di recupero che le scienze hanno già effettuato, cioè dare contorni netti all'attuale realtà dell'animale rispetto alla nostra convenzionale rappresentazione mentale. Ma piuttosto che negare relazioni fra lupo mitico e lupo biologico, vanno cercati collegamenti sia fra lupo storico e lupo mitico, sia fra lupo storico e lupo biologico. Il lupo non può insomma dirsi completamente recuperato, fino a quando manca la ricostruzione storica del suo passato, alla quale si vuole appunto contribuire con questa ricerca.
Qui manca pertanto l'approfondimento dei diversi altri aspetti sotto i quali illupo è stato finora studiato: antropologico, etnologico, folklorico, mitologico, letterario, con le relative connessioni (letteratura mitologica, mitologia popolareecc.); sono aspetti che godono già di una sterminata bibliografia (2) e che tuttavia potrebbero giovarsi dei dati offerti dagli strumenti a cui ricorre lo storico, cioè le carte d'archivio, soprattutto quando hanno, come nel nostro caso, il massimo grado di attendibilità.
Né questo lavoro vuole contribuire alla causa del "lupo buono" o del "lupo cattivo", quasi fosse possibile una lettura psicologica dei suoi comportamenti, come avviene nelle favole. Una precisazione forse opportuna, perché con un equivoco senso dell'ecologia si tende oggi a minimizzare o ad escludere la "cattiveria" del lupo, negando una credibilità storica a lontane vicende sanguinarie che lo ebbero per protagonista. Qui invece si documenteranno molte di quelle vicende,
senza però lo spirito persecutorio di chi giudica "cattivo" il lupo, perché né que￾sto né il contrario atteggiamento mentale contribuiscono a restituire al nostro animale la sua identità. Non sarà quindi per una scelta di campo, ma per la suggestione delle carte, se il lupo protagonista delle nostre storie potrà apparire di volta in volta un animale trasformato in mostro dalla paura, un demone familiare, il signore della foresta che sa mettere la fantasia in gara continua con larealtà.
Nel recuperare la dimensione storica del lupo, non possiamo non tener conto dell'atteggiamento dell'uomo (solo ora scriviamo la storia degli animali, prima l'abbiamo solo fatta). È merito di Ortalli l'aver precisato che, mentre in età classi￾ca il lupo non è sentito come un pericolo per l'uomo, nel medioevo l'aggressione a questo è un evento frequente, previsto e temuto (3). Nasce la paura per il lupo.
Una paura certo alimentata anche da astratti motivi letterari, ma che ha comun￾que sempre alle spalle la concreta natura dell'animale (4) . E forse è anche l'inselvatichimento dell'ambiente dopo l'età classica che, nel medioevo, porta a una situazione di minaccia e alla condizione di paura. Ma cosa accade in età moderna?
Chi studia il lupo sulle fonti storiche, tende a considerare l'età a noi più vicina frequentata solo da lupi fantastici, retaggio della paura del lupo reale medievale (5) . Invece chi si applica alle scienze naturalistiche
contesta anche quelle fonti, dando una sbrigativa giustificazione: l'età romana non conosce l'immagine del lupo assassino perché domina la razionalità; questa però viene meno nel medioevo, facendo sorgere il mito (6). Questa psicosi lupina spiegherebbe alcuni provvedimenti che appaiono sproporzionati, come l'erezione di mura cittadine contro l'invadenza di quelle bestie; e per quanto riguarda la legislazione che obbligava all'abbattimento dei lupi, andrebbe interpretata come
una necessità per difendere la zootecnia di quei tempi (7).
Una sorta di cosmesi della tradizionale immagine del lupo, un'immagine che viene tollerata solo se ben confinata nella letteratura fantastica.
In età moderna il lupo è allora un animale soltanto pensato? È uscito così presto dalla storia, per entrare nelle favole con la stessa triste fama? È quasi un simbolo necessitato, creato dal sonno della ragione?
A queste domande si vorrebbe dare una risposta col nostro lavoro, seppure per un ambito circoscritto. E se ne anticipano le conclusioni: nell'area considerata, cioè il territorio lombardo e in parte piemontese, il lupo fu presente fino agli inizi dell'Ottocento, tanto in pianura quanto in montagna, in zone boschive ma anche in prossimità degli abitati, continuamente assalendo l'uomo e non di rado causando vittime. Poi scomparve, con l'ambiente che l'aveva fino allora protetto.
Il bosco della tarda età moderna non è più quello degli inizi del secondo millennio. Il progressivo diboscamento ha mutato il paesaggio naturale, un tempo ostacolo all'uomo e ai suoi movimenti, recuperando vaste aree per le colture. E col diboscamento e comunque la definitiva appropriazione degli spazi incolti, si rompe l'equilibrio già precario fra lupo e uomo che aveva lasciato sopravvivere l'animale fino a quel momento: l'uomo radicalizza la propria ostilità. Non a caso
gli episodi drammatici in area padana diventano tanto frequenti tra Settecento e Ottocento. È quando appunto quella appropriazione da parte dell'uomo si fa definitiva. Il sanguinario episodio della Bestia Feroce, ma anche molti altri emersi dagli archivi, non rappresentano quindi un momento di recrudescenza del lupo (così i contemporanei cercano di spiegare il fenomeno), ma piuttosto la sua estrema reazione contro la strage sistematica e definitiva. Una strage, peraltro, che ha costi altissimi anche per l'uomo.
Il bosco lombardo alla fine del Settecento sta diventando un luogo inerte esicuro. Ormai privo di cervi, daini, cinghiali e orsi, la sua anima antica è incarnata soltanto dal lupo, che mantiene viva l'immagine ancestrale di luogo sterminato, dove prevalgono forze ostili e oscure, regno della paura e della magia, dimora di streghe e rifugio di banditi. Ma anche l'ultimo animale selvaggio che domina i nostri boschi sta per arrendersi all'antropizzazione e combatte l'estrema lotta per la vita rintanandosi nel proprio ambiente, sempre più stretto e innaturale, che obbliga a continui adattamenti. E questo autoisolamento, esaltando agli occhi dell'uomo le peculiarità negative della bestia, ne rafforza il mito. Ancora nell'Ottocento il lupo è una bestia temuta non solo per la sua imprevedibilità.
Nella nota scissione fra animali benefici e animali malefici, propria della cultura popolare, il lupo, che non ha seguito l'uomo nel suo acculturamento, appartiene alla seconda catagoria e ne è quasi il simbolo: rappresenta il selvaggio, l'incolto e tutto ciò da cui l'uomo ha tentato e tenta d'allontanarsi. E quindi l'irrazionale, e quindi il male. E un animale malefico non può essere che un animale diabolico.
È superfluo ricordare quanto frequentemente la cultura cattolica sia ricorsa alla zoologia per chiedere a prestito delle forme con cui dare un aspetto al diavolo. E la demonizzazione del lupo, propria del medioevo cristiano, sopravvive in ogni zona fino all'ultimo esemplare e oltre.
Così accade anche alla Lombardia con i suoi lupi. Mentre la loro popolazione viene decimata, non si respira solo aria di bonifica. C'è anche un clima di vittoria della cultura sulla natura. Il lupo va eliminato perché rappresenta una regressione culturale, perché non si è lasciato armonizzare nel progressivo, faticoso allontanamento dell'uomo dallo stato animale. È una creatura disumana. (Eppure a suo modo è un animale culturale, perchè sa adattarsi all'ambiente continuamente condizionato dall'uomo).
Nei secoli scorsi il lupo era diffuso in tutto il territorio europeo
(8). Questa ricerca, come s'è detto, tende a ricostruire la sua presenza nell'area padana, soprattutto in Lombardia e in vaste zone piemontesi. Un'area significativa, perché caratterizzata da un paesaggio montano e collinare, ma anche da vaste estensioni pianeggianti e fortemente antropizzate già in epoca antica, molto più di altre regioni italiane, dove infatti sarebbe meno difficile trovare tracce del lupo, anti￾che e recenti. E nell'ambito di questo territorio, per il quale il solo parlare di lupi
in età moderna farebbe sorgere qualche perplessità, si sono poi privilegiate zone assolutamente insospettabili, nella Bassa milanese e addirittura in prossimità di città - Milano compresa - e borghi popolosi (provare che esistessero i lupi in zone montuose è sembrato superfluo, almeno per le età più antiche). Anche l'ambito temporale della ricerca è quasi una provocazione ai luoghi comuni: dal Quattrocento all'Ottocento, cioè l'epoca nella quale si fa tradizionalmente vivere solo il lupo fantastico, attribuendo un carattere di eccezionalità a episodi docu￾mentati di lupi reali. Di più: in questo arco temporale si è privilegiata poi la documentazione meno antica, perché il lupo, a differenza di altre realtà, diventa interessante per lo storico e il naturalista quanto più dimostra di aver saputo sopravvivere.
Nel corso della ricerca è subito emerso che non si era sulle orme del lupo impossibile. Pur con quei limiti territoriali e temporali, si è infatti rinvenuta un'enorme quantità di tracce del nostro animale, per quasi cinquecento località.
Un risultato sorprendente, perché il lupo sembrava un caso di "silenzio della storia", un argomento povero di fonti dirette. E a questo risultato si è giunti perlu￾strando trasversalmente le fonti archivistiche. Ogni archivio storico documenta la vita degli uomini e delle loro istituzioni, non quella degli animali. Non esiste l'archivio del lupo e quindi i documenti che lo riguardano vanno cercati nei diversi archivi, dove furono conservati per ragioni diverse. Tuttavia sappiamo che,
complessivamente, è ben poca cosa l'antica documentazione superstite, rispetto a quella prodotta a suo tempo; e per di più quella che qui interessa si creava solo quando il lupo veniva in rapporto con l'uomo. E infine, il segmento di società maggiormente in rapporto col lupo, cioè quello rurale - grosso segmento anche nella Padania, nei secoli passati - era un mondo senza scrittura. Nonostante queste circostanze e le volute limitazioni della ricerca, i risultati di questa dimostrano che il contatto fra l'uomo e il lupo era frequente, oltre che drammatico, e non episodico, come vorrebbe certa letteratura contemporanea. Per quanto possa sembrare un paradosso, il lupo viveva nell'immaginario collettivo perché apparteneva alla realtà quotidiana.
Come in natura, anche in archivio il nostro animale è sempre sfuggente e sa trovare nascondigli quasi inaccessibili. Le carte antiche non sono ordinate per favorire chi vuole cacciarvi i lupi. In un registro dei defunti ci si può imbattere in una vittima. Ai verbali di una visita pastorale può essere allegata la supplica di una piccola comunità rurale, che implora di cambiare parrocchia perchè la sua è al di là del bosco, dove il lupo è sempre in agguato. Un toponimo apparentemente inspiegabile come Monlué, alla periferia di Milano, nasconde la più antica forma di "Monte Luparium". Una lettera cancelleresca dell'età di Ludovico il Moro, fra migliaia, può segnalare la presenza del nostro animale in una determinata zona. La dedica di una chiesetta può dipendere dal culto per un santo che proteggeva dalla bestia. E come dire che una ricerca sistematica sarebbe alquanto ardua e che quindi le tracce finora emerse devono considerarsi solo un campione e neppure significativo di quanto le antiche carte possono ancora celare.
Questa considerazione rende ovviamente ancora più dilatabili le accertate
dimensioni del fenomeno lupo in Lombardia. In prospettiva, un contributo incisivo potrà venire dalla storiografia locale, abituata a quella profondità d'indagine che appunto le aree ristrette consentono e particolarmente sensibile a quegli aspetti del passato (toponomastica, tradizioni locali ecc.) tuttora segnati dalle impronte del lupo.
Nel frattempo, proprio di queste fonti tra natura e cultura si cerca di fornire una prima ricognizione. Inoltre si è elaborata un'interpretazione naturalistica della realtà emersa dai dati d'archivio e si è raffrontata l'antropofagia del lupo padano nei secoli passati con quella recentemente manifestatasi in altre aree del mondo, così da proporre un'ipotesi esplicativa del comportamento antropofagico del nostro animale

Note

1. L. Boitani, Dalla parte del lupo, Segrate 1986, p.7.
2. Per la bibliografia cfr.: G. Ortalli, Natura, storia e mitografia del lupo nel Medioevo, "La Cultura", XI, 1973. G. Cherubini, Lupo e mondo rurale, in: L'Italia rurale del basso medioevo, Bari 1984, p. 195 sgg. G. Boscagli, Il lupo, Udine 1985. Boitani cit.
3. Ortalli cit., pp.258, 259, 266, 269.
4. Idem, cit., p.262.
5. V. Fumagalli, La pietra viva. Città e natura nel Medioevo, Bologna 1988, pp.l 17-118. Ortalli cit.
6. Boscagli cit., p.27.
7 Idem, p.28.
8) Si vedano le opere di Ortalli, Boscagli e Boitani cit.




 

 

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