(08.12.09)
San Lucio di Cavargna.
Patrono degli alpigiani, dei casari e
dei formaggiai
di Pierfranco Mastalli
email: pierfrancomastalli@libero.it
Premessa
Questa riflessione parte dalla descrizione del culto di
alcuni significativi santi venerati nella regione insubrica ,per coglierne
alcune caratteristiche antropologiche,ecologiche ed identitarie, attraverso
l’analisi di una delle tante tessere del complesso mosaico del nostro
ecosistema e tenendo presente l’imprescindibile nesso fra le pratiche
devozionali e le condizioni di vita
delle popolazioni interessate.
L’iconografia ed il significato mistico ed allegorico
collegati ad un determinato santo ci possono dare un affresco sulle condizioni
dell’ecosistema in cui la comunità umana
insubrica si è trovata a convivere e a
radicarsi nella propria identità culturale.
Nello stesso tempo diventa importante verificare se ai
nostri giorni le pratiche devozionali tradizionali si manifestino genuine,
profondamente sentite nella quotidianità del vissuto e quindi in simbiosi con
l’ambiente del luogo oppure rappresentino una formale rappresentazione
esteriore.
Esaminando alcune figure di santi venerati nell’Insubria,
possiamo già farne una selezione attraverso la peculiarità delle rispettive
protezioni e la significativa presenza di luoghi di culto con rappresentazioni
iconografiche ben individuabili per la loro caratterizzazione.
In questa nostra regione dei laghi e delle valli
colleganti i territori a nord e a sud delle Alpi Lepontine, la devozione verso
taluni santi sono la logica conseguenza
del rapporto con l’orografia, l’ambiente naturale e le pratiche della
pastorizia.
Ci limitiamo quindi a parlare prima di quei santi che
hanno dato nome a passi, chiese, oratori, località lungo le vie di
comunicazione, poi di san Lucio legato alle attività negli alpeggi.
La nostra regione è caratterizzata,
oltre che dai laghi,
da innumerevoli collegamenti intervallivi, vere arterie vitali per gli scambi
culturali, commerciali, per le emigrazioni e le attività legate alla montagna e
al suo governo: regione quindi di grandi scambi,traffici,passaggi anche
devastanti, ma sempre mantenutasi legata alle tradizionali culture nelle sue
diverse accezioni, in quanto la comunità umana è rimasta fin’ora legata e parte
creativa di un rapporto bivalente con l’ecosistema.
Fin quanto si manterrà questa simbiosi pur nelle mutate
condizioni di vita, è l’interrogativo che ci poniamo. Una risposta possibile e
utile dovrebbe essere il ricercare attraverso la condivisione della forza
ispiratrice del “genius loci” insubrico
il superamento delle divisioni amministrative e delle
tendenze isolazioniste e di chiusura, alle quali spesso si è tentati di
ricorrere in presenza di emergenti difficoltà.
I santi che qui ricordiamo nella loro tradizionale
protezione verso i viandanti, i pellegrini, i diversi nei loro perigliosi
trasferimenti alla ricerca di lavoro o di nuove esperienze hanno diversa
provenienza ma identica presenza evocativa.
Si va da S.
Jorio, poco noto in generale ma ben conosciuto
nelle valli che dall’Alto Lario occidentale (Dongo e Gravedona) si collegano al
Ticino (Giubiasco e Bellinzona)ed ai Grigioni italiani (Roveredo) attraverso
l’omonimo passo, frequentato sin dall’antichità da ogni tipo di viaggiatore e
nel periodo a cavallo dell’ultima guerra da nutriti gruppi di contrabbandieri,
contrastati dalle guardie ora svizzere ora italiane a secondo dei periodi e
delle leggi in vigore, ma sempre guardati con favore dalle popolazioni di
confine,il quale, come elemento
artificioso, costituisce la vera causa del fenomeno di trasgressione.
Al passo di S.Jorio, un omonimo alpestre oratorio è meta
di un pellegrinaggio per la tradizionale festa alla prima domenica di agosto,
in occasione di un incontro popolare in quel meraviglioso scenario ambientale,
dove ancora si pratica in entrambi i versanti l’antica attività
dell’alpeggio,con la produzione di formaggio di qualità.
S.Jorio è un personaggio leggendario, di cui non si
conoscono origine e vita: il suo culto è molto circoscritto, a differenza
dell’altro santo protettore dei
viandanti, S.Cristoforo, venerato anche in aree geografiche lontane da qui. La
leggendaria vicenda di quest’ultimo santo trae origine dal suo nome, mentre le
uniche notizie certe sono la morte documentata in Asia Minore ed il culto
attestato nel secolo V.
Si tratta quindi, come si direbbe oggi, di un
“extracomunitario” che da noi ha trovato credito tanto che non c’è luogo lungo i percorsi
storici, in montagna (Livo), nelle valli (in Ticino a S.Antonio in valle
Morobbia, a Giubiasco e a Bellinzona, nei Grigioni in Valle Mesolcina a
Mesocco) o sui laghi (a Gravedona in Santa Maria del Tiglio ed a Ossuccio nella
chiesa dei SS:Giacomo e Filippo davanti all’Isola Comacina) dove non ci sia una
chiesa o un affresco che ci ricordi S.Cristoforo.
La sua rappresentazione iconografica potrebbe spingerci
anche a considerarlo il protettore dei contrabbandieri.
Diversa è la figura e l’origine del culto di S.Gottardo,
taumaturgico vescovo benedettino venuto dal Nord (Ildesheim) e vissuto negli
anni intorno al mille. Egli è il patrono dei mercanti, dei febbricitanti e
anche dei viandanti.
Oltre al famoso passo
nell’alta valle del Ticino, ricordiamo le chiese a lui dedicate nella
valle fra Bellinzona e l’Alto Lario Occidentale, a significare e testimoniare
un intenso traffico di passeggeri e merci fra i due versanti, lungo un percorso
che per i tedeschi che scendevano dal Nord passando per Bellinzona era
individuato nel Seicento come la “Gravedonerstrasse”.
La presenza in queste valli di un santo protettore dei
mercanti ci rimanda anche alle tradizionali fiere e mercati che si svolgevano
in questi luoghi, occasione di scambi commerciali e culturali.
Dopo questa prima veloce
carrellata, ci soffermiamo ora con più
dettagliate descrizioni su S.Lucio, che a nostro giudizio rappresenta una sintesi di
tradizioni di lavoro,
professionalità, fede e solidarietà un tempo tipiche nella cultura
radicata nella maggioranza della
popolazione, ben riassunte nella vita di questo alpigiano e casaro,
ucciso perché generoso ed accogliente verso i poveri, i deboli e gli
emarginati.
S. Lucio Di Cavargna: Storia- Tradizioni- Iconografia – Culto-
Presenza
Sorge
al passo di San Lucio, ai confini fra la Val Cavargnae la ticinese Val Colla,
un caratteristico oratorio dedicato a questo stesso santo martire, che qui
visse probabilmente nella prima metà del Trecento; la chiesetta, ubicata a 1548
metri di altitudine e sottoposta alla parrocchia di Cavargna in diocesi di
Milano, è costituita da una semplice navata formata da un nucleo medievale, cui
si aggiunse nel Quattrocento la campata iniziale, nel Seicento il presbiterio e
avanti il 1777 il profondo portico occidentale. Il luogo alpestre è noto non
solo per la festa del santo che ricorre il 12 luglio, ma pure per il grande
concorso di italiani e svizzeri il 16 agosto, data in cui dal sec. XIX si abbina l’omaggio a San Rocco
cui è dedicata una cappella laterale successivamente inclusa nell’edificio: nel
2002, in occasione dell’inaugurazione dei restauri, vi salì anche il cardinal Carlo Maria Martini
con il vicario episcopale Giuseppe Merisi, poiché Cavargna e Porlezza sono
parte della zona pastorale di Lecco.
Secondo
le osservazioni di Luigi
Mario Belloni, la chiesetta, accostata da una consistente
torre campanaria, ha qualche resto medievale ed occupa probabilmente il posto
di un piccolo luogo cultuale ben più antico, come spesso avveniva per i passi
alpini: ne sarebbero una conferma sia parte di murature in grossi conci lapidei
squadrati, sia una macina interrata presso l’ingresso, sia ancora un ossuario
in marmo di Musso, romano o tardoromano, che serve da acquasantiera.
Lucio
è un santo locale, distinto nelle visite pastorali diocesane dal 1567 in avanti
con nomi diversi, Luguzzone, Laguzzone, Luzzone, Uguzo, Uguccione, trascrizioni
della parlata montana, che ha caratteristiche particolarissime nel dialetto
detto “rungin”. Proprio per questo egli venne nel tempo confuso con altri santi
dal nome simile, venerati in più parti dell’Italia settentrionale e centrale,
ed in particolare con il San Lucio, festeggiato il 3 dicembre, principale
patrono della città di Coira, che fu vescovo e martire e visse al Luziensteig
(Cantone Grigioni) intorno al 200 d.C.; egli è
venerato in modo particolare nelle valli cattoliche dei Grigioni
italiano (Mesolcina e Calanca) le cui chiese ne conservano dipinti
interessanti. Nelle nostre zone è ricordato ad Ardenno Masino (Sondrio) nella
chiesetta della frazione S. Lucio, dove si può osservare una tela con S. Lucio
vescovo di Coira, considerato dalla
popolazione locale come protettore dei casari, alpigiani e formaggiai,
probabilmente appunto per contaminazione fra i due personaggi.
La
diffusione in area cattolica di un culto verso un santo protettore di pastori,
alpigiani, casari e della vista potrebbe far pensare ad una riappropriazione nelle pratiche religiose di una venerazione
per una simile divinità pagana presente
nelle Alpi.
Un mandriano martire della
carità
Di
questo santo ben poco si conosce. Egli visse certamente fra il secolo XIII e il
XIV, poiché Goffredo da Bussero, nelle memorie stese intorno al 1290
relativamente ai santi venerati nella diocesi, non ricorda questa dedicazione,
mentre nel 1359 Lucio era già indicato come santo quando nella chiesa “sancti
Laguzoni de Cavargna plebatus Porlezie” risiedeva come custode un eremita,
Viola, che veniva allora indagato dal podestà locale con l’accusa di aver
derubato e ucciso un pellegrino.
Il posto era certo famoso, perché Benedetto Giovio
lo incluse nel poemetto “ Sylvae -De
tribus divis monticulis Donato, Lugutione et Aemilio” stampato a Como nel
1545, ma le scarne notizie sul personaggio si ricavano dagli atti delle visite
a partire dai tempi di S. Carlo, il quale salì sul monte per ben due volte –una
sicuramente nel 1582- a venerare l’umile mandriano. Nel 1567 il delegato del
Borromeo, trovando nella chiesa numerosi ex voto e delle antiche scene dipinte
della vita del santo, raccolse pure dalle parole del custode Antonio Domenegali
della consuetudine antica di giungere ivi processionalmente dai paesi vicini a
cantare messa, in feste che contemplavano pure balli e tripudi, a volte
sfociati in sanguinose risse. Narrava la tradizione che il beato Laguzone era
un mandriano di un certo Annibale Toffo; egli pascolava i suoi armenti e
produceva il formaggio per il padrone, che gliene lasciava la metà; con questa
Lucio preparava altro formaggio che distribuiva ai poveri, cioè con ogni
probabilità ricavava due volte formaggio dalla stessa casatura, ossia cacio e
ricotta. Il giovane fu ucciso da un sicario inviato dal suo padrone, che credeva
di essere derubato, ma forse anche per invidiosa malignità perché donava i suoi
magri risparmi ed il formaggio, eccedente la normale resa, ai poveri. Il
martirio si consumò sulla riva del laghetto, forse nel luogo dove venne poi
eretta a ricordo la cappella di S. Luzonino, mentre il corpo venne deposto
nella chiesa che probabilmente preesisteva con altro titolo in seguito obliato,
presumibilmente quel S. Nabore di Cavargna ricordato da Goffredo da Bussero. Il
laghetto assumeva, nella festa, una colorazione rossa di sangue; intorno ad
esso si facevano processioni con i sacerdoti dei paesi e i fedeli raccoglievano
acqua per guarire le malattie degli occhi. Il laghetto rosseggiante si osserva
in diverse raffigurazioni, come in quella dipinta nel 1628 a Tavordo presso
Porlezza oppure nell’affresco di Loggio di Valsolda.
Ecco perché una delle più antiche raffigurazioni del
beato lo propone in atto di far la carità a un bimbo vestito poveramente e
cieco, che alza le braccia verso il giovane barbuto munito di un grande
cappello: si tratta di un ex voto dipinto a fianco del ciborio di San Pietro al
Monte di Civate, dove il santo compare accanto a Pietro, Paolo e Tommaso, che
attorniano il trono della Vergine col Bambino; è un dipinto che viene
attribuito agli ultimi anni del sec. XV
al pittore Tomaso Malacrida , autore di varie opere a Valmadrera e
Oggiono IN PROVINCIA DI Lecco.
Il Giulini, sulla scorta del Bascapè, riferisce che “Egli si vede dipinto in abito pastorale in
atto di distribuire del cacio ai poveri; perché credesi che a ragione delle sue limosine sia stato ucciso
con un coltello dal padrone, il quale dubitava che il Santo gli rubasse per
fare carità”. Questa è la scena
del dipinto ad olio su due tavole di rame, che viene descritto come di “egregio
pennello” nel 1682 dalla visita del cardinal Federico Visconti; il santo è in
abiti da pastore e sta sfamando una povera famigliola e nello sfondo si
intravede uno stagno.
Lo Stueckelberg nel 1912 riconobbe altre forme
rappresentative fra i superstiti affreschi dell’oratorio rintracciabili in
specie nella prima campata: il santo in compagnia di poveri oppure in orazione
davanti al Crocifisso, ed ancora fra due uomini, uno cieco e uno zoppo,
inginocchiati; nel 1606 vi era anche sulla volta il martirio. Alcuni di questi
dipinti, attribuibili ai primi decenni del Cinquecento, sono riapparsi di
recente, e comprendono altri santi venerati nella zona e una Madonna della
Misericordia. Più rare le rappresentazioni del martirio, diffuse però nel
Seicento nella Bergamasca.
Solitamente invece la sua figura è stante, un
giovane con barba, abito con pellegrina e cappello a tesa; tiene il cacio tondo
nella sinistra e il coltello nella destra. E’ di fatto lo stesso modulo della
antica statua, osservata sull’altare nel 1606 dal Borromeo e considerata
quattrocentesca, da poco restaurata.
L'oratorio di San Lucio all'omonimo
passo in Val Cavargna in occasione della Festa di San
Lucio in agosto
(foto Pierfranco Mastalli)
La diffusione del culto al patrono degli alpigiani e casari
Sempre lo Stueckelberg ha recensito le
rappresentazioni del santo presenti in abbondanza nell’area di Porlezza e del
Canton Ticino, ma pure altrove, rintracciandolo in una cinquantina di località
dell’Italia settentrionale e in specie nelle diocesi di Lugano, Como, Bergamo,
Milano, Pavia, Lodi, Cremona. Egli utilizzò come prima fonte scritta il
catalogo dei Santi del Ferrari edito nel 1613 a Milano, nutrito di spunti
orali, che anche il cardinal Federico Borromeo aveva annotato, commentando che
le “notizie ci pervengono dalla tradizione orale perché non fu mai scritta una
storia canonicamente approvata della sua vita”.
Da un anonimo opuscolo edito a Bergamo nel 1700 dal
titolo “Vita di S.Lucio Martire” apprendiamo poi che ”Egli
è protettore della città di Lodi e di
tutta la sua
Diocesi. Nella città di Milano, nella chiesa dei SS.Cosma e
Damiano si consacrano ogni anno 2 giorni del mese di Luglio alle glorie del
Santo dalla pietà dei signori Salsamentari… Fiorisce infine in altri più luoghi
la lodata devozione a S.Lucio: a Monza, nella Diocesi di Bergamo nella valle
Seriana superiore (Monte Pianone della terra
di Cluzone), a Pavia e anche nella Diocesi di Cremona nella Parrocchia di Pieve
Delmona….”. In realtà l’estensore soggiace a qualche esagerazione, poiché
S. Lucio non è certo patrono di Lodi. Ma questa nota è interessante perché gli
studi più recenti, promossi dalla Associazione Amici di Cavargna, hanno
confermato che Lucio, col nome di Uguzzone, nel 1627 veniva assunto come
protettore del paratico dei formaggiai nello statuto confermato dal senato
milanese nel 1661, nei tempi stessi del gruppo simile di Codogno.
Secondo don Palestra la diffusione del culto a largo
raggio sarebbe da imputare alla diaspora dei cavargnoni, che peregrinavano come
stagnini, magnani e soldati e questo dovrebbe essere l’elemento prevalente
rispetto alla motivazione della transumanza di armenti. Certo occorrerebbe di
volta in volta realizzare una precisa disamina del culto zona per zona, tenendo
pure presente che don Rimoldi rintraccia ben 22 santi con lo stesso nome
variante fra Lucio e Uguccione. Ma è già significativo osservare che il culto,
nelle realtà di pianura, pare strettamente collegato con le corporazioni di
casari, formaggiai, salsamentari e affini. Così a Brescia si ha nel 1675 il suo
patronato per il paratico dei formaggiai con un altare nella chiesa di S.
Giuseppe; a Pavia si ebbe nel 1624 la dedicazione di una cappella a S. Uguzzone
in S. Tomaso da parte del Collegio dei mercanti di formaggi; addirittura Lucio
divenne nel Seicento a Parma il patrono dell’arte dei Lardaroli, circa nel 1612
quando l’Abate della corporazione ottenne la “denominazione d’origine” del
parmigiano. Anche a Milano, già nel 1598 Paolo Morigi lo afferma patrono dei
Cervellari nella basilica di S. Nazaro Maggiore e nel Duomo si conserva una
importante statua in marmo di S. Uguccione, il nostro S. Lucio, scolpita nel 1687
da Carlo Pagano. Nel 1835 in città, grande centro commerciale di prodotti
caseari, venne a formarsi in S. Bernardino alle Ossa un Pio Consorzio di San
Lucio Martire, che commissionò al pittore Ignazio Manzoni nel 1845 un grande
dipinto ad olio, da cui fu ricavata una splendida stampa della Raccolta
Bertarelli: una scena animata che ripropone il santo nella sua opera di carità
verso i poveri. A Bergamo infine la venerazione per S. Lucio si trova nella
chiesa della vicinia di S. Pancrazio, la cui piazza era il centro del mercato
dei formaggi: ivi si trova una tela di Marcantonio Cesareo della metà del
Seicento che ritrae Lucio e Lucia in una Deposizione di Cristo; inoltre una
incisione popolare del tardo Settecento lo afferma come patrono dei Grassinari di
Bergamo.
Non possiamo sapere con esattezza il perché di
questa diffusione del patronato di S. Lucio verificabile nei principali centri
caseari e commerciali nel corso del sec. XVII. Potrebbe essere illuminante il
fatto che a Pieve Delmona di Gadesco nel cremonese nel 1719 un Francesco Alché
oriundo di Cavargna acquisiva delle terre per impiantarvi la cascina Guzzafame
decorandola con l’immagine di S. Lucio; una terribile epizoozia fermata, si
credette, dal santo, fu all’origine del trasporto del dipinto nel 1747 nella
parrocchiale, creandosi una particolarissima e radicata venerazione. Può essere
quindi avvenuto qualcosa di simile per le altre città, dove abitanti
provenienti dalla Val Cavargna, trasferendo allevamenti o commerciando
formaggi, in zone a specifica vocazione, avrebbero importato e diffuso il nome
di un santo che proprio per l’attività pastorale e casearia era stato
martirizzato.
E’ probabile invece che la diffusione del culto nel
Ticino, nel bacino lariano, nell’area di Verbania, di Crodo e nell’Ossola, già
attestato fra XV e XVI secolo, dipenda dalle direttrici di pascolo e traffico
alpino in collegamento con gli alpeggi della Cavargna; qui prevale la figura
del mandriano, rappresentato ad esempio nel 1652 nell’oratorio di S. Luguzzone
martire a Pizzanco presso Bognanco: e qui esiste un olio della Madonna delle
Grazie fra i santi Uguccione e Lorenzo attribuito ad Aloisio Reali, il noto
pittore che in quel torno di tempo dipinse numerose tele per le chiese della
Valsassina.
Come pastore Lucio si presenta anche in Alta Val Seriana,
ad esempio a Valgoglio, territorio connotato da grande allevamento, ma sul
finire del Settecento e non possiamo sapere se in relazione ad eventuali
rapporti con mandriani cavargnoni oppure attraverso l’ambulantato degli
stagnini e magnani della valle comasca. Il culto nelle valli bergamasche è
comunque certo antico, ed anzi a Clusone, nel santuario del monte Pianone,
Lucio con Rocco e Lucia compare nella bellissima tela del Carpinoni quale
intercessore della città contro la peste del 1630.
Fra l’altro, l’interpretazione dell’antico nome
latinizzato in Lucio, spiega non solo l’accostamento a Lucia ma pure le non
poche raffigurazioni ticinesi e lariane in cui si venera anche come protettore
della vista: a Semione nella Valle di Blenio, nella piccola cappella dei Morti,
Luguzzon è effigiato come pastore nel sec. XV dalla bottega dei da Seregno, ma i suoi occhi sono del
tutto abrasi, probabilmente, crediamo, per l’uso di asportare polvere da
mescolare in bevande per la cura della vista.
La documentazione iconografica dal Ticino all’Alta Brianza
La sua venerazione e quindi la rappresentazione
iconografica originaria o più antica è presente in quasi tutto il Cantone
Ticino (Luganese, Valle Leventina, Valle di Blenio verso il Lucomagno,
Locarnese, ecc.) proprio perché il culto aveva trovato un canale di diffusione
in località e vallate interessate dalla pratica dell’alpeggio e della
transumanza: nella cattedrale di Lugano il santo figura in un dipinto con una
data dubbia, che è stata letta come 1279, ma che dovrebbe essere 1335: sarebbe
comunque la più antica fra le testimonianze pittoriche.
Il territorio nel quale il culto si è diffuso in
tempi più lontani, da Cavargna all’Alto Lario, al Ticino e al Novarese, e dove
è ancora praticato, corrisponde di fatto a quella che oggi è chiamata “Regio
Insubrica”, per cui non è azzardato proporne come patrono il nostro S. Lucio, a
testimonianza anche di antiche comuni culture e tradizioni nell’attività della
pastorizia e dell’alpeggio.
Quanto alla presenza di S. Lucio fra i tipici
protettori dell’ambiente rurale, come il diffusissimo S. Antonio, nei territori
della Bassa milanese,bergamasca, lodigiana o cremonese, può essere che ciò
derivi dall’emigrazione dei “Bergamini” o “Malghesi” che a settembre scendevano
dai pascoli e dagli alpeggi delle Orobie con il bestiame per andare a svernare
in pianura, oppure dallo stanziamento dei mandriani che avrebbero importato il
loro santo degli animali e dei formaggi. Fra l’altro si tratta di zone che
proprio ai mandriani alpini devono l’origine delle prime industrie
lattiero-casearie, soprattutto attraverso famiglie provenienti dalla Valsassina
e valli confinanti, dalle quali i rapporti già piuttosto ampi nel sec. XVII
erano certo più facili che con i pascoli di Cavargna. Tipico è l’esempio di
Pagazzano (Bg) dove una famiglia Arrigoni proveniente da Vedeseta (Bg) in Val
Taleggio ha avviato un caseificio e
possiede anche una tela dei primi del
900,con San Lucio rappresentato in una scena familiare intento a produrre il
formaggio. A Pagazzano inoltre, nella chiesa dei SS. Francesco Saverio e Lucio
troviamo una tela fine 600 dove il santo è rappresentato in modo insolito,
inginocchiato sopra una forma di formaggio, in uno scenario di pianura con
castello.
In valle Taleggio (Bg) a Cantiglio (m.1084 slm),
piccolo borgo montano in comune di Taleggio , nella chiesetta di San Lucio un
affresco nella parete di fondo del presbiterio raffigura la scena
dell’uccisione del Santo ad opera del rivale invidioso, con una
rappresentazione che si discosta dalla tradizionale iconografia.
E’ significativo che dal 2001, nell’ambito della
annuale mostra zootecnica delle Comunità Montane della Provincia di Como che si
svolge a Porlezza in ottobre, si tenga un concorso per formaggi di alpe
intitolato a S. Lucio, con assegnazione di diplomi riproducenti l’affresco del santo presente su un edificio
in frazione Tavordo di Porlezza.
A Pandino (CR) è stato istituito un Concorso
caseario con Trofeo S.Lucio.
Interessante è anche notare come sul sito dei Musei
del cibo della Provincia di Parma si trovi una descrizione dettagliata del
santo in esame, le chiese, il culto e l’iconografia (con ben 63 riproduzione in
diverse località) ricavata dalla pubblicazione curata dall’Associazione Amici
di Cavargna, i quali hanno raccolto la descrizione delle presenze del culto e
dell’iconografia del santo nelle diverse località di qua e di là delle Alpi,
con contributi aggiuntivi da parte di ricercatori.
La bellezza del paesaggio al valico ed il mistero
sulle origini di questo oratorio montano, che potrebbe essere stato ricostruito
su un luogo di culto pagano lungo un importante percorso di comunicazioni
intervallive, accrescono il fascino della devozione ad un Santo, tanto
sconosciuto e minore quanto amato da chi lo avvicina e ne coglie gli originali
ed intrinseci messaggi.
Nell’area lariana S. Lucio è effigiato nel
battistero di S. Maria del Tiglio a Gravedona, in un affresco di tipologia
semplificata risalente alla seconda metà del Quattrocento; Gravedona ebbe
sempre molti scambi con la
Val Cavargna, sia per gli alpeggi che per i commerci,
favoriti nelle grandi fiere soprattutto di bestiame, che si tenevano in
primavera il giorno di S. Marco, in estate per S. Maria Maddalena, in autunno
alla chiesa dei Santi Gusmeo e Matteo ed in inverno il dì di S. Antonio abate.
Si può aggiungere che, in ulteriori ricognizioni, abbiamo individuato altre
immagini a Loggio (affresco su edificio) e a Muzzaglio (nell’oratorio di
S.Rocco) in Valsolda, in San Martino di Treviglio, una statua lignea nella chiesa di Santa Marta a Porlezza, un
medaglione con storia di San Lucio con “culdera” nella cappella di S. Antonio
Abate (dove è affrescato il martirio e fa bella mostra una statua del “nostro”)
nella chiesa di S.Maria Assunta a Puria di Valsolda , una cappella di S. Lucio
nel santuario di S. Patrizio di Colzate in Val Seriana, una tela con San Lucio,
S.Antonio Abate e S.Primo nella chiesa di S. Antonio Abate a Casate di Bellagio
(C0).
Nel Territorio di Lecco la più conosciuta presenza
iconografica di S. Lucio è quella del ricordato affresco attribuito a Tomaso
Malacrida nella basilica di S. Pietro al Monte di Civate, connotata
dall’attributo di protettore della vista. Ma abbiamo rintracciato un altro
antico affresco quasi illeggibile nella chiesa cimiteriale di S. Pietro a Barni
in Valassina, mentre di quello già visibile nell’oratorio di S. Rocco a
Castelmarte resta solo la sinopia, poiché il dipinto è stato asportato. Sopra
Abbadia Lariana troviamo in località S. Lucio dominante il lago una cappelletta
ora ripristinata ma priva della immagine antica: da una testimonianza raccolta
sappiamo che fino agli anni Settanta si poteva osservare un affresco dei sec.
XVII-XVIII con una Madonna alla cui sinistra S. Lucio offriva il formaggio ai bambini: a poche
decine di metri a valle nella conca di Navegno venne in luce una piccola
necropoli tardoromana. Queste ultime immagini potrebbe essere collegate agli
alpeggi e alle casere di quei contorni.
Come si può notare, mancano notizie sulla presenza
del culto di S. Lucio nei territori montani della Val Varrone
e della Valsassina, dove l’attività
negli alpeggi e nella produzione
del formaggio è sempre stata intensa e in contatto con la pianura: ma si deve
sottolineare che le direttrici della transumanza si indirizzavano verso la
pianura piemontese e lombarda dove il culto di S. Lucio era già “sentito” e
consolidato, probabilmente, come si è detto, a motivo dei preesistenti
insediamenti di abitanti di Cavargna. A Morterone ,comune alle pendici del
Resegone in provincia di Lecco confinante con le valli bergamasche, per esempio
le feste più importanti dei bergamini erano quelle di S.Giorgio e S.Michele,
ossia i due momenti della primavera e dell’autunno quando si respirava aria di
trasloco, cioè la transumanza dalla Bassa agli Alpeggi e viceversa.
Sarebbe interessante che queste brevi note potessero
far emergere nuovi contributi e testimonianze
per ulteriori conoscenze.
Nota bibliografica essenziale
E. A. Stueckelberg, S. Lucio (S. Uguzo). Il Patrono degli Alpigiani, in “Monitore
Officiale della Diocesi di Lugano”, Lugano 1912
San Lucio. Un
santuario, un valico, Associazione Amici di
Cavargna, 1975
V. Gatti, Abbazia
benedettina di S. Pietro al Monte
Pedale sopra Civate, Milano, 1980.
E. Cazzani, Val
Cavargna. Storia di una terra povera e dimenticata, Saronno, 1981
G. Virgilio, La
basilica di San Pietro al Monte a Civate, Missaglia 2000.
San Lucio di
Cavargna. Il Santo, la chiesa, il culto, l’iconografia,
Associazione Amici di Cavargna, Besana in Brianza 2000.
VAL CAVARGNA: la memoria delle tradizioni-
Associazione “Amici di Cavargna”, 2006
Alcuni luoghi del culto con iconografia In Ticino
ASCONA : Chiesa di S.Maria della Misericordia
BIASCA :
Chiesa di San Pietro
CARONA : Chiesa di S.Marta
GIORNICO: Chiesa di .Maria del Castello
LUGANO :Cattedrale di S.Lorenzo
MEDEGLIA : Chiesa di S.Bartolomeo
CANEDO : Oratorio dei Santi Lucio,Giulio e Antonio
SEMIONE:Cappella dei Morti presso Chiesa
parrocchiale dell’Assunta
SONVICO :Chiesa di S. Maria di Loreto
VERSCIO: Chiesa di S.Fedel
Segnalazione che ho Inviato Alla Associazione Amici
di Cavargna di ulteriori luoghi dove è presente l’iconografia di S.Lucio:
CASTELMARTE
(CO) Chiesa di S.Rocco :sinopia leggibile di affresco della seconda metà
del 500 staccato e trafugato;
CASTELLO-VALSOLDA (CO) Chiesa di S.Rocco a Muzzaglio
:affresco del 700 in buone condizioni;
LOGGIO-VALSOLDA (CO) : affresco su parete esterna di
edificio;
PORLEZZA (CO) Chiesa di S. Marta :statua lignea
recente;
PORLEZZA-TAVORDO (CO) :disegno su muro in giardino
privato;
PEGLIO (CO) : sui monti, recente cappelletta con
disegno su lastra di zinco;
ABBADIA LARIANA-loc.S.Lucio: cappelletta un tempo
affrescata con Madonna e S.Lucio;
COLZATE (BG)-Santuario di S.Patrizio: cappella di
S.Lucio (la tela con S.Lucio è stata trafugata nel primo dopoguerra);
ANTEGNATE (BG) Chiesa parrocchiale di S.Michele
:affresco del 1400;
TREVIGLIO (BG) Chiesa di S.Martino : affresco di
Nicola Mojeta nella cappella gotica.
Idem come sopra in data 19/06/2009:
CANTIGLIO (m. 1084 slm) borgo montano in comune di Taleggio (BG)-Chiesetta
di San Lucio risalente al 1870 (vedi foto 3 Pierfranco Mastalli).Nelle
vicinanze una targa ricorda il martirio di 3 partigiani (Evaristo Galizzi,
Giorgio Issel e Marcel Jabin) che il 4 Dicembre 1943 caddero in combattimento
contro i nazifascisti per permettere la fuga dei compagni accerchiati.
Nella chiesetta, sulla parete di fondo dietro
all’altare, dipinto raffigurante il
martirio di San Lucio. ( foto 5 Pierfranco
Mastalli).
Un’altra
rappresentazione del martirio è presente in un affresco nella Cappella di S.
Antonio Abate, S. Luguzzone e S. Bernardo da Chiaravalle nella chiesa di S.Maria
Assunta in Puria di Valsolda (Co) (vedi
pag.157 “San Lucio di Cavargna…”
ed.2000) e in una campata dell’Oratorio montano di S.Lucio in Val Cavargna (CO)
(foto 8)
PANDINO (CR) –Concorso caseario- Trofeo San Lucio.
E’ stata riprodotta la scena di San
Lucio che offre il formaggio ai poveri dal dipinto su rame del XVII ora nella
chiesa di S. Lorenzo M. di Cavargna (vedi pag.189 “Val Cavargna: la
memoria…”-2006).
MORTERONE
(LC) all’esterno della stalla comunale recentemente costruita è stato
apposta una copia del quadro di I. Manzoni (1845) presso l’Oratorio di S.
Bernardino alle Ossa di Milano (vedi pag.183 “S.Lucio di Cavargna- 2000”.(foto
6 Pierfranco Mastalli)
PURIA di VALSOLDA (CO)- Chiesa S. Maria Assunta.
Nella Cappella di S. Antonio Abate, S. Luguzzone e S. Bernardo da Chiaravalle,
in un medaglione dell’arco è rappresentata una storia di S. Lucio che prepara
il formaggio nella “culdera” appesa alla “sigogna” e offre il formaggio a due
pellegrini. (foto 1 Pierfranco Mastalli)
BELLAGIO (CO) Nella Chiesa di S.
Antonio Abate in
frazione Casate la pala d’altare rappresenta S. Lucio con il formaggio in mano,
S.Antonio Abate e S. Primo. (foto 1
Pierfranco Mastalli)
PAGAZZANO (BG)- Chiesa dei SS. Francesco Saverio e
Lucio : un olio su tela fine 1600, recentemente restaurato, presenta una
insolita iconografia del Santo che, inginocchiato su una forma di formaggio, si
rivolge alla Madonna con Bambino e Angeli. Sullo sfondo un paesaggio di pianura
con castello circondato da acqua. (foto
3 Pierfranco Mastalli)
PAGAZZANO (BG)- Il locale Caseificio Arrigoni,
famiglia proveniente da Vedeseta in Valle Taleggio (Bg) possiede un quadro in
cui è rappresentata una scena familiare che vede S.Lucio intento a preparare il
formaggio.
SELLERO (BS) in valle Camonica, nella parrocchiale
di Novelle (1600) dedicata a S. Giacomo, troviamo un affresco con San Lucio
invocato come protettore dei lattai e
pecorai. Secondo la tradizione e la testimonianza dell’attuale parroco, è
tutt’ora venerato anche come protettore
degli occhi e della vista: infatti l’iconografia è particolarmente
curiosa perché il dipinto riproduce il Martire vestito di dalmatica (paramento
che contraddistingue il diacono) con sopra la stola diaconale sulla quale sono
disegnati 6 occhi, al pari che sul palmo delle mani. Pur in area dove è
venerato il s. Lucio di Cavargna, protettore anche contro le malattie degli
occhi, questo è da considerare il s. Lucio di Coira, martirizzato nella prima
metà del 200 d.C. e al quale sono devoti anche i pastori, gli alpigiani e i
commercianti di formaggio. E’ da notare come nella confinante Valtellina, in
comune di Ardenno Masino, una chiesa è dedicata a s. Lucio martire , vescovo e
protettore di Coira, festeggiato nella località valtellinese da casari, alpigiani e pastori il 3 dicembre.
CASTIONE DELLA PRESOLANA (BG), in Valle Seriana, nel
Santuario di Lantana, parrocchia di Dorga,
in Comune di Castione della Presolana è custodito un olio su tela del sec.XVII (da ex parrocchiale di DORGA) con S. Antonio
da Padova fra S. Gottardo e S. Lucio. Qui siamo in presenza di una inconsueta
iconografia in quanto il Santo appare in abiti signorili con ai piedi un angelo
che tiene in mano una fetta di formaggio: l’alpigiano è ormai santificato e
l’attributo del formaggio viene presentato da un angelo.(foto 4 Pierfranco
Mastalli).
Galleria
fotografica (foto Pierfranco Mastalli)
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1 Chiesa di S.
Antonio abate a Bellagio(Co): S. Antonio Abate, San Lucio e San Fermo
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2 Chiesa di S.
Maria del tiglio a Gravedona (Co): San Lucio
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3 Chiesa dei S.S.
Francesco Saverio e San Lucio a Pagazzano (BG)
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4 S.
Lucio raffigurato al Santuario di Lantana
di Dorga (Castione della Presolana)
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5 Chiesa di
Cantiglio di Taleggio (BG)
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6 Caseificio
di Morterone (LC) riproduzione del quadro di I. Manzoni (1845) presso l’Oratorio di S.
Bernardino alle Ossa di Milano
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7, 8, 9,
10 Oratorio di
San Lucio al Passo di S. Lucio a Cavargna
(CO)
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