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La Fen
Fest di Monno.
Una delle più belle
manifestazioni della montagna lombarda
di
Camulus
(05.07.18)
Il 24 giugno si è svolta, organizzata dalla Pro Loco Monno-Mortirolo,
la nona edizione della Fen Fest
di Monno, in alta Valcamonica, un appuntamento ormai consolidato (dal
2008) che comprende una
gara di falciatura a mano e una serie di attività ed esposizioni legate
alle vive tradizioni locali.
Nei
tempi
passati i prac' si segavano
(falciavano) tutti con la ranza
(falce fienaia), i prati nella zona del
Mortirolo (passo che collega con la Valtellina) si iniziava a falciarli
alle tre del mattino, quando l'erba era bagnata, perchè nel venire il
sole
l'erba, in molti posti isiga (erba di per sè dura),
si seccava e diventava difficile
tagliarla. I segadur de Mòn,
paese che ci tiene alle tradizioni alpine,
ogni anno danno dimostrazione di questa arte da non dimenticare. Un
modo per incitare a falciare le rosge,
i tratti più scoscesi, con la ranza,
che non fa rumore e non consuma carburante e facendo ginnastica senza
costi di palestra. Mantenere falciati anche i prati meno comodi, dove i
mezzi meccanici possono essere utilizzati solo con difficoltà, è un
modo per conservare il paesaggio, per procurare una scorta di fieno in
più. Questa primavera, con i prezzi schizzati a 30 € a causa della
"carestia del fieno" del 2017, un po' di fieno locale in più avrebbe
fatto gran comodo ai pochi allevatori rimasti. Questo
"servizio sociale" potrebbe essere svolto da squadre di falciatori
volontari (che in questo modo potrebbero anche allenarsi per la gara).
L'idea è partita da Germano Melotti
L’idea
della Fen Fest,
è di
Germano Melotti, il noto "cantastorie" monnese molto noto in tutta la
Valcamonica (specie da quando lavora a TeleBoario). Germano, nel 2007,
aveva partecipato (come suonatore tradizionale) a una festa
simile organizzata a Piatta,
fraz. di Valdisotto in alta Valtellina; qui aveva tratto
ispirazione per ripetere l'esperienza al suo paese. Dice
Melotti :
la
Fen Fest è la
valorizzazione degli usi e dei costumi
della valle, questa giornata ne è un esempio... una volta si usava
nei lavori nei campi il grembiule (bigarol ); era usato sia nei lavori
nei
campi che nei giorni di festa, ed era parte del costume locale .
Quest'anno
hanno
partecipato sia ragazzi, il più piccolo aveva otto anni, che nonne,
come la sig.ra
Costanza Minelli (82 anni ben portati), anziana contadina che ha sempre
avuto le mucche e coltivato i campi a segale fino alla pensione, le
“ragazze” erano solo tre, una partecipante da Cuneo. Tre i ragazzi: due
di
Monno e uno di Darfo. Prima della gara si danno gli
opportuni consigli ai giovani: “mulà
[affilare la ranza] è molto
delicato, n'è mia ardass an
giro, o s’fà prest a taiass [non bisogna
distrarsi o ci si taglia]”.La gara di falciatura consiste nello
sfalcio di una porzione di prato,a gruppi di quattro, poi segue la
votazione.
Intanto donne del paese in costume le sguara le andane (spargono
l’erba).
A
fine gara ha dato dimostrazione delle sue capacità di
falciare anche la sig.ra Maria di Monno, 86 anni , che ha anche
raccontato come si svolgeva la loro “giornata” in agricoltura: iniziava
alle
5 con l'accudire
gli animali poi, dalle 8 alle 19 c' era il lavoro nei campi,a pranzo si
mangiava polenta, patate, pane e un pò di furmai. Alle 16, finita la
competizione, le ragazze in costume hanno portato nel campo la merenda
del falciatore, e poi tutti a casa? No, si continua il lavoro:
partecipanti
alla gara e non si sono messi a falciare la porzione di prato rimasta e
le donne a sguarat le
andane, finchè il lavoro è stato ultimato. I
montanari non lasciano il lavoro a meta. Infine, alle 17, tutti in
piazza del
comune per le premiazioni, con regalo di una falce e preda della ditta
Falci ai primi classificati di ogni gruppo e un libro agli altri.
La
ditta Falci di Dronero (Cuneo), sponsor della manifestazione, è un
azienda
italiana che produce falci da oltre 100 anni, il ferro delle ranze va
battuto/forgiato con il maglio, non ci sono altri modi.
Va
però sottolineato che, l'aver organizzato l'evento a giugno - per farlo
coincidere con la Fiera della
sostenibilità della natura alpina del Parco dell'Adamello - ha
condannato la manifestazione a un tono minore rispetto agli anni
in cui si svolgeva a inzio agosto. Si potrebbe anche rilevare come,
inevitabilmente, nel contesto di un'iniziativa organizzata da un
parco, (enti che comportano più ostacoli che sostegni all'agricoltura
di montagna), la dimensione della cultura rurale rischi di risultare
subalterna, di essere fagocitata, dalla cultura ambientalista. Peraltro Monno non è nel Parco dell'Adamello.
In
ogni caso, al di là di ogni altra considerazione, il bello della Fen Fest è la sua spontaneità ed è
quindi auspicabile che essa non sottostia ad esigenze istituzionali e
che venga organizzata nel periodo più favorevole ai fini della
partecipazione del pubblico. Tale partecipazione non è fine a sé
stessa. ma risponde allo scopo di presentare, ai numerosi turisti,
le tradizioni montane e far loro conoscere i prodotti del territorio.
Solo così, fatte apprezzare, trasformate anche in offerta di tipo
economico (agroalimentare, turistica) le tradizioni restano vive.
Al di là del fieno
Il
"segreto" della Fen Fest è
rappresentato dal fatto che non è una rievocazione artificiosa ma
coinvolge il tessuto del paese (in senso fisico e umano). Tutto il
paese - ricco di svariate tradizioni - diventa una quinta della festa.
In occasione della Fen
Fest è stata allestita, presso l'asilo, l'esposizione
degli antichi telai e
dell'attrezzatura per la tessitura. Sono stati esposti
anche i bellissimi pezzotti de Mòn,
tappeti tessuti al telaio azionato a mano. Di questi pezzi di
artigianato conviene fare
scorta, considerato che sono pochissimi che ancora esercitano per
passione/passatempo questa antica arte. Sarebbe però auspicabile
che, anche icon il coinvolgimento e il sostegno della
Comunità Montana, qualche giovane apprenda questa
antica arte e faccia funzionare questi antichi telai in modo da non far
scomparire l'arte del pessòt de Mòn.
Una
volta, oltre ai pezzotti, si
confezionavano anche lenzuola e i pezzotti venivano realizzati sia con
lana che con recupero di indumenti. Dopo l'ultima guerra sono stati
utilizzati
anche i tessuti dei paracadute con cui gli alleati hanno lanciato
viveri e materiali ai partigiani sul Mortirolo e da lì si è iniziato a
utilizzare ogni genere di materiale tessile di riciclo.
Da
vedere anche il
centro storico in cui ci sono ancora dei bellissimi edifici con la
parte superiore in tronchi/assi di larice; fabbricati che risalgono
anche al XVII-XVIII secolo. In paese sono anche visibili sui balconi e
davanzali i pezzotti esposti
per l'occasione ed è un vero e proprio museo
etnografico all' aperto per l' esposizione delle attrezzature contadine
di un tempo.
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