Ruralpini Resistenza rurale
 

Condividi                        
Orsi e lupi


Sergio Costa e l'orso M49: un caso politico illuminante




Sergio Costa e Fulvio Maimone Capria (Presidente nazionale LIPU) che fa parte del nutrito e costoso staff del ministro. Entrambi erano già stati insieme nella segreteria di Pecoraro Scanio ai tempi del Prodi II


di Michele Corti



(14.06.19) Aggiornamento. Dopo la presa di posizione dell'assessora trentina all'agricoltura Zanotelli che, in un comunicato, esternava ieri la sua esasperazione per l'arrogante e arbitrario comportamento del ministero dell'ambiente (non risponde alle richieste ella provincia autonoma per la cattura dell'orso problematico M49), oggi è lo stesso presidente della Provincia autonoma di Trento, Fugatti, che pone a Sergio Costa, ministro tra i più di parte della storia della repubblica, un ultimatum. Il diniego all'autorizzazione alla cattura dell'orso altamente problematico M49, è un atto politico arbitrario di Costa che, prima di essere ministro degli italiani è referente del partito animal-ambientalista. I protocolli, dettati dagli stessi esperti pro orso, avrebbero già da tempo consentita la cattura. Costa ha la responsabilità morale di ogni danno prodotto dal "suo" orso. Finalmente abbiamo sentito da Fugatti le parole che si attendevano: "ci assumeremo le nostre responsabilità di fronte a una scelta [il traccheggiamento di Costa] mai fatta prima".  A questo punto ci si attende, anche che a Roma, la Lega assuma una posizione più ferma su Costa e metta come condizione del proseguimento dell'alleanza di governo, un avvicendamento sulla poltrona di ministro dell'ambiente.

(13.06.19) La lobby verde oggi esercita un controllo senza precedenti sul ministero dell'ambiente (ancor più dei tempi di Pecoraro Scanio), e sfida il Trentino, le sue istituzioni, il buon senso, le stesse norme dettate dagli esperti pro orsi. Lo fa affermando in modo sprezzante per chi vive e lavora in montagna, il diritto di un orso a "nutrirsi", facendo ripetute stragi di animali domestici anche presso i centri abitati. Rimuovere un orso che, da solo. fa metà dei danni di un'intera popolazione (di 80 orsi) sarebbe buonsenso. Ma il ministro Costa, pregiudizialmente, per accontentare i suoi referenti e affermare le proprie convinzioni ideologiche personali e il suo animal-ambientalismo militante, nega l'autorizzazione alla cattura nonostante l'escalation delle ultime settimane e degli ultimi giorni. Non ci sono in gioco solo i "sacri orsi", emblema di un territorio da "rinaturalizzare" (scacciando la popolazione e le attività tradizionali), c'è anche sul tappeto la posta dell'autonomia, non solo quella del Trentino-Südtirol ma anche del Veneto e della Lombardia. L'ambiental-animalismo si conferma uno strumento prezioso per i grandi interessi economici per svuotare la democrazia, imponendo la una governance tecnocratica degli "esperti naturalisti", falsamente neutrali, e impedendo di contrastare
le tendenze neocentralizzatrici, nonostante che, con il voto, le popolazioni abbiano sostenuto le richieste di maggiore autonomia.


Chi è Sergio Costa? Approfondire un po'. È util
e   


Sergio Costa è un caso imbarazzante. Un uomo di parte, purtroppo non il solo tra gli ufficiali dell'ex CFS, che non fa neppure sforzi per celare la sua faziosità, schierato aprioristicamente e ideologicamente sul fronte dei fautori della larga diffusione di orsi e lupi, ignorando le esigenze di categorie intere di cittadini. Essi dicono di agire in nome dello sbandierato amore per gli animali, il rispetto per il paesaggio e della natura ma, per certi esponenti verdi, è palese che quello che conta è favorire gli interessi di bottega delle lobby ambientraliste. Lo si è visto, di recente, in occasione delle polemiche sull'opportunità di organizzare a ferragosto un mega-concerto di Jovanotti (con la collaborazione del WWF) a 2275 m, sulle Dolomiti (vai a vedere l'articolo di Ruralpini). Per i suoi megaconcerti sulle spiagge Jovanotti  e il WWF, non contenti di sparare al massimo dei decibel in prossimità di pascoli alpini utilizzati dalle mucche, distruggono i nidi del fratino, un  piccolo trampoliere  (Charadrius alexandrinus, Linnaeus 1758), un uccellino protetto che - in quanto selvatico - dovrebbe avere un po' più di considerazione dai verdi. Invece no. L'assurdo è che il WWF protesta contro sé stesso perché l'intero tour del Jova è organizzato con il Panda e santificato grazie alla "dedica" alla battaglia del WWF contro la plastica. E Costa che c'entra?


Costa è andato in televisione a un talk-show a dichiare: “Se c'è il WWF allora va bene”. Ma come "se c'è il WWF va bene"? E se c'è un altro, allora va male? L'uguaglianza del cittadino di fronte alla legge indipendentemente da affiliazioni e opinioni non va a farsi benedire?  Dov'è l'oggettività dell'applicazione della legge? Così si serve la divisa e si onora il giuramento di ministro della repubblica? Se una cosa la fa la mia parte politica è ok e non intervengo, se la fa un'altra allora mando controlli e ispezioni? In tema di gestione del lupo, specie in crescita e causa di danni enormi ai pastorti e agli allevatorti estensivi italiani (la perdita dell'animale è solo la punta dell'iceberg), Costa ha chiarito che  "io tutelo i lupi non le doppiette".  Una frase mussoliniana, da scolpire nel marmo, ma cosa c'entra con l'applicazione della legge? Chissenefrega se lei ama i lupi, l'abbiamo capito, ma quando dice che è di parte e sta con il lupo contro le doppiette vuole lasciarci il terribile sospetto che nell'applicazione della legge la sua azione si ispiri a propensioni di parte? Allora il ministro dell'agricoltura dovrebbe tutelare le doppiette in base al suo schema da tifo calcistico. Se non è così, e si è espresso male (ma pare capiti spesso), impari a usare meglio le parole, perché i comuni cittadini traggono l'impressione che lei sia fazioso.  In ogni caso quali doppiette  generale Costa? Non ciurli nel manico. Lei è un agitatore o un uomo di governo? Perché vuole fare demagogia di bassa lega approfittando della scarsa cultura ecologica e giuridica del pubblico degli ambientalisti da salotto? Perché tenta di confondere la caccia con il controllo della fauna (che nella legislazione sono due attività totalmente distinte)? Nessuna doppietta potrà entrare in azione anche quando sarà ammesso controllare il lupo, come in tutti gli altri paesi civili dove esiste il problema. Nessuna doppietta vuole che si apra la caccia al lupo, ma si vede che Costa è al livello dei personaggi che ha assunto nel suo staff: animal-ambientalisti ideologizzati che devono far propaganda.

Questa, rassegnamoci, è la cultura politica dei verdi. Sono come l'anguria: la scorza verde, la polpa rossa e i semi neri (ovvero un fondo ideologico totalitario fatto di doppiopesismo, di disinformazione, di disprezzo della sovranità popolare, calpestata dagli illuminati autoreferenziali esperti in faccende econaturalistiche).
Costa è, nel governo in carica, il portavoce e il garante del partito animal-ambientalista. Quando i verdi si presentano alle elezioni, come alle ultime per il rinnovo del parlamento europeo, raccolgono il 2,3% (nonostante la spinta dei gretini, dei grüne e di Bergoglio), ma, attraverso organizzazioni multinazionali super ricche, come WWF, Greenpeace, e il favore della cultura dominante neoliberale, hanno una forte capacità di condizionare tutti i partiti.  Quando il CFS, che stava scivolando verso il ruolo di "milizia di partito" delle lobby verdi, è stato saggiamente fuso con l'Arma (molto più amata e rispettata dal popolo italiano), ridimensionando il record mondiale, tutto italiano, del numero di corpi di polizia, lui ha definito "scellerata" una scelta politica assunta, in piena regolarità e legittimità, dagli organi costituzionali, usando, in divisa da generale, un linguaggio barricadiero. Non solo, ma, per rincarare la dose, sottolineava che, il giorno che è stata ratificata la fusione del Cfs nei CC: "le ecomafie hanno brindato". Ovvero ha lasciato intendere che il parlamento, che ha votato la riforma, fosse colluso con la camorra. Detto da un cittadino al bar o su facebook nel calore della polemica ci sta. Da un generale no. Uno così, in Italia lo si premia, lo si fa ministro. Ma è ora di farlo smettere.



Si può immaginare con quale compiacimento, con quale soddisfazione, l'Arma, che di certo ha più competenza investigativa nel campo della criminalità organizzata, abbia potuto accogliere tra le sue file uno che rilasciava simili dichiarazioni. Oltretutto, per accedere agli stessi gradi, i CC devono sottostare a una selezione più severa di quella attuata nel CFS. Ciò nonostante i forestali come Costa - che schifano l'entrata nell'Arma - dove hanno meno spazio per le loro ideologie -  hanno mantenuto il grado che possedevano nel CFS. Intanto, nel paese, prosegue la battaglia per l'autonomia del CFS, sostenuta dalle centrali  ambiental-animaliste (collegate alle lobby verdi euromondialiste). Una campagna portata avanti con ogni mezzo e senza risparmio di demagogia e di senso del ridicolo.



Un recente episodio pittoresco della poco sobria campagna per il ripristino del CFS. Quando ci si affida a certi testimonial...


L'Arma non si è certo rallegrata quando Costa, con ancora indosso la divisa da generale di brigata dei CC, è diventato ministro in quota M5S, fortemente voluto dal conterraneo Giggino Di Majo (per altri da Di Battista) ma ancor più - tutti concordi su questo - dal salernitano Pecoraro Scanio (famoso per aver scambiato , quando era ministro dell'agricoltura, un toro per una vaccae per i suoi "avanzati" orientamenti sessuali bisex). Costa è il tipico esempio di verde in divisa, per i quali è lecito chiedersi quanto essi abbiano contribuito alla ideologizzazione e alla politicizzazione del Corpo forestale dello stato, un corpo, d'altra parte, che aveva  nel suo dna il precedente della milizia forestale fascista. Un precedente che lasciò un segno indelebile, tanto che l'unico dato acclarato del golpe fascista della notte del 7-8 dicembre 1970 ( golpe Borghese o "dei forestali")fu che dalla scuola della guardia forestale di Cittaducale, in provincia di Rieti, partì un’autocolonna composta da 197 uomini (armati di tutto punto con moschetti e mab), guidati dal direttore, il colonnello Luciano Berti e diretti, secondo la maggior parte delle riscostruzioni dei fatti, verso gli studi Rai di via Teulada. Non va dimenticato che, prima dei verdi e del WWF, i fan politici del CFS erano i missini.

Il nostro ha già tolto e rimessso la divisa altre volte. Venne chiamato dall'allora presidente verde della Provincia di Napoli,  Dino Di Palma, (un Sole che ride) alla guida  della polizia provinciale, poi, dopo aver rimesso l'uniforme, entrò nella segreteria di Pecoraro Scanio al ministero dell'ambiente con il Prodi II (2006-2008). Come nel caso dei magistrati che passano spregiudicatamente dalla toga alla politica (andata e ritorno) ci si può chiedere quanto possano essere imparziali questi personaggi. Quanto usino la divisa per far carriera politica (e vice-versa).

 


Un generale che diventa ministro senza previe dimissioni (si è dovuto mettere poi in aspettativa), senza, quantomeno, la legittimazione di una campagna elettorale che sancisca il nuovo ruolo politico, che rappresenti un rito di passaggio a marcare una discontinuità... niente di tutto ciò. Qui c'è un generale cooptato direttamente dalla politica ed è qualcosa di nuovo, che costituisce un precedente pericoloso, sia per la politica che per le forze armate. Ma sono... verdi, amano i fiori, il vento, gli uccellini e lo stormir di fronde (o piuttosto il ronzio di pale...), il sole che ride... e alimenta affari fotovoltaici. A loro, anime delicate e innocenti, innamorate delle natura va perdonato qualche peccatuccio.

Costa ha incluso nel proprio staff alcuni suoi amici ed esponenti delle lobby . La figura più di spicco è il napoletano Fulvio Mamone Capria, attuale capo segreteria e presidente nazionale della Lipu (protezione uccelli). Attualmente siede nel consiglio direttivo del Parco nazionale della Majella e ha ricevuto il premio "Margherita Hack" 2014 per l'impegno animalista, un impegno che, per la Lipu, riguarda non tanto gli uccelli che dovrebbero rappresentrare la finalità istituzionale del sodalizio pro pennuti, ma si esteso ai fatidici (e più redditizi) orsi e lupi. Il fatto che, mettendo in crisi il pastoralismo causino modifiche dell'habitat negative per molte specie di uccelli (ne abbia parlato diffusamente qui) la Lipu preferisce ignorarlo. Fanno ideologia mica ecologia. Cosa pretendiamo?



La felpa della Lipu... con i Lupi. Come tutte le ong animal-ambientaliste la Lipu cavalca la demagogia lupista (sarà per via dell'anagramma?).


Dodici anni fa, all' Ambiente, Mamone Capria era segretario particolare di Pecoraro, quindi collega di Costa di cui è anche coetaneo. Addetta stampa di Costa, Stefania Divertito, altra  napoletana di osservanza pecoraroscanziana. Non è finita, perché nello staff dell'ecogenerale come consigliere per la comunicazione c'è anche il romano Gabriele Salari,  già redattore della rivista delle guardie forestali e portavoce di Greenpeace, poi Tullio Berlenghi, consiglio federale regionale dei Verdi del Lazio ecc. Lo staff di Costa è nel complesso pletorico, specie considerando il peso specifico modesto del suo ministero.  Costa si è circondato da 14 persone che costano al contribuente 1 milione di euro l'anno. Il capo gabinetto Pier Luigi Pretillo guadagna 226 mila euro l'anno. I grillini predicano sobrietà ... agli altri.

Costa, come tutti i verdi all'italiana, è di tendenze giacobino-centraliste e, arrivato al ministero, ha subito ingaggiato con le regioni del Nord. Il centralismo di Costa, come per altri personaggi politici sudisti di vario colore, si accompagna con un forte localismo. Non solo Costa ha svolto tutti i suoi incarichi di comando in Campania (con una eccezione in Basilicata) ma è anche uno di quei singolari ecologisti (un altro è De Magistris) che dicono no agli inceneritori in Campania, ma accettano che l'abbondante immondizia, abbondantemente indifferenziata, napoletana vada a bruciare nei cancrotermovalorizzatori dell' "egoista" Lombardia (al centro del catino padano, dove l'aria ristagna e i veleni con difficoltà si disperdono in atmosfera). 


Una sceneggiata (napoletana) a Parigi



La megalomania di Costa ha avuto modo di esprimersi dopo soli due mesi dalla nomina.  Sergio Costa incontrò il Direttore dell'Unesco Azouley per proporre nientemeno che: “Una task-force sotto l'egida Onu per salvare la natura in modo efficace, tempestivo e duraturo”. Ma chi è Costa? Superman? Una simile iniziativa ricorda le spacconate del Duce che, nei primi anni da primo ministro, volle presenziare ad alcuni congressi internazionali, rimediando magre figure. Ci si chiede perché non andare allora a New York a presentare queste idee salvifiche per ambiente e il clima o, meglio, perché non restare a Roma, dove c'è la Fao, che sicuramente c'entra di più con l'ambiente che l'Unesco. La motivazione di Costa ha il sapore di quei motti mussoliniani ripetuti migliaia di volte sui muri d'Italia: "L'Unesco è il luogo di coordinamento ideale per queste attività perché nessuna arte è più grande della tutela della natura" ("questa me la segno", diceva Troisi). Per questa opera ciclopica di salvezza della natura (o meglio delle "aree protette", con le quali  - per riflesso pavloviano - un verde come Costa identifica la natura), l'Italia, nella sua generosità (ancora l'eco ducesco),  si candida, a mettere a disposizione di altri paesi quelle eccellenze ambientali che tutto il mondo ci invidia (!?):  università,  i tanti centri di ricerca, l'Ispra (una a caso...), i...  carabinieri forestali (ah, ecco).  E qui siamo proprio alla megalomane retorica mussoliniana: "Sarebbe egoista e miope – ha continuato Costa - pensare di tenerle solo per noi". "Come è generoso lei" (rag. Fantozzi).
In merito ai finanziamenti necessari a realizzare la sua grandiosa idea,  Costa, che con la sua genialità ha saputo trovare l'uovo di Colombo,  ha chiarito: “I fondi sono già disponibili, possiamo utilizzare quelli per la difesa dal cambiamento climatico". E nessuno che ci aveva pensato...  Costa poi, con toni da vate (qui più D'Annunzio che Mussolini),  nell'occasione parigina non ha mancato di ricordare che, per il rispetto degli accordi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (qui si riabbassa a  livello terra il burocrate degli "adempimenti")  dobbiamo raggiungere obiettivi come l'integrazione uomo-natura (?!) e la conservazione dei grandi ecosistemi senza i quali (ecco il profeta) l'umanità non potrebbe sopravvivere. Viene da pensare quanto sono meschine, quelle regioni, quelle provincie autonome, quei pastori, quegli allevatori che a uno così ispirato, con idee così grandiose,così generose, così lungimiranti, osano chiedere di non traccheggiare e di concedere le autorizzazioni a catturare gli orsi problematici (in attesa che le regioni possano decidere da sé in materie che non ammettono i tempi delle istruttorie ministeriali e dei ping pong ). Catture consentite da norme nazionali e comunitarie. Detto questo, non è che anche voi pensate quello che penso io: ovvero che dietro la generosità di Costa, che mette a disposizione del mondo il genio ambientalista nazionale, ci sia il miraggio degli emolumenti a tariffari Onu?   


Costa è anche un deciso oppositore delle trivelle in Abruzzo e del TAP, però c'è da dubitare che avrebbe minacciato le dimissioni (e ottenuto in consiglio dei ministri la decisione.. di non decidere) se queste opere fossero realizzate nella martoriata pianura padana. Non è pervenuta la stessa combattività nel caso della TAV in val di Susa. Sulla purezza ecologica del generale vengono poi dei dubbi quando egli stesso motiva l'opposizione alle trivelle in Abruzzo con l'esigenza di dirottare gli investimenti sulle "rinnovabili". Come i movimenti di base per l'ambiente e alla salute ben sanno, ma come sanno anche i grillini che hanno fatto carriera politica usando come trampolino i vari comitati (no pale eoliche, no biomasse, no biogas), dietro le "rinnovabili" ci sono truffe, ecomafie, speculazioni e, in ogni caso, un trasferimento colossale di denaro, dai poveri che pagano la bolletta della luce ai ricchi speculatori legati alla politica e nascosti dietro le scatole cinesi delle srl. 




Per distrarre dai business che Legambiente e WWF (e altri minori lobby verdi) hanno messo in piedi con la green economy, Costa, che ha il ruolo di spina nel fianco della Lega e dell'autonomismo lombardo-veneto, ha scatenato una guerra contro la sottosegretaria leghista Vannia Gavia, accusandola di non aver registrato incontri con i lobbysti (società del riciclo dei rifiuti vicine alla Lega) sulla base di un risibile codice di trasparenza, voluto dallo stesso Costa (come se un politico i lobbysti non li potesse incontrare fuori dagli uffici...).  Fatto sta che ai moralisti verdi andrebbe ricordato che società della green economy (anche con presenza di elementi contigui alla camorra) hanno visto emergere spesso la presenza di esponenti ambientalisti  (vedi qui per degli esempi). A suo tempo scrivemmo che per Legambiente le centrali a combusione di biomasse legnose andavano bene se erano quelle della Renovo, società mantovana con vertici vicini al PD, tanto da promuoverle in giro per l'Italia con un Treno verde (sic). Del resto anche le centrali a carbone di De Benedetti e gli inceneritori delle multiutility emiliane, controllate dal PD, per Legambiente erano "sostenibili".  Un po' irritato, nel 2013, il cigno aveva assegnato a Ruralpini la "bandiera nera" per demeriti ambientali. Quale onore! La motivazione reale era l'irritazione per gli attacchi all'affarismo ambientalista e per il ruolo poliziesco assunto dal Cigno nel monitorare e attenzionare le lotte spontanee dei comitati di base per la salute e l'ambiente (vai qui a vedere). Ma contro di noi venne usata la più proficua accusa di condurre "una campagna isterica contro gli orsi e i lupi". Ecco come le cose si saldano. Ecco di nuovo gli orsi sulla scena.


Orsi e lupi: una comodissima e proficua arma di distrazione di massa, un efficacissimo strumento per il controllo dei territori da parte del biocapitalismo neoliberale  


Costa è uno dei baluardi anti autonomisti dell'attuale governo e sta sfruttando, sulla pelle dei contadini e degli allevatori di tutta Italia, il tema lupo per combattere quell'autonomia sancita dal contratto di governo ma che il M5S (o almeno alcuni suoi esponenti sudisti) hanno cercato di sabotare (credendosi astuti). Il risultato è stato la sberla ricevuta dai grillini nel centro-nord. Orsi e lupi e riciclo dei rifiuti sono due terreni sui quali Costa ha sfidato la Lega. Quest'ultima, sia in Trentino che in Veneto ha promesso agli allevatori di trovare una soluzione alla sempre meno sopportabile pressione predatoria che spinge ad abbandonate pascoli e a chiudere aziende per la gioia dei verdi, che desiderano eliminare i "disturbi antropici" e tornare alla natura selvaggia (si vede che loro sono puri spiriti e che quello che mangiano e consumano non implica impatti ambientali). Costa  usa l'orso e il lupo (l'orso M49 in particolare) per combattere l'autonomismo ma, al di là di questa battaglia di bandiera, lo scontro si gioca anche su terreni più sostanziosi (in termini economici). Un bell'esempio lo ha fornito il 23 maggio, quando, in provincia di Treviso, ha presenziato all’inaugurazione dell’impianto di riciclo dei pannolini e assorbenti sporchi a Contarina.



Sopra: la geniale trovata dell'agenda trasparente con la quale Costa e i suoi 14 membri del suo costoso staff si autocertificano lavati con Perlana


Qualcuno potrebbe pensare a un vezzo presenzialista. Invece no. Costa era lì perché il riciclo dei pannolini (non più rifiuto ma materia seconda, grazie a un primo decreto End of waste del genere firmato da Costa) si sta trasformando in un business da un miliardo di euro. Sul terreno dell'End of waste si stano giocando una guerra senza quartiere perché è un business enorme che promette elevati profitti e nel tira molla tra ministero e regioni (ma c'è anche la città metropolitana del PD Sala che spinge per l'autonomia in tema di biometano da rifiuti). Costa vuole bloccare il passaggio all'autonomia regionale della materia "rifiuti dichiarati non rifiuti" perché le regioni del Nord lo utilizzerebbero per calibrarlo a favore di società vicine alla Lega, magari bruciando sul tempo o stabilendo regole poco gradite a quelle legate alla sinistra, ai verdi, al M5S.  La distinzione tra politica ed economia nel mondo dei rifiuti e del riciclaggio contrabbandato come "economia circolare" (la vera è quella che il rifiuto non lo produce o lo ricicicla all'origine) non esiste e c'è poco da meravigliarsi se tutti i partiti sono implicatied è in atto una guerra per bande.

Ma ecco che  dai rifiuti e dai pannolini riemerge, di prepotenza, il tema ambientale in generale. L'occasione dei pannolini è servita a Costa, nella sua uscita in Veneto, per ribadire che le richieste di Lombardia e Veneto "non sono conciliabili con la Carta costituzionale" (qui sentiamo parlare l'esperto di diritto costituzionale anche se risulta che il nostro abbia una laurea in agraria e un master - non meglio specificato - in diritto e gestione ambientale). Questo concetto lo aveva già espresso respingendo le prese di posizione (a colpi di emanazione di leggi) dello stresso veneto e del Trentino sul controllo di orsi e lupi. Per Costa, e per i Verdi in generale, contrastare l'autonomia regionale evocando, nel pubblico ambientalista da salotto, la volontà delle regioni di procedere a ulteriori scempi ambientali (come se l'Italia non fosse stata devastata nelle sue coste e in tante aree di valore paesaggistico negli anni '60 quando le regioni non esistevano). Ancor più conveniente è sostenere il ritorno al centralismo e l'opposizione alle richieste ufficiali di autonomia delle regioni evocando la loro insana e sadica voglia di sparare a teneri peluche come Yoghi, Cindy e Bubu, e ai dolci lupetti dei cartoni animati che il pubblico cittadino non riesce a distinguere da feroci predatori che ogni giorno causano stragi di bestiame.

 



Parlando di rifiuti, e energia rinnovabile il pubblico sospetta che ci sia qualche grosso interesse economico più o meno illecito in ballo, invece la difesa del lupo e dell'orso consente ai furbi ambientalisti di sollecitare tutte le corde emotive e di presentarsi come paladini di una pura battaglia a favore della natura, della biodiversità, degli animali.  Negando il controllo del lupo (e dell'orso) e promuovendo iniziative a loro favore si ledono solo gli interessi diffusi di una categoria con scarsa rappresentanza politica e sociale, gli interessi delle  "periferie" alpine e appenniniche (difese più a parole che nei fatti dalla Lega, entrambe snobbate dai sudisti urbani).

Come valore aggiunto con le politiche ideologiche pro lupo ("nessuno torca un pelo", "ogni autorizzazione ad agire, anche con animali pericolosi, deve passare da Roma"), si mette in difficoltà la Lega, che miete larghi consensi nelle zone "calde" dove il problema dei danni da predatori è molto sentito. Dulcis in fundo, per il fronte ambientalista, tutelato e rappresentato da Costa, grazie ai finanziamenti ai parchi e alla pletora di progetti pro lupo e pro orso, c'è il vantaggio, non secondario, del foraggiamento delle clientele verdi. Sull'altro lato della barricata, la Lega, che ha una base sociale, spesso post rurale, ormai anch'essa penetrata (tranne nelle aree fortemente rurali e "periferiche") dall'ambientalismo superficiale diffuso dalla cultura main stream del capitalismo neoliberale. Un tipo di ambientalismo, quello cui è sensibile la base leghista, che si accontenta a buon prezzo, con un po' di animalismo affettato alla B, poco turbato dall'impatto delle grandi opere inutili, poco anche ai danni dei pesticidi e quindi poco propenso a rimettere in gioco gli stili di vita consumisti.  D'altro lato la Lega non ha molto da guadagnare dalla difesa di interessi dispersi (che non finanziano certo il partito come le società dell'ecobusiness) e di territori che le regalano anche il 70-80% di voti, ma che hanno un peso demografico ed elettorale minoritario. Dove i territori si mobilitano è però costretta a prendere posizione perché non può permettrsi di vedere sconfessate le sue narrazioni.



Così a febbraio le Regioni del Nord a Trento, hanno concordato una posizione comune, chiedendo la delega per i loro territori nella gestione dei grandi carnivori, quindi non solo il lupo, ma anche l’orso (vedi qui). Fugatti, presidente leghista della PAT dopo un potere rosa - non c'entrano le discutibili quote ma il cattocomunismo -  ininterrotto da decenni, ha ribadito la volontà della provincia di Trento di voler procedere a catturare e rinchiudere nell'apposita struttura del Casteller gli orsi problematici. Due giorni dopo la riunione di Trento, in Veneto, sulla scia del Trentino, si approvava una proposta di legge,  composta di un solo articolo che recita : “La Regione, acquisito il parere dell’Ispra, limitatamente alla specie Canis lupus, può autorizzare il prelievo, la cattura o l’uccisione di esemplari di detta specie, a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che tali azioni non pregiudichino il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”.

Dopo le elezioni europee e piemontesi, con la sonora sconfitta del M5S e di Chiamparino, un acceso filo-lupista che aveva guidato il fronte delle regioni decise a togliere dal Piano lupo (che attende rinnovo dal 2015) la previsione di un, sia pure blando, controllo della specie (vai a vedere qui), la situazione si è ulteriormente evoluta.  Mentre, nella Campania di Gigino Di Maio, Pecoraro Scanio e Costa, il M5S otteneva alle europee il 33,9% dei voti, esso crollava al 8,9 e al 9,3% rispettivamente in Veneto e in Lombardia (dove la Lega ha il 49,9 e il 43,3%). Costa è uno degli sconfitti, ma non si rassegna.


L'orso M49:  la linea Maginot di Costa


Mentre la poltrona gli sta un po' scricchiolando (ma alla fine vi resterà attaccato grazie alla forza delle lobby ambientaliste che hanno grosso peso in tutti i partiti, sin dentro la Lega), Costa tiene botta sull'orso M49.  L'orso è sempre uccel di bosco anche se, quasi fosse consapevole dell'immunità concessagli a Roma nell'ambito di contorte vicende politiche, ha moltiplicato i suoi gravi attacchi.  Secondo la Provincia di Trento essè è responsabile di circa la metà del totale dei danni causati da plantigradi in Trentino nell'ultimo anno. Ma l'escalation è in inquietante progressione. 



La struttura di confinamento degli orsi problematici nei pressi di Trento (Casteller). Di recente è stata ampliata per poter ospitare nuovi ospiti.


Costa per tre volte non risponde (un tantino arrogante...) alle lettere del presidente della Provincia autonoma di Trento che chiede, senza giri di parole, l'autorizzazione alla cattura secondo quanto previsto dai protocolli del Pacobase (le "regole d'ingaggio degli orsi importati dalla Slovenia in Trentino mediante il famigerato progetto Life Ursus). Poi il generale si è degnato di rispondere, indirettamente, fissando un appuntamento a Roma per il 28 maggio ma ribadendo che la cattura dell'orso non è opportuna (giudizio soggettivo di opportunità politica) e che  l'orso, sulla base delle valutazioni dell'Ispra, pur essendo "problematico e dannoso" non è ancora pericoloso per l'uomo. Questa valutazione Ispra utilizzata da Costa  non è pertinente con il caso M49 e il dossier presentato dalla Provincia di Trento perché non è solo l'acclarata pericolosità per l'uomo a decidere della cattura in base al protocollo vigente ma anche la dannosità e la pericolosità potenziale legata a situazioni oggettive. Anche un orso timidone con l'uomo sorpreso in una sua scorreria in circostanze dove la via di fuga non è agevole potrebbe aggredire l'uomo. Tutte queste cose gli esperti e Costa le conoscono benissimo ma fanno finta di non saperle. Nella fattispecie, pur ammettendo che, almeno in una circostanza, il plantigrado sia entrato in contatto con l'uomo, esso, dal momento che sarebbe scappato subito dimostrandosi innocuo per l'uomo. Ma, come illustra la tabella sotto riportata, non è necessario che l'orso si sia già dimostrato pericoloso per l'uomo nell'ambito degli incontri ravvicinati per renderlo passibile di "azioni energiche" (cattura e monitoraggio, captivazione permanente, abbattimento). Chiariamo poi che l'orso è radiocollarato e che quindi si potrebbe individuare e catturaresenza troppa fatica.


TABELLA - PACOBACE (aggiornato al 2015) dove i sta per cattura temporanea e monitoraggio,  j per cattura e captivazione permanente e k per abbattimento.


In definitiva un orso che si poteva già catturare da termpo resta libero perché ciò giova politicamente a Costa e al suo partito. Provocatoriamente Costa aggiungeva: "La Provincia di Trento si impegni per creare presupposti di pacifica convivenza". Affermazione del tutto fuori contesto nel caso di M49, un orso che si è reso protagonista di predazioni seriali anche in prossimità di zone abitate e in circostanze in cui non sarebbe stato possibile attuare misure di prevenzione. Se poi Costa intende per "prevenzione" che in Trentino ogni casa isolata o ai margini dei paesi, ogni maso, ogni malga, ogni maggengo debbano essere evacuati (o difesi con reti ad alta tensione e feroci cani da guardia), abbia il coraggio di dirlo apertamente.   
La riunione, annunciata per il 28 maggio, è poi saltata e non arrivata più nessuna risposta, tanto che in data odierna veniva pubblicata sui giornali una nota dell'assessora Zanotelli che si dichiara "esasperata" dal comportamento di Costa. Ha ragione, sono due mesi che la Provincia di Trento chiede l'autorizzazione alla cattura. E mentre Roma tace, il predatore seriale, uccel di bosco, prosegue a lasciare strisce di sangue. Perché Costa continua a tacere? L'interpretazione è chiara: c'è in ballo l'esito del rimpasto. Costa da una parte non può cedere su un suo cavallo di battaglia, che ne ha fatto un esponente politico di riferimento del mondo ambienta-animalista, dall'altra non può irritare ulteriormente la Lega che chiede la caduta di alcune teste di ministri in quota M5S, tra cui la sua, che è stata molto evocata.

Ora, con ogni evidenza, e come ammesso dall'Ispra siamo arrivati al grado 13-14 della scala di problematicità (vedi Tabella sopra) e sarebbe già possibile con le regole in vigore sulle Alpi centro-orientali italiane, non solo catturare M49 ma spararlo legittimamentre. Se non si vuole farlo e si vuole riservare ai gradi di pericolosità dal 15 in su la possibilità di cattura, escludendo sempre e comunque l'abbattimento (salvo, forse, il caso 18) si chiarisca che si tratta di scelte politiche tese a forzare le regole d'ingaggio per motivi di opportunità politica. Ma vediamo cosa ha fatto M49.



Animale prelevato da una stalla pochi giorni fa e trascinato via da M49



Nelle ultime settimane M49, dopo l'assoluzione ottenuta dai palazzi romani, pare essersi galvanizzato e ha colpito duramente e ripetutamente in val Rendena, specie in comune di Roncone. Tutti i danni sono responsabilità morale di Costa.  L'orso-non-abbastanza-cattivo l'11 giugno ha ucciso una vitella e l'ha trascinata via a Roncone. Il 9 giugno ha colpito a Breguzzo (non lontano da Roncone), dove ha distrutto un recinto e trascinato fuori da una stalla una manza, sbranandola qualche decina di metri più in là. Ciò è avvenuto in una zona di montagna a 1.200 m dove, oltre alle stalle, vi sono case che, in questa stagione, sono abitate. L'8 giugno sono stati uccisi, sempre a Roncone, una mucca e tre pecore, sempre penetrando in stalle e creando scompiglio anche in quelle vicine.  Il 2 giugno, ancora a Roncone, tre asini erano stati trovati in fin di vita e sono stati eutanasizzati, altri due sono stati trovati morti a breve distanza. Nella stessa azienda erano stati sbranati un mese prima due asini, tra cui un'asina gravida. Come si fa a prevenire la predazione quando il bestione sfonda le porte delle stalle e trascina fuori le sue vittime? Le stalle e gli ovili non sono forse mezzi di difesa degli animali e di prevenzione dalla predazione?  Costa e il suo staff, e tutti gli animalisti italiani, paghino di tasca loro agli allevatori la ristrutturazione delle stalle per blindarle dall'orso. Gli allevatori, che spesso tengono gli animali per pura passione, che mantengono il patrimonio di fabbricati tradizionali ed eseguono preziosi interventi di micromanutenzione territorio, non devono essere ulteriormente umiliati. Se gli animal-ambientalisti non intendono pagare di tasca loro gli interventi di "prevenzione" (che non sono certo il recinto elettrico e le altre misure già messe in campo) lascino che gli orsi dannosi vengano rimossi.

Negli ultimi 12 mesi sono finite negli artigli di M49 capre, maiali, mucche e asini. Decine di animali uccisi e feriti e danni per decina di migliaia di euro (ci sono anche gli alveari) per la zona. La Provincia di Trento deve agire con fermezza ricordando che il presidente Rossi del centro-sinistra non esitò a dare ordine di sparare a un orsa che aveva aggredito delle persone. Il caso M49 è diverso ma il diniego ostinato di Costa all'autorizzazione alla cattura non può essere protratto all'infinito. Gli strumenti giuridici, a fonte dell'inerzia dello stato e dell'iterazione dei danni e della potenziale pericolositù, possono e devono essere individuati (il sindaco di Roncone o lo stesso Fugatti in qualità di responsabile provinciale della sicurezza pubblica avrebbero buoni motivi per emettere un'ordinanza di cattura). In ogni caso il tira e molla di Costa mette in luce come sia inadeguato attribuire al ministero, sentita l'Ispra, il potere di autorizzare provvedimenti "energici" contro singoli orsi. Le storie degli orsi problematici insegnano che, in attesa di autorizzazioni ministeriale, tirate oltretutto volutamente in lungo, gli orsi possono diventare più pericolosi per l'uomo.  Per la fauna particolarmente protetta, entro la quale rientrano orsi e lupi, il dpr 357/1997 attribuisce al ministero dell'ambiente il potere di autorizzare le deroghe ai divieti di cattura e abbattimento. Non c'è bisogno di tirare in ballo la costituzione (anche se una delle competenze rivendicate attualmente dalle regioni è proprio quella ambientale) perché basterebbe ampliare le possibilità di agire in condizioni di necessità ed emergenza

Fugatti, per non trovarsi in difficoltà, deve fare pressione sulla Lega nazionale per chiedere l'uscita di Costa dal governo ma deve anche rimuovere i funzionari e dirigenti legati alle lobby ambiental-animaliste, protagonisti delle politiche a favore degli orsi e dei lupi e autori di campagne propagandistiche menzognere, dai posti chiave della struttura burocratica della PAT. Operazione non facile, in forza della normativa ereditata dalle giunte di centro sinistra, ma non rinviabile se non vuole restare schiacciato in una manovra a tenaglia.  Da questo punto di vista la politica della nuova giunta è stata percepita timida e continuista (non solo sugli orsi). La Giunta non può continuare a giocare in difesa e a usare le parole, altrimenti la tattica di Costa e degli animalisti avrà successo e le gente delle valli, esasperara, chiederà conto della situazione insostenibile alla Lega (trentina e nazionale), non a Costa e ai verdi, che sono comunque nemici, gente di città che vuole comandare a casa dei montanari, impedire alle popolazioni alpine di conservare le proprie tradizioni, le proprie attività, le proprie abitudini di vita. Ma che la Lega ha il dovere , con la forza elettorale ricevuta in sede locale e nazionale, di  neutralizzare.






Articoli ruralpini sul tema


Sugli alpeggi non servono le pseudo "reti anti lupo"

(16.05.19) Sono un mezzo a buon mercato (per la lobby lupista) per poter dire "vi abbiamo dato la soluzione per proteggervi, se non sapete usarla è colpa vostra". Comodissimo per i politici che non hanno il coraggio di affrontare politicamente il problema lupo. Il tema della "difesa dei predatori" è quindi politico e in questo senso va interpretato il giusto rifiuto degli allevatori di montagna veneti e del südtirol ad accettare cani da guardiania e reti. Invece in Lombardia l'Ersaf continua a rifilare reti alte 1,4 m


Rifritto il Piano lupo: una barzelletta che non fa ridere  
(23.04.19) Siamo nel 2019. Dal 2015 è scaduto il Piano lupo nazionale ma, causa cambi di governo e le barricate della demagogia animal-ambientalista, siamo all'ennesima "nuova versione". Gli abbattimenti, previsti con il conta gocce nella precedente versione, sono spariti senza giustificazione, sostituiti da fumose misure di "prevenzione mirata" che piacciono al partito del lupo.  Piano o non piano, gli allevatori lasciati soli da una politica vile, continuano tutti i giorni a stare in trincea, costretti a difendersi come possono.

Presenza del lupo in Italia e in Toscana. Storia ed evoluzione
(05.03.19) Ruralpini presenta, a partire da questo contributo, che proviene dalla Toscana, unapanoramica di interventi che fanno il punto della situazione dalla parte di chi non accetta le fonti "ufficiali", i dati degli esperti che hanno nascosto (e nascondono) la reale diffusione del lupo, che hanno fatto emergere solo da poco un grave problema di ibridazione e di presenza di lupi esotici. Il tutto a danno degli allevatori e dei pastori, della vivibilità della montagna e delle aree interne.


Cani da difesa greggi: sfruttando l'emergenza lupi si smerciano soggetti non idonei
(02.03.19) Parecchi cani venduti come "addestrati e selezionati" sono stati "addestrati" in forza della presenza in allevamento (canino) di quattro pecorelle da compagnia. Si comprende bene come la "soluzione" cani sia in realtà una trappola perfetta per i pastori. Utile a dividere i pastori tra loro e a esibire come "buoni selvaggi" (da contrapporre ai "cattivi"), i pastori che accettano di fare da testimonial della felice convivenza con il lupo (in cambio della fornitura a gratis di crocchette per cani della Almo Nature)

Le regioni alpine invocano il controllo del lupo. Svolta politica vera o propaganda?
(02.02.19) In un clima politico segnato dall'attesa del risultato delle elezioni per il parlamento europeo, le regioni del Nord, pur senza manifestare una precisa strategia, hanno sottolineato una volontà comune di arrivare a un controllo del lupo. Non è il massimo, ma segna pur sempre una svolta rispetto alla situazione di due anni fa quando, a seguito dei cedimenti alle pressioni animaliste, tutte le regioni italiane, tranne Toscana e Bolzano, si erano genuflesse al tabù: "il lupo non si tocca" .

"Lupi? No grazie. Qui non è il Serengheti"
(21.01.19) Troppi lupi in Europa e si incrina il fronte conservazionista. Clamorose dichiarazioni del direttore del maggior parco nazionale olandese: "Qui non voglio lupi, voglio potergli sparare". "Non sono tornati da soli"

Il lupo riduce la biodiversità alpina
(29.12.18) Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del lupo   sulle Alpi

A quando anche in Italia un Wolfsdebatte? 
(14.12.18) L'altro ieri il ministro dell'agricoltura Centinaio, davanti agli allevatori trentini, si è rimangiato le precedenti posizioni lupiste. Lupi, rewilding, ecotasse, "rinnovabili", sono gli aspetti della stessa biopolitica, le nuove forme della lotta di classe (oggi elite vs popolo) e del conflitto città-campagna incarnato dai gilet jaunes.

I nodi vengono al pettine: lupi sparati anche in Veneto
(29.09.18) Oggi in Italia, in alcune situazioni , sparare ai lupi è legittima difesa, una forma di resistenza sociale di fronte a istituzioni - europee e statali - che non hanno il coraggio di gestire una popolazione lupina in continua espansione

La lobby lupista censura le notizie "scomode" 

(04.07.18) Negli ultimigiorni notizie importanti provenienti dalla Polonia e dalla Francia, imbarazzanti per il partito del lupo, sono state  ignorate dai media italiani. E c'è il precedente della morte di Celia Hollyworth la donna inglese sbranata dai lupi in Grecia. Quando un giornale nazionale ne parlò... 





contatti:  redazione@ruralpini.it

 

 

counter customizable
View My Stats

 Creazione/Webmaster Michele Corti