Ruralpini Resistenza
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Costa è anche un deciso oppositore delle trivelle in Abruzzo e del TAP, però c'è da dubitare che avrebbe minacciato le dimissioni (e ottenuto in consiglio dei ministri la decisione.. di non decidere) se queste opere fossero realizzate nella martoriata pianura padana. Non è pervenuta la stessa combattività nel caso della TAV in val di Susa. Sulla purezza ecologica del generale vengono poi dei dubbi quando egli stesso motiva l'opposizione alle trivelle in Abruzzo con l'esigenza di dirottare gli investimenti sulle "rinnovabili". Come i movimenti di base per l'ambiente e alla salute ben sanno, ma come sanno anche i grillini che hanno fatto carriera politica usando come trampolino i vari comitati (no pale eoliche, no biomasse, no biogas), dietro le "rinnovabili" ci sono truffe, ecomafie, speculazioni e, in ogni caso, un trasferimento colossale di denaro, dai poveri che pagano la bolletta della luce ai ricchi speculatori legati alla politica e nascosti dietro le scatole cinesi delle srl.
Per
distrarre dai business che Legambiente e WWF (e altri minori lobby
verdi) hanno messo in piedi con la green economy, Costa, che ha il
ruolo di spina nel fianco della Lega e dell'autonomismo
lombardo-veneto, ha scatenato una guerra contro la sottosegretaria
leghista Vannia Gavia, accusandola di non aver registrato incontri con
i lobbysti (società del riciclo dei rifiuti vicine alla Lega) sulla
base di un risibile codice di trasparenza, voluto dallo stesso Costa (come se un politico i lobbysti non li potesse
incontrare fuori dagli uffici...). Fatto sta che ai
moralisti verdi andrebbe ricordato che società della green economy
(anche con presenza di elementi contigui alla camorra) hanno visto
emergere spesso la presenza di esponenti ambientalisti (vedi qui
per degli esempi). A suo tempo scrivemmo che
per Legambiente le
centrali a combusione di biomasse legnose andavano bene se erano quelle
della Renovo, società mantovana con vertici vicini al PD, tanto da
promuoverle in giro per l'Italia con un Treno verde (sic). Del resto anche le centrali a
carbone di De Benedetti e gli inceneritori delle multiutility emiliane,
controllate dal PD, per Legambiente erano "sostenibili".
Un po' irritato, nel 2013, il cigno aveva assegnato a Ruralpini la
"bandiera nera" per demeriti ambientali. Quale onore! La motivazione
reale era l'irritazione per gli attacchi all'affarismo ambientalista e
per il ruolo poliziesco assunto dal Cigno nel monitorare e attenzionare
le lotte spontanee dei comitati di base per la salute e l'ambiente (vai
qui
a vedere). Ma contro di noi venne usata la più
proficua accusa di condurre "una campagna isterica contro gli orsi e i
lupi". Ecco come le cose si saldano. Ecco di nuovo gli orsi sulla scena.
Orsi e lupi: una comodissima e proficua arma di distrazione di massa, un efficacissimo strumento per il controllo dei territori da parte del biocapitalismo neoliberale
Costa è uno dei baluardi anti autonomisti dell'attuale governo e sta sfruttando, sulla pelle dei contadini e degli allevatori di tutta Italia, il tema lupo per combattere quell'autonomia sancita dal contratto di governo ma che il M5S (o almeno alcuni suoi esponenti sudisti) hanno cercato di sabotare (credendosi astuti). Il risultato è stato la sberla ricevuta dai grillini nel centro-nord. Orsi e lupi e riciclo dei rifiuti sono due terreni sui quali Costa ha sfidato la Lega. Quest'ultima, sia in Trentino che in Veneto ha promesso agli allevatori di trovare una soluzione alla sempre meno sopportabile pressione predatoria che spinge ad abbandonate pascoli e a chiudere aziende per la gioia dei verdi, che desiderano eliminare i "disturbi antropici" e tornare alla natura selvaggia (si vede che loro sono puri spiriti e che quello che mangiano e consumano non implica impatti ambientali). Costa usa l'orso e il lupo (l'orso M49 in particolare) per combattere l'autonomismo ma, al di là di questa battaglia di bandiera, lo scontro si gioca anche su terreni più sostanziosi (in termini economici). Un bell'esempio lo ha fornito il 23 maggio, quando, in provincia di Treviso, ha presenziato all’inaugurazione dell’impianto di riciclo dei pannolini e assorbenti sporchi a Contarina.
Sopra:
la geniale trovata dell'agenda trasparente con la quale Costa e i suoi
14 membri del suo costoso staff si autocertificano lavati con Perlana
Qualcuno
potrebbe pensare a un vezzo presenzialista. Invece no. Costa
era lì perché il riciclo dei pannolini (non più rifiuto ma materia
seconda, grazie a un primo decreto End of waste del genere firmato da
Costa) si sta
trasformando in un business da un miliardo di euro. Sul terreno
dell'End of waste si stano giocando una guerra senza quartiere perché è
un business enorme che promette elevati profitti e nel tira molla tra
ministero e regioni (ma c'è anche la città metropolitana del PD Sala
che spinge per l'autonomia in tema di biometano da rifiuti). Costa
vuole
bloccare il passaggio all'autonomia regionale della materia "rifiuti
dichiarati non rifiuti" perché le regioni del Nord lo utilizzerebbero
per
calibrarlo a favore di società vicine alla Lega, magari bruciando sul
tempo o stabilendo regole poco gradite a
quelle legate alla sinistra, ai verdi, al M5S. La distinzione
tra politica ed economia nel mondo dei rifiuti e del riciclaggio
contrabbandato come "economia circolare" (la vera è quella che il
rifiuto non lo produce o lo ricicicla all'origine) non esiste e c'è
poco da meravigliarsi se tutti i partiti sono implicatied è in atto una guerra per bande.
Ma ecco che dai rifiuti e
dai pannolini riemerge, di prepotenza, il tema ambientale in generale.
L'occasione dei pannolini è servita a Costa, nella sua uscita in
Veneto, per ribadire che le
richieste di Lombardia e Veneto "non sono
conciliabili con la Carta costituzionale" (qui sentiamo parlare
l'esperto di diritto costituzionale anche se risulta che il nostro
abbia una laurea in agraria e un master - non meglio specificato - in
diritto e gestione ambientale). Questo concetto lo aveva già espresso
respingendo le prese di posizione (a colpi di emanazione di leggi)
dello stresso veneto e del Trentino sul controllo di orsi e lupi. Per
Costa, e per i Verdi in generale, contrastare
l'autonomia regionale evocando, nel pubblico ambientalista da salotto,
la volontà delle regioni di procedere a ulteriori scempi ambientali
(come se l'Italia non fosse stata devastata nelle sue coste e in tante
aree di valore paesaggistico negli anni '60 quando le regioni non
esistevano). Ancor più conveniente è sostenere il ritorno al
centralismo e l'opposizione alle richieste ufficiali di autonomia delle
regioni evocando la loro insana e sadica voglia di sparare a teneri
peluche come Yoghi, Cindy e
Bubu, e ai dolci lupetti dei cartoni animati che il pubblico cittadino
non riesce a distinguere da feroci predatori che ogni giorno causano
stragi di bestiame.
Parlando
di rifiuti, e energia rinnovabile il pubblico sospetta che ci sia
qualche grosso interesse economico più o meno illecito in ballo, invece
la difesa del lupo e dell'orso consente ai furbi ambientalisti di
sollecitare tutte le corde emotive e di presentarsi come paladini di
una pura battaglia a favore della natura, della biodiversità, degli
animali. Negando il controllo del lupo (e dell'orso) e promuovendo iniziative a loro
favore si ledono solo gli interessi diffusi di una categoria con scarsa
rappresentanza politica e sociale, gli interessi delle
"periferie" alpine e appenniniche (difese più a parole che nei
fatti dalla Lega, entrambe snobbate dai sudisti urbani). Come
valore
aggiunto con le politiche ideologiche pro lupo ("nessuno torca un
pelo", "ogni autorizzazione ad agire, anche con animali pericolosi,
deve passare da Roma"), si mette in difficoltà la Lega, che miete
larghi
consensi nelle zone "calde" dove il problema dei danni da predatori è
molto sentito. Dulcis in fundo, per il fronte
ambientalista, tutelato e rappresentato da Costa, grazie ai
finanziamenti ai parchi e alla pletora di progetti pro lupo e pro orso,
c'è il vantaggio, non secondario, del
foraggiamento delle clientele verdi. Sull'altro lato della barricata,
la Lega, che ha una base sociale, spesso post rurale, ormai anch'essa
penetrata (tranne
nelle aree fortemente rurali e "periferiche") dall'ambientalismo
superficiale diffuso dalla cultura main stream del capitalismo
neoliberale. Un tipo di ambientalismo, quello cui è sensibile la base
leghista, che si accontenta a buon prezzo, con un po' di animalismo
affettato alla B, poco turbato dall'impatto delle grandi opere inutili,
poco anche ai danni dei pesticidi e quindi poco propenso a rimettere in
gioco gli stili di vita consumisti. D'altro lato la Lega non ha
molto da
guadagnare dalla difesa di interessi dispersi (che non finanziano certo
il partito come le società dell'ecobusiness) e di territori che le
regalano anche il 70-80% di voti, ma che hanno un peso demografico ed
elettorale minoritario. Dove i territori si
mobilitano è però costretta a prendere posizione perché non può
permettrsi di vedere sconfessate le sue narrazioni.
Così
a febbraio le Regioni del Nord a Trento, hanno concordato una
posizione comune, chiedendo la
delega per i loro territori nella gestione dei grandi carnivori, quindi
non solo il lupo, ma anche l’orso (vedi qui).
Fugatti, presidente leghista della PAT dopo un potere rosa - non
c'entrano le discutibili quote ma il cattocomunismo -
ininterrotto da decenni, ha ribadito la volontà della provincia di
Trento di voler
procedere a catturare e rinchiudere nell'apposita struttura del
Casteller gli orsi problematici. Due giorni dopo la riunione di Trento,
in Veneto, sulla scia del Trentino, si approvava una proposta di
legge, composta di
un solo articolo che recita : “La Regione, acquisito il parere
dell’Ispra,
limitatamente alla specie Canis lupus, può autorizzare il prelievo, la
cattura o l’uccisione di esemplari di detta specie, a condizione che
non esista un’altra soluzione valida e che tali azioni non
pregiudichino il mantenimento, in uno stato di conservazione
soddisfacente, della popolazione della specie interessata nella sua
area di ripartizione naturale”. Dopo
le elezioni europee e piemontesi, con la sonora sconfitta del M5S e di
Chiamparino, un acceso filo-lupista che aveva guidato il fronte delle
regioni decise a togliere dal Piano lupo (che attende rinnovo dal 2015)
la previsione di un, sia pure blando, controllo della specie (vai a
vedere qui), la situazione si è ulteriormente evoluta.
Mentre, nella Campania di Gigino Di Maio, Pecoraro Scanio e Costa, il
M5S otteneva alle europee il 33,9% dei voti, esso crollava al 8,9 e al
9,3% rispettivamente in Veneto e in Lombardia (dove la Lega ha il 49,9
e il 43,3%). Costa è uno degli
sconfitti, ma non si rassegna.
L'orso M49: la linea Maginot di Costa
La
struttura di confinamento degli orsi problematici nei pressi di Trento
(Casteller). Di recente è stata ampliata per poter ospitare nuovi
ospiti.
Costa per tre volte non risponde (un tantino arrogante...) alle lettere del presidente della Provincia autonoma di Trento che chiede, senza giri di parole, l'autorizzazione alla cattura secondo quanto previsto dai protocolli del Pacobase (le "regole d'ingaggio degli orsi importati dalla Slovenia in Trentino mediante il famigerato progetto Life Ursus). Poi il generale si è degnato di rispondere, indirettamente, fissando un appuntamento a Roma per il 28 maggio ma ribadendo che la cattura dell'orso non è opportuna (giudizio soggettivo di opportunità politica) e che l'orso, sulla base delle valutazioni dell'Ispra, pur essendo "problematico e dannoso" non è ancora pericoloso per l'uomo. Questa valutazione Ispra utilizzata da Costa non è pertinente con il caso M49 e il dossier presentato dalla Provincia di Trento perché non è solo l'acclarata pericolosità per l'uomo a decidere della cattura in base al protocollo vigente ma anche la dannosità e la pericolosità potenziale legata a situazioni oggettive. Anche un orso timidone con l'uomo sorpreso in una sua scorreria in circostanze dove la via di fuga non è agevole potrebbe aggredire l'uomo. Tutte queste cose gli esperti e Costa le conoscono benissimo ma fanno finta di non saperle. Nella fattispecie, pur ammettendo che, almeno in una circostanza, il plantigrado sia entrato in contatto con l'uomo, esso, dal momento che sarebbe scappato subito dimostrandosi innocuo per l'uomo. Ma, come illustra la tabella sotto riportata, non è necessario che l'orso si sia già dimostrato pericoloso per l'uomo nell'ambito degli incontri ravvicinati per renderlo passibile di "azioni energiche" (cattura e monitoraggio, captivazione permanente, abbattimento). Chiariamo poi che l'orso è radiocollarato e che quindi si potrebbe individuare e catturaresenza troppa fatica. TABELLA - PACOBACE (aggiornato al 2015) dove i sta per cattura temporanea e monitoraggio, j per cattura e captivazione permanente e k per abbattimento.
In
definitiva un orso che si poteva già catturare da termpo resta libero
perché ciò giova politicamente a Costa e al suo partito.
Provocatoriamente Costa aggiungeva: "La Provincia di Trento si impegni
per creare presupposti di pacifica convivenza". Affermazione del tutto
fuori contesto nel caso di M49, un orso che si è reso protagonista di
predazioni seriali anche in prossimità di zone abitate e in circostanze
in cui non sarebbe stato possibile attuare misure di prevenzione. Se
poi Costa intende per "prevenzione" che in Trentino ogni casa isolata o
ai margini dei paesi, ogni maso, ogni malga, ogni maggengo debbano
essere evacuati (o difesi con reti ad alta tensione e feroci cani da
guardia), abbia il coraggio di dirlo apertamente.
Ora,
con ogni evidenza, e come ammesso dall'Ispra siamo arrivati al grado
13-14 della scala di problematicità (vedi Tabella sopra) e sarebbe già
possibile con le regole in vigore sulle Alpi centro-orientali italiane,
non solo catturare M49 ma spararlo legittimamentre. Se non si vuole farlo e si vuole riservare ai gradi di
pericolosità dal 15 in su la possibilità di cattura, escludendo sempre
e comunque l'abbattimento (salvo, forse, il caso 18) si chiarisca che
si tratta di scelte politiche tese a forzare le regole d'ingaggio per
motivi di opportunità politica. Ma vediamo cosa ha fatto M49.
Animale
prelevato da una stalla pochi giorni fa e trascinato via da M49
Nelle
ultime settimane M49, dopo l'assoluzione ottenuta dai palazzi romani,
pare essersi galvanizzato e ha colpito duramente e ripetutamente in val
Rendena, specie in comune di Roncone. Tutti i danni sono responsabilità morale di Costa. L'orso-non-abbastanza-cattivo
l'11 giugno ha ucciso una vitella e l'ha trascinata via a Roncone. Il 9
giugno ha colpito a Breguzzo (non lontano da Roncone), dove ha
distrutto un recinto e trascinato fuori da una stalla una manza,
sbranandola qualche decina di metri più in là. Ciò è avvenuto in una
zona di montagna a 1.200 m dove, oltre alle stalle, vi sono case che,
in questa stagione, sono abitate. L'8 giugno sono stati uccisi, sempre
a Roncone, una mucca e tre pecore, sempre penetrando in stalle e
creando scompiglio anche in quelle vicine.
Il 2 giugno, ancora a Roncone, tre asini erano stati trovati in
fin di vita e sono stati eutanasizzati, altri due sono stati trovati
morti a breve distanza. Nella stessa azienda erano stati sbranati un
mese prima due asini, tra cui un'asina gravida. Come
si fa a prevenire la predazione quando il bestione sfonda le porte
delle stalle e trascina fuori le sue vittime? Le stalle e gli ovili non
sono forse mezzi di difesa degli animali e di prevenzione dalla
predazione? Costa e il suo staff, e tutti gli animalisti
italiani, paghino di tasca loro agli allevatori la ristrutturazione
delle stalle per blindarle dall'orso. Gli allevatori, che spesso
tengono gli animali per pura passione, che mantengono il patrimonio di
fabbricati tradizionali ed eseguono preziosi interventi di
micromanutenzione territorio, non devono essere ulteriormente umiliati.
Se gli animal-ambientalisti non intendono pagare di tasca loro gli
interventi di "prevenzione" (che non sono certo il recinto elettrico e
le altre misure già messe in campo) lascino che gli orsi dannosi
vengano rimossi. Negli
ultimi 12 mesi sono finite negli
artigli di M49 capre, maiali, mucche e asini. Decine di animali uccisi
e feriti e danni per decina di migliaia di euro (ci sono anche gli
alveari) per la zona. La Provincia di Trento deve agire con fermezza
ricordando che il presidente Rossi del centro-sinistra non esitò a dare
ordine di sparare a un orsa che aveva aggredito delle persone. Il caso
M49 è diverso ma il diniego ostinato di Costa all'autorizzazione alla
cattura non può essere protratto all'infinito. Gli strumenti giuridici,
a fonte dell'inerzia dello stato e dell'iterazione dei danni e della
potenziale pericolositù, possono e devono essere individuati (il
sindaco di Roncone o lo stesso Fugatti in qualità di responsabile
provinciale della sicurezza pubblica avrebbero buoni motivi per
emettere un'ordinanza di cattura).
In ogni caso il tira e molla di Costa mette in luce come sia inadeguato
attribuire al ministero, sentita l'Ispra, il potere di autorizzare
provvedimenti "energici" contro singoli orsi. Le storie degli orsi
problematici insegnano che, in attesa di autorizzazioni ministeriale,
tirate oltretutto volutamente in lungo, gli orsi possono diventare più
pericolosi per l'uomo. Per la fauna particolarmente protetta,
entro la quale rientrano orsi e lupi, il dpr 357/1997 attribuisce al
ministero dell'ambiente il potere di autorizzare le deroghe ai divieti
di cattura e abbattimento. Non c'è bisogno di tirare in ballo la
costituzione (anche se una delle competenze rivendicate attualmente
dalle regioni è proprio quella ambientale) perché basterebbe ampliare le possibilità di agire in condizioni di necessità ed emergenza Fugatti,
per non trovarsi in difficoltà, deve fare pressione sulla Lega
nazionale per chiedere l'uscita di Costa dal governo ma deve anche
rimuovere i funzionari e dirigenti legati alle lobby
ambiental-animaliste, protagonisti delle politiche a favore degli orsi
e dei lupi e autori di campagne propagandistiche menzognere, dai posti
chiave della struttura burocratica della PAT. Operazione non facile, in
forza della normativa ereditata dalle giunte di centro sinistra, ma non
rinviabile se non vuole restare schiacciato in una manovra a
tenaglia. Da questo punto di vista la politica della nuova giunta
è stata percepita timida e continuista (non solo sugli orsi). La Giunta
non può continuare a giocare in difesa e a usare le parole, altrimenti
la tattica di Costa
e degli animalisti avrà successo e le gente delle valli, esasperara,
chiederà conto
della situazione insostenibile alla Lega (trentina e nazionale), non a
Costa e ai verdi, che sono comunque nemici, gente di città che vuole
comandare a casa dei montanari, impedire alle popolazioni alpine di
conservare le proprie tradizioni, le proprie attività, le proprie
abitudini di vita. Ma che la Lega ha il dovere , con la forza elettorale ricevuta in sede locale e nazionale, di neutralizzare.
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Articoli ruralpini sul tema
Sugli alpeggi non servono le pseudo "reti anti lupo"
(16.05.19) Sono un mezzo a buon mercato (per la lobby lupista) per poter dire "vi abbiamo dato la soluzione per proteggervi, se non sapete usarla è colpa vostra". Comodissimo per i politici che non hanno il coraggio di affrontare politicamente il problema lupo. Il tema della "difesa dei predatori" è quindi politico e in questo senso va interpretato il giusto rifiuto degli allevatori di montagna veneti e del südtirol ad accettare cani da guardiania e reti. Invece in Lombardia l'Ersaf continua a rifilare reti alte 1,4 m Rifritto il Piano lupo: una barzelletta che non fa ridere (23.04.19) Siamo nel
2019. Dal 2015 è scaduto il Piano lupo nazionale ma, causa cambi di
governo e le barricate della demagogia animal-ambientalista, siamo
all'ennesima "nuova versione". Gli abbattimenti, previsti con il
conta gocce nella precedente versione, sono spariti senza
giustificazione, sostituiti da fumose misure di "prevenzione mirata"
che piacciono al partito del lupo. Piano o non piano, gli
allevatori lasciati soli da una politica vile, continuano tutti i
giorni a stare in trincea, costretti a difendersi come possono.
Presenza
del lupo in Italia e in Toscana. Storia ed evoluzione(05.03.19) Ruralpini presenta, a partire da questo contributo, che proviene dalla Toscana, unapanoramica di interventi che fanno il punto della situazione dalla parte di chi non accetta le fonti "ufficiali", i dati degli esperti che hanno nascosto (e nascondono) la reale diffusione del lupo, che hanno fatto emergere solo da poco un grave problema di ibridazione e di presenza di lupi esotici. Il tutto a danno degli allevatori e dei pastori, della vivibilità della montagna e delle aree interne. Cani da difesa greggi: sfruttando l'emergenza lupi si smerciano soggetti non idonei (02.03.19) Parecchi cani venduti come "addestrati e selezionati" sono stati "addestrati" in forza della presenza in allevamento (canino) di quattro pecorelle da compagnia. Si comprende bene come la "soluzione" cani sia in realtà una trappola perfetta per i pastori. Utile a dividere i pastori tra loro e a esibire come "buoni selvaggi" (da contrapporre ai "cattivi"), i pastori che accettano di fare da testimonial della felice convivenza con il lupo (in cambio della fornitura a gratis di crocchette per cani della Almo Nature) Le regioni alpine invocano il controllo del lupo. Svolta politica vera o propaganda? (02.02.19) In un clima politico segnato dall'attesa del risultato delle elezioni per il parlamento europeo, le regioni del Nord, pur senza manifestare una precisa strategia, hanno sottolineato una volontà comune di arrivare a un controllo del lupo. Non è il massimo, ma segna pur sempre una svolta rispetto alla situazione di due anni fa quando, a seguito dei cedimenti alle pressioni animaliste, tutte le regioni italiane, tranne Toscana e Bolzano, si erano genuflesse al tabù: "il lupo non si tocca" . "Lupi? No grazie. Qui non è il Serengheti" (21.01.19) Troppi lupi in Europa e si incrina il fronte conservazionista. Clamorose dichiarazioni del direttore del maggior parco nazionale olandese: "Qui non voglio lupi, voglio potergli sparare". "Non sono tornati da soli" Il lupo riduce la biodiversità alpina (29.12.18) Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del lupo sulle Alpi A quando anche in Italia un Wolfsdebatte? (14.12.18) L'altro ieri il ministro dell'agricoltura Centinaio, davanti agli allevatori trentini, si è rimangiato le precedenti posizioni lupiste. Lupi, rewilding, ecotasse, "rinnovabili", sono gli aspetti della stessa biopolitica, le nuove forme della lotta di classe (oggi elite vs popolo) e del conflitto città-campagna incarnato dai gilet jaunes. I nodi vengono al pettine: lupi sparati anche in Veneto (29.09.18) Oggi in Italia, in alcune situazioni , sparare ai lupi è legittima difesa, una forma di resistenza sociale di fronte a istituzioni - europee e statali - che non hanno il coraggio di gestire una popolazione lupina in continua espansione La lobby lupista censura le notizie "scomode" (04.07.18) Negli ultimigiorni notizie importanti provenienti dalla Polonia e dalla Francia, imbarazzanti per il partito del lupo, sono state ignorate dai media italiani. E c'è il precedente della morte di Celia Hollyworth la donna inglese sbranata dai lupi in Grecia. Quando un giornale nazionale ne parlò... contatti: redazione@ruralpini.it
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