Ruralpini  resistenza rurale

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Exorcizo vos pestiferos lupos



di Michele Corti


In una piccola valle della provincia di Verbania, il parroco, pressato dalle richieste dei fedeli, ha ripristinato nella forma originale la "messa contro il lupo" che si celebrava, il giorno di San Valentino, dal 1762. Il rito era stato, in anni recenti, trasformato in messa a protezione di calamità naturali in genere.  L'evento ha raccolto un forte consenso da parte della popolazione e ha trasmesso anche all'esterno il senso della gravità della minaccia legata alla proliferazione del lupo che minaccia il completo abbandono della montagna.



(13.03.20) In val Strona, una  valle della provincia di Verbania i lupi rappresentavano un incubo ricorrente come in molte altre terre di montagna e di pianura. Negli inverni in cui le incursioni degli animali erano particolarmente cruente gli abitanti di Forno sfilavano, il 14 febbraio, per le vie del paese dietro l'urna contenente le reliquie di San Valentino, protettore dalle incursioni dei lupi. Nella parrocchiale è tutt'ora conservata una statua del santo, dono degli emigranti. Gli anni delle processioni sono annotate sui libri parrocchiali, a ricordo degli aventi più drammatici: 1708, 1762.
 Nel 1762, di fronte alla situazione di particolare gravità il feudatario, conte Borromeo, concesse nel 1762 agli abitanti di armarsi di "ferri" e archibugi. I lupi vennero sterminati.



Da allora, presso la chiesa parrocchiale di San Pietro e Paolo si celebra una messa per tenere lontano il pericolo dei lupi, ma in passato erano celebrate anche nelle diverse contrade in cui era diviso il paese.  Nel 1851, per l'ultima volta, un intero branco si spinse fino alle porte del paese e nel 1927 fu eliminato l'ultimo lupo, da tale Giuanin du luv di Pieve in bassa Ossola. L'evento avvenne proprio il 14 gennaio e fu celebrato da una copertina della Domenica del Corrriere.



Per 77 anni dei lupi restò solo il ricordo. Mai del tutto spento, però, tanto che gli anziani, di fronte all'abbandono della montagna, già da decenni pronosticavano, dileggiati dai giovani, il ritorno dei lupi. Poi nel 2005 
a seguito dell'avvistamento di un lupo sulle montagne della Val Strona, il 14 febbraio di quell'anno, a seguito della messa in onore di San Valentino, nel salone della chiesa parrocchiale è stato proiettato un filmato sull'avvistamento e monitoraggio del lupo nelle montagne del Verbano Cusio Ossola, commentato da due esperti della Provincia (ovviamente in chiave pro lupo).  Nel clima più di curiosità e di festa che di preoccupazione, venne esposto il "lupo di Mazucher", ovvero l'esemplare catturato nel 1927 a Forno e adesso conservato imbalsamato presso il Museo Galletti di Domodossola. Nell'occasione i bambini del paese mettevano anche in scena una rappresentazione dal titolo "a San Valentino, lupus in… favola" e la serata si chiudeva con un buffet offerto dalle donne del paese e con l'accensione di alcuni falò, in cui qualcuno vedeva un "segnale di intimidazione contro le belve", i più un elemento allegro della sagra. Quel lupo del 2005 è poi "sparito".
Tutt'altro clima quello di quest'anno. I lupi sono diventati una stabile presenza, hanno costituito il branco e
lo scorso autunno hanno ucciso non poche capre.  La situazione è drammatica. A Forno e a Sambughetto sono decine e decine gli animali sbranati dai lupi. Mi diceva una donna che abita un casolare isolato che attorno alla casa vivevano molti gatti, li sentiva di notte. Adesso non sente più alcun rumore. A pro delle anime candide che, in buona fede, credono che con il lupo si possa convivere è bene chiarire che la val Strona, come altre della provincia di Verbania, del canton Ticino, della Lombardia Nord-occidentale, presenta valli strette e scoscese con versanti rocciosi. I pascoli sono di ridotta estensione.  Pensare di radunare grandi greggi sotto sorveglianza è impossibile.


Per i pensionati che allevano capre per passione queste scene sono strazianti. L'affetto per le loro caprette è lo stesso che si prova per i cani di casa. Se la falcidia aumenta, con le lacrime agli occhi, queste persone dovranno vendere le loro capre.  Significa togliere loro una ragione di vita, ucciderli un po'.


Nel passato gli animali erano custoditi da tanti pastorelli che, ogni tanto, finivano anch'essi nelle fauci del predatore. Oggi la presenza del lupo in queste valli non può portare alla "convivenza" (secondo il logorato, ipocrita, slogan del lupismo), ma all'eliminazione di uno di uno due "partner" della convivenza (sic) stessa: ovvero dell'uomo, con i suoi animali domestici. Sì perché il già grave abbandono di una montagna così difficile (fatta di piccoli alpeggi) diventerebbe totale, se i tanti che ancora allevano capre per arrotondare le entrate ma, più che altro, per pura passione, le vendessero in massa. Alcuni, purtroppo, constatato che le istituzioni sono del tutto sorde al grido di dolore delle valli e decise a proteggere a oltranza il lupo (nonostante che proliferi), hanno già cominciato a farlo. 
Il comune di Ornavasso ha messo un premio di 2 mila euro per scoprire chi ha ammazzato un lupo nel territorio. Il sindaco ha aggiunto altri mille di suo. E' tutta la catena istituzionale: dalla UE al sindaco del paese che è schierata con il lupo: il potere contro chi non ne ha.  I servizi veterinari dell'ASL non esaminano le carcasse quando chiamati.  E siccome ci sono anche i filmati dicono che sono i soliti cani lupo cecoslovacchi (la razza più simile al lupo).

Le conseguenze sono facili da intuire: in queste valli sono gli allevatori di capre che ancora fanno un po' di fieno, raccolgono la foglia per la lettiera. Eliminato l'allevamento viene meno lo stimolo a qual poco di cura di prati e boschi. Ormai sono in pochi a non essersi avveduti che il lupismo non vuole imporre il lupo nonostante le conseguenze sull'antropizzazione della montagna ma, bensì, per queste. Il lupismo è strumentale alle, ormai non più tanto velate, strategie di rewilding: i paesi devono morire, le valli devono tornare alla deserificazione dell'alto medioevo o, meglio, al paleolitico. La montagna, le Alpi devono diventare un grande Parco Naturale, controllato da potenti gruppi economici e finanziari, in tandem con i verdi. I nuovi signori feudali. Molto peggio dei vecchi, veri, feudatari che le popolazioni le sfruttavano ma anche proteggevano (vedasi il conte Borromeo di cui sopra). Lo scopo è, come in Africa, ricavare dai grandi parchi dell'impostura della "natura incontaminata" (da dove le popolazioni locali, cacciatori e raccoglitori, contadini e pastori, vengono deportate con la forza) risorse economiche e potere senza l'intralcio di comunità, municipi, stakeholder.
Ma da queste parti la gente vuole reagire. Al contrario di quanto pensano gli ambientalisti (espressione, tra le peggiori, dell'ignoranza metropolitana), i montanari non sono quei "sacchi di patate" che i progressisti, autoproclamatisi intelligenti, di ogni epoca - giacobini e bolscevichi tanto per non far nomi - si sono rappresentati per giustificare i soprusi, l'oppressione e lo sfruttamento nei loro confronti. L'ideoa delle valli "chiuse" è quanto di più falso. La montagna alpina è stata caratterizzata da tassi di alfabetizzazione elevati, da emigrazione qualificata. Dalla Valstrona gli emigranti che partivano andavano a Praga, a Cracovia, erano artigiani-artisti che producevano pezzi di peltro (gli stampi li realizzavano in inverno nei paesi) o artisti veri e propri (con opere nelle gallerie nazionali). I loro figli si laureavano all'università di Praga.



Il piccolo museo della parrocchiale dei SS Pietro e Paolo (l' "armadio") è ricco di oggetti di grande valore donati alla chiesa.  La valle, povera di risorse agrosilvopastorali (ma proprio perché scarse ad essa attaccatissima), ha saputo oltre all'emigrazione, essere valle industriale, sviluppando laboratori ie fornendo maestranze alle importanti industrie di Omegna allo sbocco della valle (qui sono nate Bialetti e Alessi tanto per dire).
 
Se i lupisti pensano di infinocchiare la gente di queste valli con le loro storielle del lupo meraviglioso, portatore di biodiversità, di turismo hanno fatto male i conti. I lupi
, però, espansi su tutte le Alpi a colpi di progetti milionari dell'Europa matrigna (che ci prende più di quello che restituisce e ci impone di spendere come vuole).  I lupi, protetti in modo non più giustificato grazie alla produzione fraudolenta di dati "scientifici" che testimoniavano come la popolazione lupina italiana non crescesse e restasse sotto i 1000 capi (quando erano già migliaia)  sono diventati minacciosi, baldanzosi. Ora i lupisti parlano di "singoli lupi problematici" ma che peso ha un fenomeno del genere in una specie fortemente sociale che trasmette culturalmente alla prole molri comportamenti? Lo stesso Boitani, lupologo maximo, ha più volte dichiarato che dopo qualche generazione, in assenza di una difesa attiva da parte dell'uomo (le schippettate, le forconate), i lupi perdono la paura dlel'uomo e iniziano a considerar una possibile preda.

La comunità, che pure vuole reagire si sente fragile di fronte a questa "piaga d'Egitto" (in questo caso scatenata dal Faraone non dal Dio di Israele), fragile come un tempo,. La gente è anziana, le leggi - scritte in città dagli ambientalisti -, i forestali, i parchi, quello che resta della polizia provinciale, l'ASL sono tutti schierati dalla parte del lupo e  impediscono ai montanari di difendersi. L'opinione pubblica sembra narcotizzata dalle favole del "lupo buono" e stenta a capire. Ed ecco l'idea della messa, di un'azione forte, capace di far sentire la comunità unita davanti alla minaccia esterna e di dare anche un messaggio all'esterno: siamo piccole comunità ma siamo uniti, il nostro prete è con noi, voi siete più forti con le vostre leggi e i vostri apparati, ci volete imporre il lupo ma noi proclamiamo che questo è un sopruso fatto contro la nostra volontà.  Il pericolo c'è, il disegno di mettere in ginocchio la montagna più debole è reale, ma un conto è lasciarsi andare, lasciarsi sconfiggere nella propria solitudine, un conto è strigersi assieme e darsi forza, avere il proprio pastore dalla propria parte.


Il parroco di Forno in preparazione dell'incontro pubblico nel salone parrocchiale ha affisso fuori dalla chiesa il testo di una riflessione dello studioso locale don Tullio Bertamini, a sua volta pubblicato nel bel volume  La capra campa  (a cura di Luciano Falcini e Edgardo Ferrari) pubblicato nel 2000 dalla Comunità Montana Valle Vigezzo. Bertamini pensava alla minaccia del turismo, oggi c'è di peggio c'è' la minaccia del parco integrale.




Il parroco, don Gaudenzio Martini, della valle Anzasca, non si è fatto pregare. Ero in Perù in missione - ci ha riferito - ma i miei parrocchiani preoccupati per quanto successo in autunno mi hanno bombardato di telefonate, perché si celebrasse quest'anno la messa del lupo il giorno di San Valentino. La messa, sino allo scorso, era stata un po' rivisitata nel senso della protezione dalle calamità naturali in genere, sempre secondo le parole di don Gaudenzio, al quale va fatto tanto di cappello, non solo perché ha accolto di buon grado la sollecitazione del suo gregge di 300 anime ma anche perché si è fatto parte diligente affinché, oltre alla messa, si organizzasse anche un momento di discussione. Non più catechizzati dall'alto, dalle autorità, dagli esperti, tutti monoliticamente lupisti, ma per sentire persone che, nelle valli ossolane hanno iniziato a costituire comitati contro i lupi e a fare controinformazione popolare. 
C'è stata così oltre alla messa una affollata riunione pubblica nel salone parrocchiale stracolmo di gente. La gente è venuta anche da altre valli.  Non pochi, venuti da fuori, si sono commossi di fronte a tanta attenta partecipazione e alla sincera tensione che animava la gente. Così ci ha detto Otten Gesine, presente a Forno in qualità di attivista antilupi, allevatrice di capre e promotrice sin dal 2004 con Daniela Rigotti e altri allevatori del primo Comitato contro i lupi dell'Ossola (qui un po' di storia di queste iniziative in un articolo di Ruralpini del 2011).  Alcuni che volevano assistere all'incontro di Forno sono dovuti restare fuori dalla sala, tanto che il parroco ci ha detto: avrei potuto farla in chiesa la riunione. E avrebbe avuto piena giustificazione vista la serietà del problema e il sentimento dei parrocchiani. Se si pensa poi a quali iniziative sono state adibite in alcune occasioni le chiese... 




E' bello constatare che ci sono pastori di anime che hanno cura dei pastori. La messa di Forno non rappresenta un caso isolato. Il 15 novembre 2004 il rito della ''Benedictio deprecatoria'', l'esorcismo di rito romano contro gli animali nocivi, nello specifico  per difendere i greggi dai lupi era stato riproposto in un pascolo, in mezzo al bestiame, a Torre dell' Olmo, nella zona di Gubbio in Umbria da don Ubaldo Braccini, parroco di Torre dei Calzolai, presenti una cinquantina di persone. Il battagliero sacerdote si batte dal 1981 contro i lupi. Nel 2004, in una occasione, insieme a una allevatrice portò in piazza con una jeep le carcasse di due ovini sbranati dai lupi. La cerimonia religiosa di Gubbio, come a Forno ebbe anche una dimensione "civile", anzi, in questo caso politica, giustificata dalla disperazione dei parrocchiani cui venivano sbranati gli animali uno dopo l'altro, nell'indifferenza generale della utorità che attribuivano, come al solito - secondo il copione dei mascalzoni lupisti e dei loro complici e adepti nelle istituzioni pubbliche - ai "cani randagi".  La Benedictio deprecatoria (esorcismo) di Gubbio  era stato infatti annunciato da 200 manifestini con scritto: I lupi. Nessuno difende il tuo bestiame, nemmeno tu puoi difenderlo. Esiste un' omertosa congiura del silenzio, che vuol minimizzare e nascondere il grave problema. Don Ubaldo Braccini si era rivolto agli allevatori e ai lavoratori della terra' di vari comuni e delle frazioni di Gubbio per invitarli ad una preghiera collettiva.  La mia gente e' stufa - disse il parroco parlando con i giornalisti prima della cerimonia - e gli altri preti mi prendono per fissato perche' parlo del problema dei lupi. Il fatto e' che io sto in mezzo alla gente e sono 10 anni che tutte le famiglie di allevatori della mia parrocchia hanno avuto aggressioni dai lupi'.



Nel 2005 don Braccini scrisse alla CEI per sottolineare che tra i mali della società denunciati dall'allora presidente cardinale Camillo Ruini ad Assisi alla conferenza generale della Cei manca la divinizzazione della natura praticata dai diversi enti ambientalisti e protezionisti, molto spesso, a scapito dell' uomo. Quanto aveva ragione. Quanto un parroco vicino al popolo può vedere più avanti delle gerarchie ecclesiastiche di brillanti intellettuali e manager. Immaginiamo cosa può aver provato il battagliero sacerdote (che ha rassegnato le dimissioni dopo 63 anni da parroco nel 2019) di fronte alle scivolate ambientaliste della chiesa dell' "effetto Bergoglio" giunte sino ai riti in onore della divinità pagana andina Pachamama.

 

Viviamo un tempo di
"piaghe", ma nell'occidente si vede solo il virus (e il riscaldamento). L'Africa, che commuove solo limitatamente a chi ha qualche migliaio di euro e arriva in Europa con i barconi, è devastata nella sua parte orientale dalle cavallette, ma nessuno ne parla.
Le nostre fragili comunità di montana solo alle prese con l'antico problema del lupo, una vera "piaga", non certo però calamità naturale, ma fenomeno sociale e politico perché la reintroduzione è frutto di scelte fortemente volute ai piani alti della società, da quei livelli di governance tecnocratica e autoritaria che non passa al vaglio di alcuna verifica democratica ma che il suddito deve accettare: Bisogna convivere con orsi, lupi, linci, sciacalli! Ma chi lo ha deciso?  La modernità, che ha fatto a meno di Dio, relativizzato ogni valore, che ha estromesso ogni riferimento al sacro (salvo creare i nuovi idoli del Mercato e della Natura), si riscopre fragile, impotente, nonostante tutti i mezzi della tecnoscienza e dell'economia. Allora i gesti forti, carichi di valore sacrale, non sono più dileggiati. Perché, in tempi di "piaghe" fanno riflettere anche i gaudenti. Ha fatto sensazione la preghiera alla Madonna, protettrice di Milano e la benedizione alla città dell'arcivescovo di Milano. Nessuno ha osato criticare e sbeffeggiare. 




Gesti antichi, austeri nella loro sobrietà, che parevamo archiviati per sempre da una chiesa affannata a "recuperare duecento anni" (come diceva l'esponente di punta modernista, card. Martini), a riallinearsi al "secolo". Dopo la secolarizzazione della società mancava solo quella della chiesa cattolica. L'impegno in quella direzione è notevole.  Del resto il segnale delle chiese chiuse e della movida aperta andava in quella direzione.
Ma i piani umani sono fallaci. E' venuta la preghiera di Delpini e che Bergoglio ha affidato l'Italia alla Vergine. Segni di un cambiamento di rotta? Speriamo. Intanto è confortante vedere come ci siano ancora parroci di montagna così vicini al loro gregge.  


Esorcismo contro i lupi (Rituale romano di Paolo V)

(Tradotto dal latino)

Vi esorcizzo pestiferi lupi, in nome di Dio (segno di croce) padre onnipotente, di Gesù (segno di croce) Cristo figlio suo unigenito, dello Spirito (segno di croce) Santo che procede da entrambi, a ritirarvi immediatamente dalle nostre campagne, dove non abiterete più e a trasferirvi altrove, dove non possiate nuocere a nessuno: in nome di Dio onnipotente e di tutta la corte celeste, e della santa Chiesa di Dio, vi malediciamo in modo che ovunque andiate siate maledetti, vi estinguiate, diminuiate di giorno in giorno, fino a che non rimanga nulla di voi in alcun luogo se non per quanto necessario alla salute e adi utilità per l'uomo.  Che ciò si degni di ascoltare chi verrà a giudicare i vivi e i morti e il mondo con il fuoco.
Infine i luoghi infestati si aspergano con l'acqua benedetta.


 
 

Lupi contro la montagna


Nella montagna veneta cresce la rabbia contro i lupi
(24.06.19) A dimostrazione della totale incapacità e impotenza delle istituzioni, la regione Veneto affida un progetto finalizzato alla "convivenza", molto contestato dagli allevatori, ai soliti lupologi onniscenti (ma senza conoscenza del territorio). Unica nota positiva, la regione non aderisce a Wolf Alps II (le volpi a guardia del pollaio), mentre un consigliere regionale leghista mette a disposizione un penalista per la difesa degli allevatori dai soprusi delle amministrazioni pubbliche in tema di lupo .


Sugli alpeggi non servono le pseudo "reti anti lupo"
(16.05.19) Sono un mezzo a buon mercato (per la lobby lupista) per poter dire "vi abbiamo dato la soluzione per proteggervi, se non sapete usarla è colpa vostra". Comodissimo per i politici che non hanno il coraggio di affrontare politicamente il problema lupo. Il tema della "difesa dei predatori" è quindi politico e in questo senso va interpretato il giusto rifiuto degli allevatori di montagna veneti e del südtirol ad accettare cani da guardiania e reti. Invece in Lombardia l'Ersaf continua a rifilare reti alte 1,4 m
 
Rifritto il Piano lupo: una barzelletta che non fa ridere 
(23.04.19) Siamo nel 2019. Dal 2015 è scaduto il Piano lupo nazionale ma, causa cambi di governo e le barricate della demagogia animal-ambientalista, siamo all'ennesima "nuova versione". Gli abbattimenti, previsti con il conta gocce nella precedente versione, sono spariti senza giustificazione, sostituiti da fumose misure di "prevenzione mirata" che piacciono al partito del lupo.  Piano o non piano, gli allevatori lasciati soli da una politica vile, continuano tutti i giorni a stare in trincea, costretti a difendersi come possono.

Presenza del lupo in Italia e in Toscana. Storia ed evoluzione
(05.03.19) Ruralpini presenta, a partire da questo contributo, che proviene dalla Toscana, unapanoramica di interventi che fanno il punto della situazione dalla parte di chi non accetta le fonti "ufficiali", i dati degli esperti che hanno nascosto (e nascondono) la reale diffusione del lupo, che hanno fatto emergere solo da poco un grave problema di ibridazione e di presenza di lupi esotici. Il tutto a danno degli allevatori e dei pastori, della vivibilità della montagna e delle aree interne.

Cani da difesa greggi: sfruttando l'emergenza lupi si smerciano soggetti non idonei
(02.03.19) Parecchi cani venduti come "addestrati e selezionati" sono stati "addestrati" in forza della presenza in allevamento (canino) di quattro pecorelle da compagnia. Si comprende bene come la "soluzione" cani sia in realtà una trappola perfetta per i pastori. Utile a dividere i pastori tra loro e a esibire come "buoni selvaggi" (da contrapporre ai "cattivi"), i pastori che accettano di fare da testimonial della felice convivenza con il lupo (in cambio della fornitura a gratis di crocchette per cani della Almo Nature)

Le regioni alpine invocano il controllo del lupo. Svolta politica vera o propaganda?
(02.02.19) In un clima politico segnato dall'attesa del risultato delle elezioni per il parlamento europeo, le regioni del Nord, pur senza manifestare una precisa strategia, hanno sottolineato una volontà comune di arrivare a un controllo del lupo. Non è il massimo, ma segna pur sempre una svolta rispetto alla situazione di due anni fa quando, a seguito dei cedimenti alle pressioni animaliste, tutte le regioni italiane, tranne Toscana e Bolzano, si erano genuflesse al tabù: "il lupo non si tocca" .

"Lupi? No grazie. Qui non è il Serengheti"
(21.01.19) Troppi lupi in Europa e si incrina il fronte conservazionista. Clamorose dichiarazioni del direttore del maggior parco nazionale olandese: "Qui non voglio lupi, voglio potergli sparare". "Non sono tornati da soli"

Il lupo riduce la biodiversità alpina
(29.12.18) Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del lupo   sulle Alpi

A quando anche in Italia un Wolfsdebatte? 
(14.12.18) L'altro ieri il ministro dell'agricoltura Centinaio, davanti agli allevatori trentini, si è rimangiato le precedenti posizioni lupiste. Lupi, rewilding, ecotasse, "rinnovabili", sono gli aspetti della stessa biopolitica, le nuove forme della lotta di classe (oggi elite vs popolo) e del conflitto città-campagna incarnato dai gilet jaunes.

I nodi vengono al pettine: lupi sparati anche in Veneto
(29.09.18) Oggi in Italia, in alcune situazioni , sparare ai lupi è legittima difesa, una forma di resistenza sociale di fronte a istituzioni - europee e statali - che non hanno il coraggio di gestire una popolazione lupina in continua espansione

La lobby lupista censura le notizie "scomode" 

(04.07.18) Negli ultimigiorni notizie importanti provenienti dalla Polonia e dalla Francia, imbarazzanti per il partito del lupo, sono state  ignorate dai media italiani. E c'è il precedente della morte di Celia Hollyworth la donna inglese sbranata dai lupi in Grecia. Quando un giornale nazionale ne parlò...



































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































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