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(17.02.17) ... non chiamatelo "ambientalista" (in morte di Adriano Rizzoli) 
Definire Adriano Rizzoli, della cui morte ho avuto la notizia ieri, un "ambientalista" è gravemente riduttivo. Non rende giustizia ad un personaggio che era andato oltre l'ambientalismo, attraverso un'esperienza vissuta combattendo (spesso da solo) senza risparmiarsi.

(14.04.15) Pesticidi: una questione politica e morale che impone una svolta etica e ideologica

La società della tarda modernità e del turbocapitalismo,(oggi biocapitalismo senza  limiti etici), sta ponendo  a capo delle generazioni future un fardello di disastri sociale e ecologici. Il cibo a basso costo, merce globale che scaccia il cibo buono è alla base di un modello tossico di "sviluppo"


(22.01.15) Il tradimento della bioeconomia
Da qualche tempo la politica, l'economia, gli ambienti accademici stanno contrabbandando per "bioeconomia" qualcosa di molto diverso da quallo che questo termine aveva assunto nel dibattito scientifico e culturale. In occasione di un convegno promosso dalla Regione Lombardia dal titolo La bioeconomia come chiave per lo sviluppo futuro tutto declinato in termine di biogas, biomasse, chimica verde, terreno di spregiudicate operazioni speculative che implicano a fronte di rendite parassitarie pesanti impatti sociali ed ambientali ci è parto doveroso puntualizzare la mistificazione insita nell'attribuire l'etichetta "bioeconomica" a queste operazioni del biocapitalismo speculativo e predatorio.

(09.12.13)L'imbroglio ecologico (IV e ultima parte)
Nella storia di Legambiente si rispecchia un ambientalismo di regime, apparato di controllo sociale e di "acculturazione" funzionale alla greed economy turbocapitalista. Con un "pensiero ecologico" debole appiattito sulla modernità e l'ideologia scientista, tecnocratica. Centralismo comunista accoppiato con i meccanismi delle corporation. Ma il dissenso cresce.

(02.12.2013) L'imbroglio ecologico (parte III)
Dalla critica al capitalismo della prima ecologia politica alla partecipazione all'affarismo della green economy. L'ambientalismo, nel solco del progressismo illuminista,  come supporto ideologico e cosmetico al biocapitalismo dello sfruttamento integrale 
 
(01.12.13) Legambiente: business senza freni
La spregiudicatezzadi Legambiente nel cavalcare il business delle biomasse e - in particolare  del biogas da rifiuti - l'ha portata in affari con una società e una famiglia implicata nelle truffe sui rifiuti e "contigua" alle ecomafie controllate dai casalesi. Lo ha rivelato l'EspressoUn piano inclinato e sdrucciolevole quello del business della green economy. 
 
(16.11.2013) L'imbroglio ecologico (parte II)
La nascita dell'ambientalismo come movimento sociale negli anni '80. I condizionamenti sulla nascita del movimento ambientalista del travaso dell' "eccesso di militanza" dalla "sinistra rivoluzionaria" e dell'egemonia culturale del PCI. La divaricazione tra localismo e ambientalismo quale occasione mancata. La necessità di andare oltre la sinistra (e la destra) per recuperare spazi di autonomia sociale
 
(07.11.2013) L'imbroglio ecologico (ambientalismo, sinistra, trasformazioni sociali nell'era del capitalismo neoliberista)
Oggi l' ambientalismo è la proiezione della Green economy capitalista e i movimenti devono imboccare con coraggio nuove strade, oltre la sinistra e la destra e oltre l'ambientalismo per una nuova autonomia dei soggetti e delle comunità popolari. L'imbroglio ecologico è finito perché il ruolo dell'ambientalismo istituzionale è palesemente di controllo sociale. Prima parte di un ampio contributo che ripercorre la storia dei rapporti tra ambientalismo, sinistra, capitalismo e movimenti sociali dai primordi del movimento ambientalista ad oggi.
 
(31.10.2013) Per un'ecologia sociale
Il movimento contro le biomasse all'interno del nuovo panorama dei movimenti per la difesa della salute e del territorio ha molti connotati del nuovo movimento per l'ecologia sociale. Supera divisioni ideologiche e unisce trasversalmente gruppi sociali eterritori. Sposta al di fuori dei tradizionali ambiti urbani la scena dei movimenti e costringe l'ambientalismo istituzionalizzato a smascherare il suo ruolo a supporto del sistema


14.03.12) Modernizzazione ecologica: legittimazione dei rischi e della tecnocrazia
Dietro l'ecobusiness degli Ogm, delle "rinnovabili" insostenibili c'è la teoria e il programma politico della modernizzazione ecologica. L'estremo tentativo dell'industrialismo e del potere tecnoscientifico di evitare di fare i conti con i limiti dello sviluppo e con la crisi della modernità. Con forti pericoli per la democrazia e per l'ambiente stesso sottoposti al controllo di una governance autoritaria e tecnocratica alla cui legittimazione concorre in modo subalterno anche il mainstream del movimento ambientalista istituzionalizzato. Che diventa controparte dei movimenti locali per la salute, contro la tossicità ambientale, per la difesa del cibo e dell'agricoltura 

 

 





 
 

 


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Il piccolo mostro torna a inquinare


di Michele Corti

(14.10.17) Ieri sera a Borgo Valsugana si è tenuta la partecipata assemblea cittadina indetta dal Comitato 26 gennaio per fare il punto sulla ripresa dell'attività dell'acciaieria. Si è parlato del "grande mostro" di Taranto ed è stata anche occasione per ricordare Adriano Rizzoli

L'impegno di Adriano Rizzoli (sopra) è stato ricordato da Sara Sartori, vice-presidente del Comitato 26 gennaio. Adriano, dopo essersi speso al di là di ogni limite per evitare la realizzazione dell'inceneritore di Trento ha sostenuto sino alla sua scomparsa anche le cause della Valsugana (acciaieria e centrali a biomasse)


Accanimento terapeutico per un'acciaieria protagonista di vicende giudiziarie a non finire (non solo inquinamento, anche controlli taroccati)

Ha dello sconcertante il fatto che si proponga una nuova vita per un impianto nato alla fine degli anni Settanta (con un esproprio da parte della provincia dei terreni ai contadini al prezzo di cinquanta lire al mq). L'impianto è stato protagonista quattordici procedimenti giudiziari a carico di direttori dello stabilime
nto, amministratori e rappresentanti legali dal 2008 al 2016 (conclusi a volte con condanne ma spesso con patteggiamenti ed oblazioni). Ha potuto proseguire l'attività grazie a deroghe provvidenziali da parte della PAT (la provincia autonoma di Trento ma ha anche subito stop imposti dalla magistratura (come quello del 4 dicembre 2009 quando fu messa sotto custodia cautelare). La progressiva crisi, legata all'evoluzione del mercato e all'obsolescenza dell'impianto (che utilizzava rottami di dubbia qualità), ha anche messo periodicamente a rischio i dipendenti tra contratti di solidarietá, cassa integrazione e mancate paghe sopravvivendo non solo grazie all'Inps ma anche alla vendita dell'elettricità con lo sfruttamento di differenziali tariffari.
 



Sconcerta che i sindacati (Cgil, Cisl) esultino per la “continuità occupazionale”, per il proseguimento dell'attività di una fonderia che non solo è stata (ed è) causa di forte impatto sull'ambiente e la salute dei residenti in una valle alpina stretta (con rilevanti fenomeni di inversione termica nella stagione fredda e quindi mancata dispersione degli inquinanti) ma che ha comportato gravi problemi di salute (mortalità e morbilità) per i dipendenti.
Roberto Cappelletti (Medici per l'ambiente) ha pubblicato nel 2016, insieme ad altri colleghi, su una rivista scientifica specializzata (il Journal of Occupational Medicine and Toxicology) uno studio (Health status of male steel workers at an electric arc furnace in Trentino, Italy) che mette in evidenza come la fonderia abbia comportato un significativo aumento del rischio di tumori polmonari, diabete, artrite reumatoide, ipertensione e malattie cardiovascolari rispetto alla popolazione generale. Un risultato da attribuirsi attribuito alle condizioni di lavoro esistenti nell'impianto.
Il Dr. Cappelletti in occasione di alcune conferenze tenute in Valsugana per informare la popolazione degli impatti aggiuntivi delle centrali a biomasse di Novaledo e di Villa Agnedo mi spiegava quali strategie avesse messo in essere l'Appa (agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente), come venissero campionati pesci in tratti del corpo idrico a monte dell'acciaieria, come venisse ricercata la diossina nelle acque (quando è noto che è liposolubile e si concentra nel grasso).


La vicenda dell'Acciaieria di Borgo rappresenta un caso da manuale a conferma dell'evidenza che le agenzie pubbliche, invece che ambiente e salute, proteggono le lobby. Ma anche un caso in cui gli “esposti” (termine burocratese che indica la popolazione che subisce gli effetti dell'inquinamento) sono costretti a sostituirsi alle istituzioni per raccogliere, a proprie spese, prove sui danni ambientali e alla salute.
 
Dopo la fine del processo “Fumo negli occhi” a carico dei responsabili dell'acciaieria , scaturito dallo zelo con cui il Corpo forestale di Vicenza aveva condotto indagini sulle falsificazioni dei risultati dei controlli sulle emissioni inqinanti dell'impianto) si costituì il Comitato 26 gennaio (il 26 gennaio 2012 è la data dell'udienza finale). Il Comitato, sorse – con spirito libero e indipendente - grazie all'azione dell'avv. Mario Giuliano (che aveva raccolto centinaia di procure per la costituzione di parte civile nel processo contro l'acciaieria raccogliendo un'enorme documentazione) e all'incessante lavoro di Laura Zanetti, di Massimo Cecconi di Giorgio Zortea, Antonio Cappello e di altri attivisti.


Il Comitato 26G intendeva utilizzare i fondi dei risarcimenti riconosciuti in sede processuale per proseguire e ampliare lo studio dei danni all'ambiente e alla salute in Valsugana. In questo il Comitato si differenziò da altri attivisti (che facevano capo all'associazione Valsugana attiva, nel frattempo costituitasi) che non intendevano impegnarsi in una nuova e impegnativa azione e preferivano che il risarcimento fosse distribuito tra coloro che si erano costituiti parte civile. Da parte di questa ala “morbida” del movimento (che continua a perseguire la strada di un “dialogo” con le istituzioni provinciali, palesemente schierate con gli inquinatori) arrivarono anche colpi bassi all'avv. Giuliano.

Polveri sottili: se l'Appa non vede ci pensa il C26G

Da allora il Comitato è impegnato nel monitoraggio delle polveri sottili, nella raccolta di dati e informazioni utili a sostenere un esposto collettivo per “disastro ambientale” alla procura
di Trento
Il Comitato, in particolare, ha utilizzato dei rilevatori al laser acquistati negli Usa grazie a una donazione del consigliere provinciale Degasperi del M5S. Così oggi il C26G dispone di una rete di monitoraggio in grado di inchiodare l'Acciaieria, l'Appa e la Provincia.

Nella serata di ieri a Borgo, condotta da La
ura Zanetti (a fianco), sono già emersi elementi inequivocabili sull'impatto dell'acciaieria. Massimo Cecconi, astronomo originario di Borgo che lavorara presso il Telescopio nazionale Galileo a La Palma (isole Canarie), in collegamento skype, ha illustrato i dati sul monitoraggio delle polveri sottili (pm 2,5) che evidenziano inequivocabilmente come il triste, costante  “primato” provinciale di Borgo svanisca quando l'impianto inquinante è fermo tanto da far rilevare scarti negativi rispetto alla media trentina. 



I moniti della tragedia di Taranto

Drammatiche, passando dal piccolo al grande mostro (l'ILVA di Taranto) le evidenze portate da Annamaria Moschetti, la pediatra tarantina fortemente impegnata per la chiusura dell'Ilva causa di un immane disastro anbientale e di una tragedia socio-sanitaria. Non vi è solo l'aumento progressivo dell'incidenza del cancro con la vicinanza all'impianto, c'è anche la tragedia dell'impatto neurologico e sul comportamento. Il quoziente intellettivo dei bambini che hanno la sfortuna di risiedere vicino all'Ilva hanno un Q.I. (ovviamente corretto per le condizioni socio-economiche e socio-culturali dlele famiglie) inferiore di 10 punti a quello dei bambini che risiedono nei quartieri di Taranto più lontani dal mostro. L'impatto sulla salute dell'Ilva è decisamente un impatto di classe e questo dovrebbe far riflettere sull'ipocrisia di una società buonista, falsamente democratica, progressista, dei diritti per tutti, in cui, invece,  il profitto è tutt'ora venerato con sacrifici umani. L'ipocrisia parla di "posti di lavoro", ma la Moschetti si chiede se sia un valore positivo questo "lavoro", che pare divenire un valore a sé stesso, indipendente dalle persone, indipendentemente dalla salute e dal benessere dei lavoratori, indipendente dalle sofferenze e dal dolore provocato fuori della fabbrica,

 


Il caso dell'acciaieria tarantina, che in questi giorni è impegnata in un braccio di ferro con i lavoratori (vorrebbe licenziarli per riassumerli con minori tutele) dovrebbe indurre le popolazioni che “convivono” con impianti altamente inquinanti come questi, a non lasciarsi incantare dall'ipocrisia di stato (e di provincia autonoma) anche quando viene millantata la bontà degli interventi per gli adeguamenti e la “messa in sicurezza”.

La Moschetti ha messo in evidenza come nel caso di alcuni microinquinanti il risultato delle ricadute sulla città non solo non migliorerebbe dopo i costosi interventi ma persino peggiorerebbe. Un severo monito per la realtà del “piccolo mostro” della Valsugana dove sono previste opere
che, a fronte di parecchi milioni di euro, possono tamponare alcuni “effetti colabrodo” specie con riferimento alla nocività degli ambienti di lavoro e degli immediati dintorni dlel'impianto senza impedire che nell'ambiente vengano immessi pericolosi inquinanti.


L'impatto sull'agricoltura


Chissà che buono quel vino?


Da molto tempo è noto che gli impianti industriali quali le fonderie rappresentano una fonte di gravi impatti per l'agricoltura, riducendo la produttività delle colture, contaminando in modo duraturo il terreno agrario, inquinando acque superficiali e profonde utili per l'irrigazione, contaminando i foraggi e in generale gli alimenti destinati agli animali e (direttamente o indirettamente). Ne sanno qualcosa non solo a Taranto (dove in diversi comuni è vietato il pascolo per il rischio di contaminazione del latte) ma anche a Brescia dove vi è stato un altro disastro ambientale. Nel 2007 venne sequestrato il latte di 17 stalle per superamento dei limiti di diossina (prodotto “indesiderato” delle combustioni) e di Pcb (policlorobifenili) questi ultimi prodotti sino agli anni Ottanta dalla Caffaro ma emessi anche da inceneritori e acciaierie (entrambi “specialità” bresciana). Nel 2013 su 28 allevamenti caprini analizzati 23 avevano latte con sforo dei limiti per il Pcb . Nell'area a rischio a Brescia tutt'ora non può essere utilizzato il fieno per alimentare gli animali (a causa della contaminazione con il terriccio).


L'impianto di Borgo

Ma diossine, policlorobifenili, furani – tutti composti tossici persistenti - non sono emessi solo nell'ambito della produzione di acciaio, della fusione secondaria di metalli pesanti, dell’incenerimento dei rifiuti. Vi sono anche i cementifici, la produzione e l’utilizzo in agricoltura di pesticidi, gli impianti alimentati con combustibili fossili, il traffico veicolare, la combustione del legno (le famigerate “centrali a biomasse” e gli impianti domestici) e altre attività implicate. Tutte responsabili di immettere nell’atmosfera questi veleni che si depositano sul suolo, rimanendovi per lunghi periodi prima di essere degradati o trasportati dall’acqua. Il punto è che gli impianti industriali e gli inceneritori forniscono a livello locale un fortissimo contributo all'inquinamento e all'ecotossicità.

Rispetto ad altre fonti emissive (meno massiccie ma anche più difficilmente eliminabili in tempi brevi) gli inceneritori potrebbero essere sostituiti da altri sistemi di trattamento dei rifiuti (previa la riduzione della loro produzione e l'aumento del riciclo) mentre le acciaierie appaiono come residuati di un'era da tempo superata. Superata dalla delocalizzazione di questi impianti in aree meno congestionate del pianeta e dall'evoluzione dell'economia delle aree avanzate in direzione di settori ad alta tecnologia e terziario avanzato.

Sia a Taranto che in Valsugana il territorio è ricco di risorse (agricole, turistiche, culturali) la cui valorizzazione è penalizzata dalla presenza di mostri e mostriciattoli. Con la differenza che a Taranto vi sono 12 mila lavoratori e a Borgo.... ottanta.



I danni da macroinquinanti

Gli inquinanti “classici”, ovvero gli ossidi di azoto (NOx) e di zolfo (SOx). L'eccessiva concentrazione di anidride solforosa provoca imbrunimenti e decolorazioni sui tessuti fogliari, assieme ad una diminuzione della germinabilitа del polline. Ma vi è un effetto indiretto e più grave, mediato dalle piogge acide. L' anidride solforosa (SO2) e biossido di azoto (NO2 ) attraverso reazioni di ossidazione in fase gassosa o liquida (all'interno delle goccioline d'acqua) vengono convertiti in acido solforico e acido nitrico. L'acido solforico e l'acido nitrico e acidificano le precipitazioni e di conseguenza le acque superficiali e il terreno. Gli acidi disciolti nell'acqua atmosferica possono intaccare direttamente la cuticola delle piante, quello strato protettivo impermeabile (analogamente all'epidermide di noi mammiferi) che permette alle piante di proteggersi dall'ambiente esterno. Le conseguenze sono una maggior suscettibilità agli attacchi dei parassiti, alterazioni dei processi metabolici, diminuzione dell'attività fotosintetica, prematuro invecchiamento dei tessuti fogliari, diminuzione della germinabilità del polline. L'intaccamento della cuticola provoca anche effetti secondari, come una perdita di elementi nutritivi dalla superficie fogliare, una maggiore traspirazione dei tessuti e quindi maggior sofferenza durante i periodi di siccità. Non è finita: l'abbassamento del pH dovuto alle piogge acide solubilizza l'alluminio (normalmente racchiuso nel reticolo cristallino dei silicati del terreno) facendolo passare nella soluzione circolante del suolo con gravi intossicazioni (e conseguenti perdite economiche) a carico delle produzioni agrarie. Non a caso le soglie di inquinamento atmosferico per SO2 e NOx sono molto più basse che quelle fissate per proteggere la salute umana.


Inquinante

Valore limite vegetazione

Valore limite
salute umana

SO2

20 µg /m3

500 µg /m3

NOx

30 µg /m3

400 µg /m3

Un'altra grave forma di danno alle colture agrarie è costituita dall'ozono e dal PAN (nitrato di perossiacetile). Si tratta di inquinanti secondari che è spesso presente in modo più grave in estate a causa dell'effetto della maggiore intensità di radiazione UV. Sono componenti dello smog fotochimico. Agli effetti della fitotossicità il PAN riveste scarsa importanza Negli strati alti dell'atmosfera i raggi ultravioletti provenienti dal sole colpiscono una molecola di ossigeno biatomico (O2) scindendola in due atomi; questi a loro volta si combinano facilmente con altre molecole di O2 formando molecole di ozono (O3). Così si forma la “fascia dell'ozono” che protegge la Terra. Nella troposfera (strati bassi) l'ozono si forma a causa dell'inquinamento per reazioni, sempre catalizzate dalla radiazione ultravioletta che coinvolgono gli ossidi di azoto (NOx) e composti organici volatili (COV) prodottisi dalle combustioni, dall'industria delle vernici ecc. Vale la pena precisare che in chimica “organico” si riferisce ai composti contenenti atomi di carbonio indifferentemente che siano sostanze naturali o di sintesi o prodotti “indesiderati” da combustioni e processi industriali. Il paradosso dell'ozono è che esso si ritrova non tanto nelle immediate vicinanze delle fonti emissive ma nelle zone rurali e di montagna dove la radiazione UV è forte e le correnti atmosferiche trasportano l'inquinamento dalle aree industriali e grandi reti stradali. In aree fortemente inquinate l'ozono prodotto può essere significativamente consumato dalla reazione con ossido di azoto con formazione di biossido. L'ozono è fortemente fitotossico. Causa la presenza di puntini bruni sulle lamine fogliari. I danni da ozono alla vegetazione sono relativi alla diminuzione della conducibilità stomatica (gli stomi sono le “valvole” che presenti sulla lamina inferiore della foglia si aprono o chiudono per lasciare entrare l'aria che veicola la CO2 utilizzata per la fotosintesi). Riducendosi la fotosintesi vi è riduzione della crescita della pianta e della resa delle colture (anche 10-20%). Alcune specie di piante coltivate, come tabacco, pomodoro, fagiolo, frumento e trifoglio, sono particolarmente sensibili all’ozono.



Microinquinanti

Molto più subdola l'azione fitotossica e la contaminazione delle piante con microinquinanti persistenti nell'ambiente e negli organismi vegetali e animali. Li possiamo distinguere in due categorie: i POP (persistent organic polluants) e i metalli pesanti. Questi inquinanti preoccupano per vari motivi: sono persistenti ma presentano effetti patologici per i quali non esiste una soglia minima. Tanto che i "limite di legge" rappresentano una pietosa bugia, se non una truffa o quantomeno una sorta di compromesso tra esigenze economiche e politiche. Va anche precisato che esiste un legame tra le varie categorie di inquinanti. Se le polveri sottili che si depositano anche sul suolo e sulle piante sono in sé pericolose (per esempio attraverso l'azione di ostruzione dei vasi sanguigni) esse diventano ancora più pericolose in quanto "mezzo di trasporto" dei metali pesanti e di microinquinanti organici. Trasporto in atmosfera (con deposizioni spesso erratiche), trasporto nel circolo sanguigno e negli organi degli animali.
La presenza nell'atmosfera, nel terreno e nelle acque di metalli pesanti come il cadmio, il cromo, il manganese, il nichel, il mercurio, lo zinco, il piombo determinano nei tessuti delle piante a fenomeni di accumulo che sono pericolosi per le piante stesse ma soprattutto per gli animali che se ne nutrono. Oltre ad essere tossici per gli organismi del suolo (dove si accumulano) e per le piante attraverso queste ultime queste sostanze tossiche entrano nella catena alimentare bioconcentrandosi negli organismi animali. A basse concentrazioni alcuni metalli pesanti (per es. rame, nichel, zinco) sono microelementi essenziali per il normale funzionamento metabolico e la riproduzione di microrganismi, piante e animali (uomo incluso). A elevate concentrazioni questi stessi elementi possono invece risultare dannosi.

I cationi (forme con carica positiva) dei metalli pesanti si legano facilmente ai gruppi sulfidrilici (-SH) o alle molecole che li contengono. Tali molecole sono spesso rappresentate da enzimi (piccole proteine che catalizzano e regolano la velocità delle reazioni metaboliche negli organismi) inibendone l'attività.
I metalli non essenziali invece (es. cadmio e piombo), rilasciati da fonti emissive quali le acciaierie e fonderie, possono essere nocivi anche a basse concentrazioni. Mentre nel suolo i metalli pesanti non sono degradati negli organismi animali non possono essere trasformati o detossificati o eliminati (come avviene per molti composti organici tossici) e si depositano in vari organi interni. Tali accumuli, risultato dell'esposizione a basse concentrazioni per lunghi periodi, possono causare gravi conseguenze per la salute. Uno degli indicatori dell'impatto sulla salute dell'inquinamento dei metalli pesanti è rappresentato dai livelli di piombo nel sangue. Un tempo addizionato alla benzina il piombo è oggi una spia dell'inquinamento ambientale e del danno alla salute delle acciaierie.


POP

Gli inquinanti organici persistenti sono organici composti che comprendono composti di seintesi (ad esempio pesticidi e PCB) e sottoprodotti di varie attività antropogeniche (diossine, furani, ma ancora PCB). I POP sono tra i più diffusi inquinanti ma anche, come ormai ampiamente dimostrati da approfonditi studi scientifici alcuni degli inquinanti più pericolosi rilasciati nell'ambiente. La contaminazione del suolo, dei sedimenti e delle acque sotterranee da parte di composti organici persistenti e resistenti alla degradazione come gli aromatici clorurati, gli aromatici polinucleari, gli eterociclici e i nitroaromatici rappresentano un “lascito” pesante e diffuso della società industriale. Sostanze chimiche immesse nell'ambiente a causa di incidenti (la diossina di Seveso) o rilasciate irresponsabilmente decenni fa in alcuni luoghi specifici (caso Caffaro a Brescia) tendono a rimanere, in concentrazioni elevate, per decenni nei luoghi dove sono state rilasciate.

La Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti ha così definito i POP:

possiedono proprietà tossiche, resistono alla degradazione e al bioaccumulo e sono trasportati, attraverso l'aria, l'acqua e le specie migratorie, attraverso i confini internazionali e depositati lontano dal luogo di emissione, dove si accumulano negli ecosistemi terrestri e acquatici.

Tra i POP legati alle fonti di emissioni quali le fonderie, acciaierie, inceneritori (ma anche impianti “minori”) vanno messi in evidenza le seguenti “famiglie”:

  • PCDD policloro(fluoro)dibenzoparadiossine

  • PCDF policlorodibenzofurani

  • PCB policlorobifenili

  • PAH idrocarburi policiclici aromatici (tra cui benzopirene)

I composti clorurati sono particolarmente stabili (oltre che tossici) perché resistenti a degradazioni enzimatiche. Tra i più stabili i PCDD che possono avere una emivita (tempo necessario per la riduzione alla metà della concentrazione iniziale) di decenni.


Queste molecole suscitano preoccupazioni circa il rischio di trasferimento attraverso la catena alimentare attraverso il prodotto animale. I POP sono caratterizzati da una forte persistenza nell'ambiente, da elevata volatilità e dalla lipolificità che ne determina l'accumulo nei tessuti grassi.

Tempo di emivita di alcuni PCDD/F


Inquinante anni
2,3,7,8-TCDD 6-10
1,2,3,7,8-PeCDD 9-16
1,2,3,4,7,8-HxCDD 8
1,2,3,6,7,8-HxCDD 13-70
1,2,3,7,8,9-HxCDD 5-9
2,3,7,8-TCDF 0,4
1,2,3,7,8-PeCDF 0,9
1,2,3,7,8,9-HxCDF 3-6

In forza della loro natura lipofilica i POP sono “catturati” dalle foglie in quanto la lamina fogliare è ricoperta dalla cuticola cerosa. La superficie fogliare può essere pari a 10-15 volte quella del terreno dove le piante crescono e quindi esse intercettano buona parte delle deposizioni inquinanti (in forma secca, umida e gassosa). Le fogli o vengono consumate da animali (e così i POP entrano nelle catene alimentari) o, una volta morte, cadono a terra e di decompongono “arricchidendo” il suolo di inquinanti.
Gli erbivori assumono gli inquinanti sia consumando le foglie che ingerendo terriccio. Un erbivoro può ingerire dall'1 al 10% di terra (peso fresco). Sono più suscettibili di ingerire terra i piccoli ruminanti e i cavalli che utilizzano le piante a breve distanza dal suolo (1 cm) rispetto ai bovini (2,5 cm). Una piccola parte di inquinanti è assorbita con le radici (trattandosi di composti lipofilici può essere trascurabile).



Una volta ingeriti i POP si concentrano nel tessuto adiposo e nel fegato ma, legati ai grassi, sono trasferiti nel latte. All'inizio della lattazione vi è una mobilizzazione fisiologica del tessuto adiposo e gli inquinanti finiscono nel latte anche se l'animale è alimentato con foraggi “puliti”. La quantità di POP che passano dal foraggio al latte è notevole come indicano i dati della seguente tabella ottenuti in capre da latte. Si deve parlare di “bioconcentrazione”. Purtroppo gli inquinanti, attraverso le catene alimentari, finiscono anche nel latte umano.

Trasferimento dei POP nel latte di capra (% del contenuto nel foraggio). Da Costera et. al. 2006


Inquinante %
2,3,7,8-TCDD 52,8
1,2,3,7,8-PeCDD 33,1
1,2,3,4,7,8-HxCDD 23,7
1,2,3,6,7,8-HxCDD 25
1,2,3,7,8,9-HxCDD 15
1,2,3,4,6,7,8-HpCDD 5,4
OCDD 1,7
2,3,7,8-TCDF 10,2
1,2,3,7,8-PeCDF 14,3
2,3,4,7,8-PeCDF 29,4
1,2,3,4,7,8-HxCDF 21,8
1,2,3,6,7,8-HxCDF 18
1,2,3,7,8,9-HxCDF 3
2,3,4,6,7,8-HxCDF 12,5
1,2,3,4,6,7,8-HpCDF 2,7
1,2,3,4,7,8,9-HpCDF 3,5
OCDF 0,9

Oggi non si può dire: “non ci sono prove”

In uno studio del 1961 sull'inquinamento prodotto dalle fonderie (Herbert J. Weber “Air Pollution Problems of the Foundry Industry “, Journal of the Air Pollution Control Association, 11:4, 157-172) troviamo affermazioni che oggi suonano sconcertanti: “Ad oggi i risultati delle indagini sulle aree inquinate non hanno condotto a risultati certi relativamente agli effetti sulla salute”. E poi:
“Le emissioni delle fonderie non contengono inquinanti ad oggi conosciuti che possono influenzare il benessere degli animali domestici”. L'autore proseguiva affermando che coltivare nel pressi delle fonderie è “imprudente” anche se: “ i casi di danni alle colture riconducibili a operazioni di fonderia non sono stati comprovati”. Oggi, dopo oltre cinquant'anni siamo consapevoli che le emissioni inquinanti delle fonderie sono responsabili di gravi forme di ecotossicità, di danno all'agricoltura, di danno alla salute (in parte legato al consumo di prodotti vegetali e animali contaminati). Eppure l'atteggiamento dei responsabili degli impianti (come indicano alcune recenti e sconcertanti affermazioni del direttore della fonderia di Borgo) e delle istituzioni paiono del tutto lontane dall'applicare principi di precauzione
Mantenere una fonderia in una stretta valle alpina soggetta in inverno all’inversione termica (con effetti negativi sulla mancata dispersione degli inquinanti) appare oggi una palese assurdità.
Specie in una valle alpina che deve/può caratterizzarsi per una policoltura di qualità orientata a metodi di produzione biologica, che può contare su importanti offerte turistiche (i laghi di Caldonazzo e Levico, le terme, Artesella, le malghe, i borghi, i castelli. Ma la qualità ambientale è compromessa dall’acciaieria che rappresenta un pessimo biglietto da visita per chi arriva in Valsugana.
Invece di destinare milioni di euro alla fonderia non sarebbe così difficile implementare i posti di lavoro nello sviluppo agricolo puntando su una riqualificazione nel senso del biologico (la viticoltura ha possibilità di espansione e vi sono anche altre opportunità per il rilancio della cerealicoltura basata su varietà antiche e filiera corta, nell'orticoltura di pieno campo). Perché si punta in modo assurdo sull'acciaieria? Forse perché la Valsugana ha subito, dimostrandosi poco reattiva un ruolo poco invidiabile di "cenerentola", di certo perché gli interessi concentrati, dove girano volumi di denaro, riescono sempre ad avere udienza. Indipendentemente che le loro attività siano dannose per il resto della società e dell'economia. Gli interessi diffusi, ancorché sacrosanti, non hanno peso. E per fortuna che, suppa carta viviamo in un sistema di "democrazia rappresentativa". Ma chi rappresenta gli interessi deboli diffusi?
Un'agricoltura inquinata va di pari passo con un'agricoltura inquinante non orientata alla qualità. In questo senso la chiusura dell'acciaieria e un programma di riconversione agricola in sinergia con il turismo (che in Valsugana è legato anche al termalismo e quindi all'orientamento al benessere e alla salute). Sull'altro verso l'acciaieria va di conserva con le aziende zootecniche intensive e il biogas, le colture che fanno largo uso di pesticidi che, come visto, rappresentano un'altra fonte di inquinamento con POP e metalli pesanti. Non c'è dubbio quindi che la lotta contro l'acciaieria rappresenti un momento fondamentale in Valsugana di un movimento di resistenza e rinascita rurale e comunitaria.





 

 

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