Condividi
Orso e lupo
Predazioni
da "canidi" in Lombardia: agli allevatori i danni e le beffe
(26.02.19)
In Regione Lombardia: niente risarcimenti per le predazioni "generiche"
da canidi (a differenza delle altre regioni). La Regione paga solo in
caso di accertato attacco da lupo (non sempre facilmente
distinguibile). Così, un po' per risparmiare (ed ammettere che si
continua a sottovalutare il problema lupo), un po' per "non allarmare"
(come vogliono i lupisti), se ci sono attacchi si attribuiscono a
priori ai cani. Una vergogna di cui ci piacerebbe sapere cosa pensa il
nuovo assessore Rolfi che pure ha dato qualche segnale di discontinuità
con le politiche filo orsiste e filo lupiste della precedente giunta
regionale.
Il
racconto che segue evidenzia la drammatica realtà di una piccola
aziende agropastorale che si confronta per la prima volta con la
predazione.Ancora uina volta dobbiamo segnalare come le istituzioni, in
assenza di una riconosciuta presenza stabile del lupo tendano, a
priori, ad attribuire ai cani la responsabilità degli attacchi.
Dispiace che, in presenza di lesioni compatibili con l'attacco del lupo
(o di cani di grossa taglia comunque "esperti" killer), non si proceda
ad eseguire tamponi, a raccogliere indizi, si facciano spostare le
carcasse prima di accertare le modalità dei fatti. Come se ordini
dall'alto imponessero di operare al fine di scagionare il lupo. Eppure
i lupi sono stati osservati e filmati ripetutamente in pieno giorno a
Cassiglio, in val Brembana, a dicembre dalle fototrappole di un
progetto di studio del cervo (15 km in line a d'aria da Corna Imagna) .
Il parco delle Orobie, che da anni invoca il ripopolamento di orsi e
lupi, e Wolf Alps, per non parlare della polizia provinciale e dei
servizi regionali né confermano né smentiscono. Come sempre l'ordine
(da molto in alto) è: "Non creare allarmismo, ammettere che il lupo è
presente solo quando non se ne può più fare a meno". Tocca a chi è
colpito dimostrare la presenza del lupo, così come a quell'allevatore
di asini che in val San Martino (fascia collinare pedemontana) a 10 km
in linea d'aria da Corna Imagna ha dimostrato con le fototrappole che
le sue bestie erano state predate dal lupo. Ma i lupi sono stati
fototrappolati anche in Valsassina.
Non
c'è trasparenza, non c'è rispetto per il lavoro degli allevatori, non
c'è rispetto per i cittadini, tenuti all'oscuro della pericolosa
presenza del lupo. Per scelta politica dell'apparato tecnoburocratico
contiguo agli apparati ambientalisti. Avallata ex post per ossequio
alle lobby potenti dalla parte politica.
Odore
di sangue nel villaggio di San Simù
(Corna Imagna, Bergamo)
di Antonio
Carminati
Nella
notte tra mercoledì 20 e giovedì 21
febbraio scorso un violento attacco predatorio di uno o più
canidi si è abbattuto sul gregge di un allevatore locale, provocando
una vera mattanza
La bella e
caratteristica stalletta delle Paterne, sul versante
orientale del villaggio di San Simù, edificata sul modesto
promontorio circoscritto ai lati da due verdi ridenti vallette e
protetto da una massiccia parete rocciosa a Nord, ci trasmette oggi
la storia di un feroce massacro. Un ambiente bucolico e
idilliaco, trasformatosi improvvisamente in un tetro campo di
battaglia, con pecore morte e ferite sparse qua e là nel prato in
primavera, circondate da primule e crocus timidamente fioriti sui
campetti terrazzati baciati dal sole. Fiori di un cimitero. La rete
di protezione all’intorno, con ben due recinti, come scatole
cinesi, non sono bastati per proteggere il piccolo gregge di pecore
bergamasche e massesi, anzi si è trasformata in una trappola
mortale, impedendo agli ovini la fuga. Il canide – lupo, cane
inselvatichito, ibrido, cane incattivito,… non si sa ancora, con
certezza – giunto in quell’isola felice, ha portato con sé
l’odore del sangue. Sul terreno sono rimaste senza vita, tutte
azzannate alla gola con morsi profondi, tre pecore bergamasche e pure
Rocco, il grosso maschio di massese, dall’aspetto imponente e con
le sue grosse corna arcuate, non ce l’ha fatta a resistere
all’impeto dell’attacco ferale: proprio su di lui il canide
assalitore ha infierito in modo particolare, divorando una coscia
intera e lasciando in evidenza la struttura ossea. Tre pecore,
invece, giacciono immobili, ferite anch’esse da evidenti morsi
laceranti al collo e sul muso. Chissà quante di esse riusciranno a
sopravvivere nei prossimi giorni. Infine, di altre tre pecore non si
ha traccia, probabilmente disperse dall’assalitore entro un raggio
non definibile, tra boschi impenetrabili e canaloni impervi, quasi
certamente ferite e condannate a morire ugualmente. Vane sono state
sinora le ricerche. Dalla strage si sono salvati l’asina e,
miracolosamente, due agnellini, appena nati. Ora, uno di essi,
il più piccolo, rimasto senza mamma, sarà allevato con il biberon;
nel giardino di casa rincorre, ancora un po’ spaventato, Ula, il
cane pastore che pare abbia adottato come mamma.
Occorre
andare a fondo sulla mattanza
Il
predatore ha
attaccato il gregge con particolare violenza.
Appare subito evidente che non siamo di fronte alla fattispecie più
ricorrente, dalle nostre parti, del cane “maiagalìne”, per il
quale molte volte l’uccisione del pollame è il frutto di un gioco
pericoloso. Il canide assalitore, in questo caso, ha attaccato
per soddisfare un bisogno alimentare,interagendo in modo violento con
il gregge, dal quale ha trovato “carne” per i suoi denti, dopo
aver ammazzato capi adulti dal peso di settanta/ottanta chili
ciascuno. Uso il singolare perché solo uno, tra gli ovini uccisi e
ritrovati, è stato utilizzato quale base alimentare: se si fosse
trattato di un branco assalitore, anche piccolo, probabilmente le
parti animali divorate sarebbero state maggiori. Invece il nostro
canide si è accontentato di una coscia di montone. Inoltre il gregge
si trovava dislocato in un löch distante anche dall’ultima
contrada abitata, raggiungibile in circa quindici minuti di percorso
pedonale in sentiero boscato. Difficile da sostenere il capo d’accusa
nei confronti dei cani di proprietà, liberati durante la notte,
oppure dei cani pastori degli allevamenti locali. A parte il fatto
che il cane pastore non uccide, ma protegge il gregge o la mandria,
l’ipotesi pare poco verosimile per due ragioni: la distanza del
luogo del delitto dalla contrada abitata e lo scopo predatorio
connesso alla cibazione. Gli esperti (funzionari di Ats e
Polizia provinciale accorsi) hanno escluso l’ipotesi della presenza
di un lupo, il cui passaggio peraltro è stato accertato solo
pochi mesi fa nel territorio, poco distante da noi, di Cisano
Bergamasco. Si sa che i lupi ci sono sulle Orobie e che possono
compiere incursioni percorrendo anche lunghe distanze. Ora la domanda
è: cani inselvatichiti, forme ibride, oppure cani comuni? È giunto
il momento di andare a fondo della questione una volta per tutte,
affrontando seriamente il problema delle predazioni di greggi da
parte di animali, supponiamo canidi, di cui tuttora si ignora
l’identità: chi dice lupo, chi dice cani inselvatichiti, chi dice
ibridi e chi, più semplicemente, dice cani “dalla doppia
identità”, di giorno innocui e fedeli al padrone, di notte
assassini. Uno strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde
applicato al mondo animale. Mah…
Quattro
attacchi negli ultimi sei mesi
Chi
scrive è a
conoscenza di almeno quattro attacchi
significativi – con danni equiparabili al fatto qui dichiarato –
a greggi ovini e caprini di piccole dimensioni avvenuti negli ultimi
sei mesi, distribuiti nell’areale ben circoscritto, situato sul
versante orografico sinistro dell’Alta Valle Imagna, dislocato
tra lo Zucco di Pralongone e il Colle Poren, lungo la linea di
displuvio che separa, a oltre mille metri, la Valle Imagna dalla
Valle Taleggio e dalla Valle Brembilla. Ma è anche propenso a
ritenere che i casi di attacchi predatori siano molti di più: pochi
quelli che denunciano, per evitare di incorrere in una burocrazia
farraginosa, in un dispendio eccessivo di tempo e nell’ottica di
evitare spese derivanti dall’obbligo di incenerimento delle
carcasse animali. Inoltre, solo pochi mesi fa, durante il periodo
autunnale, nei pascoli attorno al colle di San Piro, un allevatore ha
allontanato con fatica tre cani di grossa taglia, mai visti prima e
provenienti da chissà dove, che si erano avvicinati alla sua mandria
bovina al pascolo, poiché manifestavano l’istinto di aggredire e
spaventare i capi di bestiame. Dalla descrizione parrebbe un branco
ringhioso e ostile. Col passare del tempo, senza informazioni
precise, e quindi in mancanza di una strategia difensiva
comune, tra
i piccoli allevatori locali cresce l’allarme, aumentano la
diffidenza e la tentazione di abbandonare l’alpeggio nelle aree
meno presidiate e più distanti dai centri abitati, difficili da
tenere sotto controllo, nonostante siano di elevato interesse
pastorale. Alcuni ipotizzano addirittura di vendere il bestiame. “Mè
tègn fò ol s-ciòp fò en de stàla”, sostengono altri.
L’accelerazione dei gravi fenomeni predatori avvenuti negli ultimi
mesi, tali da identificare una precisa area sotto attacco, impone di
superare quanto prima l’attuale fase di denuncia generica,
identificando con certezza la tipologia del predatore e mettendo
in campo azioni concrete per isolare e colpire i capi pericolosi,
arginando ulteriormente anche solo il formarsi di fenomeni più o
meno manifesti di randagismo predatorio, anche solo temporaneo o
notturno. È evidente quanti danni le mattanze predatorie, come
l’ultima della serie qui denunciata, arrechino al sistema
zootecnico e ovo-caprino territoriale e alle attività connesse,
indispensabili per lo sviluppo e l’economia dei versanti dell’alta
Valle Imagna. Alle soluzioni “fai da te”, che venivano utilizzate
soprattutto nel passato (con l’impiego di pasti avvelenati,
tagliole, lacci, colpi di fucile,…) probabilmente anche efficaci
per gli animali stanziali, ma insufficienti per quelli in continuo
movimento e provenienti da lontano, con percorsi imprevedibili,
attualmente si opta per il coinvolgimento delle istituzioni
locali: Provincia e Regione, Comune e Ats, Carabinieri sono stati
informati tempestivamente dell’accaduto, nella speranza che
riescano a mettere in atto forme più efficaci di controllo e di
contenimento di questo fenomeno. Altrimenti viene da dire: “Quale
sarà il prossimo allevamento sotto attacco?”. C’è paura e
preoccupazione. “A chi toccherà ora?”, si chiedono gli
allevatori.
Risarcimenti
inesistenti
Come
se tutto ciò
non bastasse, dulcis in fundo: “Nessun
risarcimento!…”, mi dicono le persone più informate. La
Regione Lombardia ammette istanze risarcitorie solo per danni
arrecati da attacchi certificati e documentati da orsi, lupi e
linci. La fattispecie del cane inselvatichito, o delle specie
ibride, pare non venga considerata. Anche se gli effetti della
predazione sono i medesimi. Anzi gli esperti affermano che i danni
causati alle greggi dai cani inselvatichiti sono anche peggiori di
quelli provocati dai lupi, perché quando attaccano sono incapaci,
anche per assoluta mancanza di coordinazione, di limitare l’attacco
alla sola urgenza alimentare. Altre Regioni, proprio alla luce delle
difficoltà nel differenziare la predazione del lupo da quelle
dell’ibrido o del semplice “cagnaccio”, riconoscono i danni
prodotti in genere dagli attacchi di canidi. Soprattutto quando
a essere colpiti e danneggiati sono i giovani piccoli allevatori di
montagna, che da poco hanno avviato un’attività imprenditoriale
nel settore zoo-caseario e si sono assunti l’onere, non semplice,
né scontato, di mantenere issate e sventolanti le bandiere della
ruralità e della montanità. Vaghi pensieri di giustizia e di
civiltà…
|
|
Articoli
recenti di ruralpini sul tema del lupo
Le
regioni alpine invocano il controllo del lupo. Svolta politica vera o
propaganda?
(02.02.19) In
un clima politico segnato dall'attesa del risultato delle elezioni per
il parlamento europeo, le regioni del Nord, pur senza manifestare una
precisa strategia, hanno sottolineato una volontà comune di arrivare a
un controllo del lupo. Non è il massimo, ma segna pur sempre una svolta
rispetto alla situazione di due anni fa quando, a seguito dei cedimenti
alle pressioni animaliste, tutte le regioni italiane, tranne Toscana e
Bolzano, si erano genuflesse al tabù: "il lupo non si tocca" .leggi
tutto
"Lupi? No grazie. Qui non è il Serengheti" (21.01.19) Troppi lupi in Europa e si incrina il fronte conservazionista. Clamorose dichiarazioni del direttore del maggior parco nazionale olandese: "Qui non voglio lupi, voglio potergli sparare". "Non sono tornati da soli" leggi tutto
Il
lupo riduce la biodiversità alpina
(29.12.18)
Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del
lupo sulle Alpi
leggi tutto
A
quando anche in Italia un Wolfsdebatte?
(14.12.18)
L'altro ieri il ministro dell'agricoltura Centinaio, davanti agli
allevatori trentini, si è rimangiato le precedenti posizioni lupiste.
Lupi, rewilding, ecotasse, "rinnovabili", sono gli aspetti della stessa
biopolitica, le nuove forme della lotta di classe (oggi elite vs
popolo) e del conflitto città-campagna incarnato dai gilet
jaunes. leggi
tutto
I
nodi vengono al pettine: lupi sparati anche in Veneto
(29.09.18)
Oggi in Italia, in alcune situazioni , sparare ai lupi è legittima
difesa, una forma di resistenza sociale
di fronte a istituzioni - europee e statali - che non hanno il coraggio
di gestire una popolazione lupina in continua espansione leggi
tutto
La
lobby lupista censura le notizie "scomode"
(04.07.18) Negli
ultimigiorni
notizie importanti provenienti dalla Polonia e dalla Francia,
imbarazzanti per il partito del lupo, sono state ignorate dai
media italiani. E c'è il precedente della morte di Celia Hollyworth la
donna inglese sbranata dai lupi in Grecia. Quando un giornale nazionale
ne parlò... leggi
tutto
contatti: Whatsapp 3282162812
redazione@ruralpini.it
|
|