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Dalla
Brianza al Lagorai (con "ragazzi in alpeggio")
(12.09.16) Chi sono i "ragazzi in alpeggio" ? La nostra
redattrice dal Lagorai (la catena montuosa famosa per le malghe e il
laghi) è andata a intervistarne uno a Malga Bolenga. Marco Paleari,
classe 1977, un brianzolo (risiede ad Imbersago) un centro della
Brianza lecchese famoso per il traghetto leonardesco sull'Adda. Marco è
docente di "tecnologia per carrozzieri meccanici" in un Istituto
professionale di Bergamo
Varrone,
una colonna dello "storico"
(07.09.16) La visita del 23-24
agosto scorso in alta val Varrone all'unico alpeggio lecchese che
produce lo "storico", ovvero il prestigioso e secolare formaggio d'alpe
a latte intero con aggiunta di latte di capra orobica. Qui con Daniele
Colli si perpetua la tradizione della scuola di casari di Gerola
Varrone
e Biandino cuore di ferro e formaggi
28.08.16
Nei giorni cruciali in cui lìex bitto storico cambia nome approfondiamo
alcuni aspetti sinora poco messi a fuoco della storia e della geografia
di questo mito caseario.
L'oasi
dei casari (il Lagorai) (24.11.15)
Laura Zanetti ripercorre la storia
recente delle malghe del Lagorai, la catena montuosa, ricca di laghi e
pascoli che divide la Valsugana dalla Val di Fiemme e si prolunga verso
il Tesino. Un territorio fortunatamente sottratto (grazie all'impegno
di persone come la Zanetti) ai destini della "valorizzazione turistica"
o della "parchizzazione", strategie speculari ma coordinate di assalto
alla ruralità
...vado
in alpeggio per la libertà (29.06.15)
Per fortuna che oltre a tanti
allevatori rassegnati, a rimorchio delle organizzazioni, esistono
anche figure come quella di Giuseppe Giovannoni, protagonista convinto
e consapevole delle vicende dei "ribelli del bitto" e, ora, dell'uscita
della capra Orobica da una condizione di marginalità. Parliamo della
sua azienda tra 400 e 1700 m.
Siccità
sugli alpeggi (23.08.15)
Colpiti i pascoli più sostenibili La
grave siccità che ha colpito gli alpeggi a luglio non è rimasta
senza conseguenze. Ma chi soffre di più per il calo diproduzione di
latte è chi non usa i mangimi, ovvero chi rispetta il pascolo e
l'ambiente. Così solo i "puristi" si sono fatti sentire
Malghe
friulane: viva le vecchie cantine (15.02.13)
In Friuli l'ERSA ha effettuato uno
studio molto interessante, registrando temperatura e umidità, che mette
in evidenza come gli ambienti realizzati con materiali edilizi moderni
non siano in grado di garantire l'inerzia termica e regolazione
dell'umidità
La
storia di un alpeggio raccontata dai protagonisti (26.07.12)
Al Passo della Forcora (VA)
si terrà Domenica 29 luglio la VII Festa dell'Alpeggio.
Nell'occasione alcuni dei protagonisti della rinascita di questi
pascoli hanno redatto un interessante cronistoria. Che, per ora, va dal
1976 al 1990. Per la seconda puntata bisognerà aspettare il prossimo
anno. La ricostruzione della storia del loro alpeggio scritta dagli
amici varesini potrebbe essere di stimolo per altre realtà.
Nelle
malghe della val di Rabbi (Trentino)(02.07.12)
In una valle tra le più autentiche
delle Alpi, lontano dal turismo di massa, ci sono malghe dove si
produce ancora poìna affumicata e asni. Meritano una
escursione. Intanto potete conoscerle attraverso il mio
fotoracconto.
All'alpe
Cavisciöla tra integralisti del bitto e vacche OB (04.08.11)
Un alpeggio della val Brembana dove
si arriva solo a piedi, dove il latte si lavora in baite 'storiche'.
È gestito da una giovane coppia unita dalla passione per
l'alpeggio, lei casara 'fliglia d'arte', lui giovane ed orgoglioso
caricatore d'alpe che ha fatto la gavetta, fermo come una roccia
sulle sue convinzioni. Propugnatore di una perfezionata arte del
pascolamento e del ritorno alla Bruna alpina (O.B.). In alpe ci sono
anche dei cascin ("pastorelli") di 14 e 12 anni, l' per
imparare. Sembra una storia abilmente costruita per mitizzare una
realtà. Ma è vera. Un invito caloroso a tutti a farsi una bella
camminata e ad andare a conoscere Alfio e Sonia che vi accoglieranno
come amici anche se non vi conoscono.
All'alpeggio Case di Viso con Andrea Bezzi, malghese, casaro,
affinatore (22.06.11)
Storia di una esercitazione-seminario
in cui si sono affrontati tanti problemi e capite tante cose sulla
realtà dell'alpeggio. Su tutte una: l'allevatore di montagna non può
pensare solo a mungere ma deve usare le sue mani abili e tutte le sue
capacità tecniche e comunicative. La grande lezione di Andrea Bezzi che
da diversi anni segue un suo 'stile produttivo' che oggi viene
ammirato. Andrea è pienamente soddisfatto del suo lavoro "il più bello
del mondo". Se solo il Parco....
Lagorai
significa malghe: No al parco (26.07.10)
Amamont (l'associazione
transfrontaliera degli amici degli alpeggi e della montagna) è andata
nel Lagorai. Nella malga più autentica della regione più autentica
del Trentino. Da Oswald Tonner, malghese-simbolo dell'ecologia
contadina contrapposta alle ideologie della wilderness. Un'occasione
per sostenere la biodiversità dei pascoli e dei formaggi, per dire no
alle 'bustine' di fermenti selezionati più o meno 'autoctoni', al
degrado delle malghe storiche ridotte a pascoli di manze, ai progetti
di trasformare le malghe abbandonate in 'palestre' per i giochi di
sopravvivenza nella wilderness.
|
Alpeggi
La sapienza del malghese:
Marco Pompermaier
( classe 1963)
intervista di Laura
Zanetti
(30.10.16) Intervista è
del 13 settembre settembre 2016
( classe 1963) Ronchi di Valsugana
Manca una settimana alla fine
dell’alpeggio. Eppure l’erba quassù, a malga Zenon de sotto
e de sora, resiste per via che sole e piovaschi si sono alternati
in questi lunghi tre mesi d’alpeggio 2016. E Marco, malghese per
tradizione familiare, non si schioda. Ha fatto buona scorta di fieno
per l’autunno. Rimarrà quassù fino che i larici cambieranno
colore.
Il primo incontro è con la sua
piccola mandria, rigorosamente composta da vacche grigio alpine e una
Bruna, che pascolano felici a Zenon de sotto, nella bella val
Campelle tra una moltitudine di achillee ed il loro odore
penetrante. Una mezz’oretta di salita a piedi ed ecco Zenon de
sora, Cenon di sopra, o meglio ecco due occhi azzurrissimi, più
del Lagorai, retaggio di certi occhi nordici arrivati molti secoli
fa ai Ronchi di Valsugana, con i roncadores germanici. Che
sono poi gli occhi di Marco Pompermaier, uno dei malghesi- icona
della Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai, che in
questa piccola malga in faccia al sole ha ritrovato il suo
ecosistema di vita. Quassù Marco Pompermaier si aggira, tra
tradizione e tecnologia, nella malga da poco restaurata
intelligentemente dal Comune di Scurelle Valsugana che ne è il
proprietario, turnando il pascolo tra malga di sotto e di sopra. Ma
questo lo decide l’erba.
LZ: Marco, malghesi si nasce o si
diventa?
MP: nel mio caso si nasce e si
diventa allo stesso tempo. Mi spiego: papà Stefano e il nonno
paterno erano malghesi. Sono stati loro ad avermi trasmesso la “
passion de malga”. In passato ho poi unito un lavoro artigianale
nei mesi invernali a quello estivo d’alpeggio. Ora che i figli sono
cresciuti sono diventato finalmente malghese- pastore a tempo pieno:
l’ estate in malga; autunno, inverno e primavera nel maso dei
Ronchi.
LZ: qual è stata la prima malga?
MP: il Colo del Comune dei
Ronchi, 1700 mt di altitudine. Ci sono rimasto 18 anni e
successivamente , per due anni, a Casa Pinelo, dove il latte
era più forte. Malga Colo, bellissima come posizione, meno come
erbatico. Poi essendo una malga con 70/ 80 bovini in lattazione,
occorre trovare l’equilibrio tra tanti squilibri dei diversi
animali: il camminare troppo, squilibri di alimentazione, le mastiti.
Sai, le vacche in malga sono come i bambini a scuola. Certo c’è la
passione, ma è un lavoro molto impegnativo.
LZ: qual è la tua formazione sul
campo ?
MP: ho sempre cercato di
prendere il meglio da tante esperienze: dai miei familiari
innanzitutto, poi ho sempre frequentato i corsi di San Michele ( ndr:
Istituto Agrario di San Michele all’Adige), cercando di prendere il
meglio dagli insegnanti. E più impari, più capisci che devi
imparare.
LZ: dopo aver lavorato al Colo e
Casa Pinelo , malghe con alto e medio carico bovino, fai una scelta
di qualità:
MP: si ho scelto questo alpeggio
a 1.550 mt di altitudine perché ha pascoli soleggiati, buona erba e
flora. Giusta per la mia mandria composta da 20 vacche di razza
autoctona, adatte a questa montagna. Con il tempo poi vorrei che
Zenon diventasse un agriturismo autentico, come in Alto Adige.
Se il tempo tiene sto qui tutto settembre, sempre che non ci siano
vincoli con i cacciatori.
LZ: Marco, sappiamo che stai
sperimentando di fare formaggio con caglio e latte innesto,
abbandonando l’uso dei fermenti selezionati che standardizzano il
prodotto caseario. Ci spieghi come funziona?
MP: si è questo il mio
obiettivo: fare un formaggio che sappia di burro e di erbe e che i
suoi sapori camminino nel tempo. Il latte innesto è semplicemente il
latte di malga portato a una temperatura di 65° che ti permette di
togliere i coliformi, i batteri cosidetti cattivi, lasciando
quelli buoni che aiutano il cagliaggio. Poi riporti la
temperatura a 40-45 ° per circa 6-8 ore, ma questo dipende dalla
forza del latte. Si ha così la cosidetta “ tenza” o coaugulo,
pronto per essere aggiunto nella giusta misura, in rapporto alla
quantità di latte in caldaia, prima del caglio. Un’operazione che
si fa con la fermentiera, una macchinetta davvero stupenda, da usare
dove c’è corrente. Con la quale preparerò pure lo yogurt. E’
un aiuto bello e sano,un po’ come dare una mano ad un turista di
città che deve affrontare una salita difficile.
LZ: quassù, a Zenon de
sora, si è voluto mantenere la tradizione, utilizzando
però le tecnologie più innovative:
MP: durante l’allestimento
delle attrezzature, in accordo con l’amministrazione comunale di
Scurelle, abbiamo deciso di dotare la malga di due “calgére” (
ndr: caldaie di rame), in rapporto ai quintali di latte da cagliare,
funzionanti a fuoco con legna locale. Però non a fuoco libero,
preservando così i locali dal fumo, la salute di chi ci lavora e la
bontà del prodotto, il burro in particolare.
LZ: e con la tua capacità di
osservazione, hai brevettato qualcosa di molto interessante di
assolutamente sostenibile:
MP: si, sfruttando il calore del
fuoco, ho ideato attorno alla caldaia una serpentina,dove passa
l’acqua, che va poi ad alimentare il boiler. Quindi sfrutto il
calore del fuoco per due funzioni: fare il formaggio e la ricotta ed
avere contemporaneamente acqua calda.
LZ: hai qui un figlio che impara il
mestiere . E’ così?
MP: si Nicola. Sembra che il
lavoro gli piaccia, ma sarà lui a scegliere. Io lo lascio libero.
Piccola curiosità
Malga Cenon sembra abbia preso nome da
un fatto leggendario di un passato lontano: “ un pascolo
scambiato con una lauta cena “.
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